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Friends will be friends
"All
my life
I
have been fighting
For this dream in my soul
And I won't let it go
You know that all my life
They try to keep me down but I just get higher"
[Higher – The Score]
4 Giugno, Portland, 07:30
L'agente
Coulson aveva ormai sviluppato un istinto molto fino per riconoscere
le brutte giornate. Perciò, quando quella mattina
aprì senza un
solo pensiero al mondo la sua posta elettronica, con tutte le
intenzioni di declinare qualunque richiesta da parte dello SHIELD per
godersi la sua meritata settimana di ferie a Portland, e vide di aver
ricevuto un messaggio da Tony Stark, capì subito che quella
sarebbe
stata una pessima giornata.
Ponderò per un minuto
buono di ignorarlo. Poi pensò di leggerlo, per poi
ignorarlo. E poi
di leggerlo e valutare se ignorarlo o meno.
Sospirò piano. Perché
doveva essere sempre così ligio al dovere?
Si alzò dal letto in
punta di piedi riuscendo a svicolare dalla stanza senza svegliare
Audrey e si trasferì in cucina: un buon tè
avrebbe forse mitigato
la probabile crisi di nervi che gli avrebbe provocato la mail di quel
coacervo di
problemi che era diventato Stark. Soltanto quando fu con le mani
strette
attorno alla tazza bollente e avvolto in una vestaglia decisamente
fuori stagione si decise ad aprire il messaggio con una pressione
decisa del dito. Ovviamente il suo
contenuto fece apparire non poche rughe corrucciate sulla sua fronte
ampia, e si ritrovò ad assottigliare gli occhi sempre
più ad ogni
parola di quel breve messaggio:
Agente,
dimentichi
per un attimo le spiacevoli circostanze del nostro ultimo incontro:
ho bisogno di parlarle con urgenza. Di persona.
Parole chiave:
Vendicatori&Iron Man. Massima priorità.
La aspetto alla villa
(Nick non è invitato).
TS
P.S. Saluti la sua
violoncellista.
Nel
leggere il post
scriptum Phil non si disturbò nemmeno ad assumere
un'espressione
stupita: non voleva immaginare come facesse a sapere che era a con
Audrey, ma era tipico di Stark ficcare il naso nei fatti altrui. Era
più occupato a
decifrare quel messaggio criptico e straordinariamente conciso per un
tipo come lui. Si era aspettato di tutto, da foto inappropriate e
vanitose a pagine e pagine dei suoi soliti sproloqui messi per
iscritto, ma non quell'insolita stringatezza quasi formale.
Stando agli ultimi
resoconti degli agenti Barton e Romanov, correva voce che il
vulcanico miliardario avesse messo la testa a posto, oltre alle
gambe. Phil si riservava il
diritto di rimanere scettico in proposito.
Diede una rapida
occhiata al calendario sul telefono, rendendosi conto che proprio il
giorno prima si era tenuta l'ultima udienza dell'infinito ed
estenuante processo su Iron Man: non gli fu difficile collegarne
l'esito al
messaggio appena ricevuto. Eppure l'udienza
precedente era filata liscia... cosa aveva combinato Stark di
così
grave da spingerlo a contattare proprio lui con tanta "urgenza"?
D'altra parte, se la conclusione fosse stata così
disastrosa era
certo che il direttore l'avrebbe prelevato con la forza dalle sue
ferie per avviare le procedure di contenimento danni.
Phil scosse tra sé la
testa, sentendosi come sempre irritato al solo pensiero del
cosiddetto "genio". Sin dal principio Tony
Stark non aveva suscitato le sue simpatie. Egocentrico, arrogante,
sfacciato e privo di qualsivoglia autocontrollo: aveva avuto il
presentimento che si sarebbe rivelato un'enorme fonte di guai per
tutti loro. E proprio per questo aveva suggerito a Fury di tenerlo
d'occhio molto, molto da vicino, a costo di
invischiarlo
collateralmente nel Progetto Vendicatori. Certo, poi aveva dato prova
di essere una risorsa di tutto rispetto sia sul campo – anche
se
nessuno l'aveva mai invitato ufficialmente
a partecipare alle
missioni – che dietro le quinte, ma ciò non
evitava a Coulson di
mantenere del sano riserbo nei suoi confronti. La serie di azioni
sconclusionate e nocive che aveva compiuto a partire dall'incidente,
culminate col suo tentato suicidio, non aveva fatto altro che
confermare le sue prime impressioni.
In altre circostanze,
dopo aver ripulito quel disastro, avrebbe semplicemente scrollato le
spalle con un laconico "io
l'avevo detto" indirizzato a Fury.
Quelle circostanze non includevano vedere Virginia Potts in preda a
un attacco di panico dopo aver tentato disperatamente di rianimare il
suo capo egoista e idiota sospeso a un passo dalla morte.
I suoi lineamenti si
indurirono al solo ricordo. Aveva passato mezza
giornata accanto alla donna, riuscendo infine a calmarla e attendendo
con
lei che Stark venisse dichiarato fuori pericolo dalla squadra medica.
Si era rifiutata di schiodarsi dalla villa finché non
aveva
udito la notizia con le sue orecchie e non aveva visto Stark dormire
fin
troppo serenamente coi suoi occhi, nonostante quello che l'uomo le
aveva appena fatto passare.
Coulson si era sempre
chiesto come la volontà ferrea di una donna intelligente
come
Virginia potesse puntualmente vacillare dinanzi alle trovate sempre
più nefaste di un individuo dissoluto e incostante come
Stark. O
meglio, si chiedeva perché avesse deciso di sfruttare quella
volontà
per cercare di indirizzarlo su una strada in salita sulla quale lui
chiaramente non aveva alcuna intenzione di inerpicarsi, visto che
aveva preferito gettarsi nel dirupo adiacente. Una risposta a quegli
interrogativi Coulson se l'era data già da tempo, e non del
tipo che lasciasse presagire razionalità nelle
azioni della
donna.
Per questo era rimasto
di stucco quando, poche decine di minuti dopo che le condizioni di
Stark si erano stabilizzate, si era ritrovato davanti una Virginia
Potts più seria e compita del solito con una borsa da
viaggio a
tracolla e la richiesta di potersi trasferire allo SHIELD seduta
stante. Richiesta che lui aveva soddisfatto senza pensarci due volte,
memore anche delle parole di Bruce riguardo a quell'evenienza
– e
che Fury lo degradasse pure per quell'iniziativa individuale.
Coulson si rigirò la
tazza ormai vuota tra le mani, consapevole che accogliere la donna
era stata con tutta probabilità l'unico freno che le aveva
impedito
di crollare definitivamente. Dalla loro ultima discussione Virginia
gli era sembrata più serena e in pace con la scelta di
lasciare che
le cose facessero il loro corso senza crucciarsi troppo, qualunque
fosse la conclusione a cui era arrivata. E Phil era abbastanza sicuro
di poterla intuire. Non aveva
potuto fare a meno di notare come quel cambiamento d'umore si fosse
accentuato dal giorno in cui Stark aveva inviato la sua "foto
vittoriosa" all'intero SHIELD. Doveva ammettere che aveva strappato un
sorriso incredulo anche a lui, anche se prevaleva ancora l'istinto di
sferrare un pugno in faccia a quel pallone gonfiato, che adesso aveva
avuto la malsana idea di rivolgersi a lui per... cosa,
di
preciso?
Phil rilesse il
messaggio intentamente, come se sperasse di trarne fuori qualche
significato cifrato e insondabile, ma quelle parole erano tanto brevi
quanto univoche persino dinanzi alla sua consumata esperienza
controspionistica e investigativa.
Magari
era
importante. E se era importante per
lui, poteva esserlo di riflesso anche per Virginia. Aveva
l'impressione che i passi avanti che Stark stava compiendo in
quell'ultimo periodo, metaforici e non, si tramutassero per lei in
altrettanti passi verso una stabilità che aveva perso e che
stava
lentamente recuperando. Sentiva di non avere
alcun diritto di turbare o interferire con quel recupero.
