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Autore: Signorina Granger    03/05/2018    9 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti di “Magisterium - 1933”]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Iphigenia & Andrew 

 
Iphigenia Ashworth Image and video hosting by TinyPic& Andrew MaguireImage and video hosting by TinyPic 



“Per la barba di Merlino, non si può continuare così! Siete sempre entrambi a marcire sui libri, quand’è stata l’ultima volta in cui siete usciti e avete visto la luce?!”
“Stamattina.”
“Se sei andata in Biblioteca a prendere dei libri non conta, Iphe.”
“Allora non lo so.”
“Visto?! Basta studiare, andiamo a fare un giro! E passiamo a prendere anche Andrew.”

Jade sbuffò e, dopo essersi avvicinata all’amica a passo di marcia, le prese il libro dalle mani per poi chiuderlo, lasciarlo sulla scrivania con aria risoluta e fare cenno ad un’Iphigenia sbigottita di seguirla:

“Su, andiamo.”
“Jade, ma non dovresti studiare anche tu?!”
“Sì, ma oggi è, sabato, giornata sabbatica, c’è anche bel tempo e dobbiamo approfittarne. Avanti, andiamo a prendere lo spilungone.”

“Ma devo leggere quel libr-“
“Se ti sento pronunciare la parola “fisica quantistica” un’altra volta ti legherò ad una sedia e ti costringerò a truccarti, metterti un vestito elegante e a indossare i tacchi alti!”
“Sono due parole Jade, non una.”
“Fa lo stesso.”

“Ma Andrew ha gli esami per entrare a Magisprudenza tra un paio di settimane e io mi devo preparare…”
“Hai letto più roba tu sull’argomento di quel tipo dai capelli strani e sparati da tutte le parti! E Andrew non verrà bocciato per un pomeriggio senza studiare. Speriamo che Iona abbia fatto i biscotti…”

“Ah, ecco perché vuoi andare da lui…”


*


Quando Andrew era passato a casa Ashworth per salutare Iphigenia senza però trovarla in casa Electra lo aveva invitato ad entrare e ad aspettare che rientrasse, così il ragazzo ora era comodamente seduto sul divano e stava chiacchierando con la ragazza, che si trovava momentaneamente a casa per le vacanze di Pasqua.
Quando sentirono la porta d’ingresso aprirsi entrambi si voltarono e la Serpeverde, appoggiata la tazza di thè sul piattino, sorrise debolmente all’ospite prima di alzarsi:

“Credo che sia tornata…. Vado a dirle che sei qui, le farà piacere.”
“D’accordo… grazie Ele.”

“Iphe! In salotto c’è Andr-“
“DOPO. Vado di sopra.”

Il tono della ragazza era così seccato che Andrew, aggrottando la fronte con leggera confusione, fece per chiedersi se per caso non avesse fatto qualcosa che l’avesse fatta arrabbiare, ma non gli risultava che avessero discusso di recente, a dire il vero.
Ed era molto raro vedere Iphigenia perdere le staffe.

“Che cos’ha?”  Andrew raggiunse la “cognata” nell’ingresso quando sentì una porta sbattere, rivolgendo un’occhiata interrogativa alla ragazza che venne ricambiata con una scrollata di spalle: 
“Non saprei… ma IO non vado ad indagare, potrebbe decapitarmi con la mazza, vai tu.”
“Ecc9, veramente non ci tengo ad affrontarla quando è arrabbiata…”

Electra tuttavia lo ignoro e quasi lo spinse verso la cucina, costringendolo ad entrare e premurandosi persino di chiudergli la porta alle spalle prima di allontanarsi con aria soddisfatta: per una volta non avrebbe subito lei le ire di sua sorella, Andrew sarebbe stato di certo un’ottima “spugna”.


“Ehm… Iphe, ciao. Come stai? Qualcosa non va?”

Andrew sorrise debolmente mentre si avvicinava alla ragazza, che era seduta davanti al tavolo e stava osservando la ciotola piena di frutta con aria torva, quasi a volerla incenerire con la forza dello sguardo.
“Ciao tesoro. Hai presente quel laboratorio dove volevo entrare?”
“Sì, certo.”  

Andrew le si sedette accanto, annuendo gentilmente e imponendosi di restare serio e di non ridacchiare di fronte all’espressione seccata della fidanzata, facendole notare quanto fosse tenera con il broncio. Probabilmente lo avrebbe ucciso con un’albicocca.

“Beh, sai perché quell’emerito decerebrato non voleva darmi il posto? Indovina.”
“Per… la giovane età?”
“È quello che ha detto all’inizio, ma era chiaro che il motivo fosse un altro.”
“Perché sei una donna?”

