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Autore: marwari_    01/05/2018    1 recensioni
|Rating Giallo per tematiche conflittuali. Sequel di "Beyond the Pale".|
Prue decide di prendere sotto la propria ala la giovane Paige, con la quale condivide un legame che nemmeno lei è in grado di spiegare.
Ben presto però, si accorgono di stare vivendo qualcosa molto più grande di loro e che, forse, non saranno in grado di affrontare.
{POV: Paige/Prue}
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paige Matthews, Prue Halliwell
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Charmed: Legacy'
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NdR: All'interno del capitolo sono presenti degli Easter Eggs.

Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 5. La Notte delle Streghe, parte 2
POV: Paige Matthews

 

 

Capitolo 5 – La Notte delle Streghe II

«Ascoltali, i figli della notte. Che musica che fanno!»

Paige sbatté più volte le ciglia, guardandosi attorno con occhi assonnati.

Poco prima si era imposta di non cedere alla stanchezza, poi si era concessa di chiudere gli occhi per cinque minuti e alla fine, evidentemente, si era addormentata.
Lei che aveva trascorso notti in bianco in giro per la città innumerevoli volte, lei che si fregiava di essere un gufo delle tenebre, incapace di addormentarsi prima delle due di mattina, lei, quella stessa ragazza, si era addormentata su una sedia alla scrivania della sua finta tutrice, il giorno del compleanno della stessa.

La sua reputazione era definitivamente rovinata.

Paige si stropicciò gli occhi, ancora non del tutto ricettiva e a stento riuscì a sopprimere uno sbadiglio. La stanza era in penombra, la cui unica fonte di luce era la piccola lampada da lettura, a pochi centimetri dal suo volto.
Dall’altra parte, Prue la osservava divertita, in volto un barlume di speranza che la più piccola non seppe immediatamente interpretare; poi ricordò con quale frase aveva deciso di svegliarla.

«Dracula, 1931. Tod Browning.» Mugugnò, sbadigliando di nuovo. «È ora?»

«Indovinato!» Prue rispose trionfante, agguantando la torcia dal comodino ed infilandosela nell’elastico dei pantaloni del pigiama.

«La citazione o il fatto che sia ora di aggirare tua nonna?» Paige domandò, alzandosi barcollante dalla sedia.
Non si era mai sentita così spaesata dopo un risveglio improvviso.
Non si trattava forse di una delle innumerevoli volte in cui qualcuno la svegliava per fare qualcosa di divertente nel cuore della notte? Oramai avrebbe dovuto esserci abituata.
Eppure ora si sentiva solo stanca e la testa pesante, come se stesse smaltendo i postumi di una sbronza.

«Entrambe le cose.» Sorrise Prue, facendole cenno con il braccio di seguirla. «Avanti, non abbiamo mica tutta la notte!» Disse sottovoce, muovendosi in modo teatrale.

«Questa rientra nelle cose più pericolose che tu abbia mai fatto, non è vero?» La schernì la più giovane, dandosi una sistemata ai capelli con le dita.

«Non dimenticarti il furto al museo.» Le ricordò Prue ed un velo di malinconia le offuscò il sorriso.

«Prestito.» La corresse Paige, alzando il dito nel tentativo di farla sentire meglio.
Sapeva benissimo che Prue era una di quelle ragazze che rigano dritto e una sola cosa fuori posto la facevano sentire una delinquente.

Lei stessa aveva sensi di colpa per molte delle cose che faceva, poteva solo immaginare quelli che stavano perseguitando Prue in quel momento.

«È esattamente quello che direbbe un ladro.» La più grande storse il naso, però le sue labbra erano piegate in una piccola smorfia.

«Lo so, ma è una buona scusante.» Paige scrollò le spalle, imitando l'espressione dell'amica.
Solo lei sapeva quante giustificazioni aveva rifilato ai suoi genitori, diventando quasi un’esperta, eppure ripensando al ciondolo, non provava alcun senso di colpa. Era la prima volta.

 

Paige osservò circospetta mentre Prue sgusciava silenziosamente fuori dalla propria porta. Sentì il legno scricchiolare sotto i suoi piedi nudi e si irrigidì. Poi le fece cenno di avvicinarsi e Paige la seguì in punta di piedi, attenta a calpestare gli stessi punti su cui camminava l’altra: di sicuro era una casa antica e le assi del pavimento avrebbero scricchiolato senza pietà sotto il suo passo inesperto.

Rimase in perfetto silenzio mentre Prue si avvicinava alla porta della camera di Phoebe, spingendo delicatamente sul legno per farla aprire.

«Ce ne avete messo di tempo!» Phoebe sibilò, scivolando nel corridoio e tirandosi la porta dietro per farla socchiudere. Aveva in mano un’altra torcia, ma più piccola di quella di Prue.

«Paige si era addormentata.» Prue ridacchiò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della più piccola. «Aspettate in cima alle scale, vado da Piper e vi raggiungo.»

