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Autore: rocchi68    01/05/2018    3 recensioni
Erano già passati almeno una decina di giorni da quando aveva abbozzato alla sua famiglia la possibilità di sposarsi con la sua ragazza.
A capo tavola si era accomodato suo padre.
Normalmente avrebbe dato il suo beneplacito, accogliendo la richiesta del figlio, ma quella sera gli uomini di casa erano sotto scacco.
(Sequel annunciato di "Moments". Per capire la trama sarebbe preferibile, ma non per forza necessario, leggere la serie precedente).
P.S. Scusate per le poche righe d'introduzione, ma non saprei che altro dire.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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“Sei arrivato prima del solito, fratellino.” Esordì Alberta, invitandolo a entrare.
“A quanto pare.”
“Sai…c’è un piccolo cambiamento alla mia festicciola.” Borbottò divertita, sistemandosi la collana di perle rosa che il fidanzato le aveva regalato per il secondo anniversario di fidanzamento.
“Non mi dirai che hai invitato qualche sciroccata del tuo studio, vero?” Chiese il rosso, studiando con calma tutti i suoi movimenti.
“Le mie colleghe non sono sciroccate.” Replicò seccata, difendendo le amiche, mentre lui si osservava intorno con circospezione ed entrava in salotto.
“Ah no?”
“Non intendo discutere durante il mio compleanno.”
“Qual è l’inganno?” Domandò Scott, chiudendo gli occhi.
“Nessun inganno.”
“Tu la vedi così, ma io sento puzza di bruciato e di sicuro non è l’odore delle frittelle annerite che papà ci propinava quando mamma era al lavoro.” Sbottò, ricordando quelle schifezze che finivano puntualmente nel bidone dell’immondizia.
“Mi ero dimenticata d’invitare una mia amica e lei, quando è venuta a sapere di questa mia svista, si è arrabbiata di brutto.”
“Continua.”
“Io tengo molto alla nostra amicizia e ho pensato che non fosse poi così faticoso prenotare un tavolo in più.” Spiegò Alberta, facendo sospirare il fratello.
“E io che centro?”
“Ovviamente dovrai accompagnarla con la tua auto.”
“Con la mia? Non c’è abbastanza spazio nell’auto di papà?”
“L’auto di papà è dal meccanico e la mia ha solo 4 posti.” Soffiò Alberta, avviandosi verso la sua stanza e chiamando la nuova seccatura che Scott sarebbe stato costretto a sobbarcarsi.
Nell’attesa, assai esigua, il rosso sperò che non fosse una cozza.
Che quella sconosciuta non si mettesse a fumare come una ciminiera, non riempisse di cenere la sua povera auto e non la trasformasse in una discarica di quart’ordine. Gli mancava soltanto lo scazzo di dover perdere un’ora domenicale a pulire la sua povera carriola con tanto di canottiera macchiata e taniche stracolme d’acqua e sapone.
Poteva anche sopportare l’aspetto esteriore, tranne che non si trattasse di un qualche cesso a pedali, ma non avrebbe mai tollerato una matta come Alberta.
E di certo non voleva nemmeno una capace di sfondargli i timpani, di parlare per delle ore delle sue manie e di rovinargli il breve viaggio fino al ristorante. Se proprio doveva scegliere, avrebbe preteso una sconosciuta che rimanesse zitta per via dell’impaccio di non conoscerlo e che rimanesse a fissare il panorama, senza aprire bocca e senza renderlo partecipe dei suoi sciocchi pensieri infantili.
“Che rottura di scatole.” Commentò nervoso, avvertendo i passi delle due ragazze.
“Ti chiedo soltanto di non rovinare tutto come al tuo solito.” Borbottò Alberta, sospingendo leggermente la sua ospite e aspettando che il fratello si girasse nella loro direzione.
“E perché non dovrei…” Tentò, ritrovandosi bloccato all’improvviso.
“Perché vederti tenere il muso per una serata intera sarebbe fastidioso.” Replicò Alberta, sfoggiando un ghigno impareggiabile.
“Tu?” Domandò Scott, scrutandola con attenzione e allontanandosi di qualche passo.
“Scott…io…”
