Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    06/05/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Trentadue


«Per quale motivo, dunque, ti trovi qui?» torna a chiedere la fiera, questa volta usando un tono pacato che lo lascia stupito e interdetto.


Non che gli siano rimaste molte scelte, giunto a quel punto, ma è pur costretto ad ammettere che al momento il suo interlocutore non pare intenzionato né a farlo a brandelli (come invece è appena accaduto alle sfortunate arpie) né, curiosamente, a intimidirlo.


«Vi sono stato trascinato contro il mio parere, a dire il vero, proprio da colui che ha abbandonato questo mondo» ammette.


Il leone lo scruta attentamente, visibilmente pensieroso; i suoi occhi bruciano e in qualche modo sembrano impedirgli di sottrarsi a quello sguardo.


«È andato, dunque, come sospettavo» riflette gravemente. «Tua è pertanto la responsabilità?» vuol capire.


Pitch sussulta, preso in contropiede. «Mia? Come può essere mia, se a nessuno è venuto in mente di chiedere un mio parere, se altri hanno stabilito di usarmi a loro piacimento per scopi di cui non ero stato opportunamente messo al corrente?» sbotta, dimenticando momentaneamente di curarsi della suscettibilità dell’altro. Lo ricorda bene, invece, quando nota le zanne candide fare bella mostra di sé in quello che, poco dopo, interpreta come un feroce ghigno.


«Sono stato ingannato. E da quel che vedo non sono il solo» commenta.


Pitch non riesce a trattenere un broncio scontento, e il leone, alimentando la sua costernazione, ridacchia con un suono agghiacciante e metallico.


«Tu… conosci il modo per uscire da questo mondo?» chiede invece, speranzoso.


«Non è un mondo, spirito» lo contraddice il leone. «E no, non ho idea di come permetterti di tornare al luogo cui appartieni» mormora, in qualche modo dispiaciuto.


L’Uomo Nero sospira e scuote il capo. «Quello nessuno lo saprebbe fare, allo stato attuale dei fatti. Mi accontenterei di fare ritorno alla Terra, ora come ora» replica, e il leone lo osserva interdetto e confuso da parole che non riesce a interpretare né può realmente comprendere. «Forse però sapresti trovare la via che conduce al varco fra le due dimensioni. Con un po’ di fortuna, dall’altra parte potrebbe esserci qualcuno di mia conoscenza con il quale trattare per la mia liberazione» ipotizza, mentre la speranza si riaccende.


Strano come si senta più forte e meno oppresso da quando ha incontrato quella creatura formidabile. Si sofferma a osservarlo per pochi istanti, chiedendosi di cosa possa realmente trattarsi: un essere magico, forse? Di certo non un semplice animale.


«In questo sì, posso esserti di aiuto. Ci sono stato spesso, sulle tracce del demone» rivela, risollevando un altro poco il morale di Pitch che, inaspettatamente, si permette un lieve sorriso. «Non ora, però. Il buio, qui, non è il momento adatto per muoversi. Finiremmo certamente col perderci, in tutti i sensi» rivela criptico.


Pitch tuttavia decide di non indagare oltre, affatto certo di voler davvero comprendere e preferendo invece fidarsi della parole del suo momentaneo compagno di disavventure. Su espresso invito del leone, cercano e trovano un degno riparo, per quella che Pitch definisce notte per pura abitudine, in un profondo anfratto fra le rocce.


«Vieni qui, accanto a me» mormora il leone, dopo essersi raggomitolato contro la parete. Poi sfodera un altro di quei ghigni che fanno rabbrividire, aggiungendo «Prometto di non assaggiarti» che non invoglia esattamente ad accettare il suo invito.


Eppure Pitch decide altrimenti, inspiegabilmente attratto dalla vicinanza dell’imponente figura che perfino accucciata lo supera abbondantemente in altezza, lui che basso non lo è più stato da quando ha superato l’adolescenza. Il manto, di un improbabile azzurro, è bollente sotto la sua mano quando la allunga prudentemente per sfiorarne il fianco, ma avverte anche altro oltre all’intenso calore, qualcosa che lo fa sospirare di inatteso piacere.


«Che cosa sei?» soffia confuso, replicando involontariamente la prima domanda postagli dalla fiera.


