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Autore: __roje    26/04/2018    1 recensioni
Ren Tomomi è popolare, è il capitano della squadra di calcio della Kuromiya e si è fatto un nome. E' conosciuto da tutti, ha degli amici fidati e vive la sua vita scolastica in maniera normale ma un giorno, finito il campionato interscolastico, incontra un ragazzo dal profumo buonissimo e ne diventa ossessionato, Nao, il quale sarà un suo nuovo compagno di classe. Ma la conoscenza tra i due sarà tutt' altro che semplice, proprio perchè Nao disprezza i ragazzi come Ren, essendo lui riservato e secchione, ma dovrà affrontare la tenacia di Ren che le proverà tutte per diventare suo amico.
違い [chigai] significa letteralmente differenze. La storia ruota appunto intorno alla differenze sociali nell'ambito scolastico, ma cosa accade se due mondi diversi, due caratteri all'opposto si incontrano?
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo [11]

Mi feci raccontare ogni cosa, di come Momoka si era presentata misteriosamente da loro mostrando un pezzo di carta invece di parlare. Una cosa insolita, non la conoscevo bene ma per quel poco che avevo appreso del suo carattere sapevo che non sarebbe mai corsa per venirmi ad aiutare, e poi l’unico momento in cui mi aveva visto era stato quando avevo visto Nao assieme a lei. Fu in quel momento che un pensiero mi balzò per la testa, una speranza più che altro e una volta accertato che Rio e Kaito stessero bene li lasciai nelle mani dei miei amici scappando via senza una spiegazione.
Fui rapido come un fulmine, più del solito e andai dritto verso l’aula di scienze dove sapevo che lo avrei trovato. Non so perché ma sentivo che era li.
Volevo convincermi di qualcosa che forse non era neppure reale.
Entrai nell’aula dove la porta era già aperta, e col sole che creava giochi di luci e ombre notai nel fondo della stanza che era li, ancora ricurvo sul suo microscopio che avevo comprato per il club.
Restai fermo dove ero aspettando che mi notasse, e non ci volle molto. Sollevò la testa da ciò che stava facendo e mi rivolse un occhiata, per poi togliersi occhiali e guanti, e li poggiò sul banco da lavoro.
“Ti avevo detto di non venire più qui.”
“Magari l’unica cosa che so fare è correre dietro ad un pallone, e amo farlo. Ho lavorato durante per raggiungere tutti gli obiettivi che mi ero prefissato, grazie al calcio ho ottenuto una borsa di studio perché mio padre non può permettersi di mandarmi all’università l’anno prossimo. Quindi sì sono una capra che sa solo tirare calci” sorrisi sereno nel dirlo. Fiero delle mie parole, e della mia passione. “Non sono come tu credi. Non sono uguale a quei mostri che hanno ferito Kaito, e tutto quello che faccio non è per sentirmi acclamare, a me questo non interessa.”
Per tutto il mio monologo Nao mi ascoltò guardandomi dritto in faccia, in silenzio, e attento a ciò che dicevo. Non mi interruppe, non mi derise e non sembrò seccato della cosa. Era semplicemente serio, e mi ascoltò aspettando che finissi.
“Non posso farti cambiare l’idea che ti sei fatto di me” ridacchiai tristemente “non posso farci nulla, ma ti prego solamente di non odiarmi per cose che non ho fatto.”
“Lo so.”
Lo guardai fisso “Come?”
“Lo so che non sei come quei tipi, l’ho notato.”
Un sorriso a trentadue denti si aprì sulla mia faccia sentendo quelle parole, mi avvicinai preso da un ritrovato coraggio. Nao seccato, sospirò, aspettandosi quella reazione da parte mia.
“Sei stato tu a mandare Momoka non è vero? Quel foglietto l’hai scritto tu perché sapevi che non avrebbe aperto bocca con i miei amici.”
Distolse lo sguardo, e si voltò altrove “Idiota.”
Sorrisi ancora di più, quella per me non era una prova, lui non lo sapeva ma tutte le volte che ero stato in laboratorio avevo osservato per ore mentre scriveva appunti e ormai conoscevo la sua calligrafia perfettamente. Ovviamente dirglielo avrebbe solo fatto innervosire Nao, così lo tenni per me.