“Che cosa ci fai tu qui?” L’assalì subito, fulminandola con lo sguardo.
“È lei l’amica di cui ti parlavo.” La difese Alberta, facendo negare il fratello.
“Come puoi essere amica di una così?” Ringhiò Scott.
“È mia amica perché la conosco bene e riporrei in lei la mia piena fiducia.”
“E avresti fiducia in lei dopo tutto quello che mi ha fatto?” Seguitò il rosso, mentre Dawn tentava di nascondersi dietro la figura rassicurante dell’amica.
“Te l’avevo detto Alberta che era una pessima idea.” Protestò la giovane, facendo sbuffare la festeggiata che si ritrovò ad alzare gli occhi verso il soffitto.
“Insomma voi due…questo è il mio compleanno e posso chiedere qualsiasi cosa.”
“Valeva solo fino a qualche anno fa.” Mugugnò il rosso, ricordandosi di quella sciocca promessa che aveva aleggiato fino a poco tempo prima.
Era una regola ufficiale, riconosciuta dalla signora Black secondo la quale i membri di una famiglia erano tenuti a rispettare ed esaudire il desiderio del festeggiato.
E per quella sera Alberta, che aveva già chiesto a sua madre di sistemare la sua stanza e a suo padre di apparecchiare la tavola, per Scott non aveva predisposto niente di meglio.
“Quando hai chiesto che mi facessi i capelli rossi come i tuoi, io ti ho accontentato e ora pretendo che tu faccia lo stesso.”
“Altrimenti?”
“Mamma non sarebbe felice di sapere che bruci ogni occasione.” Rispose fredda, sospingendo ancora un po’ l’amica e avviandosi verso l’uscita.
“Ma che cavolo…”
“Il treno arriverà con un pelo d’anticipo e non c’è bisogno che voi mi seguiate.”
“Eh?”
“Vi aspettiamo al ristorante.” Soffio tranquilla, sorridendo verso Dawn e lasciandoli finalmente soli.
Sentito il cigolio della porta, i due si fissarono per un breve istante e Scott si ritrovò a negare nervosamente e a scrollare le spalle.
Prima di ricominciare, preferì aspettare che fosse lontana.
Non voleva che la sorella sentisse ciò che aveva da dire, specie se la sua abitudine di origliare era rimasta intatta. Fu nel sentire i suoi passi scendere le scale che intuì d’essere al sicuro e di non avere più nulla di cui preoccuparsi.
“Che matta.” Commentò il rosso, abbozzando un lieve sorriso.
“Già.” Confermò Dawn, lasciandosi sfuggire un risolino appena accennato.
“È difficile credere che io sia imparentato con quella pazza.”
“Scott…”
“Ne combina di tutti i colori, ti fa disperare e poi ti schiaccia con la sua dannata furbizia.”
“Se non fosse così, non sarebbe tua sorella.” Mormorò la biondina, sperando di riuscire a calmare la negatività espressa dalla sua aura.
“Come sei riuscita a farti incastrare?” Chiese, abbozzando un sorriso che mitigò il tono acceso della sua anima.
“Le avevo solo confidato una mia speranza.”
“Una speranza?”
“Volevo rimanere sola con te e parlare come una volta.” Ammise sollevata, cercando di avvicinarsi per abbracciarlo, ma incontrando la sua opposizione.
“Alberta è sempre stata una ragazza speciale.”
“Hm?”
“Anche se non lo dà a vedere, si preoccupa tantissimo per gli altri e vorrebbe che tutti fossero sempre felici.”
“Questo l’ho capito, Scott.”
“Se vuoi, possiamo anche andare.”
“Così presto?” Domandò lei sorpresa per quel repentino cambio d’umore.
“Non sono molto tranquillo nello stare qui.” Ammise senza troppi giri di parole, andando a chiudere la finestra del salotto.
“Hai paura che ti salti addosso?” Soffiò maliziosa, facendogli scrollare le spalle.
“Non si sa mai.”
“E nonostante tu abbia paura, non sei curioso di riprovarci?”
“Che cosa cambierebbe?” Chiese, fissandola con rassegnazione.
“Se credi che non possa cambiare nulla, forse non devo dirti la verità.”
“Quale verità?”
“Ti ho mai mentito in questi anni?” Domandò Dawn per ulteriore conferma, facendolo riflettere.
“Non mi pare.”
“Riguarda quella sera.”
“Preferirei non sentire più nulla di questa storia.” Gracchiò nervoso, invitandola ad avviarsi verso la loro nuova destinazione.
 
