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Autore: FatSalad    20/05/2018    2 recensioni
Regno Goryeo (935-1392)
Una ragazza che non ricorda la madre, di punto in bianco viene abbandonata dal padre in una casa di tolleranza. L’unica cosa che può tenerle compagnia in quel luogo sconosciuto sono le storie che le raccontava il padre riguardo al giovane JinSoo e al suo amico, il giovane Ling. Storie di scherzi e marachelle, storie che paiono inventate, storie che potrebbero avere un significato molto più profondo…
[Storia seconda classificata a pari merito con "Al di là del Limes" di alessandroago_94 al contest In Medio Stat Virtus indetto da mystery_koopa sul forum di Efp, vincitrice del premio speciale Rivelazione femminile per il miglior personaggio femminile]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Mio padre commerciava in gioielli, bottoni di giada e anelli soprattutto, e prima che io nascessi aveva viaggiato spesso per affari, presentando le sue creazioni ai personaggi più in vista del regno. Credevo fosse per questo che non si era mai sposato: perché troppo impegnato a spostarsi di città in città. Quando però scoprii che mia madre era stata una gisaeng ed era deceduta poco tempo dopo la mia nascita, immaginai una diversa versione dei fatti. Forse mio padre, eccentrico e pieno di cuore come pochi, avrebbe accettato di sposare solo la donna che amava. C'era da aspettarselo da uno come lui. Solo che per togliere BuYeong dal gyobang servivano parecchi soldi, come per ogni gisaeng, e probabilmente il giovane JinSoo non ne aveva abbastanza. Chissà se adesso, col fiorire dei suoi commerci, avrebbe potuto riscattare l'amore della sua vita.
Mio padre mi aveva accompagnato alle porte del gyobang del distretto, mi lasciò nelle mani della haengsu1 e dopo quel giorno non lo vidi più.
Certe volte chiedevo a SulBi – questo era il nome della haengsu – se potevo scrivere almeno una lettera a mio padre, perché in alcuni momenti sentivo tantissimo la sua mancanza, ma SulBi trovava sempre il modo di eludere la mia richiesta, finché non capii che forse mio padre non voleva più notizie di me. Riguardo mia madre, invece, non fui mai molto curiosa di scoprire qualcosa. D’altra parte, chi poteva parlarmi di una donna morta tanti anni prima? La più anziana all'interno del gyobang era SulBi che, a quanto diceva lei, aveva 24 anni. Solo una volta provai a chiederle se avesse conosciuto mia madre, ma lei disse di non ricordare e in effetti, se anche fosse entrata nel gyobang quando mia madre era ancora in vita, doveva essere molto più giovane di lei a quei tempi. Così smisi di chiedere anche di mia madre, avevo vissuto bene tanto tempo senza una mamma, non avevo intenzione di cercarne tracce adesso che avevo scoperto che ne avevo una e che aveva condotto quella vita.
In poco tempo fui costretta a mettere i miei sentimenti di nostalgia e delusione da parte e tutte le mie energie furono risucchiate dall'educazione che mi veniva impartita. Sapevo già ricamare un poco, ma imparai anche a comporre versi, dipingere e suonare, oltre ad una serie di espressioni e atteggiamenti che avrei dovuto adottare nel versare da bere ai clienti.
Se però era vero che mia madre aveva avuto una voce soavissima, a me non l'aveva trasmessa. Come musicista invece non me la cavavo affatto male e in poco tempo imparai a destreggiarmi tra diversi strumenti, passando con disinvoltura da uno all'altro. Quelli che preferivo erano gli strumenti a corde, come le cetre, con il loro suono languido e struggente, riuscivano ad esprimere quel senso di abbandono che provavo quando tornavo col pensiero alla mia casa. Non lo ammisi mai con nessuno e quando debuttai mi fu concesso di suonare perlopiù musiche allegre o di sottofondo, nessuna che avesse a che fare con le urla stridenti che tenevo dentro di me.
Un giorno uno yangban2 venne a farmi visita dopo aver richiesto per sette giorni consecutivi la mia compagnia al suo tavolo e mi omaggiò di un kayagum, una cetra a dodici corde, di ottima fattura. Il giorno seguente, mentre ancora mi rallegravo per quel dono inaspettato, uno yangban invidioso mi regalò un komungo, una cetra a sei corde, che produceva un suono più basso e solenne dell'altro strumento.
Fu in quel modo che scoprii con sorpresa che conducendo quella vita avrei potuto avere tutto ciò che desideravo, ma ciò che volevo veramente era solo rivedere mio padre e nessuno avrebbe potuto soddisfare il mio sogno.