Fu così con riluttanza
che selezionò il numero di Stark dalla rubrica, avviando la
chiamata. Dopo una lunga serie di
squilli udì il segnale acustico della segreteria telefonica
risuonargli penetrante nell'orecchio, seguito dalla voce scanzonata
di Stark:
«Risponde
la segreteria telefonica di Tony Stark: genio, miliardario, playboy,
filantropo. Si prega il signor Agente di evitare chiamate inopportune
e di presentarsi personalmente a Villa Stark, Malibu Point 10880,
California, entro tre giorni, se è tanto interessato a
parlarmi.
Astenersi perditempo, vecchietti in calzamaglia e pirati irascibili.»
Coulson riattaccò con
un sospiro. Ecco, registrare un messaggio di segreteria telefonica
personalizzato era già più in linea con il
miliardario irriverente
che conosceva. Giunse le mani davanti
al volto coi pollici a sostenere il mento mentre rifletteva, ma in
realtà gli rimaneva un'unica cosa da fare, esattamente
quella che si
era ripromesso di evitare per tutta la durata delle sue brevi ferie.
Prese di nuovo il
telefono e premette il pulsante di chiamata rapida.
«Agente
Coulson, che succede?»
la
voce di Fury risuonò dopo il primo squillo, bassa e
apparentamente
adirata come sempre, ma l'orecchio allenato di Phil colse anche una
vena di apprensione nel suo tono burbero.
«Stark
mi ha contattato,»
gli
comunicò senza giri di parole.
Ci fu un brevissimo
silenzio dall'altro lato della cornetta, poi udì quello che
pareva
uno sbuffo seccato.
«E
cosa vuole?»
«Non
ne ho idea, vuole parlarmi di persona. Ha detto che riguarda Iron Man
e i Vendicatori, il che...»
«...
potrebbe voler dire tutto e niente,»
completò Fury, e Coulson poteva immaginarselo mentre
marciava ad
ampie falcate sulla plancia dell'Helicarrier, seminando
preoccupazione e timore tra i suoi poveri sottoposti.
«Lascialo
cuocere nel suo brodo. Non ho intenzione di assecondare ancora i suoi
capricci da primadonna,»
sbottò infine.
«Ha
detto che è urgente,»
buttò
lì Coulson, consapevole di essersi appena dato la zappa sui
piedi e
desiderando di potersi rimangiare quelle parole.
«Per
Stark anche la sua manicure è "urgente",»
commentò caustico il suo capo, e stavolta l'agente ebbe la
visione
del suo sguardo che fulminava chiunque capitasse disgraziatamente nel
suo raggio d'azione.
«Anche
a me è sembrato urgente.»
Coulson udì un altro
sospiro, stavolta rassegnato.
«Quando
vuole vederti?»
«Entro
tre giorni.»
«Adesso
si permette anche di dare ultimatum...»
lo sentì rimuginare tra i denti, e si chiese come stesse
frenando la
tentazione di puntare un missile a lungo raggio su Villa Stark.
Conoscendolo, a fatica.
«Agente
Coulson, goditi ancora due giorni di vacanza,»
si sentì dire infine. «Poi
va' a Malibu e cerca di arginare o impedire qualunque disastro stia
architettando quello spostato.»
«Ricevuto.»
«Attendo
aggiornamenti.»
La
comunicazione si chiuse, ma Coulson rimase ancora col telefono
all'orecchio, chiedendosi perché avesse appena deciso di
mandare in
fumo un incantevole finesettimana con la sua ragazza per tramutarsi
nella balia privata di Stark Jr. Come richiamata dalle
sue riflessioni, una voce femminile risuonò nella stanza:
«Phil?»
Audrey fece capolino in cucina con la sua cascata di capelli bruni e
lui si voltò a guardarla, ammirandone il viso ancora un po'
assonnato e sereno.
Per
poco.
«Chi
era, a quest'ora?»
la donna trattenne uno sbadiglio.
Lui
si alzò per andarle incontro e sforzò un
sorrisetto rilassato,
preparandosi in realtà alla tempesta.
Ecco,
quella sarebbe stata una discussione spiacevole.
***
Tre giorni prima, 1° Giugno, Villa Stark
«Deve
sempre strafare...»
«Sto
benissimo, Doc. E poi dicono che l'aria di mare faccia bene.»
«A
lei farebbe bene un po' di buonsenso.»
«Il
buonsenso mi annoia.»
Tony addentò con gusto un altro waffle, divertito
dall'espressione
intransigente che emerse sulla faccia del suo medico, poi
sprimacciò
il cuscino dietro la schiena e sprofondò meglio contro la
testiera
del letto. Trascinò
in aria lo schermo olografico con la videochiamata, aggiustandolo al
livello del suo sguardo mentre si allungava per afferrare un altro
waffle dal piatto sul comodino. Erano bruciacchiati, ma da qualche
giorno aveva un appetito tale da farlo soprassedere sui disastri
culinari dei suoi robot. Colse l'occhiata di rimprovero che Ian
scoccò al suo cibo decisamente insalubre e prese un altro
morso con
deliberata lentezza.
«Piuttosto,
com'è Chicago?»
chiese bofonchiando tra un boccone e l'altro.
«Troppo
lontana per tenerla d'occhio, per i miei gusti,»
sospirò il medico.
L'inquadratura traballò e fu
scossa per qualche
istante mentre si muoveva nella sua camera d'albergo, indaffarato a
cercare qualcosa.
«Ma
allora si preoccupa davvero per me!»
sogghignò Tony. «Però
adesso si plachi, mi fa venire il mal di mare,»
aggiunse, distogliendosi dallo schermo divenuto un turbinio confuso
di colori e forme sfocate.
L'inquadratura
si stabilizzò, puntata su un anonimo soffitto, e Tony stette
ad
ascoltare Ian che, mentre disfava i bagagli in sottofondo, gli
riassumeva in modo stranamente loquace il suo viaggio in Illinois per
un ciclo di seminari a cui partecipava anche il dipartimento medico
delle Stark Industries, soffermandosi in modo per lui quasi
entusiasta sulla conferenza di quella mattina. Tony
sogghignò: era
segretamente soddisfatto che il medico fosse così su di giri
per il
suo lavoro alle Industries, e per l'ennesima volta si
congratulò con
se stesso per averlo convinto a riprendere il suo ruolo dopo il loro
periodo di "rottura".
«Deduco
che è contento di lavorare per me,»
lo interruppe quindi dopo qualche minuto, con malcelato
compiacimento.
«Quando
non è occupato ad attentare alla sua salute, sì,»
rispose l'altro burbero come sempre, ma Tony colse il sottotono
divertito nella sua voce. «Allora,
come si sente?»
chiese poi facendo di nuovo capolino nello schermo.
La
nota pungente emersa nei suoi occhi acquamarina comunicava che
stavolta non avrebbe potuto sottrarsi alla domanda come aveva
abilmente fatto poco prima. Ian era andato in escandescenze quando
gli aveva raccontato della sua scampagnata sulla spiaggia, anche se
era poi sembrato enormemente in imbarazzo quando lui gli aveva fatto
notare che era stata una sorta di regalo di compleanno improvvisato
per se stesso – erano seguiti gli auguri più
impacciati che avesse
mai ricevuto in vita sua. In fondo, capiva
le preoccupazioni del medico e non poteva dargli torto, visto che era
praticamente bloccato a letto dal giorno della sua impresa, afflitto
da continui crampi al moncherino inferiore e incapacitato a muoversi
se non per svolgere le funzioni basilari. Per fortuna grazie al suo
ingegno aveva una casa gestita da un'intelligenza artificiale
totalmente autosufficiente. E grazie al cielo esistevano le consegne
a domicilio.
«Diciamo
che mi sento meglio,»
mentì, trangugiando l'ultimo waffle.
«Stark?»
Ian non se la bevve.
Lui
alzò l'occhio al cielo.
«E
va bene, sono bloccato qui da due giorni. Deve essere lo scotto da
pagare per il progresso tecnologico. Ma a parte la noia mortale, sto
bene,»
concluse con fermezza.
Ian
si stropicciò gli occhi da sotto le lenti, evidentemente a
corto di
commenti di fronte alle sue solite gesta scapestrate.
