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Autore: Dhialya    30/04/2018    0 recensioni
[Sequel di "When the darkness comes."]
-Fratello è una parola che non dovrebbe più uscire dalla tua bocca- lo riprese Ace, calcandosi il cappello arancione sul capo e mettendosi in una posizione di attacco. -Quello che hai fatto è imperdonabile, Teach! Te la farò pagare!- gli gridò, rabbioso e stringendo i pugni. I suoi occhi luccicarono di determinazione.
Non gli sarebbe scappato una seconda volta.
Quello che ottenne da Barbanera fu solo una grassa risata divertita che lo irritò ancor di più.
-Allora vieni a prendermi, moccioso-.
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Barba nera, Marco, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa one-shot è il sequel di "When the darkness comes", credo possa essere capita anche singolarmente ma consiglio la lettura della precedente.



The light will guide you home.


-Ohi! Stai bene?-

L'oste scrollò nervosamente il ragazzo che improvvisamente si era ritrovato con la faccia dritta nel piatto in cui stava mangiando dalle spalle, facendo trasbordare il cibo su cui si trovava sul bancone e a terra.

-Stai male?!-

L'uomo, in panico per quello svenimento improvviso che era avvenuto davanti ai suoi occhi e di cui non capiva la causa, uscì da dietro la sua postazione lavorativa, mentre un gruppetto di persone osservava la scena mormorando tra loro preoccupati e occhieggiando la figura apparentemente senza vita.

L'oste si affiancò al ragazzo, cercando di sollevarlo dalla posizione in cui si trovava per togliergli la faccia da dentro il piatto.

Era alto, giovane e muscoloso, quindi immaginò che lui, basso ed esile e che iniziava a sentire la fatica degli anni che passavano, avrebbe fatto un po' di fatica se nessuno l'avesse aiutato.

-Non si preoccupi, è normale-

Una voce lo fermò a metà di quel tentativo di aiuto e l'uomo si voltò, strizzando gli occhi per mettere a fuoco la provenienza di quella voce e infastidito dalla luce del sole che penetrava dalla porta.

Una figura in controluce si avvicinò ai due e quando fu abbastanza vicino l'uomo riuscì a vederlo bene in faccia. Lo attirò soprattutto la strana capigliatura bionda e l'espressione annoiata, per niente preoccupata per ciò che poteva essere accaduto al ragazzo che stava riverso sul bancone del ristorante.

-E' un tuo amico?- gli domandò, cercando sempre di sollevare il ragazzo svenuto.

Marco gli si avvicinò, aiutandolo in quell'impresa senza nemmeno bisogno di sforzarsi. Com'era possibile che nei momenti meno opportuni venisse colpito da quella sua dannata narcolessia non se lo spiegava ancora.

Ace si ritrovò così seduto, con la testa rivolta all'indietro e una bolla che gli usciva dal naso ogni volta che respirava.

L'oste lo guardò, corrucciato, osservando la sua espressione rilassata e la faccia con sopra qualche chicco di riso sparso.

-Allora? Non mi hai risposto, ragazzo- disse, tornando dietro il bancone per finire di asciugare dei boccali.

Marco si sedette nel posto accanto al comandante della seconda flotta e ordinò da bere, lanciando un'occhiata alla pila di piatti vuoti davanti al moro, prima di rispondere.

-Si, è un mio amico- tagliò corto, dando poi delle occhiate in giro.

Quel posto, in quell'ora di pranzo calmo e tranquillo, la sera era sempre pieno di pirati, complice la zona poco raccomandabile in cui era situato; la Fenice era sicura che dietro quella sua aria vissuta e innocente quell'uomo sapesse benissimo chi fossero e a quale ciurma appartenessero, perché era impossibile che non avesse riconosciuto il simbolo sul suo petto o sulla schiena scoperta di Ace.

La fama di un imperatore lo precedeva.

Si riscosse dai suoi pensieri e cambiò discorso, rivolgendosi al barista e inchiodandolo sul posto con quella sua espressione indecifrabile e seria.