Iphigenia non rispose subito. Limitandosi a sbuffare mentre allungava una mano per prendere una mela, rigirandosela tra le mani e osservandola distrattamente prima di borbottare qualcosa che il ragazzo non comprese appieno, inducendolo a strabuzzare gli occhi castani con orrore:

“Iphe. Ti prego dimmi che non l’hai ucciso! Non mi sono ancora laureato, non ti posso difendere!”
“Certo che non l’ho ucciso, stupido! Ti sembro forse una squilibrata? No, ho detto che l’ho… beh, l’ho confuso.”
“Lo hai confuso per farti assumere?!”
“Già. Non guardarmi così, non mi piace usare la magia sui Babbani per ottenere ciò che voglio, ma qui si tratta di mettere paletti solo per una stupida ideologia. Sai che si stanno anche diffondendo delle assurde teorie falsamente comprovate scientificamente secondo cui le donne sono maggiormente predisposte naturalmente a provare una maggiore empatia verso il prossimo e che quindi, in pratica, dovremmo solo dedicarci alla cura della famiglia?!”

“È questo ovviamente non è vero, mi dispiace che sia difficile per te perché avresti tutte le capacità di fare quello che vuoi. Beh, in fin dei conti confonderlo è stato meglio di minacciarlo con la mazza.”  Andrew distese le labbra in un sorriso, sfiorando la mano di Iphigenia con le dita mentre anche la bionda sorrideva, annuendo e voltandosi verso di lui prima di parlare:

“Quella la tengo solo per i casi più particolari e le ricorrenze speciali, tranquillo.”
“Ad esempio?”
“Ad esempio se mai tu volessi lasciarmi per una scandinava alta due metri.”
“Sarebbe più alta di me!”
“Allora 1.85, così sarebbe leggermente più bassa.”
“Beh, comunque non succederà mai.”
“Lo spero vivamente, in realtà mi dispiacerebbe rovinare il tuo bel faccino.”


*


“Ciao Andrew, mi dispiace caro ma Iphe non c’è, è in laboratorio.”
“Lo so. Lo so, in realtà… Vorrei vedere suo marito, se è in casa.”

Clare sembrò sorpresa, per un attimo, ma poi annuì e si spostò dalla soglia per permettere al ragazzo di entrare in casa, un piccolo sorriso stampato sul volto:

“È di sopra. Vieni, ti accompagno.”
“Grazie.”

Andrew sfoggiò un sorriso tirato, anche se si stava quasi pentendo di essere andato fin lì… forse non se una buona idea. Forse non l’avrebbe presa bene. Forse l’avrebbe ucciso. Forse lo avrebbe cacciato a malo modo.
Non poteva fase altro che sperare che tutto andasse secondo i piani.

“Caro? Hai una visita. Entra pure Andrew.”  Clare, dopo aver bussato e aperto leggermente la porta dell9 studio del marito, si voltò verso il ragazzo e gli sorrise gentilmente prima di spostarsi per farlo passare, chiudendogli la porta alle spalle e sentendo immediatamente la voce della figlia minore:

“Andrew è venuto per vedere papà?”
“Proprio così.”
“Cosa dovrà dirgli?!”  Electra si avvicinò alla madre, guardandola con occhi carichi di curiosità mentre Clare invece sorrideva e guardava la porta quasi con aria soddisfatta, le braccia strette al petto:

“Io una mezza idea ce l’avrei… Considerando che è venuto sapendo che Iphe non ci sarebbe stata…”
“… Dici che la vuole lasciare?”
“Ma no stupida, tutto il contrario! Vieni, origliamo e vediamo se ho ragione.”



Non era andata poi così male, infondo. A differenza dell’orrendo incubo fatto la notte precedente non aveva balbettato e il Signor Ashworth l’aveva fatto parlare senza interromperlo, lasciando che finisse e limitandosi ad osservarlo da dietro la sua scrivania. 
Ora nello studio regnava il silenzio, mentre il ragazzo si limitava a ricambiare lo sguardo del padrone di casa con aria speranzosa e tormentandosi le mani, aspettando che parlasse. 

Cosa che fece dopo quello che ad Andrew sembrò un tempo interminabile, appoggiandosi allo schienale della sedia e parlando con tono pacato:

“Andrew… mi stai chiedendo il permesso di chiedere a mia figlia di sposarti?”
“In effetti sì.”

“Beh… Iphigenia tiene moltissimo a te, quindi non vedo perché dovrei impedirle di sposarti. Solo, prometti di trattarla bene.”
“Ma certo Signore, io amo moltissimo sua figlia. Grazie.”

Andrew sorrise, sentendosi improvvisamente molto più leggero, e si alzò quando il padrone di casa gli rivolse un cenno salutandolo un’ultima volta prima di uscire dalla stanza camminando a mezzo metro da terra.

“Arrivederci Signora Ashworth.”
“A presto caro.” Clare sorrise gentilmente al ragazzo, guardandolo allontanarsi con aria felice con aria divertita prima di entrare nello studio del marito, avvicinandoglisi e mettendogli le mani sulle spalle:

“Presumo che tu gli abbia dato la tua benedizione.”
“A quanto pare.”
“So che è dura per te vedere la tua bambina che lascia il nido, ma è la cosa migliore. E Andrew l’adora.”
“Lo so. Voglio solo che sia felice.”

Andrew annuì debolmente e, presa la mano della moglie, ne baciò delicatamente il dorso mentre una Electra pressoché euforica faceva la sua comparsa sulla soglia:

“Che bello, adoro i matrimoni! Farò la damigella! Avrò un vestito bellissimo!”
“Ele, non è il TUO matrimonio. E poi glielo deve ancora chiedere.”

