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Autore: ___MoonLight    10/05/2018    2 recensioni
«Tu sei riuscito a creare qualcosa di buono, non solo per te stesso. Qualcosa in cui credi.»
Tony gli riservò solo un ostinato silenzio, al che Bruce esitò.
«Ci credi ancora, vero?»
«Che importanza ha? Ho mandato tutto in fumo,» replicò piattamente lui.
«Sei già rinato dalle ceneri, Tony. Davvero non puoi farlo ancora?»

L'Afghanistan ha segnato Tony e gli ha donato l'opportunità di cambiare in meglio la sua vita. Ma il destino ha tutte le intenzioni di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote, e l'immagine corazzata che si è costruito e dietro la quale tenta di riparare i torti commessi e quelli subiti non è più abbastanza per proteggerlo. Cosa succede quando l'uomo diventa davvero di ferro, anche senza armatura?
[Storia completa e revisionata]
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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35

 

Friends will be friends




"All my life
I have been fighting
For this dream in my soul
And I won't let it go
You know that all my life
They try to keep me down but I just get higher"

[Higher – The Score]


4 Giugno, Portland, 07:30

L'agente Coulson aveva ormai sviluppato un istinto molto fino per riconoscere le brutte giornate. Perciò, quando quella mattina aprì senza un solo pensiero al mondo la sua posta elettronica, con tutte le intenzioni di declinare qualunque richiesta da parte dello SHIELD per godersi la sua meritata settimana di ferie a Portland, e vide di aver ricevuto un messaggio da Tony Stark, capì subito che quella sarebbe stata una pessima giornata.
Ponderò per un minuto buono di ignorarlo. Poi pensò di leggerlo, per poi ignorarlo. E poi di leggerlo e valutare se ignorarlo o meno.
Sospirò piano. Perché doveva essere sempre così ligio al dovere?
Si alzò dal letto in punta di piedi riuscendo a svicolare dalla stanza senza svegliare Audrey e si trasferì in cucina: un buon tè avrebbe forse mitigato la probabile crisi di nervi che gli avrebbe provocato la mail di quel coacervo di problemi che era diventato Stark. Soltanto quando fu con le mani strette attorno alla tazza bollente e avvolto in una vestaglia decisamente fuori stagione si decise ad aprire il messaggio con una pressione decisa del dito. Ovviamente il suo contenuto fece apparire non poche rughe corrucciate sulla sua fronte ampia, e si ritrovò ad assottigliare gli occhi sempre più ad ogni parola di quel breve messaggio:

Agente, dimentichi per un attimo le spiacevoli circostanze del nostro ultimo incontro: ho bisogno di parlarle con urgenza. Di persona.
Parole chiave: Vendicatori&Iron Man. Massima priorità.
La aspetto alla villa (Nick non è invitato).
TS
P.S. Saluti la sua violoncellista.

Nel leggere il post scriptum Phil non si disturbò nemmeno ad assumere un'espressione stupita: non voleva immaginare come facesse a sapere che era a con Audrey, ma era tipico di Stark ficcare il naso nei fatti altrui. Era più occupato a decifrare quel messaggio criptico e straordinariamente conciso per un tipo come lui. Si era aspettato di tutto, da foto inappropriate e vanitose a pagine e pagine dei suoi soliti sproloqui messi per iscritto, ma non quell'insolita stringatezza quasi formale.
Stando agli ultimi resoconti degli agenti Barton e Romanov, correva voce che il vulcanico miliardario avesse messo la testa a posto, oltre alle gambe. Phil si riservava il diritto di rimanere scettico in proposito.
Diede una rapida occhiata al calendario sul telefono, rendendosi conto che proprio il giorno prima si era tenuta l'ultima udienza dell'infinito ed estenuante processo su Iron Man: non gli fu difficile collegarne l'esito al messaggio appena ricevuto. Eppure l'udienza precedente era filata liscia... cosa aveva combinato Stark di così grave da spingerlo a contattare proprio lui con tanta "urgenza"? D'altra parte, se la conclusione fosse stata così disastrosa era certo che il direttore l'avrebbe prelevato con la forza dalle sue ferie per avviare le procedure di contenimento danni.
Phil scosse tra sé la testa, sentendosi come sempre irritato al solo pensiero del cosiddetto "genio". Sin dal principio Tony Stark non aveva suscitato le sue simpatie. Egocentrico, arrogante, sfacciato e privo di qualsivoglia autocontrollo: aveva avuto il presentimento che si sarebbe rivelato un'enorme fonte di guai per tutti loro. E proprio per questo aveva suggerito a Fury di tenerlo d'occhio molto, molto da vicino, a costo di invischiarlo collateralmente nel Progetto Vendicatori. Certo, poi aveva dato prova di essere una risorsa di tutto rispetto sia sul campo – anche se nessuno l'aveva mai invitato ufficialmente a partecipare alle missioni – che dietro le quinte, ma ciò non evitava a Coulson di mantenere del sano riserbo nei suoi confronti. La serie di azioni sconclusionate e nocive che aveva compiuto a partire dall'incidente, culminate col suo tentato suicidio, non aveva fatto altro che confermare le sue prime impressioni.
In altre circostanze, dopo aver ripulito quel disastro, avrebbe semplicemente scrollato le spalle con un laconico "io l'avevo detto" indirizzato a Fury. Quelle circostanze non includevano vedere Virginia Potts in preda a un attacco di panico dopo aver tentato disperatamente di rianimare il suo capo egoista e idiota sospeso a un passo dalla morte.
I suoi lineamenti si indurirono al solo ricordo. Aveva passato mezza giornata accanto alla donna, riuscendo infine a calmarla e attendendo con lei che Stark venisse dichiarato fuori pericolo dalla squadra medica. Si era rifiutata di schiodarsi dalla villa finché non aveva udito la notizia con le sue orecchie e non aveva visto Stark dormire fin troppo serenamente coi suoi occhi, nonostante quello che l'uomo le aveva appena fatto passare.
Coulson si era sempre chiesto come la volontà ferrea di una donna intelligente come Virginia potesse puntualmente vacillare dinanzi alle trovate sempre più nefaste di un individuo dissoluto e incostante come Stark. O meglio, si chiedeva perché avesse deciso di sfruttare quella volontà per cercare di indirizzarlo su una strada in salita sulla quale lui chiaramente non aveva alcuna intenzione di inerpicarsi, visto che aveva preferito gettarsi nel dirupo adiacente. Una risposta a quegli interrogativi Coulson se l'era data già da tempo, e non del tipo che lasciasse presagire razionalità nelle azioni della donna.
Per questo era rimasto di stucco quando, poche decine di minuti dopo che le condizioni di Stark si erano stabilizzate, si era ritrovato davanti una Virginia Potts più seria e compita del solito con una borsa da viaggio a tracolla e la richiesta di potersi trasferire allo SHIELD seduta stante. Richiesta che lui aveva soddisfatto senza pensarci due volte, memore anche delle parole di Bruce riguardo a quell'evenienza – e che Fury lo degradasse pure per quell'iniziativa individuale.
Coulson si rigirò la tazza ormai vuota tra le mani, consapevole che accogliere la donna era stata con tutta probabilità l'unico freno che le aveva impedito di crollare definitivamente. Dalla loro ultima discussione Virginia gli era sembrata più serena e in pace con la scelta di lasciare che le cose facessero il loro corso senza crucciarsi troppo, qualunque fosse la conclusione a cui era arrivata. E Phil era abbastanza sicuro di poterla intuire. Non aveva potuto fare a meno di notare come quel cambiamento d'umore si fosse accentuato dal giorno in cui Stark aveva inviato la sua "foto vittoriosa" all'intero SHIELD. Doveva ammettere che aveva strappato un sorriso incredulo anche a lui, anche se prevaleva ancora l'istinto di sferrare un pugno in faccia a quel pallone gonfiato, che adesso aveva avuto la malsana idea di rivolgersi a lui per... cosa, di preciso?
Phil rilesse il messaggio intentamente, come se sperasse di trarne fuori qualche significato cifrato e insondabile, ma quelle parole erano tanto brevi quanto univoche persino dinanzi alla sua consumata esperienza controspionistica e investigativa.
Magari
era importante. E se era importante per lui, poteva esserlo di riflesso anche per Virginia. Aveva l'impressione che i passi avanti che Stark stava compiendo in quell'ultimo periodo, metaforici e non, si tramutassero per lei in altrettanti passi verso una stabilità che aveva perso e che stava lentamente recuperando. Sentiva di non avere alcun diritto di turbare o interferire con quel recupero.
Fu così con riluttanza che selezionò il numero di Stark dalla rubrica, avviando la chiamata. Dopo una lunga serie di squilli udì il segnale acustico della segreteria telefonica risuonargli penetrante nell'orecchio, seguito dalla voce scanzonata di Stark:
«Risponde la segreteria telefonica di Tony Stark: genio, miliardario, playboy, filantropo. Si prega il signor Agente di evitare chiamate inopportune e di presentarsi personalmente a Villa Stark, Malibu Point 10880, California, entro tre giorni, se è tanto interessato a parlarmi. Astenersi perditempo, vecchietti in calzamaglia e pirati irascibili.»
Coulson riattaccò con un sospiro. Ecco, registrare un messaggio di segreteria telefonica personalizzato era già più in linea con il miliardario irriverente che conosceva. Giunse le mani davanti al volto coi pollici a sostenere il mento mentre rifletteva, ma in realtà gli rimaneva un'unica cosa da fare, esattamente quella che si era ripromesso di evitare per tutta la durata delle sue brevi ferie.
Prese di nuovo il telefono e premette il pulsante di chiamata rapida.
«Agente Coulson, che succede?» la voce di Fury risuonò dopo il primo squillo, bassa e apparentamente adirata come sempre, ma l'orecchio allenato di Phil colse anche una vena di apprensione nel suo tono burbero.
«Stark mi ha contattato,» gli comunicò senza giri di parole.
Ci fu un brevissimo silenzio dall'altro lato della cornetta, poi udì quello che pareva uno sbuffo seccato.
«E cosa vuole?»
«
Non ne ho idea, vuole parlarmi di persona. Ha detto che riguarda Iron Man e i Vendicatori, il che...»
«
... potrebbe voler dire tutto e niente,» completò Fury, e Coulson poteva immaginarselo mentre marciava ad ampie falcate sulla plancia dell'Helicarrier, seminando preoccupazione e timore tra i suoi poveri sottoposti.
«Lascialo cuocere nel suo brodo. Non ho intenzione di assecondare ancora i suoi capricci da primadonna,» sbottò infine.
«Ha detto che è urgente,» buttò lì Coulson, consapevole di essersi appena dato la zappa sui piedi e desiderando di potersi rimangiare quelle parole.
«Per Stark anche la sua manicure è "urgente",» commentò caustico il suo capo, e stavolta l'agente ebbe la visione del suo sguardo che fulminava chiunque capitasse disgraziatamente nel suo raggio d'azione.
«Anche a me è sembrato urgente.»
Coulson udì un altro sospiro, stavolta rassegnato.
«Quando vuole vederti?»
«
Entro tre giorni.»
«
Adesso si permette anche di dare ultimatum...» lo sentì rimuginare tra i denti, e si chiese come stesse frenando la tentazione di puntare un missile a lungo raggio su Villa Stark.
Conoscendolo, a fatica.
«Agente Coulson, goditi ancora due giorni di vacanza,» si sentì dire infine. «Poi va' a Malibu e cerca di arginare o impedire qualunque disastro stia architettando quello spostato.»
«
Ricevuto.»
«
Attendo aggiornamenti.» 
La comunicazione si chiuse, ma Coulson rimase ancora col telefono all'orecchio, chiedendosi perché avesse appena deciso di mandare in fumo un incantevole finesettimana con la sua ragazza per tramutarsi nella balia privata di Stark Jr. Come richiamata dalle sue riflessioni, una voce femminile risuonò nella stanza:
«Phil?» Audrey fece capolino in cucina con la sua cascata di capelli bruni e lui si voltò a guardarla, ammirandone il viso ancora un po' assonnato e sereno.
Per poco.
«Chi era, a quest'ora?» la donna trattenne uno sbadiglio.
Lui si alzò per andarle incontro e sforzò un sorrisetto rilassato, preparandosi in realtà alla tempesta.
Ecco, quella sarebbe stata una discussione spiacevole.


