II ♦ Fiore della Notte
I
cunicoli che si diramavano nelle viscere della Città S erano
abbastanza larghi da permettere quasi sempre il passaggio, pur in
quelle condizioni; ma era la polvere, soffocante come le spire di un
serpente e capace di ustionare pelle e gola, a impedire di avanzare
per più di qualche passo.
L’opprimente
oscurità era secondaria a essa, perché la luce
della torcia la
teneva a bada e i sensi riuscivano a percepire movimenti e suoni; ma
se non fosse uscito da lì il prima possibile, gli eventi
sarebbero
precipitati verso l’esito peggiore. Dovevano
essere già passati parecchi minuti da quando era sceso;
forse non
era davvero così, ma la sua mazza aveva fatto a pezzi troppe
macerie, pietra e sangue
per
permettere una perfetta cognizione del tempo.
Sangue, sì: la luce illuminava esigue tracce, e anche il
sentore che
ristagnava nell’aria era poco più che una debole
presenza; ma in
alcuni casi riusciva a percepirlo per parecchi metri. Laggiù
non
c’erano solo possibili feriti — e morti
—, ma anche persone in
stato confusionale, talmente scosse dall’accaduto da aver
perso
lucidità e vagare senza meta nel buio di quelle gallerie; e
quei
casi erano ancora più urgenti.
Se
potessi respirare senza fatica… maledizione, che razza
d’inferno.
La
tensione bruciava i polmoni più di tutto il resto, ma la
rabbia
causata dalla sensazione di venire limitato da qualcosa che non
poteva superare — non un mostro, ma realtà che
superava le
barriere dell’energia umana — pulsava
così tanto da impedirgli
di cedere. La caparbietà che lo aveva reso noto nel mondo
degli eroi
si faceva sentire anche in quel frangente; e non solo quella,
comunque.
Qualcuno
mi sente? Hey, dico a voi! Rispondete!
Anche
se la bocca rimase ferma, l’aria sembrò muoversi,
agitata da una
vibrazione che, tuttavia, fu solo immaginazione: il terreno non
tremò.
No,
non la ragione. Non posso permettermi di diventare pazzo.
… Oh,
aspetta, ma questo è…?
Appena
l’eco di quello che era sembrato un grido lo raggiunse e lui
si
voltò verso il punto da dove proveniva, invece che
squarciarsi
davanti alla luce della torcia, le tenebre infittirono i loro veli e
si fecero come più vicine; la poca aria che circolava
sembrò
diminuire, ma non fu la paura a prendere i suoi movimenti, divenuti
un poco più lenti e pesanti.
«CONTINUA
A GRIDARE!», riuscì infine a urlare a sua volta,
perdendo in un
solo istante metà del fiato, «continua…
a resistere.»
Non
fare come lei.
La
mano che reggeva il lume si strinse su di esso fino a far tremare le
dita.
«Non
fare come lei.»
Avanzò
di qualche passo, l’orecchio nuovamente teso a percepire la
minima
vibrazione; e invece che andarsene o rivelarsi solo un’altra
illusione, il buio divenne così concreto da poter essere
quasi
accarezzato, lo accompagnò per parecchi minuti…
fino a quando,
improvvisamente, si aprì davanti a una folata
d’aria gelida.
Questa colpì l’eroe come uno schiaffo, tanto
giunse inaspettata;
ma il suo effetto benefico non tardò ad avvolgerlo e a
ridargli un
poco di forza.
Non
riusciva ancora a respirare perfettamente, ma quella poteva
considerarsi una buona zona franca — un’oasi di
calma in cui non
sarebbe potuto restare… o sì? Se
non sono stato l’unico ad arrivare qui…
è probabile che qualcun
altro ci si sia rifugiato.
Trovarla
non fu difficile.
Rannicchiata
contro una delle pareti del cunicolo, l’unico movimento
percettibile in lei era il respiro irregolare che le scuoteva appena
il petto, ma il battito del cuore era come un tamburo impazzito.
