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Autore: Manny_chan    03/07/2009    1 recensioni
Dopo la guerra il Ministero della Magia ha confiscato i beni dei mangiamorte e delle loro famiglie.
E Draco ha bisogno di denaro.
La scelta è obbligata, per quanto degradante deve trovarsi un lavoro.
Entra così in un negozietto dall'aria stramba, trovandovi una vecchia conoscenza.
Le persone a volte cambiano...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il mattino dopo Draco si presentò al lavoro… In ritardo di mezz’ora abbondante.
Giusto perché voleva mettere in chiaro con Luna che lui era lì solo per farle un favore.
La trovò impegnata con una strega di mezz’età che sembrava terribilmente interessata alle tazze parlanti del giorno prima.
Rimase in disparte fino a che la strega non si ritenne soddisfatta ed uscì dal negozio con le tazze sottobraccio.
Per prima cosa Luna gli spiegò a grandi linee lo scopo del negozio; ovvero fornire ai clienti tutto ciò che desideravano, per quanto assurda fosse la loro richiesta.
Draco scoprì poi che la bottega non era così piccola come sembrava; infatti, nascosta alla vista di chi entrava, vi era un secondo locale adibito a magazzino dove Luna spariva di tanto in tanto per cercare qualche oggetto.
Era sorprendente come riuscisse sempre ad accontentare anche le richieste più bizzarre.
Lui, d’altro canto, era stato relegato a spolverare uno scaffale ricolmo di oggetti dalla natura più disparata.
Sbadigliò per tutto il tempo, agitando pigramente la bacchetta per far scomparire la polvere.
Almeno fino a che non fece esplodere per sbaglio una fila di ricordelle.
Luna, esasperata, gliela requisì armandolo di piumino alla maniera babbana, rendendo quel lavoro ancora più noioso.
Draco sospettava che fosse una vendetta per il suo ritardo.
Le cose sembrarono migliorare dopo pranzo; a stomaco pieno e in un momento di calma i due si misero a discutere di questioni “tecniche.”
“Ehi, come sarebbe a dire che mi trattieni la paga se non arrivo in orario?”, sbottò Draco ad un tratto.
Luna sorrise con fare angelico, “Mi sembra già abbastanza chiaro, no? E su questo punto non transigo”, rispose a tono.
Il ragazzo si imbronciò come un bambino, passando al punto successivo.
Nonostante quello però alla fine si ritenne soddisfatto, visto e considerato che gran parte delle sue richieste era stata approvata.
Per quel pomeriggio Luna lo graziò; visto che le aveva tirato a lucido il negozio a furia di spolverare decise di dargli un compito più interessante.
Ovvero spedire via gufo le ordinazioni per posta e a smistare i pacchi in arrivo.
Draco per un attimo temette l’ennesima vendetta; cambiò presto idea però una volta iniziato.
Arrivavano pacchi da tutto il mondo ed alcuni contenevano oggetti davvero bizzarri, anche se di pessimo gusto ovviamente.
Alla fine era divertente cercare di capire a cosa servissero.
Senza contare che Luna aveva davvero una chiacchierata instancabile, ma non come quelle ochette che parlavano a raffica.
Trovava sempre qualche argomento interessante e, a sorpresa, Draco si ritrovò a rispondere e ad appassionarsi a quei discorsi.
La morale fu che alla fine la giornata trascorse più in fretta del previsto, non si sa se per la compagnia di Luna, che si era rivelata più piacevole del previsto, o per il fatto che paventava ciò che si era prefissato di fare dopo il lavoro.
Anche se dopo la caduta del Signore Oscuro le misure restrittive della prigione si erano fatte più miti e il numero di dissennatori dimezzato non era mai piacevole entrarvi.
Così, quando alle cinque Luna chiuse il negozio, si incamminò lungo Diagon Alleycon le mani affondate nelle tasche della giacca ed il bavero sollevato per proteggersi dal vento.
Camminava curvo, come se reggesse il peso del mondo, cercando il suo coraggio che era finito chissà dove.
Alla fine, rassegnato, si smaterializzò con un colpo di bacchetta.
Il vento gelido che soffiava al di fuori delle mura di Azkaban lo investì con violenza quando si fu materializzato mentre le onde si infrangevano sulla scogliera gli inzuppavano i vestiti.
Rabbrividì, imprecando tra i denti, ma d’altronde non ci si poteva smaterializzare all’interno.
Si strinse nella giacca mentre oltrepassava i due dissennatori che facevano la guardia all’entrata; sentì un alito gelido scivolargli lungo la spina dorsale e, sebbene non avessero occhi, ebbe l’impressione che lo stessero osservando con tanta intensità da fargli formicolare la nuca.