***


Tre giorni prima, 1° Giugno, Villa Stark

«Deve sempre strafare...»
«
Sto benissimo, Doc. E poi dicono che l'aria di mare faccia bene.»
«
A lei farebbe bene un po' di buonsenso.»
«
Il buonsenso mi annoia.» 
Tony addentò con gusto un altro waffle, divertito dall'espressione intransigente che emerse sulla faccia del suo medico, poi sprimacciò il cuscino dietro la schiena e sprofondò meglio contro la testiera del letto. Trascinò in aria lo schermo olografico con la videochiamata, aggiustandolo al livello del suo sguardo mentre si allungava per afferrare un altro waffle dal piatto sul comodino. Erano bruciacchiati, ma da qualche giorno aveva un appetito tale da farlo soprassedere sui disastri culinari dei suoi robot. Colse l'occhiata di rimprovero che Ian scoccò al suo cibo decisamente insalubre e prese un altro morso con deliberata lentezza.
«Piuttosto, com'è Chicago?» chiese bofonchiando tra un boccone e l'altro.
«Troppo lontana per tenerla d'occhio, per i miei gusti,» sospirò il medico. 
L'inquadratura traballò e fu scossa per qualche istante mentre si muoveva nella sua camera d'albergo, indaffarato a cercare qualcosa.
«Ma allora si preoccupa davvero per me!» sogghignò Tony. «Però adesso si plachi, mi fa venire il mal di mare,» aggiunse, distogliendosi dallo schermo divenuto un turbinio confuso di colori e forme sfocate.
L'inquadratura si stabilizzò, puntata su un anonimo soffitto, e Tony stette ad ascoltare Ian che, mentre disfava i bagagli in sottofondo, gli riassumeva in modo stranamente loquace il suo viaggio in Illinois per un ciclo di seminari a cui partecipava anche il dipartimento medico delle Stark Industries, soffermandosi in modo per lui quasi entusiasta sulla conferenza di quella mattina. Tony sogghignò: era segretamente soddisfatto che il medico fosse così su di giri per il suo lavoro alle Industries, e per l'ennesima volta si congratulò con se stesso per averlo convinto a riprendere il suo ruolo dopo il loro periodo di "rottura".
«Deduco che è contento di lavorare per me,» lo interruppe quindi  dopo qualche minuto, con malcelato compiacimento.
«Quando non è occupato ad attentare alla sua salute, sì,» rispose l'altro burbero come sempre, ma Tony colse il sottotono divertito nella sua voce. «Allora, come si sente?» chiese poi facendo di nuovo capolino nello schermo.
La nota pungente emersa nei suoi occhi acquamarina comunicava che stavolta non avrebbe potuto sottrarsi alla domanda come aveva abilmente fatto poco prima. Ian era andato in escandescenze quando gli aveva raccontato della sua scampagnata sulla spiaggia, anche se era poi sembrato enormemente in imbarazzo quando lui gli aveva fatto notare che era stata una sorta di regalo di compleanno improvvisato per se stesso – erano seguiti gli auguri più impacciati che avesse mai ricevuto in vita sua. In fondo, capiva le preoccupazioni del medico e non poteva dargli torto, visto che era praticamente bloccato a letto dal giorno della sua impresa, afflitto da continui crampi al moncherino inferiore e incapacitato a muoversi se non per svolgere le funzioni basilari. Per fortuna grazie al suo ingegno aveva una casa gestita da un'intelligenza artificiale totalmente autosufficiente. E grazie al cielo esistevano le consegne a domicilio.
«Diciamo che mi sento meglio,» mentì, trangugiando l'ultimo waffle.
«Stark?» Ian non se la bevve.
Lui alzò l'occhio al cielo.
«E va bene, sono bloccato qui da due giorni. Deve essere lo scotto da pagare per il progresso tecnologico. Ma a parte la noia mortale, sto bene,» concluse con fermezza.
Ian si stropicciò gli occhi da sotto le lenti, evidentemente a corto di commenti di fronte alle sue solite gesta scapestrate.
«Aumenti leggermente gli antidolorifici al bisogno. Con criterio.»
«
Tranquillo, Doc, non ho intenzione di andare in coma farmacologico,» sospirò Tony, chiedendosi se desse davvero l'impressione di aver bisogno di controllo costante ventiquattr'ore al giorno.
«E stia a riposo, deve essere in forma per il processo,» disse ancora Ian, con una severità che gli ricordò spiacevolmente quella di suo padre, fugando il dubbio precedente.
«Sì, giusto. Il processo. Ovviamente,» borbottò, incrociando le braccia dietro la testa fingendo rilassatezza.
«Se n'è dimenticato?»
Il silenzio eloquente di Tony servì da risposta e Ian si limitò a un teatrale sospiro.
«Pensa di riuscire a presentarsi in aula entro due giorni? Le rammento che non tornerò in tempo per presenziare, quindi eviti di farsi venire un colpo in mia assenza.»
«
Mi sono presentato in aula con quaranta di febbre e in delirio, se ben ricorda. Sono stato peggio.» Tony si grattò a disagio il naso, per poi incupirsi un poco. «Volevo fare un ingresso in scena coi fiocchi, in stile Barnum, con tanto di squilli di trombe ed elefanti, ma credo che ci sarà un'involuzione verso la sedia a rotelle,» fu costretto ad ammettere, cavandosi a forza ogni parola dalla bocca e celando col sarcasmo la sua delusione per quell'inconveniente.
«Saggia idea, signor Stark. Non è il caso di farsi notare,» concordò Ian. «C'è altro che dovrei sapere? O posso dormire sonni tranquilli?» chiese poi in tono quasi implorante: era chiaramente esausto per la lunga giornata.
Tony si lisciò il pizzetto, riflettendoci per qualche istante.
Qualcosa c'era. E se non l'avesse detto a qualcuno, fosse anche il suo medico scontroso e misantropo, sarebbe impazzito. A sua discolpa, non era assolutamente il caso di presentarsi al processo più squilibrato del solito.
«Oh, mi ha chiamato Pepper,» buttò lì alla fine, con forzata noncuranza.
«La sezione "cuori infranti" la gestisce Kyle,» ribatté serafico l'altro.
«
Doc!» la voce di Tony virò sullo stridulo.
Al dottore sfuggì un mezzo sorrisetto, soddisfatto per la sua reazione.
«E cosa le ha detto?» s'interessò poi, scrutandolo con aria pettegola.
«Non meriterebbe di saperlo,» ribatté Tony, imbronciato. «Ma il problema non si pone: non ho risposto.»
«
Come, non ha...» Ian s'interruppe, portandosi un palmo alla fronte in un gesto esasperato.
«
Non l'ho sentito, stavo dormendo!» si giustificò in fretta lui, chiedendosi perché avesse tirato fuori la questione e soprattutto perché diavolo stesse avvampando.
«Persino Kyle potrebbe impartirle lezioni di savoir-faire sospirò il medico, scuotendo la testa incredulo. «Ho sentito dire che esiste il tasto "richiama": le è familiare come concetto?»
«
Non potevo certo richiamarla... insomma, era il mio compleanno, mi avrà chiamato per... uhm, gli auguri, no? Perché altrimenti mi avrebbe... cioè, credo fosse per quello... e comunque non posso richiamare la gente solo per farmi fare gli auguri, neanch'io sono così egocentrico!» 
S'impappinò e si impose poi di sigillare la bocca, prima di ricominciare a balbettare senza ritegno, ed evitò di soffermarsi sul fatto che in svariate circostanze aveva telefonato sia a Pepper che a Rhodey per farsi fare gli auguri senza troppi problemi. Ian sembrava godersi lo spettacolo del playboy vissuto che si incartava con le sue stesse mani come un liceale alle prese col primo appuntamento, poi tornò improvvisamente serio:
«Signor Stark, le vostre vicende personali non sono affar mio...» esordì, grave.
«... ma ritiene comunque opportuno metter bocca,» osservò Tony in tono leggero, non abbastanza da mascherare il fastidio emerso sul suo volto.
«... ma la signorina Potts ha deciso di chiamarla dopo tutto quello che ha dovuto sopportare da parte sua negli ultimi mesi. E le consiglio un ripasso mentale in proposito,» rincarò acuendo lo sguardo, e Tony si sentì costretto a distogliere il suo .«Ci rifletta,» concluse semplicemente.
Tony annuì in modo secco: come se avesse fatto altro negli ultimi giorni, tanto più che era confinato a letto e non aveva molti altri modi intelligenti per passare il tempo. Oltre a impugnare il telefono ogni tre per due chiedendosi se fosse il caso di richiamarla o meno.
«Ho capito, Doc: mi darò alla meditazione. Magari quel suo fantomatico collega ha ragione e mi guarirà da ogni male,» sospirò ironico, scrutando però con interesse la reazione del medico.
In cuor suo era ansioso di chiudere la chiamata e dimenticare quella conversazione, ma non poteva esentarsi dal raccimolare qualche dato in più sull'unica persona che poteva forse evitargli di impersonare un pirata a vita. Soprattutto se riusciva anche ad allontanare il discorso da un argomento che riteneva a dir poco delicato e imbarazzante.
«Non mi sono dimenticato, signor Stark,» puntualizzò subito Ian, incupendosi appena. «Le ho detto che la terrò aggiornato.»
«Non ho fretta... solo che sto esaurendo la scorta di bende e vorrei sapere se quella del suo amico è una proposta seria o meno.»
«Sto cercando di capirlo anch'io,» ammise l'altro, togliendosi gli occhiali e prendendo presumibilmene a lucidarli al di fuori dell'inquadratura. «Al momento credo che stia attraversando una fase di disorientamento.»
«Non è proprio il termine che userei io... "discesa verso il misticismo" mi sembra già una definizione più calzante,» commentò Tony, senza velare la criticità che trapelava dalle sue parole.
«Vogliamo parlare della sua fase di "disorientamento"?» lo rimbeccò Ian pacata severità, inforcando di nuovo gli occhiali. «Quella come la definirebbe?»
Tony finse di pensarci per qualche istante, per poi alzare le mani in segno di resa.
«Ho un paio di idee che comprendono un largo uso dell'aggettivo "idiota" e sue varianti... ma non credo che si aspettasse davvero una risposta,» realizzò poi, notando lo sguardo impaziente e decisamente assonnato di Ian.
«Mi aspetto di dormire entro due minuti.»
«Messaggio ricevuto. Grazie per il consulto multidisciplinare e sogni d'oro.»
«
Non faccia stronzate,» gli ricordò il medico in tono più leggero prima di chiudere la chiamata, strappandogli un mezzo sorriso.
Tony rimase a fissare lo schermo adesso oscurato con espressione vacua, chiedendosi se quel suo "periodo di disorientamento" fosse davvero finito. Per quanto lo riguardava si sentiva ancora fin troppo nel pallone. Magari avrebbe dovuto dormirci su, ma come al solito il rimescolarsi incessante di pensieri nella sua testa gli impediva di lasciarsi scivolare facilmente in sonni tranquilli.
Si riscosse dopo qualche minuto, improvvisamente deciso a non combattere l'insonnia per impedirsi in tutti i modi di pensare; in quello ormai era diventato bravo. Fece apparire un box virtuale azzurrino stipato di file e ne selezionò uno, trascinandolo sul display olografico e facendo apparire una schermata di riproduzione video.
"La meditazione può aspettare. E anche le stronzate."
«Ehi, JARVIS, di' ai robot di fare un'altra dozzina di waffles,» ordinò, ingrandendo lo schermo davanti a sé e mettendosi comodo per l'ennesimo rewatch di Star Trek.