“Credo proprio che Tomoharu e i suoi amici non daranno più fastidio a Rio e Kaito, Take li ha spaventati per bene” ridacchiai ripensando alla cosa “avrei dovuto chiedere a lui fin dall’inizio” Nao tornò a guardarmi, con sufficienza come suo solito ma meno irritato del solito, “bene ora torno dai ragazzi, saranno preoccupati e devo loro parecchie spiegazioni. Ci vediamo più tardi Nao!” lo saluti con un cenno di mano.
“Ren”
Sussultai. Nel sentire il mio nome ebbi quasi paura di voltarmi a guardarlo, temevo che nel farlo vi avrei trovato qualcun altro e non lui e quel timore fu superato dall’idea che quella era chiaramente la sua voce.
Mi girai a guardarlo, gli occhi bene aperti e increduli “Nao?”
“Se vedi Momoka le dici di tornare? Quella stupida dev’essere scappata chissà dove” sospirò indossando nuovamente i suoi occhiali dalla montatura nera.
Era una sciocchezza. Per molti non sarebbe stato nulla di che, ma per me, sentirgli dire il mio nome e chiedermi un favore così piccolo era un enorme regalo. La prova che in quei mesi non mi ero illuso, che lentamente un po’ mi stavo avvicinando a lui e un giorno chissà, mi avrebbe considerato un amico come ormai lo era per me.
Eppure non riuscivo a smettere di chiedermi perché quel giorno a casa mia avesse detto tutte quelle cose, se in realtà non le pensava. Mi lasciai scivolare quella domanda, pensando al fatto straordinario di quella giornata e me ne andai dal laboratorio saltellando contento di quella vittoria.
 
 
Nei giorni seguenti, tutti noi, Take, Yuuki e i due ragazzi del club di scacchi denunciammo le aggressioni e il bullismo di Tomoharu e dei suoi amici. Una cosa del genere non poteva passare inosservata, e dopo le nostre testimonianze unite al segno che avevo ancora sul collo e i lividi di Kaito convinsero i professori a sospenderli. Tomoharu fu anche costretto a lasciare il club e a rinunciare al campionato. Una punizione severa, ma era giusta, almeno così avrebbe imparato la lezione.
Da quel giorno Kaito si sentì molto meglio, camminava per i corridoi nuovamente con tranquillità e sempre più spesso lui e Rio pranzavano insieme a noi, notai che andavano molto d’accordo con Take, seguendolo anche quando io non ero nei paraggi.
“Abbiamo ricominciato con i lavori al teatro, e spero che questa sia l’ultima volta. Non ho davvero più soldi per ricomprare tutta quella roba” sorrisi pensando a quanto duramente fosse calato il budget della borsa di studio. Ma ero comunque contento di averli spesi per una giusta causa. Nao mi ascoltò mentre mangiava il suo bento e scartando i pomodori. Lo faceva spesso.
“Dovresti mangiarli i pomodori. Sai aiutato ad avere un colorito più sano, e invece sei così pallido..” mi guardò irritato e sussultai “non volevo farti arrabbiare!”
“Non smetti mai di parlare... sei irritante.”
“Tu parli troppo poco invece, e ho notato che non sorridi mai. Su provaci” e prendendo una curiosa iniziativa mi avvicinai abbastanza da tirargli gli angoli delle labbra, quella era la prima vera volta che lo sfioravo e scoprii una pelle straordinariamente liscia. Lo costrinsi a simulare un sorriso e in tutta risposta Nao si divincolò per liberarsi di me, e indietreggiai.
“Non hai qualche club da salvare o che altro? Ora che ci penso non ti vedo mai studiare.”
Ridacchiai nervoso “Certo che studio! Ah lo sai il club di fotografia ha invitato tutti noi alla loro prima mostra che organizzeranno prima di Natale.”
“La tua media è penosa, lo so” continuò su quell’argomento “speri che giocare a calcio ti aiuti ad avere un lavoro un giorno? Idiota.”
