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Autore: Chauve souris    11/05/2018    6 recensioni
INTERATTIVA | Iscrizioni chiuse
Anno 2023. Un gruppo di maghi provenienti da luoghi ed epoche diverse si risveglia in un luogo sconosciuto e ostile; nessuno di loro ricorda nulla del suo passato, tranne il proprio nome. Dovranno mettere da parte l'ostilità e la paura che li spingono a diffidare gli uni degli altri per cercare di scoprire chi li ha rapiti e ha cancellato loro la memoria, e, soprattutto, perché lo ha fatto. Non sanno di essere intrappolati in un gioco antico ed oscuro, a metà tra una guerra e una partita di scacchi, e che dovranno scegliere di chi fidarsi e da che parte stare. Ma c'è davvero una parte giusta?
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Chapter VIII: The Abyss

 
Toronto, 2013
Quando sentì la porta di casa aprirsi, Gabriel Morgan Undersee, otto anni, alzò gli occhi dal foglio e lanciò un'occhiata all'orologio. Quando si rese conto che a quell'ora poteva solo essere suo padre che tornava dal lavoro, non riuscì a trattenere una smorfia. Aveva sperato di riuscire a finire di scrivere quel racconto e farlo leggere a sua madre prima che lui tornasse.
Tuttavia, non era un ragazzo che si arrendeva facilmente, quindi scrisse l'ultima riga della storia, diede una sommaria occhiata al tutto - gli errori di grammatica c'erano, se ne era accorto, ma infondo che importava se la trama era avvincente? - e si alzò per correre da sua madre.
La trovò in cucina, mentre si dava da fare per pelare delle patate con un'espressione irritata sul volto. Probabilmente era perché suo marito si era di nuovo lamentato per il fatto che la cena non fosse ancora pronta, nonostante lui tornasse a casa all'incirca sempre alla stessa ora.
‹‹ Come se fossi una sua dipendente! ›› Borbottò la donna, mettendosi ad affettare la patata con particolare impegno.
‹‹ Mamma! ›› Theresa sobbalzò sentendo il figlio chiamarla, poi si voltò e gli rivolse un enorme sorriso. ‹‹ Tesoro! Hai fame? Temo dovrai aspettare ancora un po', ho appena cominciato. ››
‹‹ No. Cioè, ho fame, ma non è questo il punto. Ho scritto una storia, mamma! La leggi? ››
‹‹ Oh, certamente! ›› Theresa si pulì le mani sul grembiule, poi prese in mano il foglio che Gabriel le porgeva e lo lesse velocemente. Non era un racconto lungo, e bisogna dire che non era neanche molto armonico: le idee sembravano susseguirsi l'una all'altra senza una regola precisa, con il risultato che alle fine la donna non aveva ancora capito chi dovesse essere il protagonista, ma il risultato era stranamente interessante. Dunque sorrise al bambino. ‹‹ È una storia bellissima, Gabriel! Sei proprio un bravo scrittore. ››
Suo figlio le rivolse un sorriso radioso e fece per riprendersi il foglio, quando qualcuno lo anticipò.
‹‹ Ti sei di nuovo messo a scrivere, Gabriel? ›› Domandò Dominic Undersee, osservando con aria critica il racconto. Fece scorrere gli occhi sulle prime righe, poi la sua bocca si piegò in una smorfia infastidita. ‹‹ Dovresti seriamente smetterla con queste sciocchezze: questa è un'accozzaglia di cose senza senso. Al posto di perdere tempo in queste attività dovresti dedicarti un po' di più alle materie scientifiche. Quelle sì che ti saranno utili in futuro. ››
‹‹ Ma papà - obiettò Gabriel, ferito - io voglio fare lo scrittore. Mi devo esercitare. ››
‹‹ Che stupidaggine. ›› Dominic scosse la testa e lanciò un'occhiata di rimprovero a Theresa. ‹‹ Dovresti smettere di incoraggiare queste sue folli idee. ››
‹‹ E tu dovresti proprio andare a ripassare il significato della parola "gentilezza". ›› Replicò la donna, assottigliando gli occhi. Recuperò il racconto dalle mani del marito e lo porse a Gabriel. ‹‹ Tesoro, torna in camera tua, ti chiamerò quando la cena sarà pronta. Io e tuo padre dobbiamo parlare. ››

 
 