***


3 Giugno, Tribunale di L.A, 10:30

"Azzurro con un gessato marrone? Buon Dio..."
«Signor Stark, potrebbe degnarsi di rispondere e almeno fingere interesse?»
Tony si riscosse e distolse lo sguardo dal completo di Knight, ritrovandosi osservato – anzi, trapassato – dai suoi occhi slavati, sottili e decisamente seccati.
«La sua cravatta mi distrae,» ribatté flemmatico, additando l'oggetto celestino in questione. «Credo sia illegale distrarre un testimone... non c'è qualche legge a tutelarmi?» si guardò intorno in cerca d'appoggio.
«Signor Stark, invece di impartire doverose lezioni di stile a Knight e appellarsi a diritti inesistenti, potrebbe provare a concentrarsi?»
Tony si voltò sorpreso verso la fonte della voce; ovvero non Knight, non il Senatore Stern, né qualche altro individuo deciso a condannarlo... bensì il suo avvocato difensore, che al momento sembrava alla ricerca del modo più efficace per incenerirlo con lo sguardo. Si mosse a disagio sulla sua sedia a rotelle, rendendosi conto che forse aveva di nuovo esagerato.
«A quanto pare riesce ad esasperare proprio chiunque.» 
Knight si lasciò sfuggire un sorrisetto beffardo.
«È un talento naturale...» si ricompose Tony, prima che Kyle riuscisse nel suo intento omicida. «Dicevamo?»
«
Parlavamo della sua attività come Iron Man.»
«
Sì, sono Iron Man,» rispose lui un po' assente, senza avere la minima idea di cosa gli avesse chiesto poco prima il procuratore.
«Per sua sfortuna, sì. Quindi, come giustifica i suoi ripetuti interventi in conflitti armati?»
Tony riprese finalmente il filo del discorso:
«Erano interventi necessari.»
Poteva vedere Kyle fremere dietro al banco della difesa, probabilmente incrociando le dita e applicando qualsiasi segno o rituale scaramantico di sua conoscenza per evitare che dalla bocca del suo assistito uscissero idiozie. Per una volta anche Tony stava cercando di ponderare ciò che diceva... con un criterio tutto suo, ovviamente. Per fortuna l'ammonizione aveva reso Knight più cauto con le domande e ciò lo aiutava non poco nel non lasciarsi sfuggire informazioni compromettenti. Non che gli fosse rimasto molto altro da rivelare, in effetti.
Fino a quel momento il processo non si era rivelato così turbolento come temeva: la questione dello scontro con Stane era stata nuovamente accantonata, grazie anche alla sua prontezza nel dirottare la discussione sul ruolo di Iron Man, tema che gli risultava immensamente più semplice da gestire rispetto al presunto omicidio del suo "padrino".
«Signor Stark, in base a cosa definisce i suoi interventi "necessari"?» insistette il procuratore, come sempre determinato a metterlo all'angolo.
«Se avesse prestato attenzione, signor Knight, saprebbe che il mio obiettivo principale era distruggere le armi delle Stark Industries vendute sottobanco da Stane. Non appena ne rintracciavo una partita o un deposito mi recavo sul posto per provvedere di persona.»
«Perciò in
ognuna delle sue intromissioni nelle regolari operazioni militari, statunitensi e non, erano coinvolte le sue armi?»
Tony fiutò il pericolo in quella domanda e rispose evasivamente: stava imparando a riconoscere le trappole di Knight.
«Molti si sono rivelati falsi allarmi, ma alcune delle circostanze in cui mi sono trovato coinvolto mi hanno comunque obbligato a prendere parte agli scontri in atto per difendermi,» rispose senza esitazioni.
«E in questi "scontri" da che parte si sarebbe schierato?»
«
Per difendermi sottolineò ancora Tony. «Inizio davvero a temere che lei abbia problemi d'udito. Mi sono limitato a seguire la procedura d'estrazione standard. Ovvero ritirarmi, se possibile pacificamente, dopo aver constatato l'assenza delle mie armi,» concluse con fermezza.
Colse con la coda dell'occhio un gesto incoraggiante da parte di Kyle: erano entrambi consapevoli di quanto fosse delicato quell'argomento, visto che tecnicamente le missioni dei Vendicatori e dello SHIELD in cui si era infiltrato erano top-secret e non avevano proprio nulla a che fare con le sue armi. Knight valutò la sua risposta, evidentemente dubbioso sulla sua veridicità, ma la spada di Damocle della sua ammonizione l'aveva reso molto meno aggressivo e più incline a soppesare le sue accuse.
«Quindi l'incidente coi Whiplash nella no-fly-zone di Gulmira è da considerarsi...»
«.
.. un incidente, signor Knight, come le ho ripetuto fino allo sfinimento per tre udienze,» lo interruppe Tony, trattenendosi dallo sbuffare in faccia al procuratore. «E poi accusa me di essere distratto...» aggiunse però a mezza voce.
«Ed è avvenuto nel corso di una cosiddetta "procedura d'estrazione"?» 
Knight era evidentemente deciso a non mollare l'osso e Tony iniziava suo malgrado a perdere la pazienza. Stava giusto per ribattere a tono, quando qualcuno lo fece al posto suo:
«Signor Knight, tutte le informazioni riguardanti l'incidente coi Whiplash sono contenute nel mio rapporto ufficiale, di cui ha sicuramente ricevuto una copia.»
Tony non riuscì a nascondere il suo totale sconcerto nel sentire la voce di Rhodey levarsi dal pubblico, e rimase stolidamente con la bocca semiaperta. S'inclinò appena per scorgerlo, seduto in alta uniforme tra le prime file, mentre tutta l'aula rivolgeva a sua volta l'attenzione verso di lui. Persino Kyle era stato preso alla sprovvista, e l'espressione di Knight era decisamente seccata, oltre che imbarazzata.
«La ringrazio per il promemoria, Colonnello Rhodes,» enunciò con gelida cordialità.
«E grazie anche per l'assist, Rhodey!» aggiunse con un sogghigno Tony, decidendo di cogliere quell'inaspettata circostanza per...
"... risolvere le tensioni? O qualcosa del genere."
«Ma mi interesserebbe sentire la versione del signor Stark, se non le dispiace,» continuò imperterrito Knight, ignorando l'intervento del suddetto.
«Per la decima volta?» vociò a quel punto Tony. «So di essere bravo a intrattenere il pubblico, ma sono un po' stanco di concedere bis. A questo punto pretendo un compenso per le mie prestazioni,» s'illuminò, rivolgendosi sfacciatamente al giudice.
Lo schiocco del martelletto interruppe sul nascere la diatriba.
«Qui stiamo solo perdendo tempo,» stabilì il Senatore, ignorandolo. «La questione dei Whiplash è stata ampiamente chiarita e non vedo motivo di soffermavisi ancora, se non tenendo conto che si tratta comunque di una violazione dei protocolli militari da parte del signor Stark.»
Tony approfittò dello spaesamento di Knight per rivolgere un occhiolino a Rhodey, che ricambiò con un impercettibile cenno del capo e un'espressione meno truce del solito.
«Molto bene,» concesse infine il procuratore. «Resta il fatto che non può giustificare il suo intervento né in Gulmira né negli altri scontri in cui si è intromesso.»
«
Obiezione. Signor Knight, eppure le è appena stata fatta notare la sua ridondanza: il signor Stark ha spiegato chiaramente il motivo della sua presenza in zone di guerra.» 
Il tono di Kyle sfiorava l'annoiato.
«Non mi risulta che il signor Stark, e di conseguenza Iron Man, faccia parte di alcun corpo o unità speciale autorizzata dal Dipartimento della Difesa a intervenire in tali situazioni,» ribatté l'altro.
«Ho agito come privato cittadino nell'interesse comune; potreste anche ringraziarmi...» chiosò l'interessato, alzando l'occhio al cielo.
«Ciò non rende più legale la sua "attività supereroistica".»
«
Non pensavo ci volesse una licenza apposita,» sospirò tra sé.
Si abbandonò contro lo schienale della sedia a rotelle, agognando il momento il cui avrebbe potuto collassare su un divano per far riposare il cervello da quelle fesserie.
«Dovrebbe esistere, visti i potenziali pericoli che questa attività comporta.»
"Oh, Capitan Harlock sarà felice di sentirselo dire..."
«Signor Knight, non so dove voglia andare a parare con tutto questo, ma se si aspetta che io legalizzi la mia posizione di "supereroe" arriva al momento sbagliato, visto che sto per abbandonarla,» scandì Tony scambiando un'occhiata d'intesa con Kyle, che approvò appena con un gesto discreto del capo.
Prevedibilmente il tribunale fu pervaso da un brusio attonito che crebbe ben presto d'intensità, costringendo Stern a riportare l'ordine. Tony sorrise appena sotto i baffi, segretamente soddisfatto. Aveva avuto intenzione di usare quel jolly in un momento più critico, ma preferiva non addentrarsi in una discussione che avrebbe potuto tirare in ballo lo SHIELD. Non aveva alcuna intenzione di inimicarselo ulteriormente.
«Signor Stark, vorrebbe spiegarsi meglio?» lo incalzò Knight, quando fu tornata la calma.
Tony dovette sforzarsi di cancellare il sogghigno che era affiorato sulla sua faccia nel constatare come il suo diversivo avesse funzionato a meraviglia. S'impose un tenore più serio, ma non poté evitare un'occhiata trionfante verso il banco della difesa. Ebbe un involontario moto di delusione nel realizzare che gli occhi azzurri che aveva cercato sovrappensiero non erano lì, ovviamente; riportò la sua attenzione alla superficie lucida del banco dei testimoni, accigliandosi appena e realizzando che Knight attendeva impaziente una sua risposta. Si costrinse a uscire da dietro le quinte dei suoi pensieri per tornare sul palcoscenico:
«Beh, come dire... Io, anzi Iron Man, è in pausa a tempo indeterminato,» buttò lì con nonchalance.
«In pausa?»
Tony poggiò il gomito sul banco, rivolgendo il palmo della mano verso l'alto in un gesto incredulo:
«I supereroi non hanno forse diritto a ferie?» chiese retorico.
Knight era evidentemente confuso dalla piega che stava prendendo la situazione.
«Quindi non ha intenzione di riprendere il ruolo di Iron Man?»