-Stiamo cercando un uomo, forse sai qualcosa-.







Il ragazzo girò la manopola dell'acqua per chiuderla, sospirando e concedendosi qualche attimo con gli occhi chiusi per finire di godersi la sensazione del getto caldo rimastagli sulla pelle.

Sorrise, Ace, beandosi del silenzio interrotto solo da qualche goccia solitaria che cadeva sul piano della doccia e da dei rumori provenienti dal piano inferiore.
Probabilmente o c'era già gente ubriaca o stava discutendo.

La locanda che lui e Marco avevano scelto per passare qualche giorno prima di ripartire non era propriamente silenziosa o frequentata da gente raccomandabile, ma non se ne preoccupò.
Dopotutto, anche loro erano pirati.

Avrebbe voluto fermarsi solo una notte perché voleva raggiungere l'ultimo posto in cui sapevano Barbanera era stato visto il prima possibile, ma Marco si era imposto, dicendogli che dovevano riposare qualche notte in modo vagamente decente e comprare provviste.

Ace si era offerto di fare scorta, ma il compagno gli aveva caldamente proibito di intromettersi in tutto ciò che riguardava i viveri perché avevano più di una volta rischiato di rimanere in mezzo al mare senza cibo a sufficienza durante quel viaggio.

L'espressione di Pugno di Fuoco mutò leggermente, perdendo l'ombra che gli aveva oscurato lo sguardo ripensando a Teach, ricordando con divertimento il viso scocciato della Fenice con le mani sui fianchi - come una vecchia zitella, aveva pensato - mentre lo rimproverava.

Non era colpa sua se aveva sempre fame!

Ace uscì dalla doccia quando iniziò a sentire delle ventate d'aria fredda insinuarsi nel vapore che si era formato nell'angusto bagno arrivandogli alla schiena, procurandogli dei brividi.
 
Si legò un asciugamano alla vita, dirigendosi poi verso il letto e buttandocisi sopra a peso morto. I capelli gocciolavano ancora acqua, che si stava andando a posare sul cuscino, inumidendolo, ma non ci badò.

I pensieri del comandante della seconda flotta erano stati portati via dalla felicità che lo pervadeva ogni volta che ripensava al fratello che aveva incontrato ad Arabasta qualche tempo prima.

Rivederlo gli aveva alleviato un po' il peso che sentiva da quando era in viaggio con Marco per cercare Barbanera e fargliela pagare.

Avevano saputo che Satch aveva ripreso conoscenza quello stesso giorno in cui erano salpati, e gli era dispiaciuto non salutarlo – pur essendo certo che era un osso duro e si sarebbe rimesso in fretta –, ma non era riuscito a fermare l'impellente bisogno di mettersi alla ricerca del traditore.

Non riusciva a tollerare che un membro dell'equipaggio di un Imperatore pieno di buoni principi come Barbabianca fosse stato capace di un gesto simile verso un proprio Comandante, - verso un suo amico, un fratello.

Era inoltre sicuro che non si sarebbe fermato se non fossero intervenuto lui e Marco.

L'avrebbe ucciso.

Non riusciva a fare finta di niente; era come se Teach colpendo Satch avesse colpito un po' anche lui, e sentiva la rabbia ribollirgli fin dentro le ossa, ogni volta che ci ripensava.

Non tollerava che un suo compagno stesse soffrendo per colpa di una persona che era sua responsabilità – perché venire pugnalati alle spalle nel posto in cui dovresti essere più al sicuro, di certo non è una cosa che dimentichi facilmente.

Sospirò pesantemente, cercando di farsi coraggio pensando che ormai erano vicini alla loro destinazione e presto lui e Marco sarebbero potuti ritornare alla Moby Dick, e indirizzando nuovamente i pensieri a suo fratello per riacquistare la calma di poco prima.