Bastò il lieve tocco di una mano sulla sua spalla per interrompere il leggero sonno di Marcus. L'uomo aprì immediatamente gli occhi e si tirò su, facendo sobbalzare Kile, che si era chinato su di lui per svegliarlo.
‹‹ È ora. Dobbiamo alzarci. ›› Borbottò Kile, dopo qualche istante. Marcus annuì, inarcando un sopracciglio. ‹‹ Lo immaginavo. ››
Rimase seduto, osservando Kile alzarsi per andare a svegliare qualcun altro; si passò una mano sul volto, cercando di scacciare la stanchezza che ancora lo attanagliava. Gli sembrava che fossero passati pochi istanti da quando, finito il suo turno di guardia, si era coricato per dormire.
Improvvisamente gli tornò in mente il suo sogno, che Kile aveva bruscamente interrotto. Aggrottò le sopracciglia, mentre cercava ricordare cosa stesse esattamente succedendo. Si trovava ... Dove si trovava? Marcus non lo sapeva. Ricordava, però, che era circondato dalle fiamme, che bruciavano alte e splendenti senza tuttavia bruciarlo né trasmettergli calore. Non gli pareva di aver provato paura: si era limitato a fissare il fuoco, senza pensare a nulla di particolare, come affascinato dal riverbero delle fiamme. Non sapeva quanto tempo fosse passato quando era comparsa la donna.
Sebbene si sforzasse, Marcus non riusciva a ricordare il suo viso; l'unica cosa che gli era rimasta impressa nella mente erano i suoi capelli, di un rosso scuro e intenso come il sangue, che parevano quasi confondersi con il fuoco che l'avvolgeva. La donna si era avvicinata a lui, camminando tra le fiamme senza che il suo corpo o la veste bianca che lo ricopriva ne risentissero. In quel momento Marcus aveva pensato che dovesse essere una divinità, una fiera dea della guerra e del fuoco, potente e bellissima. 
Si era fermata a pochi passi da lui e lo aveva guardato negli occhi, lo sguardo duro e severo. E poi gli aveva parlato.
Cercò di riportare alla mente le parole esatte che aveva pronunciato, senza riuscire ad afferrarle. Però gli pareva di ricordare il senso del discorso: gli aveva detto che era in pericolo. Che, se voleva uscire vivo da quella situazione, avrebbe dovuto prepararsi ad affrontare pericoli terribili e fatiche. Che avrebbe prendersi cura dei suoi compagni. E, infine, che avrebbe dovuto guardarsi da un uomo. "L'uomo belva", lo aveva chiamato. "L'uomo dagli occhi dorati". Era lui il nemico.
A quel punto la donna si era avvicinata ancora, finché non si era trovata proprio davanti a Marcus. Solo a quel punto lui si era accolto di quanto in realtà fosse alta e imponente: lo superava di qualche spanna.
Gli aveva sorriso, questo Marcus lo ricordava chiaramente, così come ricordava le parole che gli aveva detto in quel momento. "Mi fido di te, Marcus. Sii la mia arma."  
Era stato a quel punto che Kile lo aveva svegliato.
Marcus sospirò, alzandosi in piedi. La logica gli diceva che doveva trattarsi solo di un sogno, certo un po' strano, ma comprensibile dati gli eventi che gli erano capitati ultimamente. Ma non riusciva a scacciare la sensazione che, in realtà, fosse molto di più.
Scosse il capo, deciso a scacciare quel pensiero dalla mente. Aveva già abbastanza di cui preoccuparsi, e non poteva permettersi di perdere tempo a fantasticare su sogni e visioni.
A quel punto si avvicinò con passo deciso ai suoi compagni, che nel frattempo si stavano raccogliendo al centro della stanza.
 
 
Vancouver, 2016
Gabriel sorrideva felice, sfogliando uno dei libri che lui e sua madre avevano comprato. Da quando una lettera gli aveva svelato che lui era un mago e che sarebbe andato a studiare in una scuola di magia, Ilvermorny, non aveva fatto altro che sognare ad occhi aperti come sarebbe cambiata la sua vita. Anche Theresa, dopo la sorpresa iniziale, era rimasta affascinata dalla novità, e ora sembrava addirittura più in ansia di Gabriel.
‹‹ Bene - esclamò la donna, posando la gabbia della nuova civetta di Gabriel, Talia, sul tavolo della cucina -, adesso mancano solo il calderone e la divisa ... Santo cielo, abbiamo così poco tempo! ››
‹‹ Dai mamma, manca più di una settimana alla partenza. Avremo tutto. ›› Gabriel le sorrise. Non glielo aveva mai detto, ma era davvero felice che lei avesse accettato la sua natura di mago senza porsi neanche un dubbio. Lo stesso, naturalmente, non si poteva dire per suo padre.
Nonostante i suoi genitori avessero divorziato tre anni prima e i loro contatti si fossero ridotti al minimo, sua madre aveva comunque pensato fosse meglio informare Dominic sulla particolare "condizione" di Gabriel, giusto perché sapesse che scuola avrebbe frequentato suo figlio. L'uomo non ne era stato molto entusiasta.
Gabriel scosse la testa, scacciando il pensiero di suo padre. Quell'uomo non aveva mai provato a capirlo davvero, e probabilmente non gli aveva mai voluto davvero bene. Quindi non gli importava proprio nulla di cosa gli sarebbe andato bene e cosa no: Gabriel era un mago. E ne era felice.
 