«
Non ho detto questo, ho detto solo che lo metterò momentaneamente da parte.»
«
Quando si deciderà a fornire una risposta chiara e coerente alla corte non sarà mai troppo tardi, signor Stark,» intervenne il Senatore, con un sospiro esasperato.
«Pensavo fosse cristallino: al momento sono impossibilitato a riprendere il ruolo di Iron Man.» 
Nel parlare, sollevò di peso e con fare esplicativo la protesi fasulla e inerte con due dita della mano sana, facendo appello a tutta la sua faccia tosta per nascondere il turbamento che gli causavano quelle affermazioni. Odiava recitare la parte della vittima e sentiva le pareti dello stomaco bruciare d'orgoglio represso, ma doveva reggere il gioco, almeno per un altro po'.
«Di conseguenza non ho alcun interesse né a ricostruire l'armatura, né qualsiasi altro congegno potenzialmente offensivo finché non uscirò da questa situazione poco piacevole... cosa che i "signori della corte" stanno provando a impedirmi col sequestro delle protesi che dovrebbero servirmi per la riabilitazione,» concluse in tono deliberatamente afflitto, sollevando un'ondata di commenti dal pubblico molto influenzabile, come previsto.
Di nuovo Tony e Kyle si scambiarono uno sguardo d'intesa e un'espressione complice attraversò i loro volti.
«Signor Stark, fare la parte della vittima non le sarà di alcun aiuto,» lo intercettò duramente Knight, squadrandolo con aperto astio e fin troppo consapevole che il processo non stava girando a proprio favore.
«Obiezione. Signor Knight, si astenga da commenti inutili e volti a insidiare l'imputato,» intervenne Kyle.
«Accolta. Le ricordo la sua ammonizione,» osservò pigramente il giudice.
Knight aveva un'espressione che ricordava quella di un serpente pronto a sputare veleno, cosa che fece subito dopo:
«Ricordo ai signori della corte e a tutti i presenti che le protesi sono state ufficialmente interdette all'utilizzo pubblico per la loro potenziale pericolosità, ma il signor Stark ha ancora il diritto di utilizzarle privatamente per la sua riabilitazione.»
«E mi spiega che me ne faccio di una riabilitazione basata su delle protesi complete, se poi non posso usarle neanche per andare a fare la spesa?» commentò beffardo Tony, e Knight esitò, rendendosi conto di stare per entrare in un vicolo cieco.
«Vostro Onore,» s'intromise a quel punto Kyle, «a prescindere dalla pericolosità delle protesi, possiamo concordare sul fatto che restringerne l'utilizzo alla sola sfera privata comporti delle ingenti limitazioni alla libertà stessa del signor Stark.»
«Le limitazioni alla sua libertà derivano dalle scarse capacità di controllo dimostrate, signor Andrews, appurate negli scorsi processi...» s'intromise con prontezza il procuratore.
«... con prove di discutibile origine e respinte dalla giuri,» completò l'altro, interrompendolo sul nascere.
Tony si agitò appena al banco dei testimoni, scrutando preoccupato il suo avvocato e cercando di comunicargli con lo sguardo quanto non volesse riportare la discussione sulle foto della Everhart. Le successive parole di Knight vanificarono le sue speranze di glissare sull'argomento:
«
Vanity Fair ha ritenuto le prove legittime, a quanto pare, assieme alle dettagliate testimonianze che le corredavano,» insinuò infatti, evidentemente alle strette e umiliandolo giusto per ripicca.
Tony si rabbuiò all'istante e decise che ne aveva abbastanza di quelle frecciatine:
«Signor Knight, se è così interessato alle mie abilità amatorie posso darle una dimostrazione pratica in privato... ma per ora vorrei continuare a parlare di protesi nel senso stretto del termine, se non le dispiace,» sbottò a metà tra il serio e il faceto, ma il suo sguardo rimase tagliente e decisamente poco divertito.
Lo schiocco del martelletto riportò l'ordine nell'aula, ora attraversata da un brusio ilare e pettegolo.
«Signor Knight, signor Stark, invito entrambi ad astenervi dal gossip: siamo in un'aula di tribunale, non a un talk-show,» ricordò loro con fare seccato Stern. «Ciononostante, l'imputato ha indubbiamente fatto sfoggio di instabilità nelle scorse udienze e, si presume, al di fuori,» continuò poi impassibile.
«Non vi è alcuna valutazione psicologica ufficiale a sostegno delle tesi dell'accusa, Vostro Onore. E le ricordo che nel corso dell'ultima udienza l'imputato era febbricitante e fortemente debilitato da quelle stesse operazioni necessarie a impiantarsi le protesi che, in seguito a un possibile sequestro, si rivelerebbero solo un'inutile sofferenza,» sciorinò Kyle con sicurezza. «E ciò sarebbe un considerevole danno economico, emotivo e sociale per il mio cliente.»
«E mondiale,» aggiunse Tony di getto. «Niente protesi, niente Iron Man... e niente "deterrente nucleare" per gli Stati Uniti,» si arrischiò ad aggiungere, rimediandosi un'occhiata ammonitrice dal suo avvocato, ma dal pubblico arrivò un mormorio di consenso che sfatò la sua preoccupazione per quel commento azzardato.
«Una perdita davvero incommensurabile,» osservò sarcastico Knight, ma passò ignorato.
«È innegabile che ciò lederebbe la vita privata del signor Stark, ma cosa suggerisce per scongiurare questi "danni" e le "limitazioni" alle protesi, signor Andrews, considerando le conclusioni della giuria in merito?» insistette il giudice, dimostrandosi inaspettatamente incline al dialogo.
A quel punto l'avvocato si concesse un lieve sorriso sicuro di sé. Tony dal canto suo si sentì balzare il cuore in gola e si ritrovò a incrociare tutte le dita che gli rimanevano, pregando che la faccenda andasse per il verso giusto: erano finalmente arrivati al punto cruciale del processo, al quale avevano mirato con prudenza sin dal principio.
«Se le protesi sono davvero considerate alla stregua di "armi", potrebbero essere messe in regola con una banalissima licenza, come avviene normalmente per qualsiasi altro tipo di arma.»
Il breve silenzio attonito che seguì la sua affermazione fece capire a Tony che avevano appena colto nel segno: Knight era rimasto interdetto e si potevano quasi scorgere i suoi pensieri ristagnare dietro agli occhi chiari, come se fosse momentaneamente incapace di elaborare ciò che aveva appena sentito. Dopo aver meditato per qualche istante, il giudice si rivolse a Kyle prima che Knight potesse formulare una replica coerente:
«Signor Andrews, si rende conto che stiamo parlando di congegni che esulano dal concetto stesso di "arma"?»
«Non vedo perché non dovrebbe essere possibile regolamentarle seguendo delle direttive speciali e preposte al caso in questione,» ribatté prontamente lui. «Dopotutto, non costituerebbero un pericolo molto diverso da una comune pistola, tanto più che dovrebbero essere considerate come armi contundenti e non da fuoco.»
«Obiezione!» la voce di Knight risuonò innaturalmente alta e allarmata. «Non siamo ancora a conoscenza della reale capacità offensiva delle protesi, e ritengo assolutamente prematuro avanzare richieste del genere,» concluse, piuttosto debolmente.
«Per questo ho autorizzato una perizia tecnica sulle protesi non appena le avrò ultimate,» ribatté serafico Tony godendosi la reazione di Knight, che fu di puro sconcerto nel vedere apparire un documento che passò dalle mani di Kyle a quelle della guardia di sicurezza e infine del giudice, che lo lesse incuriosito facendo sprofondare nuovamente il tribunale in un mormorio agitato.
«Signor Stark, non ha fornito una data precisa per questa "perizia",» osservò Stern a lettura ultimata.
«Le protesi sono ancora in fase di collaudo: preferisco aspettare fino al loro completamento precludendomi qualche gita fuori porta. Odierei dover ripetere tutto una seconda volta, soprattutto se sarà Hammer a metterci su le mani,» puntualizzò lui con malcelato fastidio.
Il giudice annuì appena e prese a parlottare coi membri della giuria, mentre tra loro circolava varie volte il documento in esame, con grande aspettativa di Tony e Kyle.
Quasi sobbalzarono quando il martelletto schioccò di nuovo.
«La corte mette agli atti l'autorizzazione controfirmata dal signor Stark,» annunciò infine Stern.
Tony si ritrovò a sorridere con enorme soddisfazione mista a sollievo, cercando con fare saccente gli occhi irati di Knight, adesso impalato rigidamente davanti al banco dell'accusa e per una volta a corto di parole taglienti con cui metterlo in difficoltà.
«La questione delle protesi verrà archiviata fino alla loro ultimazione, a patto che il signor Stark continui a rispettare le limitazioni impostegli. Ogni violazione in tal senso verrà severamente punita.» 
Stern trapassò con lo sguardo Tony, come a sottolineare la serietà di quella minaccia. Lui si limitò ad alzare le spalle e a soffiargli un irriverente bacetto di ringraziamento, incurante del rischio di vedersi sbattere al gabbio seduta stante; per sua fortuna il giudice si limitò a sbuffare sonoramente, già pentito della sua magnanimità.
Tony scoccò un'occhiata di sottecchi a Kyle, che con sua sorpresa non stava ancora facendo una ola di gioia per il risultato appena raggiunto. L'avrebbe fatta volentieri lui, ad avere due braccia funzionanti, ma per ora gli bastava non riuscire a togliersi dalla faccia un ghigno soddisfatto e indirizzato soprattutto a un Knight paonazzo e ribollente di frustrazione.
«Signor Stark, anche escludendo le protesi, lei è comunque in possesso di armi devastanti, sebbene non sia al momento in grado di usarle,» tornò alla carica, in tono molto meno conciliante di prima. «E queste, non essendo sotto il controllo dell'esercito, potrebbero essere sottratte e utilizzate in modo improprio come con la tecnologia arc.»