Saliti in auto, Scott spense immediatamente la radio e si apprestò a scegliere il tragitto migliore per raggiungere il ristorante.
Il centro, specie a quell’ora, era sconsigliabile e la provinciale era incasinata per via di alcuni lavori che stavano rallentando il traffico.
L’unica strada che gli restava era quella che passava vicino alla metropolitana e che, tirando dritto per ancora qualche miglia, gli avrebbe permesso di scorgere il ristorante.
Avrebbe potuto optare anche per l’autostrada, ma gli sembrava un po’ troppo eccessivo per un viaggio di 20 minuti scarsi.
Erano già passati una decina di minuti abbondanti e l’abitacolo era rimasto vuoto da ogni parola.
Scott rimuginava sul fatto di ritrovarsi da solo con la sua ex, mentre quest’ultima si chiedeva se fosse saggio, per il proseguimento della serata, dire la verità.
Poteva vivere con il peso di aver mantenuto il segreto?
Poteva vivere senza il suo Scott?
Ci aveva provato per qualche tempo, ma ora il peso era ingestibile e aveva bisogno dei suoi baci e delle sue attenzioni, per ritornare a essere felice.
“È stato Beverly a baciarmi.” Esordì lei, facendo sussultare il ragazzo che aveva rischiato quasi d’investire un ciclista.
“Eh?”
“Quando sei rientrato in anticipo da quel progetto, tu hai visto quel famoso bacio, ma in verità è stato Beverly a obbligarmi.”
“Cosa?” Chiese ancora frastornato.
“Non ho mai voluto tradirti.”
“Però…”
“Ho provato a divincolarmi, ma era troppo forte.” Borbottò dispiaciuta, abbassando il capo, mentre lui assaggiava quelle strane parole.
Restò ancora un po’ in silenzio e poi, superato un semaforo, notò una piazzola di sosta dove di solito si fermavano alcuni taxi fuori servizio.
Guardando l’ora e tutto il resto, era chiaro che nessuno avrebbe avuto da ridire se loro avessero usato quello spiazzo per pochi minuti.
“Io…”
“Eri sconvolto da quello che avevi sotto il tuo naso e non ti eri accorto di tutto il contorno.”
“Ma…”
“Quello lì ha iniziato a guardarmi, a farmi dei complimenti che non ho colto per tempo, a toccarmi e poi mi ha baciato.”
“Dawn…”
“Mi ha fatto così schifo, mi sono sentita usata.”
“Mi spiace.” Mormorò nuovamente, interrompendosi senza riuscire a trovare nessuna parola di conforto.
“Sapevo che lo odiavi e ti giuro che se avessi saputo cosa sarebbe successo, non gli avrei aperto nemmeno la porta.”
“Io…”
“Dopo che mi hai mandata via, avrei tanto voluto vomitare. Mi sentivo sporca e non trovavo nulla che potesse darmi un minimo di conforto.”
“Mi dispiace.” Si scusò Scott, abbassando la testa e colpevolizzandosi per quella presa di posizione esagerata e fuoriposto.
Se solo l’avesse saputo non l’avrebbe mai incolpata così tanto e di certo non si sarebbe mai sognato di sbatterla fuori di casa, costringendola a trovarsi un posto in cui passare la notte.
L’avrebbe semplicemente abbracciata, l’avrebbe coccolata un po’ e avrebbe pensato cosa fare per risolvere la faccenda.
Sarebbe stato capacissimo di chiamare Duncan, di organizzare una serata punitiva e di picchiare Beverly fino a quando non gli fosse entrata nella zucca una verità assoluta: Dawn era la sua donna e lui non poteva più avvicinarsi in nessun modo.
“Nella mia più grande sfortuna, quella riguardo al bacio, ho avuto anche un po’ di fortuna.”
“Davvero?”
“Quando mi ha stretto e mi ha baciato, ho iniziato a temere per quello che sarebbe successo poi.”
“Tu…”
“Avevo paura che si approfittasse di me e di certo non avrei mai avuto il coraggio di guardarti negli occhi, se avesse esagerato e non fossi rientrato in anticipo.” Borbottò triste.