“Senti questa ramanzina me la fa già mio padre, non metterti anche tu!”
Nao si alzò raccogliendo le sue cose “Sei una capra.”
Seccato da quell’ennesimo capra scattai in piedi indispettito. Ogni giorno se ne usciva con un commento sgradevole, ora toccava alla mia media, l’altro giorno al mio taglio di capelli, e il giorno prima ancora a come portavo la divisa. Non gli andava bene nulla.
“Se sei così preoccupato del mio rendimento perché non mi dai una mano? Mr genialità!”
“Non posso insegnare a chi è stupido” disse e lasciò il nostro posto segreto, scese le scale per lasciarmi li solo come uno stupido per davvero.
Preso dalla collera raccolsi tutte le mie cose rapidamente, non finii neppure di mangiare e partii all’inseguimento. Lo raggiunsi immediatamente. “Aiutami invece di dire sempre che sono uno stupido!”
“No, questo significherebbe averti intorno anche dopo la scuola e una cosa del genere non la sopporterei.”
Mi piazzai davanti a lui a mo’ di supplica “Ti prego! Farò tutto quello che vuoi, sarò buono e mi impegnerò.”
“Te lo dico sempre quello che voglio ma non mi ascolti, idiota” scandì bene l’ultima parola e mi guardò severo, come un maestro che sta rimproverando il proprio allievo.
Continuò la sua discesa lasciandomi indietro, e indispettito incrociai le braccia contro il petto mettendo il broncio, poi però ebbi un idea.
“Ah volevo dirtelo prima, so che è stato messo a punto un nuovo e sofisticato microscopio. Mi è capitato di averlo a vista nel catalogo di roba scientifica e noiosa che tanto ti piace.”
“Capirai."
“Se qualcuno decidesse di aiutarmi nelle studio potrei comprarlo, la scuola e il laboratorio meritano una cosa del genere e poi mi sono avanzati dei soldi.”
Nao a quel punto si fermò di colpo. Sapevo di aver catturato il suo interesse, era l’unica cosa che potevo dirgli per fermarlo e tenerlo almeno un po’ in pugno. Mi veniva da ridere ma cercai di mantenere il punto, e quando Nao si voltò a guardarmi lo fece in maniera seria.
“Una settimana di ripetizioni, qui dopo la scuola” propose secco.
“Due settimane, e facciamo a casa mia o a casa tua” andai a ribattere.
“Una settimana e facciamo da te. Non accetto altra proposta” asserì severo.
Sorrisi soddisfatto “Ci sto!” saltellai dalla felicità.
“Oh fidati, dopo questa settimana rimpiangerai questa idea” disse e ricominciò a scendere le scale.
Quella minaccia non la ascoltai proprio, ero troppo contento di quella improvvisa svolta. Non pensai minimamente allo studio, o a quanto Nao potesse essere severo come tutor, piuttosto ero felice che sarebbe venuto a casa mia per una settimana intera. L’idea di ciò mi fece nascere una nuova speranza, l’occasione perfetta per conoscersi meglio e stare insieme come due buoni amici.
“Nao aspetta!” lo rincorsi raggiungendolo. Nao si fermò appena vide che avevo il fiatone, e mi guardò confuso. “Scambiamoci i numeri, così possiamo organizzarci tramite line” sorrisi felice.
L’espressione di Nao era tutt altro che felice, sembrò spaventato e disgustato allo stesso tempo “Darti il mio numero significherebbe essere bombardato no stop da te.”
“Dai non lo farò!”
Sembrò dubbioso “A patto che tu non mi contatti mai, sarò io a farlo e tu risponderai solamente. Ok?”
Sbuffai per quella poca fede in me “Accetto...” dissi sconfitto, e dal nulla Nao tirò fuori il suo cellulare, un modello assolutamente normale e lo avvicinò al mio e di colpo la sua mail e il suo numero ero sincronizzati sul mio dispositivo. Quella piccola vittoria era così dolce, guardai quel numero come un tesoro prezioso. “Come mi salvi?”