 
Gabriel si passo una mano tra i capelli, ancora assonnato; se fosse stato per lui avrebbe dormito ancora qualche ora, al diavolo quella situazione assurda. Morgan, accanto a lui, sembrava pensarla allo stesso modo, perché non tentò neanche di nascondere il suo ennesimo sbadiglio.
‹‹ Mamma mia, sono stanchissimo. Insomma, non siamo a scuola, non potremmo tornare a dormire? ›› Sbuffò il ragazzo, stiracchiandosi. Gabriel annuì, perfettamente d'accordo. ‹‹ Concordo pienamente. ››
Yoko abbassò lo sguardo, cercando di nascondere un sorriso divertito: non riusciva a credere che quei due riuscissero a sembrare così calmi. Neanche lei si sentiva particolarmente riposata, ma non aveva faticato per nulla ad alzarsi, soprattutto considerata la situazione: non vedeva l'ora di mettersi al lavoro per cercare di capire come uscire di lì.
‹‹ Ehi, guarda che ti ho visto! Capisci, Gabriel? Noi soffriamo e lei ride! Come puoi essere così crudele? ›› Esclamò Morgan, indicandola con il dito. Lo sguardo di Gabriel si posò su di lei, e il ragazzo sorrise. ‹‹ Non posso crederci, e io che credevo che fossi dalla nostra parte! Mi sento ferito. ›› Scherzò, mentre Yoko arrossiva, imbarazzata. Quella ragazza era decisamente troppo timida, e forse proprio per quello gli faceva una grande tenerezza.
‹‹ Non stavo ridendo, è che ... Be', mi sembra che voi due vi sentiate decisamente più a vostro agio, nonostante la nostra condizione non sia delle migliori. La trovo una bella cosa, davvero. Anche io vorrei riuscire ad avere la vostra spensieratezza ... ›› Farfugliò la ragazza, sempre più imbarazzata, quasi impappinandosi nelle sue stesse parole.
Gabriel scoppiò a ridere. ‹‹ Santo cielo, non ti preoccupare, stavamo scherzando. E poi, se ci pensi, non possiamo mica essere sempre tesi, non credo ci faccia bene. Non sappiamo quanto tempo rimarremo qui dentro, ma non ho alcuna intenzione di passare ogni singola ora preoccupandomi di cosa sta succedendo. Dovresti provarci anche tu, ti assicuro che ti farà sentire meglio. ››
Yoko annuì, poco convinta: smettere di preoccuparsi le sembrava decisamente difficile.
‹‹ Se avete finito di comportavi come mocciosi, vi invito a raggiungerci. Qui stiamo decidendo cosa fare. ›› La voce fredda di Thomas riportò alla realtà i tre ragazzi, che si voltarono verso i loro compagni, i quali, in effetti, si erano riuniti e stavano discutendo sulla loro prossima mossa.
Dopo aver rivolto loro un'occhiata dura, il cavaliere si girò nuovamente. Morgan fece una smorfia. ‹‹ Quell'uomo è la simpatia fatta persona. Davvero, vorrei che diventasse il mio migliore amico. ››
Gabriel ridacchiò, per nulla turbato; forse era vera che si stavano comportando come dei ragazzi, ma in effetti era proprio quello che erano. A suo parere, scherzare e rilassarsi un po' avrebbe fatto bene a ogni membro del gruppo.
‹‹ Sarà anche stato poco cortese, ma ha ragione: dovremmo ascoltare. ›› Disse Yoko, prima di avanzare verso gli altri, subito seguita dai due ragazzi.
 
 
Ilvermorny, 2013
Gabriel scosse il capo, ancora turbato da ciò che gli era capitato qualche ora prima: quella mattina, quando sua madre lo aveva portato alla stazione per raggiungere finalmente Ilvermorny, si era trovato davanti suo padre, infuriato, con tutta l'intenzione di riportarlo a casa. Grazie al cielo, Theresa, arrabbiata come non l'aveva mai vista, gli aveva fatto una bella ramanzina, e alla fine, quando si era reso conto che Gabriel non lo avrebbe mai seguito, Dominic si era dovuto rassegnare.
Adesso Gabriel si trovava, finalmente, a scuola, in attesa di essere assegnato a una delle quattro case. Dunque scrollò le spalle e cercò di smettere di pensare a suo padre: presto sarebbe stato il suo momento, e voleva goderselo a pieno.
Quando finalmente venne chiamato il suo nome, Gabriel avanzò di fronte ai grandi intagli lignei che rappresentavano i simboli delle case di Ilvermorny; le osservò, rapito, in attesa di scoprire quale di loro lo avrebbe reclamato.
Con sua grande sorpresa, furono due le statue a reagire alla sua presenza: il Wampus con un forte ruggito, il Tuono Alato sbattendo le grandi ali.
Forse, Gabriel avrebbe potuto riflettere di più sulla sua scelta, valutando i pro e i contro di ogni opzione; ma alla fine, era stato tremendamente facile. In fondo, cosa poteva rappresentare meglio di un Tuono Alato la libertà che il ragazzo bramava?
 