Bastò
scuoterla per vedere una piccola reazione e per scoprire che era
ancora più giovane e minuta di quanto fosse sembrato nel
chiarore
della torcia. «Sono
morta, allora.» Un soffio appena, seguito da una piccola
lacrima
scappata all’immobilismo.
«No,
non ancora. Non così in fretta.»
«Lasciami
qui. Non riesco a muovermi… ci ho provato, le gambe non mi
reggono.
Lasciami qui… salva gli altri.»
«Li
hai visti? Sai dove sono?»
Quando
la giovane annuì, lo fece anche l’eroe; quindi si
chinò per
sollevarla di peso, ignorando le sue deboli proteste.
«Andiamo da
loro», le disse, sorreggendola con il suo corpo e spingendola
ad
avanzare.
«Perché
lo stai facendo?»
Perché
ho già sbagliato una volta; e ho perso qualcuno di
importante, in
questa stessa oscurità.
Già
da molto tempo prima, avrei dovuto sapere come salvare una vita[1].
«Perché,
questa volta, le tenebre non si prenderanno nessuno.»
●●●
{ Due mesi dopo l’incidente: l’avvento }
In
lei
avevano trovato armonia la seduzione della notte e il gelo
dell’inverno;
solamente i suoi occhi erano stati chiamati brillanti,
ma crudeli —
e con quegli stessi occhi aveva fissato le sue vittime morire.
Chi
era riuscito a sfuggire a uno dei suoi attacchi aveva raccontato
della sua abitudine di colpire con la calma di un cacciatore,
inseguendo le prede con crudele costanza e lasciando il campo di
scontro mai privo del sentore della morte; tuttavia, quello che aveva
allarmato Associazione Eroi e cittadini era stato il fatto che gli
stessi che si erano salvati, nell’attacco successivo erano
stati
ritrovati morti.
Non
si era mai lasciata scappare nessuno.
Si
sarebbe saputo troppo poco di quel mostro: in quell’ultimo
periodo,
le sue apparizioni erano state frequenti e segnalate in varie
città,
ma era stata la rapidità delle sue azioni il problema
più grande.
Raramente
gli eroi mandati a combattere la minaccia si erano scontrati con
essa; qualunque cosa
fosse veramente stata quella figura dalle sembianze femminili a cui i
rapporti avevano fatto riferimento e che era stata registrata
dall’Associazione
con
un livello di calamità Demone,
la capacità di scomparire e rendersi incorporea come una
traccia di
fumo l’aveva protetta in tutte le occasioni e resa un
pericolo ben
più urgente di quanto inizialmente si fosse pensato.
Alle
forze giunte troppo tardi, lo scenario apparso era stato sempre lo
stesso: quartieri devastati, fitto silenzio e ragnatele di sangue
impresse contro le pareti dei palazzi o lasciate a disfacersi in
rigagnoli nelle strade; e un sussurro nella mente, che avrebbe
inseguito i malcapitati per molte o poche notti, a seconda di cosa il
mostro aveva deciso.
Sto
arrivando da te.
“Attenzione:
questo è un annuncio dell’Associazione Eroi alla
Città D.
Un
Essere Misterioso è stato visto aggirarsi nei quartieri
centrali.
Il
livello di calamità è stimato a: Demone.
I
residenti sono pregati di restare nelle proprie abitazioni o di
cercare immediatamente un rifugio sicuro.”
Non
avrebbe dovuto trovarsi lì: teoricamente un Classe C[2]
non avrebbe potuto occuparsi di una minaccia di livello Demone, anche
se le sue forze avevano dato prova di superare la classificazione
assegnata.
Non
avrebbe dovuto trovarsi lì, no; ma dalla scomparsa di Hana,
la
rabbia era ritornata e aumentata fino a sfinirlo se lasciata
inascoltata, e l’unico modo per poter respirare era stato
sfogarla
contro qualunque mostro avesse incrociato il suo cammino. Tutti,
senza alcuna eccezione —
perché ognuno di essi aveva preso le sembianze di quello che
l’aveva
uccisa, quindi non c’era mai stato alcun motivo di
risparmiare
qualcuno di loro.
L’unico
modo per non dover rispondere a nessuna domanda si ponesse.