Ora il leone sembra quasi sorridere, ma non risponde e invece socchiude le fauci e afferra lievemente un lembo della veste di Pitch, traendolo a sé e obbligandolo a sedersi al suo fianco.


«Dormi, se puoi, o almeno cerca di riposare» mormora, posando finalmente il capo a terra e chiudendo gli occhi.


Pitch invece fissa il nulla a occhi spalancati, rigido come una statua, chiedendosi il motivo di tutto quello che sta capitando. Ma poco per volta il manto caldo del leone allontana le sue preoccupazioni e scioglie i suoi pensieri, trascinandolo al buio, un buio caldo e piacevole nel quale è dolce lasciarsi trasportare.


*


Un brusco sussulto e si desta con ancora impressa in mente l’ultima immagine di un sogno, o forse era un ricordo.


«Hai avuto un incubo?» sospira una voce fonda ma lieve sopra di lui.


«No, un… sogno, credo» incespica Pitch, confuso. «Eppure…» tenta incerto.


«Cosa ti turba?».


Scrolla le spalle e sospira. «Ho l’impressione di aver già fatto questo sogno. Oppure di averlo… vissuto» tenta.


«Memorie?» propone, abbassando il capo fino a sfiorare i neri capelli con il muso. «Se lo desideri, potrei aiutarti» offre tranquillo.


Pitch solleva gli occhi e li fissa in quelli fiammeggianti del leone. Reclina il capo, incerto. «Come?».


Inaspettatamente e con sua enorme costernazione il leone sporge la lingua e gli dà una discreta lappata in viso, sghignazzando alla vista dell’espressione indignata dello spirito.


«Questo era… assolutamente, ignobilmente disgustoso» sbotta alterato.


Se un felino può sorridere, ebbene quel felino in particolare lo sta certamente facendo, contribuendo forse involontariamente a irritare lo spirito.


«Oh, suvvia, non te la prendere a quel modo. Sembravi triste, intendevo semplicemente distrarti un po’. In fondo ha funzionato, no?» insinua ridacchiando.


Pitch assottiglia gli occhi e lo fissa truce, fa schioccare la lingua sul palato e soffia un rumoroso sbuffo decisamente contrariato.


«Non so veramente come ringraziarti» bercia sarcastico, passandosi nervosamente una manica sul viso per ripulirsi alla bell’e meglio.


«Figurati» mormora il leone, osservandolo con soddisfazione.


Superato lo sconcerto iniziale e soffermatosi a osservare con più attenzione le proprie condizioni, Pitch aggrotta la fronte, un po’ sorpreso.


«Sei tu, non è vero?» chiede, provando a ricercare una spiegazione a ciò che vede e sente.


«Io cosa?» ribatte il leone, non seguendo la direzione dei pensieri dello spirito.


«Lo avevo già notato in precedenza, ma ora è più evidente. Dal momento in cui ti ho incontrato non avverto più la spossatezza che grava su questo posto. Come ci riesci? È una sorta di scudo protettivo?» indaga incuriosito.


Per lunghi istanti il leone lo scruta indeciso, poi torna a offrire quel suo strano sorriso. «Qualcosa del genere, in effetti, ma non esattamente. Io sono collegato al nucleo di questa dimensione; attraverso di me scorrono energie che mantengono in piedi questo luogo. Normalmente i flussi che mi attraversano sono dannosi; lo sono, per lo meno, per le creature che risiedono qui. Tu sei… un’anomalia, una bizzarra eccezione».


Pitch storce il naso, disgustato. «Un’anomalia, eh? Ma che fortuna» strascica velenoso.


«È una buona cosa, perché te la prendi?» chiede il leone, incerto sui motivi che spingono lo spirito a reagire in quel modo.


Sospira e scuote la testa. «Non è importante. E hai ragione tu: in questo caso è certamente un fatto positivo» ammette suo malgrado. «Dimmi… Parlami piuttosto di lui, Fuinur. Lo hai mai incontrato? Lo conosci?» cambia repentinamente argomento.


Il leone però lo fissa interdetto, senza comprendere. «Di chi parliamo?».


Allora Pitch si rende conto che deve trattarsi davvero di una sorta di soprannome che non gli appartiene realmente, così prova a chiarire. «Il demone, quello che è fuggito a mie spese».