Decisi di dare un nome ai miei due nuovi strumenti, senza ovviamente confidarlo a nessuno, dato che era solo una sciocchezza da bambina. Chiamai JinSoo la cetra a dodici corde e Ling quella a sei, così, mentre le suonavo, rievocavo i racconti di mio padre dando voce ai due protagonisti con il suono delle corde.
«Questo è JinSoo che distrae un uomo che sguscia dei frutti secchi» pensavo tra me, mentre suonavo con la cetra a dodici corde delle note alte e allegre come il blaterare di un ragazzo.
«Arriva Ling che di soppiatto sottrae qualche frutto mondato al signore» e immaginavo qualche nota lunga e inaspettata con la cetra a sei corde, carica di suspense.
«Ora Ling fa cadere una ciotola e il signore che è stato gabbato si rende conto della marachella e li rincorre. JinSoo e Ling scappano!» e le mie dita si rincorrevano veloci sulle corde, schizzando rapide da una nota all'altra. «Si dividono, Ling svolta un angolo e l'uomo lo perde di vista: è salvo! JinSoo scavalca un muretto e... splash! Cade su un cumulo di letame di cavalli. Perdendo ogni voglia di avvicinarsi a lui, l'uomo dimentica in fretta la sua vendetta...»
Trovavo un lieve conforto nel suonare in quel modo le avventure e le disavventure di JinSoo e Ling, che ricordavo a memoria, senonché l'impossibilità di suonare entrambe le cetre nello stesso momento a volte mi metteva maggiore malinconia addosso: era come se i due vecchi amici d'infanzia fossero destinati a non incontrarsi mai più.
I due strumenti musicali furono i primi regali importanti che mi furono fatti, e posso confessare con un certo orgoglio che furono solo i primi di una lunga serie. In particolare, cominciai a ricevere quantità a fondo perduto di seta da parte di un mercante straniero.
Il signor Dao era un distinto commerciante di seta che veniva da Oriente. Non sapeva una parola della nostra lingua, per cui, quando visitava il nostro gyobang rimaneva sempre in silenzio, mangiava, beveva volentieri, ma rimaneva serio e distaccato. Chiedeva sempre la mia presenza e gli piaceva enormemente starsene ad ascoltare la mia musica.
La cosa che mi sembrava più strana era che, a differenza di quanto raccontavano alcune colleghe dei loro clienti, il signor Dao non aveva mai provato ad avvicinarsi a me.
«Bom, cara» mi diceva qualcuna «a volte non c'è bisogno di avvicinarsi tanto per farti sapere che ti desiderano! Non hai visto il modo in cui ti osserva? Prova a far caso a quello.»
Seguii il suggerimento, ma, mi parve, lo sguardo del mercante era quanto mai impassibile e non tradiva alcun tipo di desiderio.
«Ma Bom, come puoi essere così ingenua!?» faceva un'altra «Se non sei tu a renderti desiderabile ai suoi occhi te lo farai scappare!»
Non mi stupii per quelle parole, la notte sentivo spesso i rumori e gli ansiti di qualche collega che aveva trovato il modo di introdurre all'interno del gyobang un amante, dopo averlo sedotto con parole allusive e sbattere di ciglia. Non era un comportamento consentito, in verità, ma il più delle volte cercavamo di essere solidali tra di noi e non facevamo le spie con la haengsu perché quello era l'unico modo per sperare di migliorare la nostra vita: trovare un gibu3. Non che fossimo trattate male all'interno del gyobang, ma ciascuna, dentro di sé, anelava ad una maggiore libertà, ad andare al mercato la mattina, uscire al sole d'estate e abitare in un edificio da chiamare “casa”. Trovare un protettore poteva darci tutto questo, se eravamo fortunate. Diventare concubine di un uomo ricco ci dava questa speranza, perciò non giudicavo chi provava con ogni mezzo ad accaparrarsi un possibile salvatore.
Anch'io, decisi, mi sarei giocata il tutto per tutto.



 
1Haengsu: gisaeng della classe più elevata che si occupavano della preparazione delle nuove gisaeng
2Yangban: funzionari del governo
3Gibu: impropriamente “marito” di una gisaeng



Il mio angolino
"I'm not dead" diceva qualcuno...
Presto posterò il prossimo capitolo, per ora spero di aver reso bene l'atmosfera "orientaleggiante" e l'ambientazione storica. Per le note, ho cercato di sfruttare il dono della sintesi, ma per i più interessati credo che sulla buon vecchia wikipedia ci sia abbastanza per soddisfare eventuali curiosità. Alla prossima,
FatSalad
   
 
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