Aveva trovato Rufy in ottima forma, cresciuto e maturato ma sorridente e con quella dose di ingenuità che da sempre lo contraddistingueva, e non aveva mai dubitato sul fatto che non avrebbe avuto problemi a tirare insieme una ciurma.

Suo fratello era stato fortunato, aveva trovato davvero degli ottimi amici di cui circondarsi e con cui passare il tempo mentre viveva le sue avventure per i mari realizzando i suoi sogni.

Sorrise, nascondendo la faccia nel cuscino ormai bagnato e iniziando ad addormentarsi.

Rufy non lo deludeva mai.







Marco occhieggiò le persone sedute ai tavoli e al bancone parlare animatamente trangugiando bottiglie di alcolici e mangiando come se non vedessero cibo da svariate settimane.

Molti erano brilli e si capiva dai loro occhi lucidi, le gote rosse e le risate sguaiate che facevano per ogni minima parola che si scambiavano.

La sua espressione ebbe un moto di ribrezzo e provò un senso di pietà nel vedere quegli uomini già conciati in quelle condizione all'ora di cena, quando il sole ancora non era tramontato del tutto e i bambini erano ancora in giro per le strade a giocare.

Salì le scale lasciandosi alle spalle il chiasso di quei clienti e posizionandosi meglio sulla spalla lo zaino in cui aveva riposto le provviste che aveva comprato quel pomeriggio, dirigendosi alla camera che aveva affittato con Ace.

Quando entro trovò Pugno di Fuoco a letto, addormentato, con solo l'asciugamano a coprirgli la vita e il vapore ancora ad intasare l'aria del piccolo bagno.

Posò lo zaino a terra vicino al proprio letto, andando poi ad aprire la piccola finestrella per far cambiare l'aria.

La locanda in cui si trovavano era spartana, ma l'aveva ritenuta un buon compromesso per non spendere troppo e riuscire ad avere un posto in cui dormire che non fosse quella barca che guidava Ace.

In due non si riusciva a riposare a dovere, senza contare che se il mare fosse stato particolarmente agitato rischiavano che si ribaltasse.

E loro non potevano nuotare.

Sospirò, Marco, osservando l'ambiente spoglio e datato e portandosi una mano a grattarsi la nuca, pensieroso.

Erano mesi che erano in viaggio, ormai, e sperava che le informazioni che aveva ricavato da quel vecchio qualche tempo prima fossero giuste. Aveva voglia di ritornare nella propria cabina e dai suoi compagni, aiutando il Babbo a occuparsi della ciurma per non farlo affaticare troppo e per vedere come si stava riprendendo Satch.

Da quello che gli avevano detto gli altri Comandanti durante le chiamate tramite i lumacofoni, fisicamente si era ripreso del tutto grazie anche all'aiuto del frutto Dark Dark – altrimenti sarebbe stato spacciato.

Ma psicologicamente... quello era un altro discorso.

Venire colpito alle spalle da un compagno con cui aveva condiviso vari anni della propria vita aveva condotto il Comandante della quarta divisione in uno stato per loro incomprensibile.

Non aveva nemmeno avuto il sentimento di volersi vendicare contro Barbanera, semplicemente rimaneva incredulo quando ne parlava, faticando a rendersi conto di ciò che realmente gli era successo e ringraziando lui ed Ace più volte per avergli salvato la vita.

Era come se la sua mente, gli avevano detto i medici di bordo, non volesse piegarsi a quella possibilità perché ancora troppo dura da mandare giù, perché per il resto si comportava come sempre e parlava con tutti, allenandosi per imparare a gestire il nuovo potere che aveva ottenuto.

Marco aveva seguito Ace in quell'inseguimento per evitare si cacciasse nei guai con la propria sconsideratezza, ma voleva tornare il prima possibile alla Moby Dick perché sapeva che Satch poteva aver bisogno della vicinanza di tutti loro, per quanto morisse dalla voglia di picchiare Teach con le proprie mani.