“I-d-i-o-t-a.” scandì mentre digitava la parola per chiamare il mio numero.
“Ehi!”
Nao non si scompose affatto “Apprezza la cosa e non lamentarti. Ci vediamo per la prima lezione” e detto ciò andò via per davvero sventolandomi il cellulare.
Io e Nao saremmo diventati amici, me lo ero promesso dal primo momento che lo avevo visto e ora avevamo fatto un altro passo in avanti. Avevo il suo numero, anche se non potevo contattarlo di mia iniziativa ma questo significava anche che lo avrebbe fatto lui molto presto per metterci d’accordo e l’idea di ciò scatenò in me una meravigliosa euforia che si percepì anche nei giorni seguenti.
Nei seguenti tre giorni guardavo continuamente il cellulare aspettando un suo messaggio o una chiamata, ero felice e lo dimostravo nelle piccole cose. Sorridevo sempre: durante le lezioni mentre di nascosto sotto il libro guardavo il display nero del cellulare, e durante gli allenamenti mentre non prestavo attenzione a ciò che mi circondava beccandomi anche un pallone in piena faccia. Sembravo rincretinito.
Dopo l’accaduto Yuuki mi aiutò a mettere un bel cerotto in fronte e mi guardò preoccupato.
“Sei troppo distratto ultimamente, potevi farti male” disse.
Non ascoltai nulla ciò che disse e continuavo a guardare insistentemente il cellulare con particolare foga. Take osservò la cosa e corrucciò la fronte confuso, “C’è qualcosa che vuoi dirci?” domandò.
“Nulla, sto bene.”
“Forse la pallonata lo ha un po’ rincretinito” suggerì Yuuki nell’orecchio di Take.
“Fidati questo non è colpa della pallonata” e di scattò mi sequestrò il cellulare togliendomelo di mano.
Sussultai per ciò, e di conseguenza lo rincorsi per riprendermelo ma Take era più alto di me di almeno cinque centimetri e alzando il braccio verso l’alto non riuscii a prenderlo, anche se saltavo non ci arrivavo, “questo non è dovuto alla pallonata Yuuki. Ehi tu stai sentendo qualcuno mhh?” mi sorrise.
“Qualcuno chi? Ridammelo!” saltai ancora inutilmente.
“Sono giorni che non fai altro che guardare il cellulare. Hai conosciuto qualcuno di interessante? Una ragazza magari?”
“Nulla del genere” e dopo tanti tentativi Take calò un po’ il polso e riuscii a riprendermelo, “cosa ti fa pensare che si tratti di una ragazza?”
“Sorridi più del solito, e sembri uno stupido quando lo fai. Poi non fai altro che guardare il display come un assatanato” osservò, cosa a cui non avevo prestato attenzione.
Yuuki si accomodò su una panchina dello spogliatoio, ancora vuoto in quel momento “Allora Ren chi è? E’ carina almeno?” domandò quest’ultimo.
“Ma non è una ragazza.”
I due si avvicinarono tra di loro confusi “E chi è?” domandarono all’unisono.
“E’ Nao” lo dissi come se fosse la cosa più scontata di questo mondo.
Take annuì capendo “Ah Nao... e chi diamine è?!” mi afferrò bruscamente.
L’unico a capire qualcosa fu Yuuki che sgranò gli occhi “Ren non starai parlando di Nao Fukuda della nostra classe vero? Da quando siete amici.”
“Ora che ci penso mi è sembrato di vederlo spesso con noi quando andavamo a trovare i vari club, ma pensavo fosse una coincidenza. Eri tu ad invitarlo!” mi guardò furioso.
“Sì ragazzi, siamo amici da mesi ormai. E’ una storia buffa, e se non ve ne ho fatto parola è perché Nao è un tipo particolare, è già un miracolo che parli con me.”
“Ma questo è straordinario, hai fatto parlare quel ragazzo” commentò Yuuki stupito.
“Oh ma lui parla, anche se dice solo cose sgradevoli...” risposi ripensando a tutti gli insulti, la cosa però stranamente mi fece ridere senza rendermene conto. I miei amici mi fissarono sconvolti.