Paige seguì Phoebe fino al primo gradino, senza però iniziare la discesa. I suoi occhi erano fissi sui movimenti lenti e calcolati di Prue mentre si avvicinava all’ultima porta.
Spinse la mano sopra il legno come aveva fatto con Phoebe, con l’unica differenza che Piper non sgusciò fuori dalla porta come aveva fatto sua sorella.

Prue fu costretta a spalancare la porta ed entrare lei stessa.

Paige si sentiva sollevata nel vedere che non era stata l’unica ad addormentarsi, anche se, dall’altro lato, si sentiva incredibilmente nervosa: e se per quel motivo Penny le avesse beccate? Non avevano ancora fatto nulla di male, ma la strigliata della nonna era una delle cose che avrebbe evitato più che volentieri.

«Sempre la solita.» Phoebe mugugnò seccata mentre scuoteva la testa.

Paige si limitò ad osservare la ragazza mentre criticava la sorella maggiore. Che stavano perdendo tempo era vero, ma non trovava giusto quell’appunto. In fondo Piper le stava simpatica. Probabilmente stava solo cercando qualcosa di utile per la loro esplorazione.

«Non potevi farne a meno, eh?» Prue sibilò stizzita e Paige si voltò verso le due. La più grande stava letteralmente trascinando Piper per il gomito mentre quest’ultima, saltellando, stava cercando di infilarsi un calzino.

«Lo sai quante schifezze ci saranno là sotto? Non verrà pulita da anni!» Bofonchiò Piper, stando bene attenta a fare meno rumore possibile. «Dovresti ringraziarmi.» Aggiunse con un lieve strattone per liberarsi dalla morsa della sorella più grande.

Piper sorrise innocentemente quando si trovò davanti alle altre due, il gruppo finalmente riunito, e presentò alle restanti tre gomitoli colorati. Calze per tutte.

Si affrettarono ad indossarle e Paige si concesse qualche istante per domandarsi dove, esattamente, stavano andando per costringere le sorelle ad armarsi di torce e calze per proteggersi i piedi.
Casa Halliwell era grande, certo, ma non così grande. Se la soffitta era fuori discussione, dove stavano andando? Fuori, in giardino? Nel garage? Cosa mai poteva trovarsi di così tanto interessante nel garage? Senza contare che faceva abbastanza freddo per uscire di casa con solamente addosso dei pigiami.
Decise di rimanere in silenzio per godersi appieno la sorpresa. Dopotutto erano tutte insieme, era impossibile affrontare qualcosa di troppo spiacevole.

Paige osservò mentre la più grande istruiva le sorelle – e lei – su come muoversi, raccomandandosi sempre di non fare rumore. Prue chiuse la fila, subito dopo Paige, gli occhi fissi sulla camera della nonna, per assicurarsi di non percepire nessun movimento o nessun bagliore provenire da sotto la porta. Continuò a fissare lo stesso punto finché le fu possibile, poi si affrettò a seguire le altre giù per le scale, divorando un gradino dopo l’altro, attraversare la sala da pranzo e recarsi in cucina, dove lasciò che la porta a spinta di chiudesse dietro di lei.

Paige osservò le tre sorelle con un leggero fiatone. Sembravano tutte soddisfatte, coinvolte, come poche volte le aveva viste essere per un’attività svolta tutte insieme. Forse organizzare bravate del genere era una cosa che, più o meno segretamente, eccitava tutte quante allo steso modo. Non poteva ignorare quella strana sensazione frizzante che le stava piacevolmente solleticando lo stomaco. La stessa che aveva provato la prima volta che era scesa lungo la pianta rampicante a casa sua per uscire con gli amici, o la prima volta che aveva saltato la scuola per farsi un giro per conto suo, o la prima volta che suo padre l’aveva portata al lavoro con sé e le aveva permesso di partecipare ad un’esercitazione, lasciandola persino arrampicarsi sul punto più alto della scala dell’autopompa.

Fare parte di quel gruppetto la faceva sentire immensamente felice.

«Fai tu gli onori di casa?» Prue disse con tono divertito, aprendo il braccio e rivolgendosi a Piper che, prontamente, annuì con un largo sorriso. Ficcò la mano della tasca dei pantaloni e ne tirò fuori una piccola chiave d’argento. La infilò nella toppa della porta accanto ai fornelli.

Era color crema con l’angolo in alto a sinistra smussato e Paige si stupì di non aver mai fatto caso a quella porta, nemmeno una volta da quando frequentava quella casa. Chissà quante altre porte potevano esserci che lei non aveva notato. Quella era la casa dei misteri, decisamente.

Allungò il collo quando Piper spalancò la porta cigolante, rivelando una scala di legno che portava in un piano sotterraneo, molto probabilmente la cantina. Là sotto regnava il buio più totale.

«Vai tu.» Piper intimò e la più grande non se lo fece ripetere due volte prima di sfoderare la propria torcia e, con quella, illuminare i gradini, sparendo poco dopo seguita dalla mezzana.

«Phoebe, Paige, non rimanete indietro!» Prue sibilò dal basso.

