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Autore: BerriesTart_LilacSweet    30/04/2018    2 recensioni
{Victuuri | College/University!AU}
Apnea: arresto volontario o patologico dei movimenti respiratori.
Si ritrova a pensare ossessivamente a quella definizione e a quella sensazione in cui non sai cosa succederà: devi respirare per vivere, ma qualcosa lo impedisce e ti trovi lì, nel terrore puro in attesa che tutto torni al suo posto.
E lui lo sa bene cosa vuol dire trovarsi nel buio e nella sofferenza totale in attesa di un qualcosa che ti salvi, che ti riporti ad avere voglia di sentire, di ridere davvero, di essere pienamente libero e felice.
Perché la sua di vita è stata una discesa in un baratro all’epoca troppo grande e profondo perché potesse risalirne senza provare dolore.
O semplicemente perché potesse risalire e respirare a pieni polmoni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Life in technicolor


2 giorni prima. Facoltà di Medicina Veterinaria di Detroit.

Yuuri non avrebbe mai pensato che essere uno studente al terzo anno di medicina veterinaria potesse essere così stressante.
Così tante lezioni da seguire, così tante esercitazioni da fare!
In più, c’è lo stress dovuto al fatto che si deve occupare delle vite di piccole creature innocenti, la paura di sbagliare, la paura di non essere abbastanza.
Come in questo caso, quando pensa che fra poco sarà il suo turno per mettere un’ago cannula a quel bellissimo cane che dovrà essere poi sottoposto ad anestesia generale e in seguito operato e che per altro gli ricorda il suo adorato cane Vicchan
E se lo incannulassi male e si dissanguasse?
Per un attimo Yuuri si sente mancare l’aria, sente che il respiro si arresta.
Devo uscire da questa sala di premedicazione, pensa.
Esce e finalmente può respirare.
Lentamente sente l’aria arrivare ai polmoni, che prima erano come bloccati da un peso troppo grande per potersi espandere.
Decide di sgranchire un po’ le gambe andando a prendersi un caffè.
Un caffè, si fa per dire, visto che non sa bene come chiamare quella brodaglia da pochi cents che si trova al distributore automatico.
Però magari può sorseggiarlo nel giardino della facoltà; chissà, in quel modo potrebbe andargli giù meglio, vista la bella giornata di sole.
Ho sbagliato tutto, pensa.
Non credo sia questa la mia strada...
Non sono in grado...
Come faccio a occuparmi di...
Lo sente di nuovo quel peso ingombrante in grado di bloccare i polmoni da un momento all’altro.
“Yuuuriiiiiii!”
Forse è una fortuna il fatto che il flusso di pensieri si sia interrotto a causa degli schiamazzi di Phichit.
Yuuri respira.
Decisamente una fortuna.
“Guarda che ho in manooo! Un manifesto! Venerdì sera ci sarà la festa dell’Università al GreekTown! Andiamo!”
“Se tu vuoi andare vai, Phi, io rimango a casa e magari studierò o guarderò un film...”
Oh sciocco Yuuri. La mia era un’affermazione, non una domanda. È una festa. Non morirai per una festa. Verrai con le buone o con le cattive.”
Yuuri nota che Phichit lo sta guardando come un leone affamato guarderebbe una bistecca.
Lo conosce abbastanza bene e non si fa ingannare dal sorriso che sta sfoggiando.
E poi ci tiene fin troppo alla sua pellaccia.
Il sospiro di Yuuri è un segnale di resa e Phichit ne è più che felice.

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Nello stesso momento.
Camera da letto di Victor nell’appartamento a Detroit.

Victor oggi non ha avuto voglia di andare a lezione e seguire quella dannata materia infernale che ha il nome di anestesiologia.
No, non avrebbe mai scambiato il suo adorato letto con quei gas anestetici.
È il suo ultimo anno a medicina e vuole prendersela un po’ comoda, come con tutte le cose che lo riguardano. Infatti, per quanto adori il suo letto, la sua stanza fa estremamente schifo, sembra un campo di battaglia e forse dovrebbe metterla in ordine.
Ma Victor oltre che essere un genio e un ottimo studente, è anche il re dei procrastinatori e decide di uscire e fare un giro in città, prima di incontrarsi con Christophe per pranzo.