«Ho i miei metodi per assicurarmi che ciò non accada più, signor Knight. Ho imparato la lezione,» ribatté Tony laconico, accennando alla benda sull'occhio.
«E noi dovremmo fidarci della sua parola?»
«Dovreste fidarvi del fatto che Iron Man è sempre rimasto in mio esclusivo possesso, escludendo la penosa imitazione di Stane che mi sono premurato di porre sotto mia diretta custodia. O almeno, ciò che ne rimane dopo il tuffo nel reattore.» 
Tony si rese conto con un brivido d'inquietudine di aver portato il discorso in una direzione pericolosa, ma Knight sembrava troppo accanito contro Iron Man per cogliere l'opportunità:
«La sua parola non è una garanzia sufficiente. Le "protesi" potranno anche passare come giocattoli, ma spero non vorrà convincere la corte a concederle un porto d'armi anche per Iron Man,» sbottò con sarcasmo.
«Lungi da me, signor Knight,» sospirò Tony, chiedendosi quante energie dovesse avere il procuratore per mandare avanti quella pantomima estenuante.
«Signor Stark,» intervenne a quel punto il giudice, «le faccio notare che la detenzione di armi di tale portata deve necessariamente essere regolamentata e approvata dal Dipartimento della Difesa. Siamo stati fin troppo clementi con lei: la invito caldamente e per l'ultima volta a smantellare e consegnare di sua volontà l'arma Iron Man, o saremo costretti a processarla ufficialmente per possesso illegale di dispositivi ad alto potenziale bellico,» annunciò con fredda formalità, e a quelle parole Knight s'illuminò come non mai.
Al contrario Tony sprofondò in un'espressione tetra, sentendosi messo alle corde e prendendosi qualche secondo per rispondere. Incrociò goffamente le braccia con un cipiglio contrariato.
«Obiezione,» s'intromise con pacatezza Kyle. «Il signor Stark non è attualmente in possesso di armi simili, come dichiarato in precedenza.»
«Non abbiamo la certezza che il signor Stark non possegga armature in questo momento,» replicò Knight, come rinvigorito dalle affermazioni del giudice.
«Se proprio insistete, vi invito per un tè a casa mia così da constatare con mano l'arsenale che secondo voi sto nascondendo nella Bat-caverna. Ma temo che troverete solo un sacco di rottami, computer e auto d'epoca,» intervenne Tony, e alzò le spalle falsamente dispiaciuto, reggendo il gioco azzardato di Kyle.
Vi furono lunghi, pesanti secondi di silenzio, interrotti solo dal fitto confabulare di Stern con la giuria. Knight osservava il tutto con circospezione e pacata aspettativa. Infine il Senatore si raddrizzò sul suo scranno, intercettando lo sguardo di Tony.
«Stia pur certo che accetteremo presto l'invito, signor Stark.»


