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Autore: gi_effee    25/04/2018    0 recensioni
Alexander Sullivan è ricco, bello, ha carisma è astuto e costantemente annoiato. Quando l'aggressivo Neo Bartosz cattura la sua attenzione, decide di renderlo la sua prossima fonte di divertimento. Ma Alexander non sa quanto complicato, testardo e perspicace sia Neo. E Neo, in cerca di vendetta per un suo amico che Alexander aveva ferito in passato, trova l'occasione giusta per vendicarsi quando Alexander gli si avvicina.
Storia NON mia, è la traduzione dell'originale inglese, tutti i diritti vanno a @SkeneKidz su wattpad
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Guardai Donnie parlare con uno dei suoi amici a lezione. Dimenticavo sempre che avevamo insieme l’ultima ora della giornata. “Andiamo Donnie, seriamente?”, chiese il ragazzo con cui stava parlando. Anche lui era seduto al tavolo da pranzo poco prima, ma era rimasto in silenzio, non come quella piccola peste di Neo. “Seriamente, guarda”, disse Donnie mostrandogli il suo telefono. Entrambi scoppiarono a ridere. Potevo sentirli perché erano all’ultimo banco, proprio dietro di me, ma non potevo vedere cosa ci fosse sul telefono del ragazzo. Fortunatamente, la campanella suonò e io mi alzai, guardandomi intorno. Non vedendo alcuna traccia del pezzente che ci aveva disturbato precedentemente a pranzo, mi avvicinai a Donnie. “Donnie”, dissi mentre raccoglieva le sue cose. Lui si immobilizzò all’istante e lentamente alzò lo sguardo verso di me. “Non hai intenzione di mollare, vero?”. “No”, risposi poggiandomi sul suo banco. “Volevo parlarti prima, ma quel pezzente si è messo in mezzo”. “Quel pezzente è il mio migliore amico”, disse il ragazzo con cui stava parlando Donnie qualche secondo prima, guardandomi. “Clifton, va’ pure, raggiungerò te e Neo tra pochissimo”, annunciò Donnie. Clifton mi guardò prima di annuire e lasciare la stanza. Donnie si alzò e sospirò, passandosi una mano tra i capelli perfettamente lisci e ordinati, come sempre. Non sembrava diverso da quando avevamo rotto, appariva stare bene, anche se probabilmente non era così. “Tra noi è finita, Alexander, l’hai detto tu stesso. Perché sei tornato a parlarmi ora?”, domandò lui. “Non deve essere finita tra noi”, risposi facendo un sorriso provocante, alzando un braccio e poggiando una mano sul suo petto. “Perché adesso?”, chiese con un leggero tremolio nella voce. “Perché non quando ho provato a riaverti? E comunque, pensavo che ora stessi uscendo con Christian”. “Non funzionava tra noi”, dissi lentamente, avvicinandomi a Donnie. “L’hai detto anche di noi”, replicò mentre i suoi occhi guizzarono sulle mie labbra soffermandocisi per qualche secondo, per poi tornare fissi nei miei. “Forse mi sbagliavo”, annullai la distanza tra noi, baciandolo. Lui ricambiò il bacio e per un istante le nostre labbra si mossero insieme, lentamente, come succedeva qualche tempo fa. Ma poi lui mi spinse via con uno sguardo terrorizzato negli occhi. Si pulì le labbra con la mano e fece un passo indietro, un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. “No!”, esclamò. “No, non cadrò di nuovo nei tuoi infimi trucchetti! Tu usi le persone e io non ho intenzione di essere ancora il tuo giocattolo, Alexander”. “Giocattolo?”, gli feci eco con un sorrisetto. “Stavo solo cercando di parlare, Donnie”. “Non mi farò ingannare da te un’altra volta”, sbraitò, quasi ringhiando. Non lo avevo mai visto così, nemmeno quando avevamo rotto. “Sei una persona di merda, ti odio, Alexander. E ora smettila di parlarmi”. Emisi un fischio basso. “Odiare è una parola piuttosto forte”. “Bene, allora è perfetta”, mi guardò e poi si girò, uscendo come una furia dall’aula. Feci una risatina sommessa e scossi la testa, prima di lasciare la classe. Mi diressi verso il corridoio principale, dove sapevo che Bennett e Scott mi