“Come se lo spilungone fosse in grado di nascondere qualcosa ad Iphe. Glielo chiederà molto presto, ne sono certa.”


*


“Mi stai dicendo che ci hai messo un biglietto dentro?!”
“Sì, ho preso ispirazione da dei biscotti orientali, pare che sia una loro tradizione. Si chiamano “biscotti della fortuna”, se non sbaglio… Quindi prima di mangiarlo devi aprirlo e vedere cosa c’è scritto.”

Andrew sorrise e guardò la ragazza aggrottare la fronte e rivolgere un’occhiata dubbiosa al biscotto che teneva in mano e che lui stessi aveva preparato il giorno prima insieme a tutte le pietanze che avevano già mangiato, seduti su una coperta sulle rive di Loch Katrine.

“Beh? Non ti fidi?” Il ragazzo, comodamente steso sulla coperta rendendosi su un braccio inarcò un sopracciglio e osservò attraverso gli occhiali da sole Iphigenia con aria divertita, guardandola affrettarsi a scuotere il capo prima di spezzare il biscotto a metà:

“No, stavo solo pensando che è una strana tradizione. Tutto qui. Va bene… vediamo cosa mi riservato scritto, Maguire.”
Iphigenia lo ruppe e Andrew la guardò in un misto di nervosismo ed emozione, lieto di essersi accertato di averle riservato il biscotto giusto mentre Iphigenia prendeva la piccola strisciolina di carta e ne leggeva il contento con la fronte aggrottata, confusa.
Lui non disse nulla, aspettando pazientemente che fosse lei a farlo mentre la osservava, deciso a non perdersi un attimo della sua reazione.

Poi la bionda sollevò lo sguardo su di lui, voltando il foglietto per mostrarglielo con aria interrogativa: 

(∂+m)ψ=0*


“È l’equazione di Dirac.”
“Lo so.”
“Come fai a conoscerla?!”
“Temo di aver tampinato tuo padre fino all’esaurimento in effetti… non che non sia molto famosa, ma io non sono un esperto.”
“Certo, ma… Non capisco.”

“Jade ha ragione Iphe, per essere così intelligente a volte sei incredibilmente sciocca.”

Andrew sorrise, guardandola con affetto prima di passarle un secondo biscotto, facendole cenno di prenderlo:
“Aprilo, forse questo ti chiarirà le idee.”
“Un’altra equazione?”
“Forse sì, forse no.”

Iphigenia ruppe il biscotto questa volta senza esitare, piuttosto curiosa e con il cuore in gola visto che forse qualcosa lo aveva intuito, ma non osava dirlo a voce alta, e lesse le parole che Andrew aveva visibilmente scritto di suo pugno con il sorriso più spontaneo che Andrew le ebbe mai visto sul volto:

“Se non fosse chiaro, ti sto  dicendo che ti amo e ti sto chiedendo se mi vuoi sposare.”

“Me lo stai chiedendo? Davvero?”
Iphigenia riporto lo sguardo sul ragazzo, la voce quasi tremante mentre si portava una mano alla bocca e Andrew roteava gli occhi, annuendo debolmente:
“Certo, non è un Pesce d’Aprile fuori stagione!”

Fece per chiederle cosa ne pensasse, ma Iphigenia aveva già lasciato anche il secondo biscotto con bigliettino annesso sul piattino e si era sporta verso di lui per prendergli il viso tra le mani e baciarlo con slancio.
Fu Andrew, alla fine, ad interrompere il contato, ritraendosi leggermente e prendendole il viso tra le mani a sua volta prima di parlare con tono speranzoso:

“È un sì?”
“Dovrei essere pazza per dire altrimenti, a questo punto.”


*


Iphigenia Ashworth amava i bambini, amava suo marito e voleva costruire una famiglia con lui forse da ancor prima di sposarlo. Per questo motivo, dopo poco meno di un anno dalle nozze, era stata ben felice di sapere di aspettare un bambino. 
O almeno, questo in un primo momento… sua madre non faceva che ripetere quanto quei mesi fossero bellissimi, ma lei, dal canto suo, non vedeva l’ora che finissero: Iphigenia Ashworth si annoiava, ecco la verità. Era partita con l’idea di continuare a lavorare, ma I malori glie l’avevano impedito e ormai quella era l’ennesima settimana che passava in casa, ,e tre Andrew non faceva che apparire dispiaciuto e a scusarsi con lei per tutto il tempo che passava fuori casa per il lavoro.

Tuttavia Iphigenia non gliene faceva certo una colpa, dopotutto si era impegnato duramente e stava rincorrendo un sogno che aveva da anni, poteva solo essere felice per lui.
Però fare la moglie in convalescenza non faceva per lei, di questo era sicura.

“Sono felice che tu sia venuta a trovarmi, mi annoio!”