***


3 Giugno, Tribunale di L.A., 13:40

«K?»
«Stark?»
«Non ho ben capito se è andata bene o male.» 
Tony si passò una mano sulla nuca con fare perplesso, attendendo un'illuminazione da parte dell'avvocato, che però non arrivò. Kyle era intento a rileggere il verbale dell'udienza e si faceva sempre più scuro in volto ad ogni pagina che scorreva.
«K?» lo chiamò ancora, con più insistenza.
A quel punto il giovane chiuse seccamente la cartellina, come a chiudere con essa anche le sue riflessioni.
«Siamo in pareggio,» annunciò infine, con aria un po' assente.
«Già, avevo avuto quest'impressione,» concordò lui, con uno sbuffo.
«Non mi sembri particolarmente preoccupato. Ti hanno praticamente annunciato una perquisizione e il sequestro di Iron Man,» commentò l'altro, scrutandolo coi suoi penetranti occhi verdi come a voler svelare il segreto di quella calma così insolita.
«Che venissero pure in gita alla villa: dovrò solo smantellare la Mark II. Non è un grosso problema,» commentò Tony, con una percepibile punta di rammarico.
«Il Dipartimento della Difesa non si accontenterà così facilmente: vorranno i progetti delle armature. E c'è la questione dei tuoi interventi nelle operazioni militari... non sei Iron Man adesso, ma lo sei stato, e se decideranno di appigliarsi ancora a quello, e lo faranno, neanch'io potrò esserti d'aiuto.»
«Me la caverò come sempre.» 
Tony alzò le spalle con noncuranza. Lo sguardo di Kyle si fece ancora più penetrante.
«Stark, se hai qualcosa da dire, dilla adesso, non tra un mese quando saremo di nuovo in aula.»
«Sono in fase meditativa. Sappi solo che ho un piano. Credo...» aggiunse, inclinando appena la testa di lato con aria assorta.
Kyle non sembrò affatto rassicurato, ma decise di lasciar correre, almeno per il momento. A quel punto Tony s'illuminò repentinamente, rivolgendogli un sorriso raggiante:
«Il nostro piano però ha funzionato: abbiamo praticamente vinto la causa delle protesi!»
L'avvocato non poté fare a meno di sorridere di rimando, contagiato dalla sua euforia.
«Almeno quella è stata una vittoria. Merito della mia strategia,» aggiunse, portandosi una mano al petto in uno sfoggio di immodestia.
«Merito del mio charme, vorrai dire! Devo aver finalmente fatto colpo su Knight: oggi aveva uno sguardo da triglia più intenso del solito,» lo rimbeccò Tony, sogghignando.
«Oh, attento, sono quasi geloso, Stark.»
L'altro ridacchiò, per poi tornare a fissarlo accigliato:
«Come diavolo facevi a sopportarlo? Io l'avrei picchiato al primo appuntamento,» scosse la testa, incredulo e squadrandolo con malcelata curiosità.
«Infatti la cosa non è durata molto. E a poter tornare indietro lo farei,» aggiunse, quasi sognante al pensiero di assestare un gancio sul muso del procuratore. «Piuttosto, oggi ti sei comportato quasi bene. Devo preoccuparmi?» commentò poi, chiudendo con decisione l'argomento.
«Non più del solito,» l assecondò Tony. «Ho semplicemente deciso di provare l'ebbrezza di attenermi ai "protocolli",» mimò delle virgolette infastidite.
Kyle lo fissò dubbioso per qualche istante, ponderando quelle parole.
«Avvicinati,» lo invitò d'un tratto.
Tony arcuò perplesso entrambe le sopracciglia, sporgendosi però cautamente verso di lui dalla sedia a rotelle:
«K, capisco che tu voglia congratularti con me, ma una stretta di mano è più che sufficien–... Ahia!» esclamò, sobbalzando al secco scappellotto che Kyle gli aveva appena rifilato a tradimento sulla nuca.
«Se avessi avuto la decenza di seguire le mie direttive fin dall'inizio, a quest'ora saresti un uomo libero!» sbottò l'altro, piantandogli un indice a un palmo dal naso con fare accusatorio e diventando rosso in volto.
Tony si massaggiò la testa storcendo la bocca in una smorfia, senza osare ribattere e sapendo quanto l'avvocato avesse ragione.
«Messaggio ricevuto,» borbottò dopo un po' con aria colpevole. «Ma è sbagliando che s'impara,» aggiunse subito dopo con fare saputo, e un sorrisetto da discolo riprese a inclinargli le labbra.
«Tony!» la voce stentorea di Rhodey lo riscosse, e si scoprì a sorridere più apertamente nel vedere l'amico che gli si avvicinava ad ampie falcate, con la solita espressione di pietra sul volto.
Kyle dovette intuire al volo di essere di troppo, perché richiamò discretamente l'attenzione di Tony con una rapida pacca sul braccio:
«Stark, io vado, ho un sacco di tuoi casini da gestire. E chiamami quando elabori il tuo "piano",» gli ingiunse minaccioso, al che Tony alzò l'occhio al cielo, ma annuì conciliante.
«Colonnello...» Kyle si portò due dita alla fronte in un accenno di congedo militare prima di defilarsi e lasciarli soli.
Tony si sistemò meglio sulla sedia a rotelle, improvvisamente a disagio nel ritrovarsi sotto gli occhi dell'amico dopo così tanto tempo... e soprattutto dopo averlo praticamente chiuso fuori dalla sua esistenza senza alcun motivo preciso, se non il suo orgoglio. Rhodey lo salutò con un lieve cenno del capo, per poi piazzarsi di fronte a lui un po' impettito come al solito. Tony lo scrutò brevemente: aveva l'impressione che le medagliette appuntate sulla divisa fossero aumentate.
«Bel gioco di squadra, là dentro,» esordì con leggerezza, indicando le porte dell'aula alle loro spalle.
«Non ho certo stilato un rapporto per vederlo ignorare,» si limitò a commentare Rhodey a mo' di giustificazione.
Tony si accorse che lo fissava con un misto di curiosità, sconcerto e preoccupazione: si chiese come avrebbe reagito nel vederlo appena un paio di mesi prima, con molti chili in meno, un costante velo di febbre e il doppio delle occhiaie. In quel momento la cosa più disturbante era probabilmente lo sfregio che gli deturpava il volto, da cui lo sguardo di Rhodey sembrava involontariamente calamitato. Non gliene fece una colpa, ma dovette trattenere la tentazione di rimettersi la benda che aveva riposto in tasca dopo il processo: i suoi sentimenti verso quel pezzo di stoffa erano altalenanti e volubili, e raramente mostrava coerenza al riguardo. Adesso però non vedeva motivo di nascondersi di fronte al suo migliore amico, soprattutto dopo averlo tenuto all'oscuro di tutto per così tanto tempo. Sapeva perfettamente cosa si provava ad essere messi in disparte.