«Aumenti
leggermente gli antidolorifici al bisogno. Con criterio.»
«Tranquillo,
Doc, non ho intenzione di andare in coma farmacologico,»
sospirò Tony, chiedendosi se desse davvero l'impressione di
aver
bisogno di controllo costante ventiquattr'ore al giorno.
«E
stia a riposo, deve essere in forma per il processo,»
disse ancora Ian, con una severità che gli
ricordò spiacevolmente
quella di suo padre, fugando il dubbio precedente.
«Sì,
giusto. Il processo. Ovviamente,» borbottò,
incrociando le braccia dietro la testa fingendo rilassatezza.
«Se
n'è dimenticato?»
Il
silenzio eloquente di Tony servì da risposta e Ian si
limitò a un
teatrale sospiro.
«Pensa
di riuscire a presentarsi in aula entro due giorni? Le rammento che
non tornerò in tempo per presenziare, quindi eviti di farsi
venire
un colpo in mia assenza.»
«Mi
sono presentato in aula con quaranta di febbre e in delirio, se ben
ricorda. Sono stato peggio.»
Tony si grattò a disagio il naso, per poi incupirsi un poco.
«Volevo
fare un ingresso in scena coi fiocchi, in stile Barnum, con tanto di
squilli di trombe ed elefanti, ma credo che ci sarà
un'involuzione
verso la sedia a rotelle,»
fu costretto ad ammettere, cavandosi a forza
ogni
parola dalla bocca e celando col sarcasmo la sua delusione per
quell'inconveniente.
«Saggia
idea, signor Stark. Non è il caso di farsi notare,»
concordò Ian. «C'è
altro che dovrei sapere? O posso dormire sonni tranquilli?»
chiese poi in tono quasi implorante: era chiaramente esausto per la
lunga giornata.
Tony
si lisciò il pizzetto, riflettendoci per qualche istante.
Qualcosa
c'era. E se non l'avesse detto a qualcuno, fosse anche il suo medico
scontroso e misantropo, sarebbe impazzito. A sua discolpa, non era
assolutamente
il caso di presentarsi al processo più
squilibrato del
solito.
«Oh,
mi ha chiamato Pepper,»
buttò lì alla fine, con
forzata noncuranza.
«La
sezione "cuori infranti" la gestisce Kyle,»
ribatté serafico l'altro.
«Doc!»
la voce di Tony virò sullo stridulo.
Al
dottore sfuggì un mezzo sorrisetto, soddisfatto per la sua
reazione.
«E
cosa le ha detto?»
s'interessò poi, scrutandolo con aria pettegola.
«Non
meriterebbe di saperlo,»
ribatté Tony, imbronciato. «Ma
il problema non si pone: non ho risposto.»
«Come,
non ha...»
Ian s'interruppe, portandosi un palmo alla fronte in un gesto
esasperato.
«Non
l'ho sentito, stavo dormendo!»
si giustificò in fretta lui, chiedendosi perché
avesse tirato fuori
la questione e soprattutto perché diavolo
stesse avvampando.
«Persino
Kyle potrebbe impartirle lezioni di savoir-faire,»
sospirò il medico, scuotendo la testa incredulo. «Ho
sentito dire che esiste il tasto "richiama": le è
familiare come concetto?»
«Non
potevo certo richiamarla... insomma, era il mio compleanno,
mi
avrà chiamato per... uhm, gli auguri, no? Perché
altrimenti mi
avrebbe... cioè, credo fosse per
quello... e comunque non
posso richiamare la gente solo per farmi fare gli auguri, neanch'io
sono così egocentrico!»
S'impappinò e si impose poi di sigillare la bocca, prima di
ricominciare a balbettare senza ritegno, ed evitò di
soffermarsi sul
fatto che in svariate circostanze aveva telefonato sia a Pepper che a
Rhodey per farsi fare gli auguri senza troppi problemi. Ian
sembrava godersi lo spettacolo del playboy vissuto che si incartava
con le sue stesse mani come un liceale alle prese col primo
appuntamento, poi tornò improvvisamente serio:
«Signor
Stark, le vostre vicende personali non sono affar mio...»
esordì, grave.
«...
ma ritiene comunque opportuno metter bocca,»
osservò Tony in tono leggero, non abbastanza da mascherare
il
fastidio emerso sul suo volto.
«...
ma la signorina Potts ha deciso di chiamarla dopo
tutto quello
che ha dovuto sopportare da parte sua negli ultimi mesi. E le
consiglio un ripasso mentale in proposito,»
rincarò acuendo lo sguardo, e Tony si sentì
costretto a distogliere
il suo .«Ci
rifletta,»
concluse semplicemente.
Tony
annuì in modo secco: come se avesse fatto altro negli ultimi
giorni,
tanto più che era confinato a letto e non aveva molti altri
modi
intelligenti per passare il tempo. Oltre a impugnare il telefono ogni
tre per due chiedendosi se fosse il caso di richiamarla o meno.
«Ho
capito, Doc: mi darò alla
meditazione. Magari quel suo
fantomatico collega ha ragione e mi guarirà da ogni male,»
sospirò ironico, scrutando però con interesse la
reazione del
medico.
In
cuor suo era ansioso di chiudere la chiamata e dimenticare quella
conversazione, ma non poteva esentarsi dal raccimolare qualche dato
in più sull'unica persona che poteva forse evitargli di
impersonare
un pirata a vita. Soprattutto se riusciva anche ad allontanare il
discorso da un
argomento che riteneva a dir poco delicato e imbarazzante.
«Non
mi sono dimenticato, signor Stark,» puntualizzò
subito Ian,
incupendosi appena. «Le ho detto che la terrò
aggiornato.»
«Non
ho fretta... solo che sto esaurendo la scorta di bende e vorrei sapere
se quella del suo amico è una proposta seria o
meno.»
«Sto
cercando di capirlo anch'io,» ammise l'altro, togliendosi gli
occhiali e prendendo presumibilmene a lucidarli al di fuori
dell'inquadratura. «Al momento credo che stia attraversando
una fase
di disorientamento.»
«Non
è proprio il termine che userei io... "discesa verso il
misticismo" mi sembra già una definizione più
calzante,»
commentò Tony, senza velare la criticità che
trapelava dalle sue
parole.
«Vogliamo
parlare della sua
fase di "disorientamento"?» lo rimbeccò Ian pacata
severità, inforcando di nuovo gli occhiali.
«Quella
come la
definirebbe?»
Tony
finse di pensarci per qualche istante, per poi alzare le mani in
segno di resa.
«Ho
un paio di idee che comprendono un largo uso dell'aggettivo "idiota"
e sue varianti... ma non credo che si aspettasse davvero una
risposta,»
realizzò poi, notando lo sguardo impaziente e decisamente
assonnato
di Ian.
«Mi
aspetto di dormire entro due minuti.»
«Messaggio
ricevuto. Grazie per il consulto multidisciplinare e
sogni
d'oro.»
«Non
faccia stronzate,»
gli ricordò il medico in tono più leggero prima
di chiudere la
chiamata, strappandogli un mezzo sorriso.
Tony
rimase a fissare lo schermo adesso oscurato con espressione vacua,
chiedendosi se quel suo "periodo di disorientamento" fosse
davvero finito. Per quanto lo riguardava si sentiva ancora fin troppo
nel pallone. Magari avrebbe dovuto dormirci su, ma come al solito il
rimescolarsi incessante di pensieri nella sua testa gli impediva di
lasciarsi scivolare facilmente in sonni tranquilli.
Si
riscosse dopo qualche minuto, improvvisamente deciso a non combattere
l'insonnia per impedirsi in tutti i modi di pensare; in quello ormai
era diventato bravo. Fece apparire un box virtuale azzurrino stipato
di file e ne selezionò uno, trascinandolo sul display
olografico e
facendo apparire una schermata di riproduzione video.
"La
meditazione può aspettare. E anche le stronzate."
«Ehi,
JARVIS, di' ai robot di fare un'altra dozzina di waffles,»
ordinò, ingrandendo lo schermo davanti a sé e
mettendosi comodo per
l'ennesimo rewatch di Star Trek.