Iphigenia sospirò mentre, stesa sul divano, si sfiorava delicatamente il discreto pancione che ormai sfogava mentre Jade, seduta di fronte a lei, la guardava con aria divertita:

“Posso solo immaginarlo. Andrew come sta?”
“Stanco e stressato, lavora così tanto… e continua comunque a preoccuparsi per me, è un vero tesoro.”
“Lo so. Abbi pazienza Iphe, tra non molto nascerà e ci penserà il piccolo Maguire a tenerti impegnata!”
“Già, ma tornerò a lavorare il prima possibile, e penso che mi farò mandare tutto a casa i primi tempi… rilassati, non farò esperimenti in casa! Come se Andrew me lo potesse permettere… le parole che dice più spesso di recente sono “fa male al bambino!””
“Povero Andrew, ha una bella gatta da pelare… Iona cosa dice?”

“Iona quando l’ha saputo a iniziato a saltellare per la stanza urlando di gioia, mi ha stritolata in un abbraccio e poi si è quasi commossa… Del resto ha soltanto Andrew, dev’essere bello per lei poter avere presto qualcun’altro di cui prendersi cura.”

“Maschio o femmina, secondo te, mamma Iphe?”
“E chi lo sa… noi speriamo in una bambina, vero zietta?

“Certo, anche se ti proibisco di leggere al nascituro postulati di fisica invece di favole della buonanotte.”
“La solita esagerata…”
“Con te non si può mai sapere.”


*


“Andrew?”
Quando aprì lentamente la porta dello studio Iphigenia sorrise, avvicinandosi al marito che le dava le spalle, seduto davanti alla scrivania. 

“Non hai fame?”
“No, scusa, non mi va di mangiare.” 

L’ex Tassorosso sospirò stancamente mentre, appoggiata la piuma, si passava una mano sul viso come se morisse dalla voglia di riposarsi un po’ e rilassarsi. Iphigenia gli rivolse un’occhiata scettica, appoggiando entrambe le mani sulle sue spalle per massaggiargliele dolcemente:

“Ok… però dovresti rilassarti un po’. Perché non ti riposi un po’, si vede che sei stanco.”
“Voglio solo finire qui.”
“Sei già molto oltre l’orario di lavoro, smettila di stressarti.”

“Voglio solo… voglio solo fare in modo di assicurare un futuro sicuro alla mia famiglia, Iphe. E poi c’è mia madre, lei ha fatto così tanto per me è vorrei che non dovesse più farsi in quattro come ha sempre fatto da quando mio padre…”

“Tesoro? So che ti senti in dovere di pensare a tua madre e lo farai, lo so, ma ora pensa un po’ a te stesso. E tu non sei tuo padre Andrew, non morirai lasciandomi da sola con il marmocchio, ok? Non preoccuparti, staremo benissimo.”

Lo abbracciò da dietro, appoggiando il mento sulla sua testa, e lo sentì sospirare mentre sollevava una mano, stringendole un braccio come a volerla ringraziare per le sue parole e per il suo supporto.


*


Andrew era andato a mettere a letto Marie già da un po’, e di solito la bambina crollava come un sasso dopo pochi minuti, nonostante prima protestasse a gran voce e sostenesse di non avere sonno.

Così, incuriosita, Iphigenia raggiunse la camera della figlia maggiore, mentre la piccola Imogen sonnecchiava già da parecchio nella culla, e aprì lentamente la porta per controllare che fosse tuto a posto. Stava per parlare ma fortunatamente non lo fece, zittendosi ed esitando sulla soglia prima di stendere la labbra in un debole sorriso mentre osservava la scena: Marie stava effettivamente dormendo, in pigiama e sotto le coperte con i capelli rossi sparsi sul cuscino, e così suo padre accanto a lei.

Iphigenia sorrise e, senza avere il coraggio di svegliarlo, prese la coperta piegata infondo al letto della bambina per coprire anche il marito, guardando entrambi con affetto prima di uscire dalla stanza e chiudersi con delicatezza la porta alle spalle, poco prima che Imogen si svegliasse e iniziasse a lamentarsi sommessamente.

La strega si avvicinò alla culla, sistemata accanto al suo letto, e sorrise alla bambina prima di prenderla in braccio, accarezzandole i lisci capelli biondi per poi darle un bacio sulla fronte:

“Fai piano piccolina… non vogliamo svegliare papà, vero?”


*


“Iona! Salve.”
“Ciao Iphigenia… scusa l’improvvisata. Posso entrare?”

Iona sorrise, sollevando il cestino pieno di muffin e biscotti che teneva in mano mentre la nuora, sorridendo, annuiva e si spostava sulla soglia per farla passare:

“Ma certo. Marie, vieni!”
“Eccomi… Nonna! Ciao!” La bambina sorrise e corse ad abbracciare la donna, che ricambiò mentre le accarezzava i capelli che aveva ereditato da suo figlio:

“Ciao tesorino… fai merenda con me e la mamma?”
“Sì!”

“Tra lei e Andrew diventerà presto diabetica, mangia biscotti in quantità industriali…”
“Anche tu li mangi mamma!”
“Beh, io sono grande. Quindi posso farlo.”
“Perché?!”
“Perché lo dico io.”
“E perché?!”
“Perché sono grande!”