Si lasciò andare stancamente sul proprio letto, osservando come Pugno di Fuoco dormisse beatamente senza preoccuparsi di ciò che lo circondava e non mostrandosi infastidito dal freddo che poteva sentire sulla propria pelle scoperta e umida.

Durante quei mesi, quando avevano raggiunto Arabasta, Ace gli aveva detto che se non si fossero divisi avrebbe potuto incontrare suo fratello Rufy.

Marco ricordava come gli occhi del suo compagno si fossero illuminati ogni volta che gliene aveva parlato e ancor più come fosse stato felice di averlo rivisto, mettendo da parte per qualche momento la sua rabbia contro Barbanera.

Era talmente entusiasta nel raccontargli le cose che lo riguardavano che gli era quasi dispiaciuto non aver conosciuto quel Rufy di persona.







-Sembra da solo-

Ace quasi ringhiò fuori quelle parole, osservando con disprezzo la figura di Barbanera che camminava per le vie della città.

Era quasi il tramonto, e il sole che stava andando a nascondersi illuminava il cielo di colori rossastri, formando delle ombre scure lungo le strade e sui muri degli edifici, i negozi iniziavano a venir chiusi e la gente stava rincasando.

Avrebbe voluto tirargli un pugno appena lo aveva visto quella mattina, ma Marco lo aveva trattenuto, dicendogli di aspettare a fare casino e vedere dove andava e se fosse insieme a qualcuno.

Ma Teach non si era unito a nessuno, in quelle ore in cui lo avevano pedinato, passando il tempo tra un bar e l'altro, bevendo, ridendo sguaiato e talvolta giocando d'azzardo – nonostante fosse pieno giorno, sembrava conoscere perfettamente la parte di città ed i locali in cui si riuniva la feccia della città – feccia come lui, pensò Ace.

Era perfino riuscito a intimidire chi aveva provato ad infastidirlo perché, benché fosse un rifiuto umano, il Comandante della seconda flotta dovette ammettere che la sua dose di fama e forza l'aveva, avendo fatto parte della ciurma di Barbabianca.

-Appena si allontana dal centro ci avviciniamo- Marco parlò calmo, osservando come Barbanera camminasse pacifico e tranquillo per quelle strade che si facevano sempre più scure, ignaro di essere seguito, portandosi appresso una bottiglia di sakè.

O forse faceva solo finta e li aveva scoperti già da tempo.

Dopotutto, si era rivelato un bravo attore.







-Marco, Ace... Chi non muore si rivede, eh, fratelli?-

Come avevano sospettato, Barbanera si era accorto di loro probabilmente già da tempo, perché quando avevano fatto per avvicinarglisi maggiormente questo si era voltato, ghignando ed osservando il muro dietro cui erano nascosti.

Teach rise, bevendo l'ultimo sorso dalla bottiglia e gettandola contro il muro di una vecchi casa abbandonata con forza, rompendola.

Marco ed Ace lo osservavano, con le mani nelle tasche dei pantaloni, silenziosamente. Sapevano che avrebbe fatto di tutto per cercare di far perdere loro la calma, perché insinuarsi nelle menti e nelle emozioni umane come un serpente viscido era la cosa che gli riusciva meglio.

Non si spiegavano, però, se il fatto che si trovasse davanti ai due comandanti con entrambi i poteri di un frutto del diavolo con sfrontatezza e nemmeno un briciolo di paura fosse perché era più stupido di quello che pensavano o se nascondesse qualcosa che lo rendeva sicuro di se.

-Fratello è una parola che non dovrebbe più uscire dalla tua bocca- lo riprese Ace, calcandosi il cappello arancione sul capo e mettendosi in una posizione di attacco.

-Quello che hai fatto è imperdonabile, Teach! Te la farò pagare!- gli gridò, rabbioso e stringendo i pugni. I suoi occhi luccicarono di determinazione.

Non gli sarebbe scappato una seconda volta.


Quello che ottenne da Barbanera fu solo una grassa risata divertita che lo irritò ancor di più.