"Quanto posso essere ipocrita?" si ritrovò a pensare con colpevolezza.
«Non c'eri allo scorso processo,» osservò infine, con tenue curiosità.
«Mi è toccato un viaggetto in Afghanistan. Qualche sopralluogo, nulla di che,» minimizzò subito con aria assente, reprimendo la sua chiara riluttanza a rispondere.
Tony si accigliò.
«Mh. Hai portato i miei omaggi ai Dieci Anelli?»
«Più o meno. La situazione è ancora calda.»
La conversazione morì per qualche istante, finché non fu Rhodey a rompere definitivamente il ghiaccio:
«Ho ricevuto la tua mail. E la foto,» osservò cautamente.
Tony lo fissò con improvvisa consapevolezza: adesso credeva di intuire cosa avesse spinto l'amico a riprendere i rapporti. L'incrollabile fiducia che Rhodey aveva in lui era a volte disarmante, ma se ne sentì rallegrato. Con una buona dose di senso di colpa a irritargli lo stomaco per come l'aveva trattato negli ultimi mesi, ovviamente. Si trovò a pensare che
forse quel messaggio di auguri non era così minatorio come si era convinto che fosse...
«So di essere fotogenico, ma non immaginavo di averti colpito così tanto,» scherzò senza incontrare i suoi occhi.
«Pensavo di trovarti in piedi,» continuò Rhodey ignorando la sua battuta, sempre con l'aria di chi si sta addentrando nelle sabbie mobili timoroso di sprofondarvi ad ogni passo.
Tony volse ostentatamente lo sguardo al soffitto, camuffando l'imbarazzo:
«Ci sono state delle complicazioni,» esordì vago, sentendosi sotto esame quando lui assottigliò lo sguardo. «Per usare le parole del mio segaossa, ho "strafato",» concluse a malincuore.
«Chissà perché, non mi sorprende.»
Tony non trattenne un risolino autoironico:
«Mi conosci troppo bene.»
«Ti trovo bene,» ribatté di slancio lui.
L'altro lo fissò sorpreso e momentaneamente senza parole, ma si ricompose alla svelta senza dare a vedere quanto gli avesse fatto piacere quello che vedeva come una sorta di riconoscimento ufficiale dei suoi progressi. E da parte di Rhodey, che riteneva pressoché incapace di dimostrare alcuna emozione che non fossero orgoglio e dedizione al proprio lavoro, contava come se gli avesse appena consegnato personalmente un trofeo – e stavolta non era un inutile Apogee Award.
«Starei anche meglio se il governo la smettesse di starmi col fiato sul collo,» sbottò, sfoggiando una smorfia contrariata nel tentativo di celare la sua contentezza.
«Non sei nella migliore delle posizioni,» riconobbe Rhodey, adombrandosi a sua volta e muovendosi a disagio sul posto.
«Posso contare su un altro assist provvidenziale?» chiese a quel punto Tony, quasi facendogli gli occhi dolci; Rhodey non trattenne un mezzo sorriso, ma il suo tono rimase severo:
«Tony, io posso ammorbidire gli alti gradi, ma non faccio miracoli. Il governo e l'esercito vogliono Iron Man, possibilmente senza includere te nel pacchetto.»
«Avevo intuito un certo astio nei miei confronti, ma pensavo fosse solo una mia impressione,» sbuffò lui, poggiando il mento sulla mano e sporgendo il labbro con fare imbronciato.
«Non scherzare: se non consegni Iron Man metterai in pericolo anche le Stark Industries, quindi evita altri colpi di testa,» gli ricordò l'amico, spronandolo a rimanere serio.
«Ehi, è finita la mia "fase ribelle",» lo rassicurò lui, lievemente irritato. «Ora sono in quella "pensa-prima-di-agire".»
«E prima di chiudere tutti fuori dal tuo mondo,» osservò Rhodey pungente.
«Quella non è stata una buona mossa,» riconobbe a malincuore, passandosi una mano tra i capelli un po' troppo lunghi e riconoscendo che l'amico si era trattenuto anche troppo a lungo dal rimproverarlo direttamente.
«A proposito, dov'è Pepper?»
«Domanda di riserva?» 
Tony lo fissò con un sorrisetto tirato e implorante: non era assolutamente dell'umore per affrontare l'argomento, soprattutto non con lui.
«Tony... sei un disastro.» 
Rhodey si portò una mano al volto e chiuse gli occhi, probabilmente immaginando chissà quali scenari apocalittici che potessero giustificare l'assenza della donna in un frangente così critico. Il che non si sarebbe discosto poi molto dalla verità. Tony incassò il commento, ritenendo più opportuno non rivelargli anche del suo tentato suicidio in un momento in cui sembrava incline a lasciarsi i loro trascorsi alle spalle. Il pensiero della sua potenziale reazione a quella notizia lo impensieriva più di quanto volesse ammettere, ma sapeva che prima o poi gli sarebbe toccato rivelargli anche quella sua "prodezza", a costo di perdere definitivamente la sua amicizia: non era di certo un tipo comprensivo né incline ad abbandonare la sua rigorosità. Si accorse di aver poggiato la mano sul reattore e confermò tra sé la sua decisione di rimandare quella chiacchierata. Non era poi così sicuro di poter già parlare della faccenda con chi gli stava a cuore come se niente fosse, soprattutto contando il numero di notti insonni che gli aveva causato.
«Tornando a noi...» riprese cautamente, allontanandosi da quel campo minato. «Ho una mezza idea per uscire da questo pasticcio, ma forse mi servirà un po' più di un mese.» 
Lo guardò di sottecchi con fare eloquente, e Rhodey sospirò incrociando le braccia.
«Vedo che posso fare, ma non ti assicuro nulla. Che intenzioni hai?»
A quel punto Tony si rilassò nella solita espressione sorniona che assumeva quando gli veniva un'idea che riteneva geniale. E la maggior parte delle volte si rivelava tale.
«Tanto per cominciare, dovrò rovinare le vacanze a qualcuno...»