A Victor Detroit è sempre piaciuta.
Detroit, con la sua storia, rappresentava per Victor la città ideale.
Anni di rivoluzione fra la popolazione bianca e la popolazione nera l’hanno dilaniata, spaccata, ferita profondamente.
“Cosa devo fare per essere salvata?”
Victor si era innamorato subito di quella frase scritta sull’edificio accanto alla Michigan Central Station, perché quella frase rappresentava rassegnazione, demoralizzazione e smarrimento, sentimenti fin troppo conosciuti a Victor.
Ma Detroit lentamente si è ripresa in mano, è rinata, ed oggi si mostra in tutta la sua bellezza, con quel cielo cobalto, le candide nuvole e la luce accecante del sole.
E per Victor non poteva esserci città più bella di Detroit dove trasferirsi, dove salvarsi.
Senza rendersene conto si trova davanti al ristorante dove si era dato appuntamento con Chris.
“Vitya! Mon ami, ho molta fame...”
A Victor era mancata la scherzosa malizia dell’amico.
Lo fa sorridere e con un occhiolino altrettanto eloquente risponde:
“Andiamo a mangiare, allora!”
“Oh, prima che me ne dimentichi cherie, venerdì sera ci sarà la festa dell’Università al GreekTown. Non possiamo non andare Vitya!”
“Ovviamente non mancheremo. Ma so bene che ci ubriacheremo e credo che dovremmo prenotare una stanza là, visto che è anche un hotel...”
“Concordo mon frère... Stanze separate però! Conto di fare cose grandiose quella sera e avrò bisogno di privacy!”
Victor non può che ridere.
E acconsentire.

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Venerdì sera. GreekTown Hotel.

Caos, luci, colori.
Tutte queste sensazioni arrivano a Yuuri e lo travolgono come un fiume in piena.
GreekTown è tutto questo: un fiume in piena che ti travolge con le sue mille luci al neon, il vociare scoordinato della folla e la sua allegria.
Un po’ tutto ciò lo fa sentire inadatto e a tratti anche un po’ stupido; in fondo lui è un timido ragazzo giapponese, abituato alla tranquillità e poco amante dei cambiamenti, che lo fanno sentire come un pesce fuori dall’acqua, in un ambiente che non conosce, che non gli è proprio...
Sospira pensando a quanto si senta stupido nel non riuscire ad adattarsi ad una situazione a cui tutti i ragazzi della sua età si adattano e a volte anche più che volentieri, la rendono propria e la padroneggiano più che bene.
Sono proprio il peggiore di tutti.
Come sopravviverò in questo mondo?

A volte Yuuri vorrebbe non lasciarsi trascinare dal fiume in piena; vorrebbe poter combattere e riuscire a fare qualche passo controcorrente.
Vorrebbe non farsi travolgere da luci, suoni e rumori questa sera, vorrebbe poter reagire e sentirsi adatto a quella situazione, poter capire che si divertirà, perché lui è una persona buona, bella, adatta.
Ma stasera non ce la faccio.
E inevitabilmente si trova all’interno dell’hotel, nella sala/discoteca dove si svolgerà la festa.
“Yuuri! Bello il GreekTown Hotel, vero?”
Yuuri fa un semplice cenno del capo a Phichit.
Sí, effettivamente dall’esterno è un hotel particolare, di un bel blu non uniforme, visto che somiglia quasi a un mosaico dalle tessere blu scure e alcune azzurre oceano.

Ma Yuuri lo trova eccessivamente caotico; niente a che vedere con i monumenti cittadini, così regolari, così perfetti, così ordinati...
Non che all’interno la situazione sia migliore!
Lui e Phichit sono arrivati in perfetto orario, eppure in sala già si sentono urla, schiamazzi e risate.
Decisamente troppo per il povero cuore del giapponese, così tanto legato all’ordine, al vivere secondo degli schemi e all’interno di binari che non oserebbe mai oltrepassare; d’altronde come è che si dice?
“Non abbandonare mai la strada vecchia per una nuova!”
E a proposito di abbandono, Yuuri vede Phichit trotterellare allegramente verso un tavolo per parlare con altri studenti suoi amici.
“Yuuri, stai tranquillo, alla festa sarò sempre vicino a te!”
Sì, come no.

Sono passati 10 minuti e già lo ha cestinato.
L’unica cosa che Yuuri può fare è quello di distrarsi, di guardarsi un po’ intorno.
La sala è immensa: il pavimento di marmo bianco grazie alle pareti beige e ai faretti posizionati sul soffitto, sembra risplendere e dare una sensazione di grandezza, quasi fosse la stanza dello spirito e del tempo di uno dei suoi anime preferiti, Dragon Ball.
Peccato le urla.
Ci sono alcune colonne di stile romanico e delle piante piante verdi a rendere il tutto meno asettico e più personale, dei tavoli apparecchiati dove gli studenti possono sedere e dei tavoli posizionati centralmente dove c’è del cibo e ovviamente, come ogni festa che si rispetti, l’alcool.
Fiumi di alcool.

Nella stanza, in posizione sopraelevata, è presente anche una pista da ballo, dove vengono puntate delle luci accecanti e stroboscopiche.
Musica indecente e per giunta a tutto volume.
Per carità.
Mai nella vita Yuuri oserebbe avvicinarsi a quella parte della sala.
Non ballerò mai. Decisamente.
Non l’ho mai fatto.
E poi sembrerei stupido.
Mi prenderebbero in giro.
Non voglio.
Non di nuovo.
E non sono capace.
E poi sono solo.