“E di grazia, da quando tu andresti d’accordo con un tipo del genere? E’ completamente il suo opposto, è un secchione assurdo e ogni volta che ti guarda sembra volerti picchiare” osservò Take severo.
Scoppiai a ridere “L’hai descritto perfettamente!”
“Rispondi prima che ti picchi, seriamente.”
Tornai serio allora “Io e Nao ci troviamo. E’ vero, non siamo uguali ma andiamo d’accordo.”
“Avrei qualche dubbio al riguardo.”
Yuuki mi sorrise invece “Devi presentarlo anche noi, mi farebbe piacere scambiarci due parole. Se è amico tuo, allora lo è anche per noi.”
“Ehi per me non è un amico. Quel tipo è strano!”
Mi avvicinai a Yuuki ignorando Take e le sue affermazioni, “Va bene” gli sorrisi.
Trascorsero altri due giorni e un po’ abbandonai l’idea che una sua chiamata sarebbe mai arrivata.
Era una domenica mattina, quando all’improvviso il cellulare suonò, e ancora assonnato lo afferrai per vedere chi fosse. Istintivamente mi venne da pensare che fosse Take, o Yuuki o chiunque altro ma quando lessi il messaggio balzai giù dal letto sconvolto.
- Oggi vengo da te. Preparati. –
“Oggi?!” esclamai a me stesso.
La casa era un disastro, io lo ero e nel salotto c’era papà che dormiva. Normalmente avrei rimandato, ma farlo con Nao significava un addio quindi armato di pazienza risposi un secco va bene con una faccina sorridente, e Nao non rispose.
Non sapevo quando si sarebbe presentato, o se avrebbe pranzato a casa mia così di fretta corsi per tutto l’appartamento per mettere in ordine.
Mi catapultai anche nel salotto, scavalcai papà e cominciai a gettare nell’immondizia tutta la robaccia che c’era in giro per casa fino a quando non arrivai al punto di togliere il futon da sotto a mio padre. Il poverino ebbe un risveglio traumatico, e ancora intontito si alzò guardandomi perplesso.
“Ren? Che diamine stai facendo?”
“Presto vatti a dare una ripulita. Oggi viene un mio amico di scuola.”
Il povero cadde nuovo a terra e si rannicchiò contro il cuscino stringendolo forte “E’ solo Take no?”
“Ti sbagli non è Take! Su vatti a lavare mentre io vado a fare la spesa.”
Papà obbedì, e sbuffando si rinchiuse nel bagno sbattendo la porta. Sorrisi, ma non avevo tempo di starmene fermo così feci le corse per pulire, e sistemare un po’ la cucina. Spostai poi il tavolino del salotto nella mia stanza, era li che avremmo studiato poi una volta sistemata casa mi affrettai a comprare qualcosa da mangiare, insieme a snacks vari ma una volta al konbini mi domandai cosa potesse piacergli e mi accorsi che non sapevo assolutamente nulla di Nao, e restai fermo davanti agli scaffali per un tempo indefinito. Poi però visto il poco tempo che avevo mi decisi a prendere qualcosa e scappai a casa.
Avevo l’ansia, il cuore mi batteva forte nel petto ma era una sensazione di felicità. Tornato a casa notai che papà era ancora in bagno, così preparai anche il suo bento visto che doveva andare a lavoro.
Guardavo continuamente l’orologio, e il desiderio di mandare un messaggio era forte ma rispettai il patto fatto, anche se l’ansia mi stava divorando dall’interno. Avevo fatto tutto, ogni cosa era in ordine, il carry stava cuocendo e forse Nao non sarebbe mai venuto per ora di pranzo a casa mia.
Proprio quando ero sul punto di pensare che mai Nao si sarebbe presentato così presto a casa mia, ecco che il campanello di casa suonò e sobbalzai dalla sedia precipitandomi alla porta. Cercai di ricompormi prima di aprire, sembravo seriamente uno stupido e la cosa mi fece ridere.