“Perché non me l’hai detto subito?” S’informò, guardandola serio e cercando di trovare una risposta che aveva, però, già trovato.
“Perché non me ne hai dato il tempo.” Si scusò, asciugandosi gli occhi.
“E gli altri giorni?”
“Eri troppo arrabbiato per ascoltarmi e di certo non mi avresti mai preso sul serio.”
“Io…”
“Avresti creduto che ero una disperata in cerca di una scusa valida per sistemare le cose.”
“Ma…”
“Mi avresti riso in faccia, mi avresti fatto sentire una schifezza e probabilmente non sarei nemmeno più a questo mondo.”
“Stavi meditando il…” Tentò, interrompendosi subito.
“Se non potevo vivere con te che cosa m’importava di questa esistenza?”
“Non dirlo neanche per scherzo.” La rimproverò nervoso.
“Perché dovrei accettare di vedere tante coppie felici, mentre io mi sento così vuota?”
“Ma…”
“Ho preferito addormentare questo senso d’inquietudine per non ritrovarmi a compiere azioni impensabili.”
“Tu davvero sei disposta a tanto?” Chiese preoccupato.
“Te lo ripeto Scott: perché devo accettare di vivere lontana da te, se sei la mia unica ragione di vita?”
“E la tua famiglia e i tuoi amici?” S’informò nervoso.
“Non capisci che sei l’unico che ha sempre riempito il mio cuore?” Sbottò, facendolo sussultare e arrossire.
“Dawn…”
“Se sono stata lontana da te era solo per calmarmi un po’.” Ammise, rialzando lo sguardo a fissarlo.
“Questo l’ho capito, anche se è strano che tu abbia mentito alla tua famiglia.” Soffiò con un pizzico di rabbia che scemò all’improvviso.
“Volevo proteggerti.”
“Proteggermi?”
“Se avessi detto loro la verità, ne avrebbero sofferto un mondo. Ti avrebbero accusato di non aver fiducia in me e non te la saresti cavata con così poco.”
“Dicendo che non c’era più sintonia hai salvato la situazione.” Tentò Scott, sperando di trarre la giusta conclusione.
“Tu, però, hai sparato a zero e mi hai fatto passare come una bugiarda.”
“Mi spiace.”
“Con tutti i sacrifici che le nostre famiglie hanno fatto per il nostro appartamento e per vederci felici, non volevo che sapessero tutta la verità.”
“E quindi dovrei essere io a chiederti scusa.”
“E per cosa Scott?”
“Sono stato troppo affrettato e ne ho tratto la soluzione peggiore, ma prova a capirmi. Tu eri il tesoro più prezioso che avevo e non sopportavo l’idea che qualcuno ti avesse portato via da me.”
“Se vuoi, posso essere ancora il tuo tesoro.” Bisbigliò lei, facendolo annuire.
“Giuravo di non sbagliare e di avere fiducia, ma come faccio a vivere con te, se dubito di ogni tua promessa? Finirò con il commettere uno sbaglio dietro l’altro.”
“Siamo più simili di quanto non sembri.” Obiettò lei, facendolo sospirare.
“Ma…”
“Capita a tutti di essere avventati.” Lo rincuorò, poggiandogli una mano sulla spalla e notando come la sua aura stesse mitigando il suo comportamento.
“Non è una spiegazione valida: dovevo mandare via quel maledetto, ascoltare ciò che avevi da dirmi e solo allora dovevo prendere una decisione.”
“Scott…”
“Ti ho riconfermato, una volta di più, quanto io sia affrettato nei miei giudizi.”
“È per questo che hai accostato?” Domandò, perdendosi nei suoi occhi grigi.
“Tu non dovresti piangere.” La rimproverò, sentendo un nodo in gola
“Piango perché non potrò più averti con me.”
“E chi lo dice?” S’informò, riuscendo a vincere sul suo orgoglio e carezzandole una guancia.
“Scott…”
“Ripetilo…adoro quando pronunci il mio nome.”
“Che cosa accadrà ora?” Chiese lei preoccupata.
“Nulla che non ti dispiaccia.” Borbottò enigmatico, facendo scivolare la mano destra dietro il suo collo e avvicinandola per baciarla dopo tante settimane, se non mesi, d’isolamento.
 