Le due si scambiarono un’occhiata perplessa: avevano sentito solo la sua voce perché il suo corpo – come quello di Piper, del resto – era stato completamente inghiottito dalle tenebre.

Paige non potè fare a meno di notare che la sorella più giovane stava tremando come una foglia e quasi poteva sentirla forzare la saliva giù per la gola mentre deglutiva ad occhi spalancati. Doveva aver avuto qualche brutto ricordo da bambina, non c’era dubbio; dopotutto, non era lei la prima ad avere il terrore della propria da quando aveva notato la caldaia, una mattina durante le vacanze di Natale, illuminarsi di un arancione acceso come una creatura infernale?

Le appoggiò una mano sulla spalla e, dopo un piccolo scatto da parte di Phoebe, quest’ultima ricambiò il sorriso.

«Okay, con calma adesso.» Istruì Phoebe, battendo più volte sula sua torcia perché prendesse ad emanare luce. «Non ci vuole niente ad inciampare e non voglio averti sulla coscienza.» Scherzò, ma la sua voce giunse tesa alle orecchie della più giovane. In effetti, quella situazione stava cominciando a darle i brividi.

Paige non poteva negare che il contatto fisico con la ragazza, seppur minimo, le dava un po’ di conforto ed era sicura che Phoebe stesse pensando la stessa cosa.

«È buio pesto.» Mugugnò, serrando le dita sulla spalla dell’altra.

Phoebe prese un lungo respiro e, facendosi coraggio, si avvicinò alle scale.

Paige la seguì con piccoli passi, gli occhi fissi sulla fioca luce della torcia che teneva in mano. Quel tenue fascio di luce tremolante illuminava i gradini davanti a loro. Se non avesse saputo di trovarsi a casa Halliwell, avrebbe sicuramente pensato di essere stata catapultata in quella terrificante villa di legno marcio nella stessa strada.

«Attaccati e stai attenta.» Si raccomandò Phoebe e Paige, come fosse una bambina piccola in attesa di istruzioni da parte dei genitori, si premurò di seguire i movimenti della mano dell’altra mentre si avvicinava sempre di più alla sottile trave che costituiva il corrimano. Aggrottò appena le sopracciglia quando vide Phoebe fermarsi un’ultima volta prima di intraprendere la discesa e, appena prima di immergersi in quell’oscurità, la osservò appoggiarsi alla parete, sfiorando una foto incorniciata, di lei e le sue sorelle da piccole, appesa al muro...
 

Paige sbattè più volte le palpebre, respirando affannosamente mentre una morsa le stringeva il torace. Era incredibilmente spaventata e non solo perché non sapeva dove fosse.

Si guardò attorno, strizzando gli occhi quando notò che, tutto intorno a lei, sembrava essere in bianco e nero, come in un sogno dove il tempo pareva scorrere a rallentatore. Come se non bastasse, si sentiva molto più bassa del solito.

Si trovava sempre nello stesso posto: nella cucina di casa Halliwell, la porta della cantina socchiusa e un bagliore che proveniva dalla fessura; eppure Phoebe non era lì con lei. Provò a chiamare Prue e Piper ma nessun suono uscì dalla sua bocca, anzi, disse qualcosa, ma non con la sua voce.

Riprovò di nuovo e solo un debole “nonna” scivolò fuori dalle sue labbra.

Scosse la testa. Forse stava solo impazzendo.

Sollevò le sue stesse mani, che erano piccole e paffute.

Era come se fosse tornata bambina.

Forse era stato tutto un sogno. Forse era ancora addormentata nella camera di Prue e la spedizione esplorativa non era nemmeno ancora cominciata.

Molto probabilmente non si ricordava di quella porta per la cantina perché non era mai esistita.

Poi sentì un rumore di vetri rotti, seguito da un ronzio costante e da una voce cavernosa. Non riusciva a capire molto delle parole che venivano pronunciate, sapeva solo che stava capitando qualcosa di veramente brutto e pericoloso.

«Nonna?» Disse ancora, ma questa volta non aveva nemmeno provato ad articolare un suono. Paige si sentì portare avanti, i suoi piccoli piedi scalzi che avanzavano inesorabili verso la porta socchiusa, come se non avesse alcun controllo del proprio corpo. Chiunque fosse stato il proprietario di quel corpo da infante, doveva essere proprio stupido.

Trattenne il respiro quando la sua mano destra tirò il pomello della porta, spalancandola per rivelare uno spettacolo a dir poco agghiacciante: Penny Halliwell che sembrava stare contrastando una creatura da incubo. La donna indossava una lunga vestaglia da camera adornata di fiori, un’elegante chioma scura, le mani protese come per respingere quell’orribile essere informe davanti a lei. Era un’entità evanescente, fatta di un denso fumo nero, senza volto, senza arti, eppure incredibilmente potente.

Paige portò le mani alle orecchie quanto quella cosa lanciò una risata gutturale, che le fece pulsare le orecchie.