Per
questo era giunto sul luogo dell’attacco nonostante al
momento
dell’annuncio si fosse trovato a chilometri di distanza,
raggiungendo quasi i limiti del proprio corpo per arrivare il prima
possibile; e tuttavia, quello che il mostro aveva deciso di compiere
era già stato portato a termine, in quanto nemmeno
l’eroe era
entrato nei quartieri sotto attacco che l’odore del sangue lo
aveva
costretto a retrocedere di qualche passo, l’assenza di suono
così
profonda da stridere fastidiosamente con il furioso battito del
cuore. E
i corpi… i corpi erano ovunque.
«Ma
che—
chi potrebbe compiere una strage simile in così poco
tempo?»
Un
fruscio e una presa sulla sua spalla erano stati la risposta, seguiti
da un verso di disapprovazione. «Vattene da qui, Classe C.
Siete
inutili in questi casi, e quello che è venuto a farci visita
è un
gran problema.»
Bad
non aveva riconosciuto la figura che era apparsa al suo fianco,
né
aveva voluto evitare il bagliore di superiorità nei suoi
occhi. «È
tutto da vedere», aveva invece replicato, stringendo con
maggior
forza l’impugnatura della mazza e dando una spinta al nuovo
arrivato per allontanarlo da sé; solo per vedersi superato,
appena
il boato di un edificio sventrato aveva infranto la cappa di
cristallo che li aveva avvolti.
«Non
sei abbastanza lucido, Metal Bat. Lascia il campo a chi veramente sa
come affrontare le emergenze!», era stata
l’ammonizione del
secondo eroe, prima di lanciarsi in corsa verso l’onda di
polvere
che si era alzata a inghiottire i palazzi più bassi.
«Ma
cosa credi di fare, idiota?», aveva replicato con durezza il
giovane, gettandosi al suo inseguimento. L’onda soffocante li
aveva
investiti immediatamente; Bad aveva cozzato duramente contro il muro
di un edificio e il buio era sceso sui suoi occhi, ma senza fargli
perdere conoscenza: era stato semplicemente
scagliato in un vicolo interno con tale velocità da non
permettergli
di comprendere il come
fosse successo. «Maledizione», aveva imprecato
recuperando il fiato
quasi subito e rialzandosi velocemente, cercando di recuperare
l’orientamento
e uscire da lì; ma il suo era stato solo un sussurro
smarrito nel
caos che si era improvvisamente levato tutt’intorno
a lui, con l’esplodere
della realtà.
Subito
dopo, non era stata la razionalità a costringerlo a correre,
ovunque
ma lontano da lì, e a guidarlo in qualche modo fuori dalla
tenebra
del vicolo e dritto nel cuore dell’inferno;
non era stata la razionalità, questa doveva aver presto
lasciato il
posto a qualcosa di più fermo, che gli avrebbe permesso di
sopravvivere.
La
prima cosa che aveva notato era stato il fatto che né lui
né
l’altro
eroe erano dei bersagli. Quest’ultimo
era steso al suolo a pochi metri da lui, così immobile da
sembrare
morto; ma il mostro che avrebbero dovuto sfidare —
ancora parzialmente coperto dalla polvere, ma ormai evidente nella
sua enormità
—
non si era curato di ciò, anzi: aveva continuato a
combattere dando
loro le spalle, come se non li avesse nemmeno notati.
Sfruttando
la cosa a proprio favore, Bad aveva cercato di avanzare per
recuperare il compagno e portarlo via da ogni pericolo imminente; ma
lo aveva solamente pensato, che una seconda onda di nera energia si
era scatenata per le strade, investendolo ancora una volta e
costringendolo a piegarsi sulle ginocchia per non essere trascinato
via. Quello strano assalto era svanito rapidamente come il primo; ma
quando il giovane era riuscito a vedere di nuovo, lo scenario era
completamente mutato.
«Nessuno
si dovrebbe mai intromettere in una battaglia tra mostri, ancor meno
nullità come voi.»
