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Autore: The Distance    09/05/2018    0 recensioni
Quella carezza che mi hai lasciato sulla guancia non vuole andare via, continua a solleticarmi e ricordarmi che tu qui ci sei stato. Qui, lontano o vicino, ma qui.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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INCONTRO
al chiaro di luna


 
Luce di una lampadina accesa.
 
"Potessi ancora sentirti su di me a comprimermi la carne e i pensieri, annullando tutto ciò che non è noi,
così come la luna riesce a fare nella notte, al centro di tutto, che lasciamo in vista solo delle stelle che sono i nostri respiri, i nostri gemiti,
i punti del piacere che appaiono sempre irrangiungibili e si consumano in una notte, in un culmine.
Portami ancora le mani a sfiorarti dove sei più sensibile, fissami mentre mi occupo delle tue sensazioni e poi prendimi come sai,
scivola sul mio bisogno e resta lì, tra le mie cosce tremanti e un desiderio da rinnovare.
Senza te, sono una luna calante."
Luce di una lampadina spenta.

 


Gli occhi piccoli e castani si aprirono e la prima cosa che videro fu la luce di un faro che non si stancava di roteare e bucare la notte, illuminando per brevi momenti diverse zone di quel posto. La ragazza si alzò lentamente da quel cemento freddo che a tratti sembrava un materassino sottile e abbastanza comodo che aveva preso la forma della sua schiena. Poggiò i piedi scalzi e ruvidi sul marciapiede che faceva da cornice ad una strada asfaltata, si sistemò la veste bianca e larga che la copriva fino ai polpacci ed iniziò a guardarsi intorno, prima di iniziare a seguire quella lunga discesa con la sensazione di averla percorsa già tante altre volte, trovando familiari le luci, le costruzioni ai lati della strada e quella montagna che riusciva a vedere da lontano, senza mai perdere di vista il faro che le faceva luce da lassù. Aveva passeggiato fino ad un grande piazzale dove una fontana in funzione, cerchiata da alcuni faretti bianchi, l'aveva attratta, così le si avvicinò e trovò la speranza di alcune persone sul fondo, in forma di monetina. Si lasciò la fontana alle spalle e riprese a camminare, facendosi strada in una zona meno illuminata, dove però riusciva a sentire il rumore del mare e il canto delle cicale, che accompagnarono quei passi più veloci, spinti dal desiderio di trovare qualcosa o qualcuno che l'avrebbe sicuramente fatta sentire meno sola. Si fermò. Il rumore delle onde adesso era più chiaro e poteva sentire l'odore di salsedine, delle alghe, il sapore del mare che andava a bagnare il confine della spiaggia che le stava di fronte. Sceso il primo gradino, si rallentò per affondare i piedi in quei granelli sottili e tiepidi che le fecero venire un gran voglia di correre, e lo fece, prese a correre e saltare fino a cadere e rotolare dove la sabbia era bagnata e compatta. Rimase stesa lì, col fiatone e lo sguardo sognante.

«Lo vedi quel Faro laggiù?
In quel posto abbiamo preso una decisione molto importante, quello è il Faro che ci ha sentiti discutere, ridere, riflettere. Una volta mi hai detto che quello sarebbe stato un buon punto di partenza per prendere il volo, perchè quello era un posto che doveva dare sicurezza ai gabbiani preoccupati per i loro amici navigatori. Sai, era bello sentire questi pensieri, li dicevi a voce alta ma in realtà sembrava parlassi più con te stessa. "I gabbiani sono le anime dei marinai morti in mare", dicevi. E io non riuscivo a darti torto.
Un sospiro.
Riuscivi a diventare piccola da un momento all'altro, delle volte mi sentivo proprio in imbarazzo, ti osservavo persa nel tuo mondo e non riuscivo a dire nulla! Come quella volta sulla nave, lo ricordo come se fosse oggi! Avevi lo stesso sguardo sognante di adesso, con un sorrisone stampato in faccia per tutto il tempo, davanti a decine e decine di gabbiani che sembravano circondarci, seguivano la scia della nostra nave e formavano una danza fatta di piroette. Ad un certo punto ti sei messa in piedi sulla panca, hai iniziato ad agitare le braccia ridacchiando e salutavi i volatili cercando di imitargli il verso. Sembravi una bambina di dieci anni! 
Una risata.
Sei sempre stata una sfida per me.»