***
3 Giugno, Tribunale di L.A, 10:30
"Azzurro
con un gessato marrone? Buon Dio..."
«Signor
Stark, potrebbe degnarsi di rispondere e almeno fingere
interesse?»
Tony
si riscosse e distolse lo sguardo dal completo di Knight,
ritrovandosi osservato – anzi, trapassato – dai
suoi occhi
slavati, sottili e decisamente seccati.
«La
sua cravatta mi distrae,»
ribatté flemmatico, additando l'oggetto celestino in
questione.
«Credo
sia illegale distrarre un testimone... non c'è qualche legge
a
tutelarmi?»
si guardò intorno in cerca d'appoggio.
«Signor
Stark, invece di impartire doverose lezioni di
stile a Knight
e appellarsi a diritti inesistenti, potrebbe provare a concentrarsi?»
Tony
si voltò sorpreso verso la fonte della voce; ovvero non
Knight, non
il Senatore Stern, né qualche altro individuo deciso a
condannarlo...
bensì il suo avvocato difensore, che al momento sembrava
alla
ricerca del modo più efficace per incenerirlo con lo
sguardo. Si
mosse a disagio sulla sua sedia a rotelle, rendendosi conto che forse
aveva di nuovo esagerato.
«A
quanto pare riesce ad esasperare proprio chiunque.»
Knight si lasciò sfuggire un sorrisetto beffardo.
«È
un talento naturale...»
si ricompose Tony, prima che Kyle riuscisse nel suo intento omicida.
«Dicevamo?»
«Parlavamo
della sua attività come Iron Man.»
«Sì,
sono Iron Man,»
rispose lui un po' assente, senza avere la minima idea di cosa gli
avesse chiesto poco prima il procuratore.
«Per
sua sfortuna, sì. Quindi, come giustifica i suoi ripetuti
interventi
in conflitti armati?»
Tony
riprese finalmente il filo del discorso:
«Erano
interventi necessari.»
Poteva
vedere Kyle fremere dietro al banco della difesa, probabilmente
incrociando le dita e applicando qualsiasi segno o rituale
scaramantico di sua conoscenza per evitare che dalla bocca del suo
assistito uscissero idiozie. Per
una volta anche Tony stava cercando di ponderare ciò che
diceva...
con un criterio tutto suo, ovviamente. Per fortuna l'ammonizione
aveva reso Knight più cauto con le domande e ciò
lo aiutava non
poco nel non lasciarsi sfuggire informazioni compromettenti. Non che
gli fosse rimasto molto altro da rivelare, in effetti.
Fino
a quel momento il processo non si era rivelato così
turbolento
come
temeva: la questione dello scontro con Stane era stata nuovamente
accantonata, grazie anche alla sua prontezza nel dirottare la
discussione sul ruolo di Iron Man, tema che gli risultava
immensamente più semplice da gestire rispetto al presunto
omicidio
del suo "padrino".
«Signor
Stark, in base a cosa definisce i suoi interventi "necessari"?»
insistette il procuratore, come sempre determinato a metterlo
all'angolo.
«Se
avesse prestato attenzione, signor Knight, saprebbe che il mio
obiettivo principale era distruggere le armi delle Stark Industries
vendute sottobanco da Stane. Non appena ne rintracciavo una partita o
un deposito mi recavo sul posto per provvedere di persona.»
«Perciò
in ognuna delle sue intromissioni nelle
regolari
operazioni militari, statunitensi e non, erano coinvolte le sue
armi?»
Tony
fiutò il pericolo in quella domanda e rispose evasivamente:
stava
imparando a riconoscere le trappole di Knight.
«Molti
si sono rivelati falsi allarmi, ma alcune delle circostanze in cui mi
sono trovato coinvolto mi hanno comunque obbligato a prendere parte
agli scontri in atto per difendermi,»
rispose senza esitazioni.
«E
in questi "scontri" da che parte si sarebbe schierato?»
«Per
difendermi,»
sottolineò ancora Tony. «Inizio
davvero a temere che lei abbia problemi d'udito. Mi
sono limitato a seguire la procedura d'estrazione standard. Ovvero
ritirarmi, se possibile pacificamente, dopo aver constatato l'assenza
delle mie armi,»
concluse con fermezza.
Colse
con la coda dell'occhio un gesto incoraggiante da parte di Kyle:
erano entrambi consapevoli di quanto fosse delicato quell'argomento,
visto che tecnicamente le missioni dei Vendicatori e dello SHIELD in
cui si era infiltrato erano top-secret e non avevano proprio nulla a
che fare con le sue armi. Knight
valutò la sua risposta, evidentemente dubbioso sulla sua
veridicità,
ma la spada di Damocle della sua ammonizione l'aveva reso molto meno
aggressivo e più incline a soppesare le sue accuse.
«Quindi
l'incidente coi Whiplash nella no-fly-zone di
Gulmira è da
considerarsi...»
«...
un incidente, signor Knight, come le ho ripetuto
fino allo
sfinimento per tre udienze,»
lo interruppe Tony, trattenendosi dallo sbuffare in faccia al
procuratore. «E
poi accusa me di essere distratto...»
aggiunse però a mezza voce.
«Ed
è avvenuto nel corso di una cosiddetta "procedura
d'estrazione"?»
Knight era evidentemente deciso a non mollare l'osso e Tony iniziava
suo malgrado a perdere la pazienza. Stava giusto
per ribattere a tono, quando qualcuno lo fece al posto suo:
«Signor
Knight, tutte le informazioni riguardanti l'incidente coi Whiplash
sono contenute nel mio rapporto ufficiale, di cui ha sicuramente
ricevuto una copia.»
Tony
non riuscì a nascondere il suo totale sconcerto nel sentire
la voce
di Rhodey levarsi dal pubblico, e rimase stolidamente con la bocca
semiaperta. S'inclinò
appena per scorgerlo, seduto in alta uniforme tra le prime file,
mentre tutta l'aula rivolgeva a sua volta l'attenzione verso di lui.
Persino Kyle era stato preso alla sprovvista, e l'espressione di
Knight era decisamente seccata, oltre che imbarazzata.
«La
ringrazio per il promemoria, Colonnello Rhodes,»
enunciò con gelida cordialità.
«E
grazie anche per l'assist, Rhodey!»
aggiunse con un sogghigno
Tony, decidendo di cogliere quell'inaspettata circostanza per...
"...
risolvere le tensioni? O qualcosa del genere."
«Ma
mi interesserebbe sentire la versione del signor Stark, se non le
dispiace,»
continuò imperterrito Knight, ignorando l'intervento del
suddetto.
«Per
la decima volta?»
vociò a quel punto Tony. «So
di essere bravo a intrattenere il pubblico,
ma sono un
po' stanco di concedere bis. A questo punto pretendo un compenso per le
mie prestazioni,»
s'illuminò, rivolgendosi sfacciatamente al giudice.
Lo
schiocco del martelletto interruppe sul nascere la diatriba.
«Qui
stiamo solo perdendo tempo,»
stabilì il Senatore, ignorandolo. «La
questione dei Whiplash è stata ampiamente chiarita e non
vedo motivo
di soffermavisi ancora, se non tenendo conto che si tratta comunque
di una violazione dei protocolli militari da parte del signor Stark.»
Tony
approfittò dello spaesamento di Knight per rivolgere un
occhiolino a
Rhodey, che ricambiò con un impercettibile cenno del capo e
un'espressione
meno truce del solito.
«Molto
bene,»
concesse infine il procuratore. «Resta
il fatto che non può giustificare il suo intervento
né in Gulmira
né negli altri scontri in cui si è intromesso.»
«Obiezione.
Signor Knight, eppure le è appena stata fatta
notare la sua
ridondanza: il signor Stark ha spiegato chiaramente il motivo della
sua presenza in zone di guerra.»
Il tono di Kyle sfiorava l'annoiato.
«Non
mi risulta che il signor Stark, e di conseguenza Iron Man, faccia
parte di alcun corpo o unità speciale autorizzata dal
Dipartimento
della Difesa a intervenire in tali situazioni,»
ribatté l'altro.