Davanti
al suo sguardo attonito, l’oscurità
aveva preso forma umana, un vero e proprio corpo e volto; nero come
ossidiana in ogni sua parte, fatta eccezione per gli occhi ricolmi di
luce bianca, come stelle incastonate in un’impietosa
mezzanotte. Lei
si era rivelata bella come era stato raccontato; e pericolosa nel
modo con cui era avanzata, le unghie d’inchiostro
di una mano che non erano ancora riuscite a liberarsi del gocciolio
cremisi del sangue, e quelle dell’altra…
«Prevedibile
e fin troppo rapido, è vero; ma è stato comunque
uno scontro. Mi
sarebbe dispiaciuto se uno di voi due l’avesse
disturbato.»
La
testa che aveva infine lasciato cadere era rotolata nella direzione
di Metal Bat con calma surreale; e solo quando era stata vicina lui
aveva pienamente realizzato che era quella del mostro intravisto
istanti prima.
Il
ragazzo aveva socchiuso gli occhi, senza staccare lo sguardo
dall’Essere
sempre più vicino.
«Quella
donna d’ombra…»
Lei
aveva sorriso appena; quindi lo aveva attaccato.
Se
i suoi riflessi fossero stati meno allenati, sarebbe stato colpito in
pieno e probabilmente sventrato; ma anche se solo per pochi attimi
era riuscito a sfuggirle scartando di lato, ed era stato suo il turno
di colpire, con una ripresa veloce quasi quanto l’attacco
dell’avversaria.
La mazza aveva impattato contro il braccio del mostro con tutta la
forza del suo possessore; almeno, così gli era sembrato,
fino a
quando non aveva visto il corpo del nemico svanire e sentito il suo
respiro sul collo immediatamente dopo.
«Comunque
troppo lento.»
Il
colpo successivo lo aveva colto alle spalle e raggiunto quella
sinistra, sbilanciandolo in avanti ma senza raggiungere la forza
devastante dei precedenti attacchi; semplice capire il
perché. Vuole
giocare con me e quell’idiota
sprezzante prima di fare sul serio; evidentemente prima non si
è
divertita abbastanza. «Avanti,
fatti sotto», aveva quindi ringhiato Bad, sentendo la
calamità
incombere su di lui; per una seconda volta era riuscito a evitare
quegli artigli affilati come rasoi, per una terza e una quarta prima
di poter attaccare a sua volta.
La
sua mazza era stata fermata a mezz’aria,
quasi piegandogli il braccio in una posizione innaturale; con l’altra
mano, lei lo aveva afferrato alla gola e trascinato davanti a
sé, a
un centimetro dagli occhi candidi. «Hai fegato ad attaccarmi
con
tutto te stesso», aveva sussurrato, con una dolcezza capace
di fare
a pugni con la ferocia dell’agire;
e per un attimo, Metal Bat aveva sentito la forte pulsione di
smettere di dibattersi e lasciarsi fare qualunque cosa l’Essere
avesse voluto, la persuasione e qualcosa di ancora più
sottile
aumentare la stretta sulla carne, «…
e hai anche una resistenza eccellente.
Ma non c’è
molta differenza con chi ti ha preceduto…
con chi non può raccontare più nulla.»
Dopo quelle parole, aveva
tentato di strappargli l’arma,
e con essa anche le dita; ma il corpo dell’eroe
aveva agito di propria volontà, così che la mazza
era sfuggita alla
presa della nemica e lui era riuscito a colpirla al fianco per due
volte.
Immediatamente,
la carne si era come disfatta, divenendo simile a fumo; e anche se
non gli era sfuggito il ghigno di dolore nel volto del mostro, Bad
aveva sentito il pungolo dello scoramento attraversarlo.
In
quello stesso istante, lei lo aveva liberato, spingendolo lontano da
sé. «Di te mi prenderò cura
più tardi», gli aveva sibilato; e al
suo tentativo di rialzarsi, lo aveva colpito così forte da
potergli
spezzare più di una costola —
se non fosse stato abbastanza rapido da parare il colpo con la sua
fedele compagna di metallo e indietreggiare.
«Perché
non continuiamo, invece? Sembravi divertita.»