L'aria che si respirava in quel posto, densa, quasi palpabile, sembrava formasse una sorta di coperta che andava a riscaldare i corpi dei due, fermi sotto quel tetto dipinto di nero, ricoperto di nuvole sfumate di grigio, tutto tappezzato da piccoli punti luce brillanti. Le mani del ragazzo continuavano a smuovere la sabbia come per cercare qualcosa, senza mai voltarsi verso di lei, che se ne stava immobile poco più dietro di lui, con le labbra dischiuse che non riuscivano a dire nulla. 

«Vieni con me.»

L'uomo si avvicinò alla ragazza e le allungò il braccio per aiutarla a mettersi in piedi, ma dopo neanche un secondo lo ritirò a sè velocemente e le dedicò un'occhiata triste prima di iniziare a camminare. Lei si diede una spinta per alzarsi ed iniziò a seguirlo, mettendo i piedi sulle orme che lui stampava nella sabbia facendosi strada davanti a lei che, divertita, iniziò a  saltarci dentro in punta di piedi, senza rendersi conto di aver preso velocità e di esser andata oltre le orme, oltre il corpo di lui. Come se lo avesse trapassato. 

«Non avrei voluto provare ancora una volta questa sensazione.»

Un'espressione esasperata gli si incollò sul viso, mentre le mani gli si stringevano in due pugni che andarono a scaricarsi nella sabbia, seguiti da urla soffocate ed un respiro veloce e secco. Lei non riusciva a capire, avrebbe voluto avvicinarsi a lui ma non appena accennò un movimento, notò il suo sguardo serio e angosciato, e l'unica cosa che riuscì a fare fu prendere un profondo respiro, riempiendo i polmoni il più possibile prima di far uscire lentamente l'aria, come per fare raffreddare qualcosa di troppo caldo.

«Mi ritrovo a un metro da te, in ginocchio e con una faccia sicuramente pessima e non so cosa dovrei fare, ci sarà un modo per far finire tutto questo! Quanto vorrei abbracciarti, quanto... Sembra di essere tornati a quella sera in cui ci siamo rivisti. 
Un sospiro.
Dai, seguimi.»


Il mare piatto faceva da specchio alla notte che s'impadroniva del cielo e metteva in riga ogni nuvola, lasciando intravedere la luce della luna, che se ne stava ancora nascosta dietro le sue coperte grigie. I passi dei due ragazzi avevano raggiunto due barchette, messe vicine come due innamorati che vogliono godersi la calma della spiaggia. Lui le ha fatto cenno di andarsi a sedere, per poi seguirla, sedersi accanto a lei e concedersi di guardarla come non faceva da troppo, per un tempo indefinito che venne interrotto dalla luna che, curiosa di vedere la scena, si era messa bene in vista lasciando che la sua luce li illuminasse, restando appesa davanti a loro come un medaglione dorato, in tutta la sua pienezza. Quella luce, diversa da ogni tipo di faro, magica come nessun artificio, andò a riflettersi sui capelli chiari e sottili della ragazza, portando fuori dalla voce del ragazzo un suono.

«Sei davvero bella.»

Come l'apertura di un sipario, così il sorriso della ragazza si aprì.