-Allora vieni a prendermi, moccioso- lo invitò quello, ghignando e mettendosi sulla difensiva.

Ace non se lo fece ripetere due volte, ignorando il sollecito di Marco di mantenere la calma, scattando in avanti e preparandosi a dargli un pugno che Barbanera evitò a fatica.

La lotta durò qualche minuto, in cui anche Teach riuscì talvolta a colpire il Comandante della seconda flotta, ma ben presto il divario di forza si fece sempre più ampio.

Mentre Ace era ancora nel pieno delle forze come se non avesse fatto nessuno sforzo fino a quel momento, Barbanera respirava affannosamente e aveva la fronte imperlata di sudore.
Nonostante ciò, conservava la stessa strafottenza di sempre, ghignando verso il moro e occhieggiando Marco in disparte.

Il biondo osservava lo scontro tra i due senza intervenire, perché nella sua testa risuonava la voce di Pugno di Fuoco che gli ripeteva fino allo sfinimento quanto Barbanera fosse una sua responsabilità e quanto dovesse essere lui a fargliela pagare per non essersi reso conto dell'oscurità che si portava dietro.
La Fenice gli aveva promesso di stare in disparte pur di farlo stare zitto.

Teach crollò in ginocchio a un ennesimo pugno del ragazzo, e un calcio lo fece volare verso il muro contro cui poco prima aveva spaccato la bottiglia di vetro.
Ci cadde sopra, tagliandosi i palmi delle mani e le braccia, e rabbioso per quella sconfitta che stava subendo ne impugnò un pezzo, nascondendolo nel pugno.

Ace gli si avvicinò, guardandolo cercare di mettersi in ginocchio, e gli si chinò davanti, osservandolo serio.

-Come hai potuto?- gli sussurrò, quasi più a se stesso che al suo avversario.

Se l'era chiesto tante volte il motivo che l'aveva spinto a accoltellare Satch, ma ogni motivazione gli sembrava troppo stupida e superficiale per arrivare a compiere un gesto così infimo.

Barbanera lo osservò di sottecchi, digrignando i denti.

-Quel frutto... voi non capite- ansimò, rivolto al terreno.

Loro non avrebbero mai capito.

Anni e anni passati aspettando di trovare il frutto del diavolo per eccellenza, quello che aveva sempre desiderato. Loro non potevano capire quanto ci teneva a possederlo, non avrebbero mai capito quanto quello l'avrebbe reso potente e temuto.
E per colpa del loro intervento non lo avrebbe più potuto avere.

Un moto di rabbia gli scosse il corpo, e con un movimento veloce Barbanera estrasse qualcosa dalla tasca. Ace, preso in contropiede per quello scatto improvviso e con la guardia abbassata, si sentì improvvisamente debole e con un peso ai polsi.
Faticò a rendersi conto di quello che era successo, puntando lo sguardo alle sue mani.

Manette?

Barbanera rise, scattando in avanti felino e usando il coccio di vetro raccolto poco prima come pugnale, trattenendo Pugno di Fuoco per una mano per non farlo indietreggiare.

Ace fece in tempo a deviare leggermente la traiettoria, ma la spossatezza che gli davano le manette di agalmatolite che Teach gli aveva messo e la sua presa che lo tratteneva non gli permisero di parare il colpo.

Sentì un dolore al fianco, poi vide Barbanera venire scagliato lontano da lui di qualche metro da un calcio di Marco. La Fenice lo sostenne con un braccio, osservando la ferita, serio.

-Non sembra profonda, ma con le manette non puoi rigenerarti- gli disse, cercando di togliergli il vetro.

Ace rise, quasi esasperato e con la stanchezza data dalle manette che gli si leggeva sul volto.

-Quel bastardo...- esalò.

Non era più abituato a subire simili ferite, sentiva il sangue colargli e ogni volta che faceva un movimento era come se venisse trafitto un'altra volta.