L’altra
non aveva replicato, ma gli aveva volto le spalle con la sicurezza di
chi ha il controllo di ogni cosa e si era diretta verso l’altro
eroe.
Siccome
questi era rannicchiato su sé stesso, Bad non era riuscito a
vederlo
chiaramente, ma aveva scorto una sorta di fucile tra le sue mani,
ciò
che doveva aver preoccupato la loro avversaria.
«Con
quello potresti fare un gran male…
più a te stesso, temo», l’aveva
infatti sentita mormorare, «e non sai che non è
leale attaccare
quando c’è già uno scontro in
atto?»
Uno
sparo assordante e incontrollato aveva macchiato il breve silenzio,
quindi gli eventi successivi avevano avuto luogo in un unico istante.
Le
unghie del mostro erano penetrate nel costato dell’eroe e lo
avevano lacerato con violenza, intessendo l’aria di minuscole
gocce
scarlatte.
Non
un grido aveva lasciato la bocca della vittima, ma lui si era mosso
appena intuito cosa stesse per accadere; e quando lei si era girata
per affrontarlo, l’aveva afferrata per la vita e staccata dal
corpo
dell’altro, riuscendo a spingerla di lato ma non a
trattenerla.
La
donna d’ombra
lo aveva inchiodato a terra con uno sguardo carico di livore, quindi
si era piegata sulle ginocchia. A giudicare dall’energia che
era
scorsa dal corpo come un’onda, non avrebbe scherzato ancora a
lungo. «Sei una maledetta seccatura, Bad.»
Il
giovane non aveva abbassato la guardia, ma corrugato appena la
fronte. Il
mio nome…
«Come
fai a saperlo?»
L’avversaria
aveva immediatamente compreso a cosa si fosse riferito, ma non aveva
risposto; come una fiera, aveva iniziato a studiarlo a fondo,
cercando la migliore apertura.
«Che
cosa c’è? Ora hai paura, per caso?»
Provocarla
in quel modo aveva presto sortito l’effetto di smuoverla; ma
l’attacco che aveva sferrato era troppo violento per essere
fermato
senza conseguenze, quindi l’eroe si era ritrovato a qualche
metro
da distanza con un braccio dolorante per una buona metà e
uno
squarcio sul fianco.
Subito
dopo, lei aveva nuovamente attaccato, ingaggiando con Bad una danza
di metallo e artigli che non aveva concesso tregua per lunghi minuti,
fino a quando lui non era riuscito a intrappolarla, anche se per
pochi attimi, contro il muro di un palazzo.
«Sei
una codarda.»
«E
tu sei al limite delle forze.»
Come
a un segnale convenuto, si erano separati e di nuovo attaccati; e
questa volta, Bad era riuscito ad afferrare il mostro e a premerla al
suolo con tutto il peso, stringendola ai fianchi: lì dove
aveva
notato che i suoi colpi erano andati a segno con maggior risultato.
«Perché
sai il mio nome?»
La
calamità aveva socchiuso gli occhi, stirando la bocca in una
smorfia; e per qualche motivo, il sentore della sua sete di sangue si
era come smorzato, e non era scomparsa. «Sono
cambiata davvero tanto, vero? Qualche giorno a vagare nel buio, e ti
risvegli così: irriconoscibile, e incapace di dimenticare
cosa ti è
accaduto.»
«Di
che cosa stai parlando?»
Lei
si era alzata sui gomiti, mettendo subito un braccio tra il suo petto
e quello del giovane. In un istante, l’aura
oscura si era addensata nuovamente intorno a lei come una nube di
tempesta. «Non chiedermi come, né il
perché, ma ti ho visto quando
hai estratto da quelle macerie la borsa con tutti i miei spartiti.
Come hai fatto a non sentirmi gridare, tu che—»
Bad
non l’aveva
lasciata finire; con grande sorpresa del mostro, l’aveva
colpita al viso con un colpo secco e dopo averla presa per i
filamenti d’ombra
che dovevano essere stati i suoi capelli le aveva sbattuto il capo al
suolo. «Non prenderti gioco di me, né di lei
»,
le aveva mormorato, smarrendo tutta la calma rimastagli.