«Phoebe, torna a letto! Avanti!» Penny si girò verso di lei, lo sguardo preoccupato.

Paige non si mosse. L’aveva davvero chiamata Phoebe? Stava veramente sognando di essere nel corpo di Phoebe bambina? Nulla di tutto quello aveva senso.

«Nonna!» Strillò con voce acuta.

La nuvola nera si bloccò un istante per poi cercare in tutti i modi di oltrepassare la donna e dirigersi verso di lei, sopra le scale.

«La filastrocca, Phoebe, veloce!» Penny gridò, salendo i gradini al contrario, uno per volta. Le mani cominciavano a tremarle. «Io sono la luce...»

«Io sono la luce...» Paige disse lentamente. Non conosceva nessuna filastrocca e, sinceramente, che stesse provando le proprie emozioni o quelle di una Phoebe bambina, certamente più influenzabile, non aveva davvero importanza: era terrorizzata e voleva andarsene di lì.

«Io sono la luce!» Insistette Penny, ma la creatura si lanciò verso di lei con una specie di ruggito.


«Paige!»

Quando aprì gli occhi, Prue la stava scuotendo violentemente per le spalle. Trasalì, prendendo un respiro strozzato e guardandosi attorno. Era ancora in cima alle scale, era tutto a colori ed era alta come al solito. La sua mano era ancora stretta sulla spalla di Phoebe, le dita serrate, gli occhi di quest’ultima ricchi di preoccupazione fissi nei suoi.

«Cos’è successo?» Domandò Paige con voce affannata.

«Lo stavamo per chiedere noi a te.» Piper mormorò.

«Te ne stavi lì immobile, rigida come una statua e gli occhi chiusi.» Phoebe aggiunse, rabbrividendo appena.

«Non hai visto niente?» Paige chiese.

«Visto cosa?» La più giovane delle sorelle aggrottò la fronte.

Probabilmente stava parlando come una persona in preda al delirio: le avevano appena riferito di essere stata ferma con gli occhi chiusi e aveva chiesto a Phoebe della sua – come poteva chiamarla – visione? Se non stava sognando, cosa che cominciava a domandarsi seriamente, allora sì, doveva essere stata una visione.

«Niente.» Paige sospirò, cercando di sorridere a tutte e tre. «Un capogiro.» Si affrettò a giustificarsi. Le sorelle si scambiarono un’occhiata scettica – chiaramente non si fidavano della sua risposta – ma scelsero di non dire nulla.

«Vogliamo tornare nelle nostre camere?» Prue domandò, seriamente in pensiero. Gli occhi blu della più grande parlavano a Paige molto meglio di quanto le parole avrebbero mai potuto fare e non poteva negare di condividere ciò che stava pensando: era legato alla magia? Ormai tutto nelle loro vita pareva esserlo, eppure mai come quella volta si era manifestato. Aveva visto oggetti volare, penne brillare, ma una visione di strane entità con il corpo fatto di fumo, questo mai. Quale poteva essere il suo significato? Aveva visto il passato, oppure le fantasie di una bambina? Perché era particolarmente sicura che i mostri non esistessero, almeno, da quando era cresciuta.

«No, sto bene.» Paige la rassicurò. Le rivolse un sorriso convinto mentre la paura scivolava via dal suo corpo, presto rimpiazzata da un piacevole impeto di coraggio e curiosità.
Sapeva che insieme avrebbero potuto sconfiggere tutto, a maggior ragione gli incubi dei bambini per i mostri e per il buio.

 

Era eternamente grata a Piper, in quel momento, per i calzini che le aveva fornito. Poteva essere una stupidaggine, ma la faceva sentire parte del gruppo: a detta di Phoebe, la mezzana era quella che faceva da mamma alle altre due, ma fino ad allora Paige non aveva mai vissuto quel lato di Piper sulla propria pelle. Si era presa sempre molta cura delle sue sorelle e il fatto che si fosse premurata anche per lei, la faceva sentire bene, come a casa.

La più piccola si schiarì la voce mentre, vicino a lei, Prue cercava di sopprimere alcuni colpi di tosse. Quella cantina era a dir poco polverosa, con cumuli di scatoloni e roba vecchia accatastata alla rinfusa qua e là.

«Guarda, la mia seggiola preferita!» Squittì Phoebe dal nulla, facendo trasalire tutte quante. La sua torcia ad intermittenza illuminò una sedia per bambini in plastica colorata, con un clown disegnato sullo schienale, che la ragazza si affrettò subito a recuperare.

«La piscina per l’estate! Me la ricordavo molto più grande.» Piper storse il naso mentre si avvicinava ad un catino di legno appoggiato alla parete. Sembrava una di quelle vasche vecchio stile, forse una specie di cimelio di famiglia, che loro, da piccole, avevano sicuramente trasformato in un’ideale piscinetta per bambini.

«Eccola qui.» Prue mugugnò poco distante, assorta.

Paige allungò il collo il più possibile, ma non riuscì a vedere cosa stesse stringendo tra le mani.