«Oh» soffia seccamente. «Il demone di cui parli possiede un nome, uno che di certo io non dimentico così facilmente, dovessero trascorrere altri diecimila anni. Si chiama Liùsaidh~dorcha, era sulla vostra Terra quando l’uomo non era che un buffo esperimento e ora è tornato per il suo piacere. Mi diletterebbe avere fra le zampe l’impiastro che ha permesso tutto ciò».


«A chi lo dici» conviene Pitch, asciutto. Poi si riscuote e un’idea imprevista gli balena in mente. «Tu… Anche tu avrai certamente un nome, immagino» incespica, un po’ imbarazzato.


«Come tutti, piccolo spirito» commenta il leone, divertito.


Pitch arriccia il naso, indispettito. «Si vede che non hai mai incontrato il Sandman» borbotta. «Comunque sia, puoi dirmi il tuo nome?» insiste.


«Certo che posso, ma lo farò unicamente dopo che tu mi avrai detto il tuo» tratta il leone.


Solo a quel punto l’Uomo Nero si rende improvvisamente conto di aver trascorso ore a discorrere con una creatura magica e indiscutibilmente potente senza mai pensare di fare le dovute e civili presentazioni del caso.


«Giusto, hai ragione, le mie scuse. Il mio nome è Pitch Black, con chi ho il piacere di parlare?» chiede cortesemente.


«Aileliath, custode di questa dimensione».


*


Pitch osserva lo spiraglio di cielo che riesce a intravedere oltre le scure pareti rocciose schiarire lentamente. È pensieroso; le ultime rivelazioni gli hanno inoculato tutta una serie di nuovi e in parte spiacevoli interrogativi cui da solo non sembra in grado di dare risposte soddisfacenti.


«Altri pensieri, Pitch Black?» mormora con gentilezza Aileliath.


«Pitch. Solo Pitch andrà più che bene» soffia lo spirito, un po’ a disagio. Il leone annuisce piano e rimane a osservarlo intento a soppesare le parole. «Riflettevo sulle implicazioni di ciò che mi hai detto, su ciò che rappresenti per questo luogo. Se tu… se lo lasciassi, continuerebbe a esistere?» prova, incerto.


Aileliath si prende il suo tempo per trovare una risposta che risolva i dubbi di Pitch.


«Non ne ho la certezza, purtroppo. Non ho creato io questa dimensione e, pur comprendendone in gran parte la natura, il funzionamento e i limiti, non sono in grado di coglierne completamente l’essenza, né di sapere se rimarrebbe intatta priva della mia presenza». Ridacchia, apparentemente senza un motivo. «Non suona come qualcosa di tremendamente arrogante da parte mia?» chiede divertito.


«Forse, ma immagino che pochi abbiano il diritto di esserlo in una situazione paragonabile a quella attuale» ammette Pitch. Poi solleva gli occhi e scruta in quelli di Aileliath. «Potrebbe essere necessaria la tua presenza sulla Terra, ora che il demone…. Liùsaidh~dorcha non si trova più imprigionato qui dentro» si decide infine a chiarire.


Aileliath posa il capo a terra e chiude gli occhi. Pitch accetta di buon grado la necessità di dover rispettare i suoi tempi e torna a guardare l’alba ormai evidente, ricordando un cielo d’indaco e azzurri che desidera poter rivedere al più presto.


«Vorrei venire sulla Terra, poter finalmente concentrare le mie energie in qualcosa di concreto» riprende finalmente la parola il leone.


«Ma?» dubita lo spirito, avvertendo insicurezza nelle parole dell’altro.


«Chi ci assicura che una volta lontano dalla dimensione cui appartengo io resti ciò che sono? Se c’è la possibilità che questo luogo si annulli in mia assenza, potrebbe essere vero anche il contrario, non credi?» soppesa Aileliath.


«Potrebbe» concede Pitch, attendendo un seguito.


Ora è Aileliath a fissare gli occhi di Pitch. «Pensi ci sia posto, per me, in quel mondo?» mormora appena.


Pitch sgrana gli occhi e trema leggermente, poiché non è certamente il più indicato per dare quel tipo di rassicurazioni, perché per lui non c’è mai stato davvero un posto, in nessuno dei mondi in cui si è ritrovato.


Aileliath annuisce e sforza un debole e tremolante sorriso. «Verrò con te sulla Terra. Ciò che accadrà in seguito non sta a noi stabilirlo».


  
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