Nonostante
il doloroso trattamento ricevuto, il mostro non aveva mutato
espressione. «Così credi che stia mentendo…
posso comprendere, dopo tutto. Ma dimmi una cosa: dov’è
il corpo di Hana? È stato ritrovato tra le macerie, oppure
no? Lo
hai visto? »
No.
Una stilettata nuova, avvelenata, si era unita al pungolo causatogli
dalla ferita aperta, al livore, a tutto ciò che era seguito
dopo la
scomparsa della ragazza e che lui non era riuscito a realizzare
ancora
completamente; ma era una sensazione diversa, nessuna di quelle che
aveva già provato.
… Sospetto?
«…
La risposta è no: perché non c’è
mai stato un corpo da cercare, ma una persona. Una persona lasciata
sola a vagare nel buio di cunicoli sconosciuti, incapace di trovare
una via d’uscita
da sola; gridava aiuto, seguiva il suono delle voci che riuscivano a
raggiungerla ma non erano giunte per lei, rispondeva…
nessuno sentiva.
Cinque
giorni: ore tra la vita e la morte, dove ogni istante perdeva
qualcosa di sé, e diveniva altro.
Nemmeno lei, forse, lo aveva compreso pienamente…
finché non uccise un uomo — il primo di molti
—, e allora ruppe
i suoi ultimi limiti.»
Una pausa. «Era solo un operaio…
ma lei era allo stremo delle forze, aveva bisogno di cibo, doveva
dissetarsi; quella morte non fu una sua colpa.
Non
è colpa di Hana se la vecchia sé stessa
morì così.»
Le
prime vittime del mostro d’ombra
erano state ritrovate in un cantiere sotterraneo. Un incidente
durante alcuni lavori…
ma chi è sopravvissuto ha raccontato una storia diversa.
Il
pensiero non aveva suono, non poteva smuovere il silenzio; e comunque
fosse, quel
pensiero non avrebbe mai avuto una voce così forte da poter
sovrastare il rombo del caos interno all’anima.
Come
hai fatto a non sentirmi gridare?
«Spostati
da me.»
Con
uno scatto, Bad aveva ubbidito e lasciato libero il mostro —
Hana:
la ragazza che gli aveva dato così tanta pace…
la calamità di livello Demone che aveva tentato di
ucciderlo, e lui
di uccidere. Più
si era rifiutato di crederci, più aveva fatto il contrario —
retrocedendo lentamente, lontano da lei. «Come
posso essere certo di ciò che dici?» La voce gli
era risultata
estranea, distorta; Hana l’aveva
accolta con un accenno di tristezza nello sguardo che, seppur bianco,
aveva nascosto la parte più oscura di lei.
«Perché dovrei
ingannarti? Ti avrebbe fatto più male mentirti…
o sbaglio?»
Silenzio.
«O
sbaglio? Dimmelo, Bad! Se non vuoi rispondere al perché mi
hai
lasciata sola, laggiù…
fallo almeno a questa domanda.»
«Il
tuo non era il solo corpo che non si riusciva a trovare»,
aveva
mormorato infine lui, «ma nessuno è emerso vivo da
quelle macerie.
Le
tue compagne, chi è caduto con te…
sei stata l’unica
a essere sopravvissuta.»
L’unica
a subire il peggio. L’unica
a passarlo da sola.
«Ti
ho chiamato così tanto, ma…»
«…
Ma nemmeno tu hai risposto quando l’ho
fatto io!»
Il
silenzio improvviso si era rivelato ancora più pesante dei
precedenti; tensione, rabbia, il non spiegato si era mischiato con i
loro respiri.
«Io
non volevo diventare così…
ho sempre temuto che questo mi accadesse, lo
sai bene.
E ora riesco solo a provare odio, rancore, per chi è
più fortunato
di me…
per chi gli eroi mi hanno preferito.»
«Che
cosa stai dicendo? Perché avremmo dovuto dimenticarti,
perché avrei
dovuto farlo io?»