stavano aspettando. “Donnie è appena andato via come se qualcuno avesse ucciso il suo animale domestico”, mi informò Bennett. “E noi presupponiamo che quel ‘qualcuno’ sia tu”, concluse Scott. Avevo sempre trovato esilarante il modo in cui riuscivano a completare le frasi l’uno dell’altro. “Naturalmente”. Sorrisi a me stesso, compiaciuto del mio operato mentre mi dirigevo di nuovo al mio armadietto e inserivo la combinazione, lanciando alcuni quaderni all’interno e prendendo ciò che mi serviva. “È che si arrabbia così tanto e basta solo che mi avvicini a lui, è divertente da guardare”. “Beh, sai cosa si dice sul giocare col fuoco…”, mi avvertì Scott. “Non sono un idiota, Scott”, gli ricordai raddrizzandomi e chiudendo l’armadietto. “Fidati, Alexander, sei l’ultima persona a cui darei dell’idiota”, replicò lui. “Solo non peggiorare la situazione. Hai fatto arrabbiare un sacco di persone, alcune di loro un giorno o l’altro potrebbero vendicarsi”. “E allora lascia che si vendichino”, risposi, facendo un sorrisetto. Qualche secondo dopo, guardandomi intorno scorsi Donnie e i suoi amici camminare nella nostra direzione. Il mio ghigno crebbe quando si avvicinarono. “Ehi, Donnie”, lo chiamai. “Le tue labbra sono un po’ screpolate”. Osservai le sue guance arrossire con enorme soddisfazione e quando mi guardò lo vidi inumidirsi le labbra, nervosamente. “Ehi, Alexander, la tua personalità è un po’ merdosa”, ribatté Neo. Donnie ridacchiò. “Un po’ merdosa?”. “Beh, se avessi detto ‘molto merdosa’ non sarebbe suonato così efficace”, disse Neo, dandogli una gomitata sul fianco, poi mi guardò. “Avanti, sto aspettando. Dimmi che sono un pezzente, o che sono patetico, o quello che dici sempre”. “In realtà, fastidioso è la parola a cui stavo pensando”, replicai infilando i pollici nelle tasche. “Ma pezzente e patetico vanno bene comunque”. Neo fece un piccolo inchino di fronte a me. “Ci provo, faccio del mio meglio”. “Come ho detto, è una perdita di tempo”, mi disse Bennett in un orecchio, ma abbastanza forte perché tutti i presenti potessero sentirlo. “Bennett! È bello rivederti”, esclamò Neo. “Non parlarmi”, replicò lui laconico, alzando un sopracciglio. “Non vorrei sprecare il mio fiato con te”, ribatté con un’alzata di spalle Neo. “Andiamocene da qui, c’è puzza di Hollister dappertutto. Apparentemente nessuno ha informato i ragazzi ricchi che Hollister è passato di moda in seconda media”. “È Abercrombie and Fitch”, rispose Scott, annusando la sua maglietta. “Penso abbia appena detto qualcosa su quanto sono troie”, disse Clifton. Fui improvvisamente cosciente del fatto che ci stavamo affrontando a viso aperto, e i miei amici mi stavano sostenendo come sempre. Scott sospirò. “Wow, che insulto originale, complimenti”, disse poi. “Lasciate in pace me e il mio profumo da terza media”. Neo sollevò un sopracciglio. “Beh, almeno il ragazzo l’ha ammesso. Andiamo”, rispose prendendo la mano di Donnie e trascinandolo via. “Ci vediamo domani, Donnie”, conclusi io, facendo un sorrisetto e guardandolo andare via con un’espressione quasi atterrita in volto. Lui ricambiò il mio sguardo prima di seguire Neo e Clifton dietro l’angolo, fuori dalla nostra vista. “Perché ci stai di nuovo provando con lui?”, mi chiese Bennett quando fu sicuro di essere fuori dalla portata del loro udito. Scrollai le spalle. “Solamente per come reagisce quando gli sto vicino”, lo rassicurai. “Anche se il suo amico con l’occhio nero mi sta davvero irritando”. “Beh, non preoccuparti di lui. Quando ti stancherai di Donnie, Neo ti lascerà in pace”, disse Scott dandomi una pacca leggera sulla spalla. “Ora andiamo a casa”. Ci incamminammo verso il parcheggio e, quando lo raggiungemmo, salutai i miei amici con la mano e salii in macchina, poggiando la schiena contro il sedile per rilassarmi un attimo. Poi accesi la macchina e lasciai che la musica esplodesse