Però, un bicchiere di champagne posso concedermelo, in attesa che Phichit torni...
Peccato che a un bicchiere di champagne ne seguano ben altri: il numero necessario per rendere il giapponese un po’ più accaldato, il numero necessario per rendere i suoi pensieri velenosi.
Guardali! Come si divertono.
Mentre io sono qui, da solo, brillo, a pensare a quanto sia sfigato e al niente che ho ottenuto e che otterrò.
È in quel momento che i suoi occhi si posano su di lui.
Quello poi! Nikiforov del cazzo.

Mister "sonotuttoiosofaretuttoiolamiafamamiprecede".
Appena laureato troverà subito lavoro.
Ha mille amici.
È adorato da tutti.
Non ha un cazzo di problema e...
Cazzo, Dio è ingiusto, gli ha donato pure la bellezza.
‘Fanculo.

E forse è vero che quando qualcuno ti pensa le orecchie fischiano, perché nello stesso istante Victor smette di seguire l’insensato discorso di Chris ed altri suoi amici ed i suoi occhi incrociano quelli di Yuuri.
E Yuuri non può evitarli.
Sono azzurri, non ama gli occhi azzurri, questo è vero, ma in quegli occhi vede qualcosa che lo accomuna a lui.
Sembra che stia provando solitudine.
Sembra triste, spento.
Eppure Yuuri era certo che lui avesse tutto.
Era certo che mai potesse sentirsi come lui. In più vede nei suoi occhi anche...
Stupore, bisogno.
Aiutami a dimenticare.
È il pensiero comune ad entrambi, le sensazioni provate sono così strane e forti da far fare loro dei passi, l’uno verso l’altro, finché Yuuri non interrompe quel momento di silenzio.
“Ti va di ballare?”
E Victor non può dire di no a quegli occhi belli, a quel viso arrossato e leggermente rotondo ma delicato.
“Certamente”.
E lo segue fino al centro della pista, incantato dalla sua aura, dal suo sorriso, incantato dai suoi occhi malinconici.
E si fa condurre in un ballo sfrenato, fatto di piroette, giravolte, mani che si toccano, mani che sfiorano guance e fianchi, prese, sorrisi, risate.
E Victor si sente vivo.
Brillo, ma felice.
Così tanto da sfoggiare quell’adorabile sorriso a cuore che nemmeno Chris vedeva da tempo.
E che fa sentire Yuuri, nonostante tutto, colorato.
Spensierato.
Libero dai possibili pregiudizi degli altri, libero dai suoi.
Così tanto da chiedere a Victor:
“Che ne dici di continuare in una delle stanze dell’albergo?”





Angolo dell' "autrice".

Un po' (tanto) in  ritardo torno con il terzo capitolo.
Purtroppo il tirocinio che ho iniziato mi sta togliendo la vita e dovrò aggiornare più lentamente rispetto al previsto.

Dunque, visto che nel primo capitolo mancavano dei tasselli, in particolare riguardo alle sensazioni di Yuuri, le sue motivazioni che lo hanno spinto verso Vitya, ho deciso di scrivere questo capitolo.
Sono sensazioni decisamente in contrasto con quelle provate nel secondo capitolo.
Infatti Yuuri tende un po' troppo a razionalizzare, un po' troppo a lasciarsi in balia delle proprie paure, dei ricordi.
Ho, anche in questo capitolo, cercato di far intravedere qualcosa sul passato di entrambi.
Qualcosa che li perseguita.
E che secondo me deve essere trattato in capitoli diversi!

Vorrei, prima di spiegare il titolo del capitolo, ringraziare chi ha inserito questa storia fra le preferite, seguite, ricordate.
Chi ha letto (non pensavo così tante persone!) e chi ha recensito (in maniera particolare).

Il titolo come qualcuno avrà capito, è ispirato all'omonima canzone dei Coldplay (https://www.youtube.com/watch?v=fXSovfzyx28):

"
Il protagonista di questa canzone è un uomo che fugge,è braccato forse da una vita intera e le sue iniziali parole a stento trattengono una paura che si manifesta nella frase “Baby,it’s a violent world” e successivamente nella ripetizione quasi maniacale del presentimento “I can hear it coming”. Dunque abbiamo un monologo di un fuggitivo ma non sappiamo bene da che cosa fugga. Certo è che comunque trova conforto nel parlare insieme alla sua ragazza,con la quale intesse il dialogo che poi è la canzone che noi ascoltiamo. Chiede ripetutamente di non portarlo “dove i lampioni risplendono”. Ma già dalle prime parole della canzone traspare una sorta di fuga dalla luce. Bisogna immaginare dunque questo fuggitivo che rimane come in uno scantinato,al buio,e parla alla sua ragazza tentando di trovare requie dal suo dolore. Fuori dunque impazza una guerra e dal mondo di fuori arrivano rumori e suoni."

technicolor

s. ingl. inv. (iniziale maiusc.); in it. s.m. inv., pr. adatt., anche adatt. tecnicolor
  • cine. Nome commerciale, che costituisce marchio registrato, del processo di ripresa e stampa della pellicola a colori.

   
 
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