Era
stato il turno di Hana di indietreggiare, con più di un’accusa
dipinta sul volto. «Io non avrei avuto pace se tutto questo
fosse
accaduto a te, a Zenko…
il solo pensiero mi avrebbe sconvolto. Eppure nessuno ha avuto la
stessa cura verso di me…»
«Nessuno
poteva immaginare la verità, Hana!»
«Eppure
è questa; e le conseguenze sono tutte vostre.»
Il
tempo delle parole si era infranto come una fragile bolla; e la
giovane si era messa in posizione per riportare la battaglia tra
loro. «Non si torna più indietro, Bad; non
avrò pietà.»
«Hai
già deciso tutto, quindi», aveva replicato lui.
«Ne
sono stata costretta.»
Era scomparsa come l’ultimo
lembo di notte davanti al sole; ma Metal Bat non aveva atteso altro
che questo, e reggendo la mazza con entrambe le mani era riuscito a
fronteggiare il suo attacco senza perdere terreno.
La
terra aveva tremato appena entrambi avevano liberato la propria forza
senza più trattenersi; mura e polvere erano esplose intorno
a loro
quando lo scontro aveva poi coinvolto un edificio, e si erano
ritrovati a combattere su pavimenti spezzati dal proprio impeto.
Uno
di questi era poi crollato trascinando entrambi nella caduta; e un
locale pieno di armi di ogni tipo aveva visto la battaglia farsi
quasi disperata quando i corpi non avevano lasciato spazio ad altro
se non a una reciproca, ferrea stretta.
«Non
puoi più fuggire, ora», si erano detti all’unisono,
con diverse ragioni, scagliandosi a vicenda contro le pareti opposte
della stanza; scosse, queste avevano rovesciato su di loro il corredo
di spade, scudi e archi che avevano sorretto fino a quell’istante.
Hana aveva colto quell’occasione per attaccare il suo
avversario;
eppure, Bad fu altrettanto lesto nel porre contro di lei lo scudo che
gli era caduto più vicino, capace —
forse — di contrastarla almeno per un poco.
L’arma
aveva iniziato a piegarsi sotto i colpi ripetuti, fino a quando non
si era completamente sbriciolata e Hana aveva cercato di afferrare
l’eroe; questi si era già preparato.
«Che
cosa…», aveva replicato lei, sentendo che era
stato il suo polso a
venir stretto in una presa d’acciaio; e ancor prima che la
sorpresa
avesse potuto abbandonarla, era stata piegata al suolo, il ventre in
fiamme per il colpo fulmineo e la mente incapace di mantenere
lucidità. «Fa-fa male…», era
riuscita a mormorare; poi, il mondo
era esploso e si era messo a vorticare, fermandosi solo dopo averle
fatto sbattere il capo contro il pavimento, in un punto diverso da
quello in cui era stata fino a pochi istanti prima. Il dolore era
divenuto maggiore, insopportabile e ancora peggio: le aveva preso il
cuore, e…
Perché
hai iniziato a piangere?
«Fa
male…
è terribile», aveva singhiozzato tenendosi il
petto, mentre un
rivolo di sangue nero aveva iniziato a sgorgare dall’angolo
dell’occhio
destro e tingerle la guancia con un marchio d’inchiostro e
pena.
E
no, alla fine non era stato il dolore la cosa peggiore: ma il freddo,
il buio.
Il
buio. Dall’abisso di pietra che l’aveva ingoiata
nel momento
della caduta, lei non era mai uscita veramente.
«Alzati,
non abbiamo ancora finito.»
La
giovane non aveva risposto per un lungo istante, e lui non
l’aveva
più pungolata; non quando aveva visto le ombre scivolarle
dalla
pelle e cedere lo spazio a un simulacro della vecchia Hana, e gli
occhi perdere il bagliore latteo per scurirsi e versare lacrime
più
copiose.
Nel
tuo cuore chi sei davvero?
Lei
aveva tentato di farlo; ed era immediatamente ricaduta sui gomiti,
ogni fibra del corpo percorsa da fitte lancinanti.
«Alzati!»
«Hai
colpito il mio punto debole, stupido; le mie costole sono
spezzate…
quando l’adrenalina passerà, anche respirare mi
costerà fatica.»