«Che hai trovato?» Phoebe domandò incuriosita, intenta a spolverare la sua piccola sedia «La tua Raggedy Ann?»

Prue non rispose alla domanda. Si voltò solamente, stringendo quello che sembrava un pezzo di legno dai contorni irregolari, un largo sorriso che le piegava le labbra.

«Piper, ce la fai a portare la piscina qui al centro? Ci serve un appoggio.» Prue istruì, mordendosi appena il labbro mentre si voltava verso la sorella minore «Phoebe, puoi cercare altre tre sedie per noi?»

«Ti aiuto io.» Balbettò Paige seguendo la più piccola delle sorelle, vogliosa di darsi da fare. Recuperarono con un po’ di fatica una valigia piena zeppa di altre borse, che avrebbe sicuramente funzionato a mo’ di puff, un vecchio cavallo a dondolo senza più un orecchio e un peluche di un coniglio enorme avvolto in più strati di plastica per evitare che si rovinasse.

Le due più grandi fecero rotolare, con qualche difficoltà, il catino fino al centro della stanza, per poi accompagnare la sua caduta finché non giacque a terra, il fondo rivolto verso il soffitto, cosicché si venisse a creare un tavolo di fortuna.

Paige si era appena seduta sul cavallo a dondolo, tentando di muovere i piedi pianissimo per testare la solidità di quel vecchio giocattolo. Nonostante avesse decadi sulle spalle e non fosse certo costruito per sorreggere il peso di un’adolescente, il cavallo di legno sembrava sopportarla bene, senza nemmeno scricchiolare. Stava per chiedere a Phoebe – la quale si era accomodata con un’aria soddisfatta sulla sua seggiola – a chi fosse appartenuto, quando Prue, prima di lasciarsi cadere sul borsone, poggiò al centro della piscinetta rovesciata un pezzo di legno.

Ma non un pezzo di legno qualsiasi.

Aveva un bordo frastagliato, di forma irregolare e sulla superficie lucida erano incise lettere e numeri romani. Al centro, una triscele, anch’essa intagliata.

«Il quadrante degli spiriti!» Phoebe esclamò entusiasta, subito zittita dalle sue sorelle perché aveva alzato troppo la voce. «Il quadrante degli spiriti!» Ripeté con lo stesso grande sorriso, ma questa volta, utilizzando un tono di voce decisamente sommesso.

«Credevo di averla vista qualche giorno fa, quando sono scesa per far tornare la corrente.» Spiegò Prue «Ma non ero riuscita ad indagare perché la nonna mi ha richiamata in cucina.»

«Cosa dovremo farci? Non si scherza con queste cose.» Mugugnò Piper, gli occhi fissi sulla tavola.

«Che noiosa!» Phobe sbuffò.

«Solo per divertirci, Piper.» Prue fece spallucce «Guarda, non è nemmeno una tavola ouija vera. È incompleta.» Il dito della maggiore scivolò sulla superficie liscia «Non ci sono né yesno, non c’è hellogoodbye. Queste tavole sono create per comunicare con gli spiriti, porgere domande specifiche a cui loro possono rispondere facilmente. Inoltre bisognerebbe essere almeno in grado di aprire e chiudere il collegamento quando è necessario.»

«Hai di meglio da fare?» Phoebe chiese incuriosita, prendendo a giocare distrattamente con l’oggetto che Prue aveva depositato sopra la tavola momenti prima.

«Phoebe, smettila. Se rompi la planchette sarà veramente difficile giocarci anche se volessimo.» La riprese Prue severamente, sebbene un piccolo sorriso fosse presente sulle sue labbra.

«La che?» Domandò la sorella più piccola con una smorfia teatrale.

«Il puntatore.» Prue sospirò con tono drammatico «Pagana.» La prese in giro, prima di posizionare il piccolo oggetto – anch’esso di legno, a forma di cuore con un buco circolare e una triscele intagliata come sulla tavola – al suo posto ed appoggiare l’indice della mano sulla parte più larga dell’indicatore.

Paige era rimasta in silenzio per tutto il tempo. Aveva sentito parlare di quelle tavole e come dimenticare tutti i film horror che aveva segretamente visto, in cui quegli strani strumenti per contattare i morti facevano la loro apparizione? Eppure Prue aveva ragione: quella era diversa. Forse solamente un giocattolo od una cattiva imitazione, ma in fondo erano lì, sedute su cimeli di famiglia attorno ad una tavola di fortuna ricavata da una piscina di legno rovesciata, in procinto di soffocare per tutta la polvere insediata nei loro polmoni, tanto valeva fermarsi là sotto e intrattenersi con quello strano aggeggio.

Fu l’ultima a poggiare il dito sul puntatore – si era già scordata come Prue lo avesse chiamato – e prese un sottile respiro, gli occhi che si posavano sui volti delle altre tre.

«Non chiedete nulla di inquietante.» Piper fu la prima a parlare, visibilmente tesa. Se avesse potuto leggere nella sua mente, Paige era quasi certa che stesse ripetendo in un loop infinito qualcosa come “io non lo volevo fare”.