Quando aprii la porta mi trovai davanti proprio lui. Essendo domenica, quella era la prima volta che lo vedevo in abiti casual e sgranai gli occhi davanti ad una tale sorpresa. Indossava un paio di jeans stretti che gli fasciano gambe e cosce, e una felpa nera senza cappuccio che gli metteva in risalto le ampie spalle. Aveva i capelli in disordine come sempre, i soliti occhiali, e lo stesso sguardo glaciale di tutti i giorni.
“Scusa per il ritardo ma mi sono perso” disse inaspettatamente e roteò gli occhi quasi in imbarazzo. Il che mi fece ridacchiare, e lo nascosi con la mano per non farlo irritare, ma lui lo notò comunque e mi lanciò un occhiataccia.
“Prego accomodati” lo invitai ad entrare e stavolta avevo pronto per lui un paio di pantofole nuove.
Nao era per la seconda volta dentro casa mia, e in così poco tempo dall’ultima volta. Volevo esplodere dalla felicità ma mi diedi un contegno. Proprio come l’ultima volta si guardò in giro incuriosito, una curiosità che francamente non riuscivo capire ma lo lasciai perdere e mi feci seguire fino al piccolo salotto, dove ora non c’era nulla a parte una piccola tv e dei cuscini che usavamo come divano.
“Accomodati pure” dissi indicando i cuscini “sto preparando del curry, spero ti piaccia.”
“Non c’è bisogno che tu cucini, ho già mangiato.”
“Cosa?! Ma ho comprato di proposito ogni cosa!”
Nao non si scompose “Nessuno te l’ha chiesto. Allora dove studiamo?”
Come c’era da aspettarsi non era venuto per perdere tempo, così andai in cucina, lasciai perdere i fornelli togliendo tutto di mezzo. Afferrai dalla credenza un panino del konbini e lo mangiai velocemente. Dopo, un po’ rassegnato, tornai da Nao che nel frattempo mi stava ancora aspettando nel salotto standosene seduto composto sulle ginocchia. Era una caso clinico o cosa, perché non riusciva a lasciarsi andare.
“Ren dove hai messo il mio bento?”
Proprio in quel momento sbucò fuori dal bagno mio padre, indossava la sua tenuta da lavoro e la cosa fece sussultare Nao. Fu la prima volta che vidi un mutamento nella sua espressione. Uno stupore tale che sembrò lasciarlo senza fiato nel vedere mio padre nei panni di una donna, truccato e con una parrucca.
Mio padre si accorse del nostro ospite e gli sorrise andandogli incontro, Nao balzò in piedi e attese in silenzio nascondendo la sua reazione sconvolta.
“Tu devi essere l’amico di Ren, piacere di conoscerti io sono suo padre Gin” fece l’occhiolino, mostrando anche le ciglia finte che aveva indossato, “allora io vado Ren, ci vediamo domani mattina!” e salutando entrambi sparì dietro la porta con la sua borsetta sotto al braccio e il bento nell’altra mano.
Nao guardò ancora fisso verso la porta “Ha detto di essere tuo padre o sbaglio?”
Ridacchiai “Sì esatto, fa l’accompagnatrice in un locale notturno ma oggi aveva una cerimonia quindi è andato a dare una mano.”
“Accompagnatrice? Ma è un uomo.”
“E quindi? Maschio o femmina che differenza fa? I clienti adorano Gina” sorrisi.
Nao mi fissò perplesso, allora tagliai corto e andai verso la mia camera seguito a ruota da lui. Lo invitai a prendere posto accanto al tavolino, tornai un attimo in cucina per prendere da bere. Il mio ospite aveva già tirato fuori schiere di libri, impugnato una penna e mi stava aspettando. Sapevo perfettamente che quello sarebbe stato un lungo pomeriggio di studio e non di divertimento, ma ero stato io a proporlo quindi dovevo mettercela tutta e non deluderlo.
Nao decise di iniziare dalla matematica, la materia dove andavo peggio e iniziò volendo valutare il mio livello di preparazione. Aveva portato con se un foglio con alcuni esercizi e mi chiese di svolgerli tutti, nonostante le mie lamentele fui costretto a farlo e il risultato fu ovviamente deprimente, avevo sbagliato tutto ma Nao non se ne stupì e corresse il mio compito annuendo tra se.