all’interno dell’abitacolo, amavo guidare con un sottofondo musicale. Per me, non esisteva l’auto senza la musica. Quindi uscii dal parcheggio e mi diressi verso casa. Fortunatamente, non distava molto e in dieci minuti scarsi raggiunsi il vialetto di casa, dove parcheggiai. C’era sempre un’atmosfera tranquilla, e mi resi conto di essere piuttosto affamato mentre scendevo dall’auto, diretto in casa. Mi tolsi le scarpe prima di entrare e mi diressi in cucina, aprendo il frigo per vedere cosa ci fosse all’interno. Dopo un attento esame, presi una mela. Salii le scale ed entrai nella mia camera, ripensando alle reazioni di Donnie qualche ora prima. Inavvertitamente, sorrisi soddisfatto. Il mio gatto mi rivolse uno sguardo pigro mentre poggiavo lo zaino sul letto. I miei genitori me lo avevano regalato quando avevo otto anni, all’inizio nessuno dei due riusciva a sopportare l’altro ma con il tempo mi ero abituato al suo pelo rossiccio sparso sul mio copriletto e ai suoi occhi azzurri che mi fissavano quando entravo in camera. “Vesper”, lo chiamai sedendomi e abbassando un braccio. Vesper si alzò e poggiò le zampe sulle mie spalle con curiosità, prima di salirvi sopra e acciambellarvisi comodamente, con gli artigli che scavavano la mia maglia in modo da potersi mantenere stabile. Link, il mio cane, fece il suo ingresso nella stanza. Si sdraiò sul tappeto accanto al mio letto e mi guardò, mentre la sua coda scodinzolava allegramente, fendendo l’aria. Feci scendere Vesper dalle mie spalle e lo poggiai sul letto, mordendo la mia mela. Lui si raggomitolò sul cavallo dei miei pantaloni, strofinando la testa contro la mia pancia. Io abbassai la mano e gli carezzai il pelo distrattamente. Stavo ancora pensando ai fatti di quella mattina, al ragazzo dall’occhio nero che aveva sempre la risposta pronta, era così fastidioso. Mi voltai e guardai Link. “Neo”, mormorai. “Sarebbe proprio un bel nome per un animale domestico”, ridacchiai tra me e me. “Oppure per una puttana. Vero, Link?” Lui abbaiò, agitando la sua coda più velocemente. Morsi di nuovo la mela, lasciando vagare lo sguardo fino al soffitto, pitturato di bianco. Era strano come non riuscissi a togliermi quello strano nome dalla testa. Quando finii di mangiare la mela, rotolai sul letto e presi il mio zaino, cadendo nuovamente nella mia solita routine: fare i compiti, prepararmi la cena e ammazzare il tempo fino a che non fosse abbastanza tardi per andare a letto. Trascorrevo notti incredibilmente noiose da solo, oppure divertenti e piene di attività con i miei amici. Questa era definitivamente una notte noiosa. Mi spogliai fino a rimanere in boxer e mi sdraiai, lanciando una veloce occhiata all’orologio, che segnava le due e tredici minuti. Non mi ero accorto si fosse fatto così tardi, dopo mangiato avevo visto un film dell’orrore, che mi aveva consigliato Christian quando stavamo ancora insieme, a lui piaceva molto quel genere. Sospirai, sapendo che non mi sarei voluto svegliare la mattina successiva per andare a scuola. Aprii il cassetto del comodino e presi la scatolina infondo ad esso, contente i miei sonniferi. Ne presi uno e mi sdraiai di nuovo, mentre Vesper saliva sul mio letto e si strofinava contro una delle mie gambe. Avevo difficoltà a dormire da quando ne avevo memoria, e i sonniferi mi avevano sempre aiutato in questo senso. Anche Link salì sul mio letto poco dopo, sdraiandosi accanto a me. Io allungai una mano e gli carezzai il pelo soffice, color miele, aspettando che le pillole facessero effetto. “Neo sarebbe un buon nome per una troia”, mormorai nuovamente, chiudendo gli occhi mentre la pillola faceva il suo effetto. Nonostante questo, abbozzai un piccolo ghigno. “Neo sarebbe un ottimo nome per una troietta”. ///// Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate, cari lettori
   
 
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