«Ho
agito come privato cittadino nell'interesse comune; potreste anche
ringraziarmi...»
chiosò l'interessato, alzando l'occhio al cielo.
«Ciò
non rende più legale la sua "attività
supereroistica".»
«Non
pensavo ci volesse una licenza apposita,» sospirò
tra sé.
Si abbandonò contro lo schienale
della sedia a rotelle,
agognando il
momento il cui avrebbe potuto collassare su un divano per far
riposare il cervello da quelle fesserie.
«Dovrebbe
esistere, visti i potenziali pericoli che questa attività
comporta.»
"Oh,
Capitan Harlock sarà felice di sentirselo dire..."
«Signor
Knight, non so dove voglia andare a parare con tutto questo, ma se si
aspetta che io legalizzi la mia posizione di "supereroe"
arriva al momento sbagliato, visto che sto per abbandonarla,»
scandì Tony scambiando un'occhiata d'intesa con Kyle, che
approvò
appena con un gesto discreto del capo.
Prevedibilmente
il tribunale fu pervaso da un brusio attonito che crebbe ben presto
d'intensità, costringendo Stern a riportare l'ordine. Tony
sorrise appena sotto i baffi, segretamente soddisfatto. Aveva avuto
intenzione di usare quel jolly in un momento più critico, ma
preferiva non addentrarsi in una discussione che avrebbe potuto
tirare in ballo lo SHIELD. Non aveva alcuna intenzione di
inimicarselo ulteriormente.
«Signor
Stark, vorrebbe spiegarsi meglio?»
lo incalzò Knight, quando fu tornata la calma.
Tony
dovette sforzarsi di cancellare il sogghigno che era affiorato sulla
sua faccia nel constatare come il suo diversivo avesse funzionato a
meraviglia. S'impose
un tenore più serio, ma non poté evitare
un'occhiata trionfante
verso il banco della difesa. Ebbe un involontario moto di delusione
nel realizzare che gli occhi azzurri che aveva cercato sovrappensiero
non
erano lì, ovviamente;
riportò la sua attenzione
alla superficie
lucida del banco dei testimoni, accigliandosi appena e realizzando
che Knight attendeva impaziente una sua risposta. Si
costrinse a uscire da dietro le quinte dei suoi pensieri per tornare
sul palcoscenico:
«Beh,
come dire... Io, anzi Iron Man, è
in pausa a tempo indeterminato,»
buttò lì con nonchalance.
«In
pausa?»
Tony
poggiò il gomito sul banco, rivolgendo il palmo della mano
verso
l'alto in un gesto incredulo:
«I
supereroi non hanno forse diritto a ferie?»
chiese retorico.
Knight
era evidentemente confuso dalla piega che stava prendendo la
situazione.
«Quindi
non ha intenzione di riprendere il ruolo di Iron Man?»
«Non
ho detto questo, ho detto solo che lo metterò momentaneamente
da parte.»
«Quando
si deciderà a fornire una risposta chiara
e coerente alla corte non sarà mai troppo
tardi, signor
Stark,»
intervenne il Senatore, con un sospiro esasperato.
«Pensavo
fosse cristallino: al momento sono impossibilitato a riprendere il
ruolo di Iron Man.»
Nel parlare, sollevò di peso e con fare esplicativo la
protesi fasulla e
inerte
con due dita della mano sana, facendo appello a tutta la sua faccia
tosta per nascondere il turbamento che gli causavano quelle
affermazioni. Odiava recitare la parte della vittima e sentiva le
pareti dello stomaco bruciare d'orgoglio represso, ma
doveva reggere il gioco, almeno per un altro po'.
«Di
conseguenza non ho alcun interesse né a ricostruire
l'armatura, né
qualsiasi altro congegno potenzialmente offensivo finché non
uscirò
da questa situazione poco piacevole... cosa che i "signori della
corte" stanno provando a impedirmi col sequestro delle protesi
che dovrebbero servirmi per la riabilitazione,»
concluse in tono deliberatamente afflitto, sollevando un'ondata di
commenti dal pubblico molto influenzabile, come previsto.
Di
nuovo Tony e Kyle si scambiarono uno sguardo d'intesa e
un'espressione complice attraversò i loro volti.
«Signor
Stark, fare la parte della vittima non le sarà di alcun
aiuto,»
lo intercettò duramente Knight, squadrandolo con aperto
astio e
fin troppo
consapevole che il processo non stava girando a proprio favore.
«Obiezione.
Signor Knight, si astenga da commenti inutili e volti a insidiare
l'imputato,»
intervenne Kyle.
«Accolta.
Le ricordo la sua ammonizione,»
osservò pigramente il giudice.
Knight
aveva un'espressione che ricordava quella di un serpente pronto a
sputare veleno, cosa che fece subito dopo:
«Ricordo ai signori
della corte e a tutti i presenti che le protesi sono state
ufficialmente interdette all'utilizzo pubblico per la loro potenziale
pericolosità, ma il signor Stark ha ancora il diritto di
utilizzarle
privatamente per la sua riabilitazione.»
«E mi spiega che me ne
faccio di una riabilitazione basata su delle protesi complete, se poi
non posso usarle neanche per andare a fare la spesa?»
commentò
beffardo Tony, e Knight esitò, rendendosi conto di stare per
entrare
in un vicolo cieco.
«Vostro Onore,»
s'intromise a quel punto Kyle, «a prescindere dalla
pericolosità
delle protesi, possiamo concordare sul fatto che restringerne
l'utilizzo alla sola sfera privata comporti delle ingenti limitazioni
alla libertà stessa del signor Stark.»
«Le limitazioni alla
sua libertà derivano dalle scarse capacità di
controllo dimostrate,
signor Andrews, appurate negli scorsi processi...»
s'intromise con
prontezza il procuratore.
«... con prove di
discutibile origine e respinte dalla giuri,»
completò l'altro,
interrompendolo sul nascere.
Tony
si agitò appena al banco dei testimoni, scrutando
preoccupato il suo
avvocato e cercando di comunicargli con lo sguardo quanto non
volesse
riportare la
discussione sulle foto della Everhart. Le successive parole di Knight
vanificarono le sue speranze di glissare sull'argomento:
«Vanity
Fair
ha ritenuto le prove
legittime, a quanto pare, assieme alle dettagliate
testimonianze che le corredavano,» insinuò
infatti, evidentemente alle strette e umiliandolo giusto per ripicca.
Tony si rabbuiò
all'istante e decise che ne aveva abbastanza di quelle frecciatine:
«Signor
Knight, se è così
interessato alle mie abilità amatorie posso darle una
dimostrazione pratica in privato... ma per ora vorrei continuare a
parlare di
protesi nel senso
stretto
del termine, se non le dispiace,» sbottò a
metà tra il serio e il
faceto, ma il suo sguardo rimase tagliente e decisamente poco
divertito.
Lo schiocco del
martelletto riportò l'ordine nell'aula, ora attraversata da
un brusio ilare e pettegolo.
«Signor Knight, signor
Stark, invito entrambi ad astenervi dal gossip: siamo in un'aula di
tribunale, non a un talk-show,» ricordò loro con
fare seccato Stern.
«Ciononostante, l'imputato ha indubbiamente fatto sfoggio di
instabilità nelle scorse udienze e, si presume, al di
fuori,»
continuò poi impassibile.
«Non vi è alcuna
valutazione psicologica ufficiale a sostegno delle tesi dell'accusa,
Vostro Onore. E le ricordo che nel corso dell'ultima udienza
l'imputato era febbricitante e fortemente debilitato da quelle stesse
operazioni necessarie a impiantarsi le protesi che, in seguito a un
possibile sequestro, si rivelerebbero solo un'inutile
sofferenza,»
sciorinò Kyle con sicurezza. «E ciò
sarebbe un considerevole danno
economico, emotivo e sociale per il mio cliente.»
«E mondiale,» aggiunse
Tony di getto. «Niente protesi, niente Iron Man... e niente
"deterrente
nucleare" per gli Stati Uniti,» si arrischiò ad
aggiungere,
rimediandosi un'occhiata ammonitrice dal suo avvocato, ma dal
pubblico arrivò un mormorio di consenso che sfatò
la sua
preoccupazione per quel commento azzardato.