«Temevo che ti avrei più rivista. Con te è stato così fin dall'inizio, ci siamo cercati, rincorsi e nascosti e poi ancora, ancora e ancora. Dopo il nostro primo incontro, sei andava via dicendo che avresti voluto rivedermi, ma che sarebbe successo e basta, senza prendere appuntamenti o altro, senza poterci contattare in alcun modo. Mi sentii preso in giro, pensai volessi evitarmi. Ovviamente non ho aspettato che dal nulla ti materializzassi davanti a me, mi guardavo attorno ovunque andassi, ogni scoglio era una speranza, credo di aver notato l'esistenza di scogli invisibili. Dopo qualche giorno, ci siamo ritrovati. Indossavi un vestitino rosso, abbinato all'elastico che chiudeva i tuoi capelli intrecciati. Probabilmente, in quel momento il mio cuore deve aver provato a saltellarmi fino alla gola. Mi sembrava impossibile, non sapevo cosa pensare e cercavo di convincermi che a te non interessasse, poi è bastato guardarti sorridere, sicura che qualcosa di più grande ci avrebbe riportati dall'altro. Eri seduta su un muretto, non troppo lontana dalla spiaggia, con un filo d'erba tra le mani, mentre cercavi di chiuderlo tra i pollici per poi soffiare e fischiare. Non so che ora fosse, ma tu avevi già i riflessi della luna addosso. Come adesso.
Un sospiro.
Quella sera siamo stati sul belvedere, un posto che non avevo mai apprezzato quanto in quel momento, forse perchè non ci ero mai stato di notte, forse perchè non ci ero mai stato con te. C'era stato un momento di incanto e silenzio, poi mi hai detto che quello era il posto dove scappavi con la tua amica quando avevate bisogno di ascoltarvi, piangere insieme, fumare qualche sigaretta di troppo, confidarvi i vostri pensieri, come un luogo sacro che vi permetteva di crollare e scaricarvi, ma anche di rigenerarvi. Sembrava di essere in una dimensione diversa, dalla quale era possibile vedere qualcosa che va oltre di noi, troppo piccoli in un mondo immenso. La montagna tagliava il cielo con le sue curve e lasciava spiccare delle piccole forme appuntite, completamente ricoperta da casette di colori diversi e dalle loro luci, messe insieme come dei pezzi di un mosaico che creano qualcosa di bellissimo, e poi quel mare, quel mare che correva fino alla riva per poi tornare indietro, prendere la rincorsa e lanciarsi di nuovo su di lei. A completare il quadro c'era in alto la luna, col buio, con le stelle, tutto riempito di aria. Si respirava.
Un sospiro.
Eri appoggiata al muretto a guardare le stelle, quando mi hai svelato che tuo padre era morto in mare. Con gli occhi lucidi mi hai sorriso e "A volte ci si abitua presto alle cose belle, ma non si sa che prima o poi finiscono", me l'hai detto proprio così, con una vocina tanto tenera. Era passato meno di un anno e spesso pensavi che non ce l'avresti fatta, che non era giusto, ma non potevi arrabbiarti con nessuno. Da lì hai iniziato a parlare di quanto fosse strana la vita, a chiederti in quale modo sarebbe stato possibile vivere ogni giorno come l'ultimo e allo stesso tempo riuscire a costruirsi un futuro. Sono convinto che non hai mai smesso di chiedertelo.»

Arrivò a fargli visita un silenzio che ammutolì anche gli scricchiolii del legno delle barche, al centro di quella spiaggia che restava in ascolto e li conteneva nella notte luminosa.

«E quella sera ci siamo baciati. Non so come sia successo, mi sono ritrovato attaccato alle tue labbra e non so per quanto, i momenti così fanno perdere il tempo. So solo che lo desideravo come non avevo mai desiderato altro, forse è così quasi sempre quando si ha voglia di conoscere qualcuno e ci si sente attratti, ma ogni volta sembra unica, diversa. Dovrebbe capitare almeno una volta nella vita di provare quel desiderio e quel piacere unico, legato solo a quella persona, che tornerà sempre alla mente.
Un sospiro.
È arrivata eh, a volte mi sembra tutto così vero...
So che non riesci a lasciarmi andare, adesso vai, mi ritroverai ancora.»

 
Una luce.
  
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