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Note Dell'Autrice:

Ehilà!
Sto aggiornando in un orario che non so se definire notte o mattina, quindi mi dimenticherò probabilmente mille cose che volevo dire nelle note.
Innanzitutto ho finalmente avuto la meglio sull'HTML e sono riuscita a cambiare il layout del testo come volevo, cioè con l'interlinea 1,5 che rende più arioso il testo. Vi prego di segnalarmi eventuali problemi nella visualizzazione:)

Passando al capitolo... sì, torna il processo, per l'ultima volta. Il resto delle udienze verrà riportato in forma indiretta, per vostra gioia. Mi rendo conto della pesantezza, che ho cercato di smorzare per quanto possibile, ma questo era un passaggio importante per la storia, come avrete intuito. La questione del "porto d'armi" per le protesi suonerà forse ridicola, ma era la soluzione originaria che avevamo elaborato agli albori della storia e ho deciso di mantenerla per non complicare e allungare la questione, dato che in questa parte le protesi scivoleranno comunque in secondo piano rispetto ad altri argomenti e problematiche.

Credo che si noti la volontà di inserire un certo personaggio, almeno indirettamente... non dico nulla di esplicito, ma credo di aver fornito abbastanza indizi qui e negli scorsi capitoli (coffcoff riguardatevi il capitolo 3 coffcoff). Devo ancora incastrarlo per bene nella storia e non credo apparirà mai direttamente, ma penso che possa essere un'aggiunta interessante.
A parte ciò: sì, la Everhart alla fine ha pubblicato il servizio di vario tipo in cui mette alla berlina Tony in seguito alla loro scappatella poco riuscita. È stronza? Ovviamente. Ha rilevanza? La avrà, non molta, ma la avrà... *sadism intensifies*
Il riavvicinamento di Rhodey potrà sembrare repentino, ma in realtà è una scelta ben ponderata. Lui e Tony sono due testoni orgogliosi, ma Rhodey sa riconoscere quando è il momento di mettere da parte le questioni personali. D'altro canto, non sa ancora della "prodezza" di Tony, quindi è più incline a dimostrarsi conciliante con lui. Ma non durerà in eterno.
E Pepper è ancora una volta "nell'ombra"... giuro che prima o poi ne esce :P

Detto ciò, ci tengo a ringraziare 50shadesofLOTS_Always ed Emyclarinet che hanno recensito lo scorso capitolo, rendendomi felicissima nel sapere che questa storia è ancora seguita e viene addirittura "scoperta" a distanza di anni <3
Un ringraziamento speciale alla mia cara _Atlas_ che, oltre a recensirmi ovunque e sorbirsi le mie risposte chilometriche, sopporta anche i miei scleri infinity su Infinity War e le mie recensioni moleste. Tesevobbene <3 
Grazie anche a chiunque leggerà/recensirà :)

Prevedo un aggiornamento entro il 25 maggio, forse prima, forse dopo, a seconda di come procederà la stesura (e anche perché ho un po' di strizza a pubblicare il prossimo capitolo, perché ci tengo assai ma allo stesso tempo è mooolto opinabile, strambo eeee niente, paro le manO avanti fin da ora).
Dasvidanija, people,

-Light-


P.S. Per rispondere ad Atlas riguardo a Kyle e Knight... direi che i tuoi film mentali sono più che confermati :D





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