Fortunatamente la seconda file di guardie era composta da maghi; Draco si avvicinò al responsabile delle visite, spiegandogli il motivo per cui era li.
L’uomo annuì, masticando della cioccolata e fece segno ad altri due maghi di avvicinarsi.
Il ragazzo dovette consegnare la bacchetta e farsi perquisire per controllare che non avesse addosso oggetti pericolosi, poi poté addentrarsi nell’edificio vero e proprio, seguendo una delle guardie.
Ogni volta che attraversava quei corridoi la memoria gli correva a quel breve periodo che vi aveva passato, aveva avuto gli incubi per quasi un anno dopo che ne era uscito.
La guardia lo accompagnò fino alla cella di Lucius, aprendola e facendogli segno di entrare.
Per prassi avrebbe dovuto assistere, ma visto che l’ex mangiamorte non era più in grado di nuocere a nessuno lasciò a Draco almeno il conforto della riservatezza.
Lucius sedeva sul bordo del letto, lo sguardo fisso davanti a sé; i lunghi capelli di un biondo chiarissimo, una volta lucidi e setosi, gli ricadevano in un groviglio disordinato sulle spalle.
Draco si avvicinò, “Padre…”, mormorò esitante; trattenne il fiato quando l’uomo si voltò verso di lui.
Lo sguardo spento e le profonde occhiaie gli davano l’aspetto di un fantasma e a Draco sembrava sempre più magro ogni volta che lo vedeva.
“La luna…c’è la luna…”, mormorò. “Narcissa vuole vedere l’eclissi…”
Draco sospirò piano, “Si, lo farà, non preoccuparti.” Allungò le mani passandogliele tra i capelli e raccogliendoglieli in una coda.
Quei piccoli gesti erano l’unica cosa che potesse fare per lui.
Quando ebbe finito si sedette sul bordo del letto, accanto a lui, facendogli qualche domanda e ricevendo in risposta null’altro che frasi senza senso.
“Sai, ho trovato un lavoro”, disse ad un tratto; sperando, con quella notizia sconcertante, di scuoterlo almeno un po’.
Strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi quando ricevette in risposta solo uno sguardo assente.
Non che lui e suo padre avessero un rapporto strettissimo, ma vederlo in quel modo lo logorava.
“Forse è meglio che vada, tornerò presto”, mormorò, dopo una mezz’ora, alzandosi bussando alla porta della cella, segno che aveva concluso.
La guardia lo riaccompagnò fuori e fu un sollievo quando, una volta fuori dalle mura, poté finalmente smaterializzarsi.
Si materializzò direttamente a casa, buttandosi stancamente sul divano.
Stava meditando di andarsene direttamente a letto quando si accorse di due gufi che lo osservavano dal di fuori della finestra.
Si rialzò aprendo le imposte per farli entrare.
Il primo, di un anonimo color marroncino, veniva dalla Francia; era sua madre che sembrava essersi ripresa e che chiedeva notizie sul marito.
Avrebbe davvero voluto tornare ed andare a trovarlo, diceva, ma il medimago glielo aveva sconsigliato visto quanto ancora fosse cagionevole di salute.
Draco sospirò lentamente mentre buttava giù due righe di risposta che, lo sapeva per certo, non avrebbero confortato la donna.
D’altraparte era proprio impossibile darle buone notizie, a meno di mentirle, ovviamente.
Le disse però che una volta che lo avesse tirato fuori da Azkaban sarebbe stato di certo meglio, ne era certo…
Una volta dato da mangiare al gufo  si dedicò all’altro pennuto.
Era una civetta dalle piume nere e setose che  lo fissava con due vivaci occhi dorati, sembrava impaziente.
Gli depositò in grembo il pacco che portava e che era decisamente grosso per un animale così piccolo svolazzando poi di nuovo fuori dalla finestra.
Draco osservò il pacco, perplesso, poi si alzò e lo appoggiò sul tavolo, prima di aprirlo e rivelarne il contenuto.
Era un’enorme torta al cioccolato; non gli ci volle molto a capire chi gliel’avesse spedita.
Sopra, a caratteri cubitali con della glassa rosa, vi era scritto -Ad una lunga e felice collaborazione lavorativa-
Stirò le labbra in un pallido sorriso; cioccolato, proprio quello che gli serviva dopo la sua visitina ad Azkaban.
Si chiese mentalmente se fosse stato solo un caso o se Luna avesse in qualche modo intuito quale fosse il suo programma.
Be, qualunque cosa fosse, concluse mentre si serviva con una porzione abbondante di dolce, non avrebbe potuto capitare più a fagiolo…

   
 
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