«Una perdita
davvero
incommensurabile,» osservò sarcastico
Knight, ma
passò ignorato.
«È innegabile che ciò
lederebbe la vita privata del signor Stark, ma cosa suggerisce per
scongiurare questi "danni" e le "limitazioni"
alle protesi, signor Andrews, considerando le conclusioni della
giuria in merito?» insistette il giudice, dimostrandosi
inaspettatamente incline al dialogo.
A quel punto l'avvocato
si concesse un lieve sorriso sicuro di sé. Tony dal canto
suo si
sentì balzare il cuore in gola e si ritrovò a
incrociare tutte le
dita che gli rimanevano, pregando che la faccenda andasse per il
verso giusto: erano finalmente arrivati al punto cruciale del
processo, al quale avevano mirato con prudenza sin dal principio.
«Se le protesi sono
davvero considerate alla stregua di "armi", potrebbero
essere messe in regola con una banalissima licenza, come avviene
normalmente per qualsiasi altro tipo di arma.»
Il breve silenzio
attonito che seguì la sua affermazione fece capire a Tony
che
avevano appena colto nel segno: Knight era rimasto interdetto e si
potevano quasi scorgere i suoi pensieri ristagnare dietro agli occhi
chiari, come se fosse momentaneamente incapace di elaborare
ciò che
aveva appena sentito. Dopo aver meditato per
qualche istante, il giudice si rivolse a Kyle prima che Knight
potesse formulare una replica coerente:
«Signor Andrews, si
rende conto che stiamo parlando di congegni che esulano dal concetto
stesso di "arma"?»
«Non vedo perché non
dovrebbe essere possibile regolamentarle seguendo delle direttive
speciali e preposte al caso in questione,» ribatté
prontamente lui.
«Dopotutto, non costituerebbero un pericolo molto diverso da
una
comune pistola, tanto più che dovrebbero essere considerate
come
armi contundenti e non da fuoco.»
«Obiezione!» la voce
di Knight risuonò innaturalmente alta e allarmata.
«Non siamo ancora
a conoscenza della reale capacità offensiva delle protesi, e
ritengo
assolutamente prematuro avanzare richieste del genere,»
concluse, piuttosto debolmente.
«Per questo
ho
autorizzato una perizia tecnica sulle protesi non appena le
avrò
ultimate,» ribatté serafico Tony godendosi la
reazione di Knight, che
fu di puro sconcerto nel vedere apparire un documento che
passò
dalle mani di Kyle a quelle della guardia di sicurezza e infine del
giudice, che lo lesse incuriosito facendo sprofondare nuovamente il
tribunale in un mormorio agitato.
«Signor Stark, non ha
fornito una data precisa per questa "perizia",»
osservò Stern a
lettura ultimata.
«Le protesi sono ancora
in fase di collaudo: preferisco aspettare fino al loro completamento
precludendomi qualche gita fuori porta. Odierei dover ripetere tutto
una seconda volta, soprattutto se sarà Hammer a metterci su
le mani,»
puntualizzò lui con malcelato fastidio.
Il giudice annuì appena
e prese a parlottare coi membri della giuria, mentre tra loro
circolava varie volte il documento in esame, con grande aspettativa
di Tony e Kyle.
Quasi sobbalzarono quando il martelletto schioccò di
nuovo.
«La corte mette agli
atti l'autorizzazione controfirmata dal signor Stark,»
annunciò
infine Stern.
Tony si ritrovò a
sorridere con enorme soddisfazione mista a sollievo, cercando con
fare saccente gli occhi irati di Knight, adesso impalato rigidamente
davanti al banco dell'accusa e per una volta a corto di parole
taglienti con cui metterlo in difficoltà.
«La questione delle
protesi verrà archiviata fino alla loro ultimazione, a patto
che il
signor Stark continui a rispettare le limitazioni impostegli. Ogni
violazione in tal senso verrà severamente
punita.»
Stern trapassò
con lo sguardo Tony, come a sottolineare la serietà di
quella
minaccia. Lui si limitò ad alzare
le spalle e a soffiargli un irriverente bacetto di ringraziamento,
incurante del rischio di vedersi sbattere al gabbio seduta stante;
per sua fortuna il giudice si limitò a sbuffare sonoramente,
già
pentito della sua magnanimità.
Tony
scoccò un'occhiata di sottecchi a Kyle, che con sua sorpresa
non
stava ancora facendo una ola
di gioia per il risultato appena raggiunto. L'avrebbe fatta
volentieri lui, ad avere due braccia funzionanti, ma per ora gli
bastava non riuscire a togliersi dalla faccia un ghigno soddisfatto e
indirizzato soprattutto a un Knight paonazzo e ribollente di
frustrazione.
«Signor
Stark, anche escludendo le protesi, lei è comunque in
possesso di
armi devastanti, sebbene non sia al momento in grado di
usarle,»
tornò alla carica, in tono molto meno conciliante di prima.
«E
queste, non essendo sotto il controllo dell'esercito, potrebbero
essere sottratte e utilizzate in modo improprio come con la
tecnologia arc.»
«Ho i miei metodi per
assicurarmi che ciò non accada più, signor
Knight. Ho imparato la
lezione,» ribatté Tony laconico, accennando
alla benda sull'occhio.
«E noi dovremmo fidarci
della sua parola?»
«Dovreste fidarvi del
fatto che Iron Man è sempre rimasto in mio esclusivo
possesso,
escludendo la penosa imitazione di Stane che mi sono premurato di
porre sotto mia diretta custodia. O almeno, ciò che ne
rimane dopo
il tuffo nel reattore.»
Tony si rese conto con un brivido
d'inquietudine di aver portato il discorso in una direzione
pericolosa, ma Knight sembrava troppo accanito contro Iron Man per
cogliere l'opportunità:
«La sua parola non è
una garanzia sufficiente. Le "protesi" potranno anche
passare come giocattoli, ma spero non vorrà convincere la
corte a
concederle un porto d'armi anche per Iron Man,»
sbottò con
sarcasmo.
«Lungi da me, signor
Knight,» sospirò Tony, chiedendosi quante
energie dovesse
avere il procuratore per mandare avanti quella pantomima estenuante.
«Signor Stark,»
intervenne a quel punto il giudice, «le faccio notare che la
detenzione di armi di tale portata deve necessariamente essere
regolamentata e approvata dal Dipartimento della Difesa. Siamo stati
fin troppo clementi con lei: la invito caldamente e per l'ultima
volta a smantellare e consegnare di sua volontà l'arma Iron
Man, o saremo
costretti a processarla ufficialmente per possesso illegale di
dispositivi ad alto potenziale bellico,» annunciò
con fredda
formalità, e a quelle parole Knight s'illuminò
come non mai.
Al contrario Tony
sprofondò in un'espressione tetra, sentendosi messo alle
corde e
prendendosi qualche secondo per rispondere. Incrociò
goffamente le
braccia con un cipiglio contrariato.
«Obiezione,»
s'intromise con pacatezza Kyle. «Il signor Stark non
è attualmente
in possesso di armi simili, come dichiarato in precedenza.»
«Non
abbiamo la certezza che il signor Stark non possegga armature in
questo momento,» replicò Knight, come rinvigorito
dalle
affermazioni del giudice.
«Se
proprio insistete, vi invito per un tè a casa mia
così da constatare
con mano l'arsenale che secondo voi sto nascondendo nella Bat-caverna.
Ma
temo che troverete solo un sacco di rottami, computer e auto
d'epoca,»
intervenne Tony, e alzò le spalle falsamente dispiaciuto,
reggendo il gioco azzardato di Kyle.
Vi furono lunghi,
pesanti secondi di silenzio, interrotti solo dal fitto confabulare di
Stern con la giuria. Knight osservava il tutto con circospezione e
pacata aspettativa. Infine il Senatore si raddrizzò sul
suo
scranno, intercettando lo sguardo di Tony.
«Stia pur certo che
accetteremo presto l'invito, signor Stark.»
***
3 Giugno, Tribunale di L.A., 13:40
«K?»
«Stark?»
«Non ho ben capito se è
andata bene o male.»