“Caspita, fisicamente somiglierà anche ad Andrew, ma direi che è la tua versione con i capelli rossi…”
“Lo dice anche papino nonna!”

*


“Andrew, devo dirti una cosa.”
“Mh, sì, dimmi cara.”

Iphigenia roteò gli occhi, certa che il marito non avesse sentito una parola e che non l’avrebbe ascoltata per tutto il discorso, chino su dei documenti com’era. 
E per quanto fosse da sempre esattamente fiera di lui, dei suoi sforzi e del risultato che era riuscito ad ottenere entrano a far parte pochi mesi prima del Wizengamot, aveva tutta l’intenzione di avere la sua completa attenzione per affrontare quella conversazione.

“Andrew, ascoltami, è importante.”
“Ti ascolto Iphe!”
“Certo, come parlare ad un muro…”

“Papà!” La vocina di Marie s’intromise nella conversazione e la bambina, in piedi accanto a lei, si mise le mani sui fianchi come la madre prima di parlare con tono squillante evdeciso:

“La mamma ti deve dire una cosa importante!”
“Grazie assistente…
Ma ora puoi andare, devo parlare da sola con papà. Vai a giocare con tua sorella.”
“Uff, va bene…”

Marie rivolse un’occhiata carica di curiosità al padre prima di obbedire e uscire dalla stanza, lasciandoli soli mentre Andrew sorrideva appena, guardando la moglie con aria divertita:
“Una mini Iphe.”
“Già… e magari tra qualche tempo potrebbe arrivare anche un mini Andrew, chissà.”

Iphigenia gli si avvicinò e sorrise, fermandosi accanto alla scrivania e guardandolo spalancare gli occhi e sorridere allo stesso tempo, leggendo sia stupore sia felicità sul suo volto:

“Sei…?”
Iphigenia annuì, limitandosi a guardarlo con affetto mentre sollevava una mano per accarezzargli delicatamente il volto, mano che Andrew prese per baciarne il dorso mentre lei parlava a bassa voce:
“Sì. Congratulazioni, papà.”


*


“Finalmente un maschietto… Tre femmine di fila sarebbero state un po’ troppe.”

Andrew sorrise mentre, seduto sul letto, osservava il figlio nato circa un’ora prima che sonnecchiava tra le sue braccia.

“Sono felice anche io.”
Iphigenia sorrise con affetto al bambino, allungando una mano per sfiorargli il capo mentre Iona, dopo aver bussato delicatamente alla porta, l’apriva tenendo le nipotine per mano:

“È permesso? Le signorine vogliono vedere il nuovo arrivato e sapere come sta la mamma.”
“La mamma sta bene, solo stanca… venite.” 

Marie ed Imogen non se lo fecero ripetere due volte e raggiunsero il padre per sbirciare il fratellino mentre anche la nonna si avvicinava con un sorriso:

“E proprio carino… E ha i capelli rossi, mi sembra.”
“Sì, è proprio un piccolo Andrew.”
“Come si chiama papà?”

“Sono curiosa anche io, non avete voluto dire nulla sui nomi che avevate scelto… Iphe ti ha convinto a chiamarlo Albert, alla fine?”  Iona sorrise al figlio con aria divertita, ma Andrew scosse il capo, ricambiando brevemente il suo sguardo prima di rispondere:

“No. Lo chiamiamo David.”
“Come il nonno?!”

Imogen si voltò verso la madre e la guardò annuire senza dire nulla mentre Iona, dopo un attimo di silenzio, sorrideva appena e si sporgeva per abbracciare il figlio, una mano tra i riccioli rossi come quando era piccolo, e gli diede un bacio su una guancia prima di mormorargli un “grazie” all’orecchio, gli occhi leggermente lucidi.


*


“È per te mamma.”
Iphigenia accettò il disegno della figlia con un sorriso, ringraziandola con una carezza sul capo prima di concentrarsi sui soggetti raffigurati... e a quel punto smise immediatamente di sorridere:

“E QUESTA CHI È?!”
“Ma sei tu mamma!”
“IO? E PERCHÉ SONO COSÌ BASSA?! Guarda quanto è alto papà invece, io sono alta come te praticamente!”

“Ehm... scusa, volevo farti più piccola di papy...”


*


“È stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto...”
Andrew piegò le labbra in una smorfia, lasciandosi cadere sulla sedia con un sospiro grave mentre Iphigenia, impegnata a sorvegliare i piatti mentre si auto-lavavano, alzava gli occhi al cielo, parlando con tono neutro senza nemmeno voltarsi verso il marito:

“Ah sì?”
“Già.” Andrew annuì, ignorando il tono sarcastico della moglie che non disse niente, limitandosi a roteare gli occhi per lasciarlo continuare:

“Insomma, quando si è resa conto che stavo andando via mi è corsa dietro, poi ha iniziato a piangere come una disperata accusandomi di volerla abbandonare, si è attaccata in lacrime alla mia gamba e mi ha pregato di non andare via... è stato tremendo! Poi, quando le ho spiegato che DOVEVO andare via è corsa via apostrofandomi come “cattivo”! Deve proprio andare a scuola?”