Ora che si erano ritrovati, sembrava chiaro che non si sarebbero più lasciati.
La gioia che traspariva dagli occhi di entrambi era sufficiente per ricomporre tutti i pezzi.
In silenzio, persi l’uno nello sguardo dell’altro, era evidente che potessero riprendere da dove si erano interrotti.
Alternando baci e carezze, furono interrotti solo dalla telefonata di Alberta che voleva sapere dove si fossero cacciati.
E scambiandosi un sorriso e una serie di battute, si ripromisero di ritornare a casa insieme.
Tutta la cena era scivolata via in quel modo.
I loro sguardi, i loro allontanamenti furtivi e alcune carezze non erano passate inosservate e dentro di sé, la cara vecchia Alberta, sentiva che quello era il regalo migliore che avesse mai ricevuto. Migliore perfino di quel cd che suo fratello aveva comprato con fatica e che sarebbe finito per ingrandire la sua già nota collezione.
E mentre li osservava andare via in una serata carica di stelle, sentiva che non c’era più nulla che potesse intralciare la loro felicità.
Si sarebbero lasciati i problemi alle spalle, si sarebbero amati per tutta la notte, sarebbero tornati a vivere insieme, ma non si sarebbero resi conto che, lasciandosi finalmente andare, avevano compiuto un passo importante verso il loro sogno più grande.
Avevano litigato, si erano divisi, erano cresciuti, avevano capito i rispettivi sbagli, sgretolando l’ultimissima barriera che li separava.
E seppur Dawn si sentisse fuoriposto e non avesse nulla da indossare, Scott aveva estratto il costume da infermiera sexy comprato fuori città e, dopo aver sconfitto le prime paure, i primi segni di disagio e l’inesperienza, s’accarezzarono e spensero la luce su quel bel giorno, risvegliandosi nudi e stretti in un abbraccio che sarebbe durato per sempre.
 


Angolo autore:

Ryuk: Siamo lenti peggio dei bradipi.
Che ci vuoi fare...non abbiamo un momento libero.
E a proposito di momenti...finalmente sta storia ha avuto fine. Non avete idea di che fastidio provavo nel pubblicare questa serie solo per far felice Ryuk.

Ryuk: Ora che si fa?

Ora andremo avanti con la nostra lentezza.
Tu farai i tuoi progetti, io farò i miei e la prima serie completa uscirà senza ripensamenti.
Detto questo vi saluto, vi ringrazio per l'appoggio dimostrato in questa serie e vi auguro un buon proseguimento (chissà quando ci rivedrete).

Ryuk: Prevedo nel 2090.

Con i nostri ritmi è una data fin troppo ottimistica.
Alla prossima!
 
   
 
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