Marco voltò poi lo sguardo su Teach, con il naso sanguinante e se possibile ancor meno denti nella sua bocca, sdraiato a terra con un ghigno malsano.
Difficile capire cosa gli passasse per la testa in quel momento.

-Avanti Comandante, finiscimi! Ho pugnalato due tuoi compagni! Vi ho traditi!- lo incitò, e la Fenice sentì Ace irrigidire il corpo per provare a scattare in avanti e dargli ciò che si meritava.

Lo trattenne senza problemi, guardando dall'alto in basso il corpo di Barbanera pieno di segni della lotta di poco prima.

I suoi occhi si puntarono in quelli dell'ex membro della ciurma di Barbabianca per un silenzio che sembrò durare secoli ed ebbero la capacità di far venire dei dubbi a Teach sulla sua sorte.

Aveva sempre pensato che non avrebbero mai avuto il coraggio di fare ciò che lui aveva fatto a Satch ma la determinazione e il luccichio di serietà che scorse sul viso del biondo riuscirono a incrinare per qualche attimo quella convinzione.

Le parole di Marco poi lo colpirono come uno schiaffo: se gli avessero tirato un pugno il suo orgoglio avrebbe sentito meno male.

-Non ne vali la pena-.

-C-cosa?- boccheggiò, incredulo.

Provò a tirarsi in piedi, barcollando.

-Cosa?! Come osi?- riprese, gridando.

Marco non sembrò minimamente colpito da quel cambio di temperamento, mentre sentì Ace venire scosso da una risata.
La Fenice sapeva sempre come ferire. E le parole, se sapute usare bene, a volte facevano più male dei pugni.

Il biondo inchiodò con lo sguardo l'uomo sul posto, e Teach poté scorgere la rabbia irrigidirgli i muscoli del corpo.

-Sparisci e non farti più vedere- iniziò, consapevole di quanto l'orgoglio di Barbanera stesse ribollendo di indignazione per quelle sue parole.
Il pirata avrebbe voluto essere ucciso, probabilmente, ma non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

Sarebbe stato troppo facile per gli affronti che aveva fatto.

La cosa più brutta che potevano fargli in quel momento, era ignorarlo, lasciandolo a quella che non aveva dubbi sarebbe stata un'esistenza patetica.

Sentì il corpo di Pugno di Fuoco rilassarsi, come se concordasse con quella sua decisione, e ne fu in qualche modo sollevato.

-Se ti incontro un'altra volta, sei un uomo morto-.

Lo occhieggiò un'ultima volta, prima di voltarsi per andare a cercare qualche fabbro che togliesse le manette ad Ace, il quale gli sorrise riconoscente dandogli una debole pacca sulla spalla.

Il sole era ormai calato e le prime stelle brillavano silenziose nel cielo notturno, illuminando loro la strada del ritorno.

-Andiamo a casa, fratello-.




































































Ciao a tutti :)
Non ci credo di averla finita, sono contentissima. Questa è, come avevo detto in "When the darkness comes.", come mi ero immaginata il continuo e la fine di quella one shot.

In realtà ci avevo pensato tanto su quale poteva essere la reazione di Marco ed Ace una volta incontrato Barbanera, addirittura avevo pensato alla possibilità di scrivere lo consegnassero alla marina ma poi ho creduto che non sarebbe stato da loro, scadendo nell'ooc. Quindi il fatto che lui non ne vale più la pena mi è sembrata la soluzione ideale per come sono loro, spero sia un'opzione che non vi abbia deluso e abbiate gradito.

Ho cercato anche di rendere Teach "forte" per quanto possibile anche senza il frutto, cercando di mantenerlo infimo e vigliacco (vedi per le manette), e cercando di dare spazio ai pensieri di tutti e motivando le loro azioni.

Spero che questa continuazione vi sia piaciuta, ringrazio chi si è fermato a leggere e ringrazio particolarmente ancora una volta coloro che si sono fermati a commentare la precedente storia che non pensavo sarebbe stata così gradita.

Un abbraccio forte,
D.




   
 
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