Tony si passò una mano sulla
nuca con fare
perplesso, attendendo un'illuminazione da parte dell'avvocato, che
però non arrivò. Kyle era intento a
rileggere il verbale dell'udienza e si faceva sempre più
scuro in
volto ad ogni pagina che scorreva.
«K?» lo chiamò
ancora, con più insistenza.
A quel punto il giovane
chiuse seccamente la cartellina, come a chiudere con essa anche le
sue riflessioni.
«Siamo in pareggio,»
annunciò infine, con aria un po' assente.
«Già, avevo avuto
quest'impressione,» concordò lui, con uno sbuffo.
«Non mi sembri
particolarmente preoccupato. Ti hanno praticamente annunciato una
perquisizione e il sequestro di Iron Man,»
commentò l'altro,
scrutandolo coi suoi penetranti occhi verdi come a voler svelare il
segreto di quella calma così insolita.
«Che venissero pure in
gita alla villa: dovrò solo smantellare la Mark II. Non
è un grosso
problema,» commentò Tony, con una percepibile
punta di rammarico.
«Il Dipartimento della
Difesa non si accontenterà così facilmente:
vorranno i progetti
delle armature. E c'è la questione dei tuoi interventi nelle
operazioni militari... non sei Iron Man adesso, ma lo sei stato, e se
decideranno di appigliarsi ancora a quello, e lo faranno, neanch'io
potrò esserti d'aiuto.»
«Me la caverò come
sempre.»
Tony alzò le spalle con noncuranza. Lo sguardo di Kyle si
fece ancora più penetrante.
«Stark, se hai qualcosa
da dire, dilla adesso, non tra un mese quando
saremo di nuovo
in aula.»
«Sono in fase
meditativa. Sappi solo che ho un piano. Credo...» aggiunse,
inclinando appena la testa di lato con aria assorta.
Kyle non sembrò affatto
rassicurato, ma decise di lasciar correre, almeno per il
momento. A quel punto Tony
s'illuminò repentinamente, rivolgendogli un sorriso
raggiante:
«Il nostro piano però
ha funzionato: abbiamo praticamente vinto la causa delle
protesi!»
L'avvocato non poté
fare a meno di sorridere di rimando, contagiato dalla sua euforia.
«Almeno quella è stata
una vittoria. Merito della mia strategia,»
aggiunse,
portandosi una mano al petto in uno sfoggio di immodestia.
«Merito del mio charme,
vorrai dire! Devo aver finalmente fatto colpo su Knight: oggi aveva
uno sguardo da triglia più intenso del solito,» lo
rimbeccò Tony,
sogghignando.
«Oh, attento, sono quasi
geloso, Stark.»
L'altro ridacchiò, per
poi tornare a fissarlo accigliato:
«Come diavolo facevi a
sopportarlo? Io l'avrei picchiato al primo appuntamento,»
scosse la
testa,
incredulo e squadrandolo con malcelata curiosità.
«Infatti la cosa non è durata
molto. E a poter tornare indietro lo farei,» aggiunse, quasi
sognante al pensiero di assestare un gancio sul muso del procuratore.
«Piuttosto, oggi ti sei comportato quasi
bene. Devo preoccuparmi?» commentò poi, chiudendo
con decisione
l'argomento.
«Non più del solito,» l
assecondò Tony.
«Ho semplicemente deciso di provare l'ebbrezza di attenermi
ai
"protocolli",» mimò delle virgolette
infastidite.
Kyle lo fissò dubbioso
per qualche istante, ponderando quelle parole.
«Avvicinati,»
lo invitò d'un tratto.
Tony
arcuò perplesso entrambe le sopracciglia, sporgendosi
però
cautamente verso di lui dalla sedia a rotelle:
«K,
capisco che tu voglia congratularti con me, ma una stretta di mano
è
più che sufficien–... Ahia!»
esclamò, sobbalzando al secco scappellotto che Kyle gli
aveva appena
rifilato a tradimento sulla nuca.
«Se avessi avuto la
decenza di seguire le mie direttive fin dall'inizio, a quest'ora
saresti un uomo libero!» sbottò l'altro,
piantandogli
un indice a un
palmo dal naso con fare accusatorio e diventando rosso in volto.
Tony si massaggiò la
testa storcendo la bocca in una smorfia, senza osare ribattere e
sapendo quanto l'avvocato avesse ragione.
«Messaggio ricevuto,»
borbottò dopo un po' con aria colpevole. «Ma
è sbagliando che
s'impara,» aggiunse subito dopo con fare saputo, e un
sorrisetto da discolo riprese
a inclinargli le labbra.
«Tony!» la voce
stentorea di Rhodey lo riscosse, e si scoprì a sorridere
più
apertamente nel vedere l'amico che gli si avvicinava ad ampie
falcate, con la solita espressione di pietra sul volto.
Kyle dovette intuire al
volo di essere di troppo, perché richiamò
discretamente
l'attenzione di Tony con una rapida pacca sul braccio:
«Stark, io vado, ho un sacco di tuoi
casini da gestire. E chiamami quando elabori il tuo
"piano",»
gli ingiunse minaccioso, al che Tony alzò l'occhio al cielo,
ma
annuì conciliante.
«Colonnello...» Kyle
si portò due dita alla fronte in un accenno di congedo
militare
prima di defilarsi e lasciarli soli.
Tony si sistemò meglio
sulla sedia a rotelle, improvvisamente a disagio nel ritrovarsi sotto
gli occhi dell'amico dopo così tanto tempo... e soprattutto
dopo
averlo praticamente chiuso fuori dalla sua esistenza senza alcun
motivo preciso, se non il suo orgoglio. Rhodey lo salutò con
un
lieve cenno del capo, per poi piazzarsi di fronte a lui un po'
impettito come al solito. Tony lo scrutò brevemente: aveva
l'impressione che le medagliette appuntate sulla divisa fossero
aumentate.
«Bel
gioco di squadra, là dentro,»
esordì con leggerezza, indicando le porte dell'aula alle
loro
spalle.
«Non
ho certo stilato un rapporto per vederlo ignorare,» si
limitò a
commentare Rhodey a mo' di giustificazione.
Tony
si accorse che lo fissava con un misto di curiosità,
sconcerto e
preoccupazione: si chiese come avrebbe reagito nel vederlo appena un
paio di mesi prima, con molti chili in meno, un costante velo di
febbre e il doppio delle occhiaie. In
quel momento la cosa più disturbante era probabilmente lo
sfregio
che gli deturpava il volto, da cui lo sguardo di Rhodey sembrava
involontariamente calamitato. Non gliene fece una colpa, ma dovette
trattenere la tentazione di rimettersi la benda che aveva riposto in
tasca dopo il processo: i suoi sentimenti verso quel pezzo di stoffa
erano altalenanti e volubili, e raramente mostrava coerenza al
riguardo. Adesso
però non vedeva motivo di nascondersi di fronte al suo
migliore
amico, soprattutto dopo averlo tenuto all'oscuro di tutto per
così
tanto tempo. Sapeva perfettamente cosa si provava ad essere messi in
disparte.
"Quanto
posso essere ipocrita?" si ritrovò a pensare con
colpevolezza.
«Non
c'eri allo scorso processo,» osservò infine, con
tenue curiosità.
«Mi è toccato un
viaggetto in Afghanistan. Qualche sopralluogo, nulla di che,»
minimizzò subito con aria assente, reprimendo la sua chiara
riluttanza a
rispondere.
Tony si accigliò.
«Mh. Hai portato i miei
omaggi ai Dieci Anelli?»
«Più o meno. La
situazione è ancora calda.»
La conversazione morì
per qualche istante, finché non fu Rhodey a rompere
definitivamente il ghiaccio:
«Ho ricevuto la tua
mail. E la foto,» osservò cautamente.
Tony lo fissò con
improvvisa consapevolezza: adesso credeva di intuire cosa avesse
spinto l'amico a riprendere i rapporti. L'incrollabile fiducia
che Rhodey aveva in lui era a volte disarmante, ma se ne
sentì
rallegrato. Con una buona dose di senso di colpa a irritargli lo
stomaco per come l'aveva trattato negli ultimi mesi, ovviamente. Si
trovò a pensare che forse quel
messaggio di
auguri non era così minatorio come si
era convinto che
fosse...