“Certo che ci deve andare, non può essere una specie di analfabeta per i primi 11 anni!Tranquillo, dopo venti minuti avrà iniziato a giocare e si sarà dimenticata dell’affronto subito.”


In effetti, quando Andrew andò a prendere la figlia maggiore a scuola nel tardo pomeriggio la trovò indaffarata a disegnare, apparentemente piuttosto serena. Il padre tirò mentalmente un sospiro di sollievo - aveva temuto di arrivare e apprendere che la figlia aveva passato la giornata a piangere senza fare amicizia - e le sorrise, rivolgendo un cenno alla bambina che, quando si accorse della sua presenza, sorrise di rimando e lo raggiunse trotterellando, fermandoglisi davanti e scuotendo il capo di fronte alla giacca che Andrew teneva in mano. 

“Io resto qui!”
“Come sarebbe a dire?! Prima piangi come una disperata e ripeti che vuoi il papà e poi mi mandi via! Non si fa così, signorinella.”
“Ma io voglio giocare!”
“Puoi giocare anche a casa con i tuoi fratelli... ne hai così tanti che sembra un asilo anche casa nostra. Su, vieni, altrimenti mi arrabbio.”

“...”
“Altrimenti lo dirò alla mamma!”

Marie sgranò gli occhi, affrettandosi ad obbedire e a lasciarsi aiutare dal padre a mettersi la giacca, prendendolo per mano per tornare a casa di fronte a quella minaccia.


*


“Andrew, vieni a cenare o vuoi un invito scritto mandato da un piccione viaggiatore con tanto di tappeto rosso?!”
“Parla piano, non mi sento bene... non mi va di mangiare niente, Iphe.”

Andrew, sepolto sotto le coperte, si girò su un fianco mentre la moglie, alzando gli occhi al cielo, attraversava la stanza a grandi passi per raggiungerlo, facendo comparire al contempo un termometro:

“Ecco, moribondo, vediamo quanta febbre hai... non sei particolarmente caldo, però.”
Iphigenia aggrottò la fronte mentre sfiorava quella del marito con una mano e questi mugugnava qualcosa a proposito di “mal di testa” e “nausea”: come sempre quando Andrew si ammalava non sapeva cosa pensare, a sentir lui sembrava sempre sul punto di morte e poi in realtà si rivelava essere un nonnulla.

Pochi minuti dopo l’ex Tassorosso controllò il termometro e sgranò gli occhi con orrore, guadagnandosi un’occhiata preoccupata dal marito, che si mise immediatamente a sedere sul materasso:

“È grave?!”
“Grave?! Per carità, mettiti giù, di questo passo potresti non superare la notte... cielo, hai ben 37.2 di febbre! Bambine, presto, venite a dare l’estremo saluto a vostro padre, potrebbe non farcela!”

Iphigenia si affrettò a raggiungere la soglia della camera per intimare ai figli di sbrigarsi, mentre Andrew sbuffava e l’accusava sommessamente di essere profondamente insensibile nei suoi confronti. Poco dopo Marie e Imogen spuntarono nella stanza, spaventate, chiedendo al padre cosa avesse:

“Papà, stai per morire?!”
“Certo che no, la mamma sta scherzando!”
“Sei sicuro?”
“Sicurissimo. Iphe, falla finita, non è divertente.”


Poche ore dopo Andrew, dopo essere finalmente riuscito ad addormentarsi tra il mal di testa e il mal di gola, trasalì e si svegliò di scatto quando sentì qualcosa di freddo sfiorargli il petto, spalancando gli occhi e voltandosi d’istinto. Tirò un sospiro di sollievo quando si trovò la secondogenita davanti, che però lo stava guardando con gli occhi castani carichi di preoccupazione e teneva in mano il caleidoscopio giocattolo dopo averglielo adagiato sul petto:

“Papà, stai respirando?!”
“Ma certo Imogen... vieni qui. Non ascoltare la mamma, ok?”


*


“Iphe, scordatelo. Sono sempre molto accondiscendente, ma non chiamerò mia figlia Mileva!”
“Non vuoi chiamarlo Albert se fosse maschio, non vuoi chiamarla Mileva se fosse femmina… David lo hai scelto tu e non ho detto nulla, va bene, è il nome di tuo padre dopotutto, ma ora tocca a me! E poi abbrevieremo Mileva in Millie.”

“Ma a me non piace!”
“Te lo farai piacere con il tempo.”
“Ma anche Marie l’abbiamo chiamata così per una matematica!”

“A te piaceva, ti ricordo.”
“Sì. Ma non Mileva!”
“Vuoi per caso chiamarla Ada, allora?”
“… no.”
“Bene, allora vada per Millie.”

“Tosca ti prego, fa che sia maschio.”


*


Marie, Image and video hosting by TinyPicImogen Image and video hosting by TinyPice David MaguireImage and video hosting by TinyPic


“Shh! Fate piano!”
Iphigenia aprì gli occhi lentamente, chiedendosi cosa stesse succedendo quando sentì le voci del marito e dei figli sussurrare in corridoio.  Si rese conto di che giorno fosse solo quando la porta si aprì piano e sorrise quasi senza volerlo, girata su un fianco e dando le spalle alla soglia della camera, senza che i bambini o il marito potessero vederla.