Prue sollevò gli occhi al cielo. Anche se si trattava solamente di un gioco, Paige poteva benissimo vedere che stava prendendo la faccenda seriamente.

«Possiamo chiedere di Roger.» Phoebe esclamò con voce cantilenante, stuzzicando il fianco della sorella maggiore con il gomito.

Paige avrebbe potuto giurare che ci fosse della malizia in quella frase e il fatto che, nonostante il buio, avesse potuto notare che gli zigomi di Prue si fossero tinti di un rosso appena più acceso, la fece infastidire.

«Chi è Roger?» Chiese indispettita.

«Il mio capo.» Disse Prue, tagliando corto.

«Il suo ragazzo.» Corresse la sorella minore con lo stesso tono.

Paige non si preoccupò di lanciare un’occhiata glaciale alla più grande. Le aveva sempre parlato di come il suo capo non le desse abbassando fiducia, di come la comandasse sempre a bacchetta e di come lei si stufasse spesso del suo comportamento. Aveva sempre pensato che fosse una persona abbietta e non si era mai premurata di nasconderglielo; Prue non aveva mai replicato. E ora Phoebe aveva svelato che fossero addirittura.. fidanzati? Il fatto che la mora non smentisse con ardore – non smentisse affatto, per essere corretti – confermarono che quelle non erano solo le parole di una sorella dispettosa, ma la verità dei fatti.

A Paige non stava bene. Non solo perché quel Roger fosse una persona orribile che, di certo, non si meritava una come Prue, ma soprattutto il fatto di non essere stata messa al corrente della situazione.

«Prue e Roger si sposeranno?» Domandò Phoebe divertita, gli occhi chiusi e i viso appena rivolto verso l’alto.

«Phoebe, finiscila!» La riprese Prue. «E smettila di spingere.»

Paige strabuzzò gli occhi quando non solo sentì, ma vide il puntatore muoversi lentamente sulla tavola.

«Non sto spingendo.» Borbottò l’altra.

«Hai sempre giocato sporco, lo sanno tutti!» Rimbeccò Prue. «È nella tua natura.»

«E questo cosa vorrebbe dire?» Phoebe spalancò le labbra indignata.

Paige non era certa di aver colto la vera sfumatura di quel dialogo: stavano ancora parlando del gioco o di qualche amore rubato in passato.. o di Roger?

«W.» Piper le zittì, leggendo a voce alta la lettera che il cerchio dell’indicatore aveva evidenziato.

«Oh, non può essere così criptica.» Phoebe si lamentò, strizzando gli occhi quando le loro dita vennero spostate a sinistra con un movimento lineare e preciso.

«O.» Lesse ancora Piper. Le loro dita vennero trascinate verso la triscele, solo per essere scagliate con forza all’indietro «Okay, calma, chi è stato?»

«Un’altra O.» Mormorò Prue.

«Woo è positivo, no?» Phoebe si dipinse un sorriso beffardo sul volto.

«Allora sei stata tu!» La più grande esclamò.

«Non ho fatto niente, Prue!» La più piccola ansimò, un lungo respiro strozzato che le fuoriuscì dalle labbra. «Lo stavo a malapena sfiorando.»

A riprova di questo, Paige osservò mentre le loro dita venivano trascinate ancora, verso destra questa volta, fermandosi sulla lettera successiva.

«G.» Disse Piper, la voce in sospeso pronta a leggere nuovamente.

Eppure, quando il puntatore si spostò ancora, proseguendo la propria corsa verso destra, fu Phoebe a parlare.

«Y.» Sibilò, la voce che le morì in gola.

Prima che qualcuna potesse dire anche solo una parola, Phoebe scattò in piedi; la seggiolina sulla quale era seduta cadde con un tonfo secco dietro di lei.

Le loro mani si separarono all’istante.

«Phoebe, cosa fai?» Domandò Prue, gli occhi fissi sulla sorella con uno sguardo preoccupato.

Paige fece lo stesso e notò che Phoebe era a dir poco terrorizzata.
Ripetè nella sua mente le lettere che l’indicatore aveva individuato poco prima, ma nemmeno in quel modo comprese la reazione della ragazza.

«Woogy?» Mormorò confusa, guardando le altre due in attesa di spiegazioni. Quella parola non aveva significato, vero?

«Non è divertente.» Phoebe sibilò, gli occhi lucidi alla luce della torcia più grande.

«Non eri tu a muovere il puntatore?» Prue domandò con un filo di voce.

«Non credi che mi sarei inventata qualcosa per far spaventare voi, piuttosto che me stessa?» Replicò la più giovane delle sorelle. «Io me ne torno a letto.»

D’un tratto, mentre Phoebe stava imboccando le scale, un lontano rumore solleticò le loro orecchie.
Assomigliava all’ululato del vento, un suono distante però, proveniente da un punto remoto che nessuna di loro era in grado di identificare. Entrambe le torce cominciarono ad emanare una luce fioca e, a volte, si spegnevano per una frazione di secondo.