“E’ molto brutto?” domandai timoroso.
“Sembra il compito di un bambino appena entrato alle elementari.”
“Cosa?! Dai non esagerare.”
Nao mi guardò serio come non mai “Infatti non esagero.”
Strinsi la testa tra le mani preso dalla disperazione “Non passerò mai gli esami!” esclamai.
“Siamo qui per questo. Alla fine di questa settimana saprai almeno contare” commentò, e mi sembrò quasi di percepire un velo di ironia, il che mi portò a guardarlo in maniera seria e Nao in tutta risposta mi colpì in testa con un quaderno obbligandomi a ricominciare tutto da capo.
Il pomeriggio, l’intera giornata trascorse così. Nao era severo ma molto bravo, le sue spiegazioni erano chiare e forse quella fu la prima volta che lo sentii parlare così tanto. Era piacevole starlo a sentire, era bella la sua compagnia tanto da non rendermi conto che stavo studiando la matematica, e così facendo il pomeriggio volò letteralmente. Avvertii la stanchezza solo verso le sette passate, quando mi lasciai cadere sul tavolino sbadigliando.
“Credo che per oggi possa bastare” osservò Nao guardando l’orario.
“Come sono andato?”
Nao mi scrutò in silenzio “Sei un disastro ma si può lavorare. Ora credo che andrò” si alzò per raccogliere le sue cose. Mi partì quasi senza pensarci e gli afferrai la mano per fermarlo.
“Resta per cena, mi farebbe piacere.”
Nao mi fissò spalancando gli occhi, per poi tornare normale quasi subito “Sei impazzito?”
“Cosa ho detto di male?!”
Continuò a riporre le sue cose nello zaino, con calma “Te ne esci sempre con cose strane. Oggi sono il tuo tutor, non un amichetto del tuo gruppo di calcio, non ti dimenticarlo.”
Usava sempre toni così autoritari, la cosa mi fece sospirare. “Io credevo di avere un amico a casa non il professore Matsuda.”
In quel momento mi ero veramente arreso, normalmente avrei lottato di più ma Nao fece una cosa inaspettata che mi fece rimanere di sasso.
“Il curry c’è ancora?” domandò di punto in bianco nascondendo i suoi occhi dietro gli occhiali.
Sollevai il busto tornando dritto, pensando di aver sentito male per un momento. “Certo che c’è!”
“Allora ne assaggerò un po’ ma poi vado a casa, chiaro?” tuonò severo.
Mi si dipinse il solito sorrisone a trentadue denti, e annuii contento. Inaspettatamente Nao aveva accettato di restare per una rapida cena, e contento finii di preparare il curry del pranzo. Preparai una piccola tavola per entrambi, servii il piatto, Nao era di fronte a me che mangiava in silenzio il suo riso al curry.
Non fu nulla di speciale, non ci fu una vera conversazione mentre si mangiava ma andava bene così. Era l’ennesimo piccolo passo in avanti, potevo vederlo mangiare il mio cibo, nella mia cucina.
Non si lamentò, forse aveva gradito ma questo non lo seppi mai, subito dopo raccolse lo zaino e si preparò ad andarsene. Fuori la porta lo salutai con un cenno di mano mentre lui annuì solo con la testa e lo vidi andare via.
Mi affacciai alla ringhiera per seguirlo con gli occhi mentre si allontanava dalla mia palazzina. Non era facile, avevo scelto una persona difficile da conoscere che non mi avrebbe permesso di entrare facilmente nel suo mondo, ma lentamente stava entrando nel mio anche se a piccoli passi. Rispetto all’inizio era cambiato tutto, da quando mi aveva definito capra ad ora sentivo che non lo pensava più, eppure c’era così tanto che ancora volevo sapere di lui. Mi domandai da dove nascesse quel mio desiderio, lo avrei guardato per ore e ore, senza stancarmene. Era divertente, intelligente, affascinante e tante altre qualità che sicuramente avrei scoperto, e volevo scoprire. Se solo lui me lo avesse permesso.



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