“BUON COMPLEANNO MAMMA!”  Imogen sorrise e si tuffò sul letto, seguita ben presto da Marie e da David, che si arrampicò sul letto con un po’ di fatica e poi raggiunse la madre carponi con un sorriso sulle labbra, lasciandosi abbracciare per poi darle un bacio su una guancia:

“Grazie tesori…” Iphigenia sorrise, accarezzando i capelli rossi di David e guardando i figli maggiori con affetto mentre Andrew, sorridendo con aria soddisfatta, si avvicinava con una torta che si librava a mezz’aria accanto:

“Buon compleanno tesoro… io e i miei assistenti ti abbiamo preparato questa, speriamo sia di tuo gradimento.”
“Davvero? Ma che bravi, grazie… avete aiutato papà?”
“Sì!”
“Sì, è stato divertente. Soffia le candeline!”

Le candeline si accesero per magia ma Iphigenia esitò, sorridendo a Marie mentre le accarezzava teneramente i capelli color rame:

“Ho già tutto quello che voglio, tesoro. Vi voglio bene.”
“Anche noi mamma.”


*


Mileva “Millie” Maguire Image and video hosting by TinyPic


Andrew Maguire era seduto sul divano nel salotto, il giornale in mano mentre la piccola di casa giocava davanti a lui, sul tappeto, circondata da animaletti di legno. 
Il mago distolse lo sguardo dalla sua quotidiana lettura serale per lanciare un’occhiata di sbieco alla figlioletta di due anni, abbozzando un lieve sorrisetto prima di sporgersi e, con un gesto fulmineo, sottrarle un leoncino intagliato. 

Poco dopo Millie sembrò intenzionata a cercare proprio quell’animale, guardandosi intorno con leggera confusione, tastando con le piccole mani il tappeto per assicurarsi che il leone fosse scomparso. Poi, dopo aver esaminato gli altri animali, si voltò verso il padre con un’espressione piuttosto grave dipinta sul volto, la bocca semiaperta:

“Più!”
“Hai perso qualcosa? Il leone?”

Lei annuì con fare concitato, i grandi e tristi occhi azzurri fissi su di lui e Andrew, per tutta risposta, scosse il capo con aria grave:

“Mi spiace, io non l’ho visto!”
La bambina si accigliò leggermente, e Andrew si sforzò di non ridacchiare per la somiglianza che correva tra lei e la madre quando sembrava pensierosa mentre Millie tornava a concentrarsi sugli altri animali, mettendoli in file ordinate davanti a sè. 
Meno di un minuto dopo dalla schiera erano “spariti” anche due cavallini e Millie si voltò verso il padre con gli occhi spalancati, ma lui scosse il capo con fare dispiaciuto:

“Io non ho visto niente.”

Poi, quando la piccola non trovò nemmeno il suo preferito, un gattino bianchissimo, parlò con tono lacrimoso in direzione del padre:

“Chi mi ha peso Kitty?!”
“Non lo so!”

La bambina gonfiò le guance con irritazione e si alzò per sgambettare per il salotto e cercare la refurtiva sotto alle poltrone e sotto al divano, mentre Andrew tornava a nascondersi dietro il giornale per evitare di farsi beccare a sghignazzare apertamente. 

Iphigenia lo rimproverava sempre di non prendere in giro i figli, ma era sempre una tentazione troppo forte. 
Poco dopo Millie, sconsolata, tornò a sedersi sul tappeto annunciando che avrebbe chiesto alla madre di aiutarla più tardi... e poco dopo Andrew si chinò di nuovo, facendo sparire alla velocità della luce un elefantino. 

O forse non abbastanza in fretta visto che Millie, evidentemente, notò un movimento sospetto e si voltò verso il padre con la fronte aggrottata, sollevando una manina per indicarlo e parlare con tono accusatorio - per quanto potesse risuonare accusatoria la sua vocina: 

“Sei stato tu!”
“Io?! Ma cosa stai dicendo?! Non sono stato io.”

“Sì!”
“Non so di cosa parli.”
“Invece sì!”

Millie si alzò di nuovo, sfoggiando il suo adorabile broncio e incrociando le braccia mentre il padre scuoteva il capo, asserendo che era innocente fino a prova contraria. 
La bambina, quindi, girò sui tacchi e decise di ricorrere all’arma vincente pronunciando una semplicissima parola:

“Mamma!”
“Che cosa c’è?”

“Papà pende i giochi!”
“Andrew, mi ricordi quanti anni hai?!”
“Ma dai, è divertente! Ecco piccolo generale, tieni i tuoi animali.”

Andrew roteò gli occhi e fece ricomparire gli animali, facendoli planare sul pavimento e generando così un largo sorriso vittorioso da parte della bimba, che tornò a metterli in fila con fare soddisfatto, premurandosi di fare anche la linguaccia al padre. 


