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Autore: FatSalad    04/05/2018    3 recensioni
Regno Goryeo (935-1392)
Una ragazza che non ricorda la madre, di punto in bianco viene abbandonata dal padre in una casa di tolleranza. L’unica cosa che può tenerle compagnia in quel luogo sconosciuto sono le storie che le raccontava il padre riguardo al giovane JinSoo e al suo amico, il giovane Ling. Storie di scherzi e marachelle, storie che paiono inventate, storie che potrebbero avere un significato molto più profondo…
[Storia seconda classificata a pari merito con "Al di là del Limes" di alessandroago_94 al contest In Medio Stat Virtus indetto da mystery_koopa sul forum di Efp, vincitrice del premio speciale Rivelazione femminile per il miglior personaggio femminile]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Mio padre mi raccontava sempre delle storie di quando era più giovane, mi prendeva sulle ginocchia e brontolava:
«Oh, oh, signorina Bom, come siamo diventate grandi!»
Lo diceva tutte le volte, ma non mi dava fastidio, anzi, era come un rituale, dovuto, certo, rassicurante. Io ridevo e sapevo che quello era il segnale: di lì a poco mio padre mi avrebbe raccontato una storia.
Il protagonista di quelle avventure strampalate era sempre il solito:
«Il giovane JinSoo...» sussurrava mio padre da sopra la mia testa ed io mi chiedevo come mai parlasse di sé in terza persona, finché non cominciai ad avere dei dubbi sul fatto che quel JinSoo fosse proprio lui. Forse addirittura tutte quelle storie erano inventate, ma io non volevo nemmeno contemplare quella possibilità. Dovevano essere vere, punto e basta.
Mi piaceva troppo seguire le vicende del giovane JinSoo e del suo amico, il giovane Ling.
Ling era alto e forzuto ed esercitava su di me uno strano fascino, probabilmente perché non veniva da Goryeo1 e si portava appresso un alone di mistero, con il suo buffo accento nasale interpretato in modo comico da mio padre.
Il giovane JinSoo, invece, era sempre descritto come un ragazzo basso e gracile, ma il suo sguardo era furbo come quello di una gumiho2.
«Il giovane Ling era figlio di un mercante di seta» spiegava mio padre «e vestiva colori sgargianti come un uccello dalle piume arcobaleno!»
Io allora immaginavo Ling rivestito di piume e nei miei assurdi pensieri sotto l'abito nascondeva due zampe di gallina, ma questo non lo dissi mai a mio padre.
Nei racconti JinSoo aveva fatto la conoscenza di Ling perché attratto dal ricco abito dello straniero e gli aveva venduto un orpello senza valore spacciandolo per un oggetto di gran moda. Un'impresa già di per sé eroica, considerato che i due non comprendevano l'uno la lingua dell'altro! Ling a quanto pare aveva dato la caccia al truffatore fin dentro ad un lago, quando aveva scoperto che quella patacca era un gioiello per signore. Così era nata la loro amicizia: perché Ling aveva salvato la vita al giovane ladruncolo che stava per annegare nelle acque insidiose del lago.
Ling veniva dal regno di Song3 e per qualche capriccio del destino i due ragazzi, che si erano conosciuti in circostanze così poco comuni, erano destinati a diventare grandi amici, benché fossero separati da una distanza tanto importante.
Mi appassionavo quando sentivo che si ritrovavano dopo lunghi mesi di separazione, che si impegnavano ad imparare qualche parola per poter meglio comunicare, che si scambiavano giocattoli e oggetti vari.
Mio padre era un uomo molto amorevole, non mi faceva mai mancare affetto o attenzioni, tenendomi compagnia con le sue storielle, cosicché non ho mai sentito la mancanza di una madre.
Avevo dodici anni quando papà mi parlò per la prima volta di una donna che si chiamava BuYeong.
Una mattina di primavera mi venne a svegliare, mi ordinò di ripiegare tutti i miei hanbok4 e li chiuse dentro un rettangolo di stoffa che si legò sulla schiena, poi mi prese per mano e camminando iniziò a raccontarmi una storia.
Era una storia diversa dal solito, non parlava di JinSoo e Ling, non v'erano avventure né scherzi a coronarne la trama, si trattava piuttosto del ritratto di una persona.
«BuYeong era la donna più bella di tutto il regno» disse mio padre guardando la strada di fronte a sé «così bella che tutti gli uomini desideravano vederla.»
Io ascoltai attenta, ricostruendo nella mia mente tutti i dettagli che mio padre seminava qua e là. Mi pareva quasi di vederla di fronte a me: una donna con la pelle chiara come la luce della luna piena, le labbra rosse come il sole al tramonto e la voce... ah!
«BuYeong aveva la voce più dolce e soave di qualsiasi uccello, più nitida e chiara di un mattino primaverile, più splendente della più preziosa perla mai vista!» descrisse mio padre.
Mi disse che il suo canto era così leggiadro che in poco tempo la sua fama si diffuse anche oltre i confini del regno e tutti i più ricchi signori giunsero ad ascoltare la leggendaria voce di BuYeong.
Un giorno un mercante la vide, la udì cantare e se ne innamorò perdutamente. Era un uomo bello, giovane e facoltoso e il suo amore era così sincero che in breve tempo riuscì a far breccia nel cuore della ragazza.
Fui sorpresa dal fatto che mio padre mi stesse narrando una vicenda amorosa, era una novità assoluta nel suo repertorio ed io non vedevo l'ora di scoprire come potesse concludersi quella nuova storia. Non fiatai e trattenni persino un colpetto di tosse, per paura che qualcosa potesse interrompere il racconto di papà.
Così non mi accorsi di dove i suoi piedi si erano fermati.
Egli fissò lo sguardo nel mio ed io, scioccamente, credetti che i suoi occhi si fossero fatti lucidi perché si era commosso per la sua stessa storia.
«BuYeong ebbe una bellissima bambina, che amava più della sua stessa vita, ma fu costretta ad abbandonarla precocemente, perché una malattia fece fermare troppo presto il suo cuore.»
Ero sul punto di protestare per quel finale così ingiusto e tetro, ma il racconto non era terminato.
«Mi sono preso cura di te, Bom, ma adesso devi tornare nella casa di tua madre.»
Le sue parole mi tolsero il respiro.
Capii che mio padre mi stava abbandonando e un ronzio fastidioso mi invase la testa.
Voltandomi riconobbi l’edificio difronte al quale ci eravamo arrestati: si trattava di un gyobang5.
Fu così che seppi che mia madre era stata una gisaeng e dunque dovevo iniziare il mio addestramento per diventare a mia volta un'intrattenitrice.


 
1Goryeo: antico nome della Corea, dal nome della dinastia che la unificò e regnò dal 936 al 1392
2Gumiho: volpe a nove code
3Song: dinastia che regnò sulla Cina dal 960 al 1279.
4Hanbok: abito tradizionale coreano
5Gyobang: struttura in cui vivevano le gisaeng
   
 
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