Paige avrebbe voluto gridare, chiudere gli occhi e ritrovarsi di sopra, nella stanza con Prue, al sicuro nel letto e avvolta da calde coperte. Quella situazione non le piaceva per niente, anzi, le metteva i brividi, come se fosse veramente in un film dell’orrore.
Avrebbe voluto tanto chiedere spiegazioni, eppure sapeva benissimo che, anche se lo avesse fatto, non avrebbe ricevuto risposte: nessuna di loro aveva espressioni diverse da quella pietrificata di Phoebe, la quale, indietreggiando, cercava di risalire le scale della cantina poco distante da lei.

Quando Paige tornò ad osservare Prue, cercando di ricevere un qualsiasi indizio sul da farsi, i suoi occhi si depositarono per un attimo sulla tavola. Tremava, come scossa da un leggero terremoto.

Anche il terreno sotto ai loro piedi prese a vibrare.

Un’oscillazione lieve ma costante, capace di confonderla ancora di più e poi riuscì a scorgerla, nei pochi attimi di luce che fornivano le torce, la sottile linea di fumo nero, denso, che si stava propagando per la cantina.

Paige dischiuse le labbra per parlare, almeno per suggerire a tutte di andarsene da lì, ma prima che potesse farlo, il boato a seguito di un’esplosione la scagliò a terra.

⁓✧⁓

Quando riaprì gli occhi, la scena che le si parava davanti era molto più simile ad un campo di battaglia piuttosto che alla disordinata cantina in cui era scesa diversi minuti prima.
Le pareva di aver perso conoscenza per ore, invece era solo rimasta stordita a causa dell’inaspettato scoppio.

Polvere e detriti stavano volteggiando nell’aria, resa più densa non solamente dalle piccole particelle galleggianti, ma soprattutto da quel fumo scuro che, pian piano, stava invadendo completamente il piccolo spazio.

La piscina di legno era stata rovesciata, le loro quattro postazioni di fortuna scagliate ai quattro muri della cantina e la tavola degli spiriti non si vedeva da nessuna parte.

Nel pavimento, dove poco prima si erano sistemate, si era creata una crepa irregolare, dalla quale sembrava fuoriuscire sempre più fumo.

«Piper!»

Paige voltò a fatica il viso verso le due sorelle più grandi, anche loro stese a terra vicino alla parete opposta alla sua.
Sgranò gli occhi quando vide che le gambe di Piper erano in preda a delle convulsioni.

Aveva forse battuto la testa? Non ricordava di aver mai sentito le sue sorelle o Penny accennare a qualche malattia.

Prue stava cercando di farla svegliare, la scuoteva per le spalle con vigore continuando a chiamare il suo nome.
Fu in quel momento che Paige notò che quella nebbia nera si stava insinuando dentro le narici e le labbra socchiuse della ragazza.

In un lampo, ciò che aveva visto in quella visione in bianco e nero, ritornò prepotente nei suoi pensieri.

Quando cercò di mettersi in piedi per aiutare le sorelle più grandi, notò che il fumo si stava ora dirigendo verso Prue.
Era sola e doveva fare qualcosa.
Per la prima volta, doveva prendere una decisione su qualcosa riguardate quegli strani avvenimenti.. riguardante la magia. 
Anche se nulla, prima di allora, era mai stati tanto terrificante o pericoloso. Quella strana creatura di fumo nero poteva veramente ucciderle?

Phoebe. Phoebe era l’unica che poteva ancora aiutarla.

Tentò di avvicinarla, i piedi che non riuscivano a fare presa per lo strato di polvere già accumulato sul pavimento. Paige si coprì le orecchie con i palmi quando udì quella voce gutturale rivolgersi a Phoebe, come in quella visione, e poi ridere delle sue paure, del futuro senza speranza che avrebbe atteso tutte loro di lì a poco, della corruzione che avrebbe infettato tutte e quattro le loro anime.

Lanciò un’ultima occhiata verso Piper e Prue, immobili, mentre le ultime lingue di fumo avvelenavano le loro menti, colorando i loro occhi di un nero intenso.

Ansimò, per un momento perdendo ogni speranza, rimpiangendo tutto, dalla prima volta in cui avevano indagato su Melinda e Salem fino alla decisione di continuare la loro esplorazione in cantina.

Avevano voluto giocare con il fuoco e quella era la loro punizione.

Solo che quello non era un film, né una storia, né un videogioco di paura. Quella era la vita reale e non avrebbe avuto un’altra chance.

Gattonò verso Phoebe, la creatura incorporea che si avvicinava con una risata trionfante verso la più piccola delle Halliwell.

In quel momento Paige scorse la tavola degli spiriti, completamente ricoperta di polvere, che giaceva rovesciata sopra una pila di libri anch’essi colpiti dall’esplosione.
Le occorse un momento per leggere l’iscrizione riportata che prima, forse per l’eccitazione del momento o semplicemente perché non l’avevano notata, nessuna di loro si era premurata di leggere: Alle mie bellissime figlie, che questo vi possa dare la luce per trovare le ombre. Il potere della triscele vi renderà libere. Con amore, Mamma.