*


Andrew chiuse la porta della camera di Marie dopo averla salutata e averle augurato la buonanotte e fece per scendere al piano terra per finire di lavare i piatti quando qualcosa attirò la sua attenzione: la luce della camera della figlia minore era accesa, la porta socchiusa. 

Incuriosito, il mago si avvicinò alla porta e l’aprì, confuso: Iphigenia aveva messo a letto la bambina già due ore prima, cosa ci faceva ancora in piedi?
Ma a stupirlo maggiormente fu quello che vide una volta aperta l’anta: Millie era in piedi, il pigiama addosso e i capelli biondi luccicanti sotto la luce della lampada mentre stava sistemando le sue bambole di pezza nella piccola valigia giocattolo, che aveva preso e appoggiato sul suo letto sfatto. 
Andrew aggrottò la fronte, confuso, e parlò mentre la figlia di voltava verso di lui, sfoggiando un largo sorriso:

“Ciao pa’!”
“Tesoro, cosa stai facendo?! Dovresti dormire da un pezzo!”
“Sto facendo la valigia.”
“Perché?!”
“Pecchè domani patto pe’ Hoggats!”

La bambina continuò a sorridere mentre chiudeva la valigia un po’ a fatica e il padre non sapeva se ridere o preoccuparsi del fatto che a soli due anni e mezzo la figlia volesse già andarsene di casa:

“Tesoro, tu domani non parti, parte solo Marie, tu sei ancora piccola!”

Millie si voltò, aggrottando la fronte e sfoggiando un’espressione accigliata ed offesa che ricordò moltissimo quella che era solita sfoggiare la madre quando si irritava… con la differenza che se Iphe era molto paziente e succedeva di rado, la figlia minore era davvero molto permalosa.

“Non sono piccola! Tra poco ho tre anni!”


La bambina, a conferma di ciò, sollevò una manina e mostrò un tre con le dita mentre il padre alzava gli occhi al cielo ed entrava nella camera, sospirando e sedendo sul letto:

“Certo, sei una signorina ormai, lo so… ma sei comunque troppo giovane per Hogwarts, non sai scrivere! Come pensi di fare a fare i compiti?”
“Compiti?!”

Millie sgranò gli occhi chiari, sorpresa, e intuendo che fosse la strada giusta Andrew annuì, restando serissimo mentre sedeva sul letto della figlia:

“Oh sì, tanti, tantissimi compiti. Non potrai giocare con le tue bambole!”
“Ma voio fare le magie come te e la mamma!”
“Le farai, tra qualche anno. E poi… io e la mamma non ti mancheremmo, se andassi ad Hogwarts domani?”

Andrew sfoggiò l’espressione più abbattuta che gli riuscì mentre la bambina, dopo aver riflettuto per un attimo, sorrideva, mettendo le piccole mani sulle sue:

“Vieni anche tu pa’!”
“Io? Non posso, sono vecchio! E poi io sono già andato a scuola.”

Tornare a studiare? No, grazie, l’avrebbe evitato molto volentieri. 

“Quindi dovresti stare da sola per molto tempo, diciamo fino a Natale. Senza me e la mamma! Del resto però ormai sei grande, quindi puoi prendere il treno da sola, senza di noi…”


Andrew scosse il capo e si alzò, allontanandosi per raggiungere l’uscio mentre, alle sue spalle, la bambina sgranava gli occhi chiari, a disagio:

“Da sola?!”
“Già. Buonanotte tesoro, ci vediamo domani mattina, quando ti sveglierò molto presto per andare a prendere il treno.”

Non fece tuttavia in tempo a raggiungere la porta quando sentì la figlia ancorarsi alla sua gamba, esclamando che non voleva andare da sola e che sarebbe rimasta a casa con lui.

“Quindi non parti più?”
“No.”

La bambina scosse il capo contro la sua gamba, facendolo sorridere mentre si inginocchiava per abbracciarla, rincuorandosi leggermente: se non altro, anche se Marie stava per andarsene di casa per la prima volta, avrebbe avuto gli altri tre a distrarlo.


*


“Pare che Dave sia un Grifondoro… per ora ne abbiamo uno per Casa.”
“Non potranno dire che non siamo una famiglia eterogenea: Marie Corvonero, Imogen Tassorosso, Dave Grifondoro… tu pensi di finire in Serpeverde, principessa?”

Andrew si rivolse alla figlia minore, che sgranò gli occhi azzurri e spostò lo sguardo dal padre alla madre con fare allarmato mentre stringeva la sua tazza di latte tra le mani:

“Sarebbe brutto?!”
“No piccola, non è un problema, anche se sarebbe strano visto che hai entrambi i genitori Tassorosso.”

“Beh, non vuol dire, io ho una sorella Serpeverde dopotutto… tranquilla piccola, quando partirai papà sarà troppo impegnato a dispersi per aver perso anche la sua ultima bambina per preoccuparsi della tua Casa.”
“Esagerata!”
“Esagerata?! Al suo primo giorno di asilo ti sei preso dei giorni per malattia!”








*: l’equazione di Dirac afferma che: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continuare ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”.











   
 
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