Lui
si era proteso sull’avversaria, afferrandola per un braccio e
trascinandola verso l’alto. «Non finirà
in questo modo.»
Hana
lo aveva fissato per qualche attimo; quindi, per la prima volta dopo
così tanto tempo da non sembrare reale, aveva sorriso con
sincerità.
«Quanto
sono patetica ora, vero? Persa ogni sicurezza, stanchi di
tutto…
come siamo inermi.»
In
risposta, Bad aveva lasciato cadere la mazza a terra, ormai
piegata[3]
e inservibile —
non più utile a quello che sarebbe stato il nuovo scenario,
e aveva
afferrato l’amica
per entrambe le spalle.
La
ragazza aveva ricambiato la stretta sulle braccia dell’altro
con
minor pressione, e dopo quei crudeli minuti di immobilità
che li
avevano colti aveva appoggiato la testa contro il suo petto. In
quell’istante, il processo iniziato istanti prima era apparso
ancora più evidente: l’umanità si era
messa a lottare contro la
mostruosità, e se da una parte le sue unghie avevano aperto
lunghi
graffi sul petto di Bad, dall’altra gli occhi lo avevano
accarezzato e stretto all’anima con disperazione.
«Sei
un idiota. Ti sei messo in mezzo, hai affrontato la mia sete di
vendetta, mi hai battuto, e ora…» Si era
interrotta per scuotere
il capo e guardare il sole filtrare dolcemente dalla piccola
finestra posta in alto sul muro, alle spalle di Metal Bat:
l’unica
fonte di luce che rischiarava il locale. Avrebbe voluto essere
lontana da lì, da ogni azione e pensiero, dalla memoria;
avrebbe
voluto esserlo con lui, e avere il tempo di poter rispondere a tutto,
di litigare, combattere ancora, non aver paura né il
bisogno
di piangere per sé stessa.
«Hana
non tornerà più, e non perché io non
lo voglia, semplicemente
perché è impossibile. Non
ritornerà… non riuscirà a
farlo.»
Parole,
solo parole; quelle che aveva odiato, evitato, erano scorse libere,
impossibili da trattenere ed evitare.
«E
pensi di cavartela in questo modo, parlando? Credi che ti
permetterò
di continuare così?» Il ragazzo l’aveva
scossa un’altra volta,
per spingerla a una reazione; e lei aveva sospirato lievemente prima
di staccare gli occhi da quel cielo troppo chiaro e appoggiare la
fronte contro quella di lui. «Vorrei tanto che tu non me lo
permettessi, credimi. Perché… perché
ora, l’ultima cosa che desidero è dire addio.»
Era
svanita senza far rumore nel momento esatto in cui aveva chiuso gli
occhi, troppo velocemente anche per le sue certezze; e anche se per
un solo momento l’eroe aveva creduto di essere nuovamente
sotto
attacco, niente e nessuno era arrivato a colpirlo.
Era
rimasto solo, con le braccia tese verso qualcuno che non avrebbe
risposto, in una stanza piena del suo sangue, delle sue ombre —
l’unica cosa che il sole non era riuscito a uccidere; era
rimasto,
e
da sempre chi rimane soffre di più.
Forse
quella era stata una delle battaglie più rapide, gli eventi
stessi
non avevano dato tregua a nessuno di loro due; ma
chi rimane soffre di più.
Di
quello non aveva mai dubitato.
NOTE
[1] Frasi riprese dal testo di “How To Save a Life” dei The Fray, canzone che mi ha ispirato molto di questa storia e che per questo è stata inserita come titolo della fic.
[2] In uno dei capitoli speciali del volume 11 è detto che Metal Bat viene promosso, per merito delle sue imprese, direttamente dalla Classe C alla S poco più di un anno prima dagli eventi trattati nell’opera; nel momento trattato, quindi, è ancora nella classe di partenza.
[3] Sempre nel capitolo speciale, viene mostrato come l’eroe richieda all’Associazione, come equipaggiamento particolare, una mazza di metallo che non possa essere né distrutta né piegata, in quanto le precedenti erano state rese inutilizzabili dalle precedenti battaglie.