Non ci impiegò molto per trarre le sue conclusioni da quelle parole, tanto inaspettate quanto adeguate alla loro situazione e forse, anche quell’enigmatica visione stava prendendo significato: serviva la luce e non una luce qualsiasi. Una luce figurata, che avrebbe sconfitto quella cosa.

Non era fumo, era semplicemente un’ombra.

Non lei, non Prue, non Piper, nessuna di loro tre aveva ciò che serviva per sconfiggerla. Phoebe era la chiave.

«La luce, Phoebe!» Gridò, ritrovando la voce. La ragazza si voltò per un attimo verso di lei, ma nulla riuscì a distoglierla da quella creatura che le stava andando contro. Paige non poteva biasimarla se era pietrificata «La filastrocca!» Provò ancora e con suo grande stupore vide le labbra di Phoebe dischiudersi appena, come se fosse stata perfettamente a conoscenza di tutto.

«Non puoi resistermi, Phoebe.» La voce di quell’entità somigliava ad un gorgoglio oscuro, ma Paige fece di tutto per ignorarla e sperava con tutto il cuore che Phoebe riuscisse a fare altrettanto. Se lei avesse ceduto, era sicura, sarebbero state tutte perdute.

«Io sono la luce!» La incoraggiò per l’ultima volta e rimase in attesa, per quelle che parvero ore, quando la ragazza ripetè le sue parole.

«Io sono la luce,» Phoebe prese un breve respiro e, senza battere ciglio, proseguì a recitare «e del bene sono la gioia che riluce

Paige assistette attonita mentre dei lievi luccichii, simili a scariche elettriche, cominciarono a correre sulla superficie dell’ombra. Decise che, forse, se avesse ripetuto ciò che Phoebe stava dicendo, quel mostro se ne sarebbe andato più in fretta, lasciando in pace anche Prue e Piper, ma quando tentò, la gola cominciò a dolerle. «Continua!» La esortò con voce strozzata.

Tentò di respirare, ma era tutto inutile: quel fumo stava prendendo anche lei e non poteva parlare, respirare, né pensare lucidamente. Poteva solamente stare lì, immobile, a guardare impotente mentre la più piccola delle sorelle Halliwell combatteva i suoi mostri del passato, divenuti ora più che mai anche del presente.

«Ritorna nelle tenebre, è lì il tuo posto.» Phoebe proseguì, l’ombra sempre più vicino con le sue dita di fumo che cercavano di raggiungere anche lei «Noi ti sconfiggeremo ad ogni costo.» Disse ancora, imperterrita «Adesso vattene e scompari dalla realtà,» la creatura cominciò a lamentarsi con versi gutturali, spaventosi, eppure Phoebe non si fermò «torna negli inferi, tu appartieni all’aldilà

Paige inspirò a fatica, come se fosse appena uscita dall’acqua.
I suoi occhi si posarono sulla creatura, il suo corpo informe che veniva risucchiato velocemente dalla fenditura nel pavimento. Velocemente, lasciò i loro corpi completamente, liberandole e anche la crepa nel cemento si richiuse.

C’era il silenzio più totale, come se non fosse mai successo niente.

 

 

Note:

  • L’episodio di riferimento è “Is there a Woogy in the house?” [S01E15], in lingua originale l’uomo nero viene chiamato Boogeyman (Woogyman da Phoebe), ecco perché sulla tavola compare tale nome - Woogy, abbreviato. La formula per sconfiggerlo è la versione ridotta italiana. Qui la versione originale.

  • Le premonizioni di Phoebe sono mostrate in bianco e nero, ma non si è sicuri che Phoebe le veda effettivamente in questo modo. Qui ho preferito descriverle come visioni in b/n per accentuare il riferimento alle dinamiche del telefilm.

  • Roger è il capo di Prue che compare nel primo episodio della serie. Si fa cenno a lui anche come una delle cause dell'allontanamento tra Prue e Phoebe (sempre nel telefilm).

  • L’iscrizione del quadrante degli spiriti è stata modificata dall’originale (qui) ai fini di adattarla alla storia.

 

Easter Eggs

Oltre a Dracula del 1931 ed al celebre quadrante, che compare più volte nel telefilm stesso, sono presenti altri tre Easter Eggs:

- La famosa caldaia indemoniata di Kevin. "Mamma ho perso l'aereo" era (ed è) un mio must delle vacanze di Natale. Non potevo omettere questo piccolo richiamo.

 

- Gamill’s House (dal telefilm). Paige ne fa menzione in modo blando prima della premonizione.

- Raggedy Ann. È una bambola di pezza, un giocattolo tradizionale americano. La sua popolarità ai giorni nostri è data soprattutto dal caso di Annabelle, una delle bambole possedute da spiriti demoniaci (malvagi) più famose della storia.

   
 
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