«So di essere
fotogenico, ma non immaginavo di averti colpito così
tanto,»
scherzò senza incontrare i suoi occhi.
«Pensavo di trovarti in
piedi,» continuò Rhodey ignorando la sua battuta,
sempre con l'aria
di chi si sta addentrando nelle sabbie mobili timoroso di
sprofondarvi ad ogni passo.
Tony volse
ostentatamente lo sguardo al soffitto, camuffando l'imbarazzo:
«Ci sono state delle
complicazioni,» esordì vago, sentendosi sotto
esame quando lui
assottigliò lo sguardo. «Per
usare
le parole del mio segaossa, ho "strafato",» concluse a
malincuore.
«Chissà perché, non
mi sorprende.»
Tony non trattenne un
risolino autoironico:
«Mi conosci troppo
bene.»
«Ti trovo bene,»
ribatté di slancio lui.
L'altro lo fissò
sorpreso e momentaneamente senza parole, ma si ricompose alla svelta
senza dare a vedere quanto gli avesse fatto piacere quello che vedeva
come una sorta di riconoscimento ufficiale dei suoi progressi. E da
parte di Rhodey, che riteneva pressoché incapace di
dimostrare
alcuna emozione che non fossero orgoglio e dedizione al proprio
lavoro, contava come se gli avesse appena consegnato personalmente un
trofeo – e stavolta non era un inutile Apogee Award.
«Starei anche meglio se
il governo la smettesse di starmi col fiato sul collo,»
sbottò,
sfoggiando una smorfia contrariata nel tentativo di celare la sua
contentezza.
«Non sei nella migliore
delle posizioni,» riconobbe Rhodey, adombrandosi a sua volta
e
muovendosi a disagio sul posto.
«Posso contare su un
altro assist provvidenziale?» chiese a
quel punto Tony, quasi
facendogli gli occhi dolci; Rhodey non trattenne un mezzo sorriso, ma
il suo tono rimase severo:
«Tony, io posso
ammorbidire gli alti gradi, ma non faccio miracoli. Il governo e
l'esercito vogliono Iron Man, possibilmente senza includere te nel
pacchetto.»
«Avevo intuito un certo
astio nei miei confronti, ma pensavo fosse solo una mia
impressione,»
sbuffò lui, poggiando il mento sulla mano e
sporgendo il
labbro con fare imbronciato.
«Non scherzare: se non
consegni Iron Man metterai in pericolo anche le Stark Industries,
quindi evita altri colpi di testa,» gli ricordò
l'amico,
spronandolo a rimanere serio.
«Ehi, è finita la mia
"fase ribelle",» lo rassicurò lui, lievemente
irritato.
«Ora sono in quella "pensa-prima-di-agire".»
«E prima di chiudere
tutti fuori dal tuo mondo,» osservò Rhodey
pungente.
«Quella non è stata
una buona mossa,» riconobbe a malincuore, passandosi una mano
tra i
capelli un po' troppo lunghi e riconoscendo che l'amico si era
trattenuto anche troppo a lungo dal rimproverarlo direttamente.
«A proposito, dov'è
Pepper?»
«Domanda di riserva?»
Tony lo fissò con un sorrisetto tirato e implorante: non era
assolutamente dell'umore per affrontare l'argomento, soprattutto non
con lui.
«Tony... sei un disastro.»
Rhodey si portò
una mano al volto e chiuse gli occhi, probabilmente immaginando
chissà quali
scenari apocalittici che potessero giustificare l'assenza della donna
in un frangente così critico. Il che non si sarebbe discosto
poi molto dalla verità. Tony incassò il
commento, ritenendo più opportuno non rivelargli anche del
suo
tentato suicidio in un momento in cui sembrava incline a lasciarsi i
loro trascorsi alle spalle. Il pensiero della sua potenziale reazione
a quella notizia lo impensieriva più di quanto volesse
ammettere, ma
sapeva che prima o poi gli sarebbe toccato rivelargli anche quella
sua "prodezza", a costo di perdere definitivamente la sua
amicizia: non era di certo un tipo comprensivo né incline ad
abbandonare la sua rigorosità. Si accorse di aver
poggiato la mano sul reattore e confermò tra sé
la sua decisione di
rimandare quella chiacchierata. Non era poi così sicuro di
poter già
parlare della faccenda con chi gli stava a cuore come se niente fosse,
soprattutto contando il
numero di notti insonni che gli aveva causato.
«Tornando a noi...»
riprese cautamente, allontanandosi da quel campo minato. «Ho
una mezza idea per uscire da questo
pasticcio, ma forse mi servirà un po' più di un
mese.»
Lo guardò
di sottecchi con fare eloquente, e Rhodey sospirò incrociando
le braccia.
«Vedo che posso fare,
ma non ti assicuro nulla. Che intenzioni hai?»
A quel punto Tony si
rilassò nella solita espressione sorniona che assumeva
quando gli
veniva un'idea che riteneva geniale. E la maggior parte delle volte
si rivelava tale.
«Tanto per cominciare,
dovrò rovinare le vacanze a qualcuno...»
Ehilà!
Sto aggiornando in un orario che non so se definire notte o mattina, quindi mi dimenticherò probabilmente mille cose che volevo dire nelle note.
Innanzitutto ho finalmente avuto la meglio sull'HTML e sono riuscita a cambiare il layout del testo come volevo, cioè con l'interlinea 1,5 che rende più arioso il testo. Vi prego di segnalarmi eventuali problemi nella visualizzazione:)
Passando al capitolo... sì, torna il processo, per l'ultima volta. Il resto delle udienze verrà riportato in forma indiretta, per vostra gioia. Mi rendo conto della pesantezza, che ho cercato di smorzare per quanto possibile, ma questo era un passaggio importante per la storia, come avrete intuito. La questione del "porto d'armi" per le protesi suonerà forse ridicola, ma era la soluzione originaria che avevamo elaborato agli albori della storia e ho deciso di mantenerla per non complicare e allungare la questione, dato che in questa parte le protesi scivoleranno comunque in secondo piano rispetto ad altri argomenti e problematiche.
Credo che si noti la volontà di inserire un certo personaggio, almeno indirettamente... non dico nulla di esplicito, ma credo di aver fornito abbastanza indizi qui e negli scorsi capitoli (coffcoff riguardatevi il capitolo 3 coffcoff). Devo ancora incastrarlo per bene nella storia e non credo apparirà mai direttamente, ma penso che possa essere un'aggiunta interessante.
A parte ciò: sì, la Everhart alla fine ha pubblicato il servizio
Il riavvicinamento di Rhodey potrà sembrare repentino, ma in realtà è una scelta ben ponderata. Lui e Tony sono due testoni orgogliosi, ma Rhodey sa riconoscere quando è il momento di mettere da parte le questioni personali. D'altro canto, non sa ancora della "prodezza" di Tony, quindi è più incline a dimostrarsi conciliante con lui. Ma non durerà in eterno.
E Pepper è ancora una volta "nell'ombra"... giuro che prima o poi ne esce :P
Detto ciò, ci tengo a ringraziare 50shadesofLOTS_Always ed Emyclarinet che hanno recensito lo scorso capitolo, rendendomi felicissima nel sapere che questa storia è ancora seguita e viene addirittura "scoperta" a distanza di anni <3
Un ringraziamento speciale alla mia cara _Atlas_ che, oltre a recensirmi ovunque e sorbirsi le mie risposte chilometriche, sopporta anche i miei scleri
Grazie anche a chiunque leggerà/recensirà :)
Prevedo un aggiornamento entro il 25 maggio, forse prima, forse dopo, a seconda di come procederà la stesura (e anche perché ho un po' di strizza a pubblicare il prossimo capitolo, perché ci tengo assai ma allo stesso tempo è mooolto opinabile, strambo eeee niente, paro le manO avanti fin da ora).
Dasvidanija, people,
-Light-
P.S. Per rispondere ad Atlas riguardo a Kyle e Knight... direi che i tuoi film mentali sono più che confermati :D
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