 
‹‹ Mi sembra evidente che l'unica possibilità che abbiamo è quella di esplorare questo posto. ›› Disse Martha, con aria decisa. ‹‹ Quindi trovo che la cosa più sensata da fare sia vedere dove conducono queste porte, una per una, finché non troviamo una via di uscita. ››
‹‹ Penso che sia ciò che pensiamo tutti. ›› Affermò Bernt. ‹‹ Ma devo dire che non so ancora come ci converrebbe organizzarci ... ››
‹‹ Non mi sembra una cosa difficile. ›› Sbuffò Thomas, scuotendo il capo. ‹‹ Ci dividiamo in gruppi e ogni gruppo si occupa di una porta. ››
Bernt gli rivolse un'occhiata infastidita. ‹‹ Non sono convinto sia una buona idea dividerci, soprattutto in gruppi piccoli. Non sappiamo nulla di questo posto! ››
‹‹ Bernt ha ragione, dividersi potrebbe essere rischioso. ›› Isadore annuì, lo sguardo perso nei propri pensieri. ‹‹ Ma d'altra parte non sappiamo quanto potrebbe essere grande questo luogo, e rimanere tutti insieme potrebbe rallentarci parecchio. Abbiamo delle provviste, certo, ma non dureranno in eterno. ››
‹‹ Inoltre non credo che sarebbe saggio lasciare questa stanza senza sorveglianza. ›› Affermò Marcus. ‹‹ Come abbiamo visto, questo posto non è immutabile ... E se un muro ci impedisse di tornare indietro? Rimarremmo bloccati chissà dove, senza possibilità. No, a mio parere è meglio che qualcuno resti qui. ››
‹‹ Il problema è che siamo solo in dodici. Se dobbiamo dividerci, opterei per gruppi non più piccoli di cinque o sei persone, e ciò riduce notevolmente il nostro raggio d'azione ... ›› Mormorò Bernt. Sospirò; perché doveva risultare tutto così difficile?
‹‹ Io non me ne intendo, ›› Si intromise Kile ‹‹ ma potremmo andare a tentativi. Insomma, cominciamo a esplorare uno dei corridoi, per vedere dove conduce. Cerchiamo di capire come è strutturato questo posto, e poi decidiamo come muoverci. ››
‹‹ Ha senso. ›› Marcus gli rivolse un cenno di approvazione. ‹‹ Possiamo cominciare dividendoci in due gruppi: uno rimarrà qui, l'altro andrà ad controllare ciò che si cela dietro una delle porte. Solo in questo modo potremo capire qual è il modo migliore di comportarsi. ››
‹‹ A me sembra un perdita di tempo. ›› Ringhiò Thomas. ‹‹ Io voglio uscire da qui! ››
‹‹ Anche noi. ›› Isadore gli rivolse uno sguardo ammonitore. ‹‹ Ma non ha senso gettarsi a capofitto nel pericolo. Procediamo per gradi: se poi sarà necessario potremmo pur sempre cambiare la nostra strategia. ››
Thomas sostenne il suo sguardo, gli occhi azzurri ardenti di furia; infine scosse la testa e sbuffò. ‹‹ E va bene. Ma se finiremo per morire di fame o di vecchiaia, nessun dovrà azzardarsi a dare la colpa a me. ››
 
Anaёlle aveva ascoltato distrattamente i suoi compagni discutere sulla prossima mossa che avrebbero fatto, troppo concentrata sui suoi pensieri per farvi davvero caso. Da quando si era svegliata non aveva fatto altro che ripensare al bizzarro sogno di quella notte. Ma si era trattato davvero di un sogno? Quando Martha l'aveva svegliata non aveva potuto fare a meno di pensarlo, ma non poteva ignorare il fatto di essersi sentita completamente sveglia mentre vagava in quel labirinto senza fine. E poi c'era Lupo. Non era stato proprio lui a darle qualche informazione in più sulla Terra del Sonno e su quello che le era accaduto? Ma si sarebbe dovuta fidare di lui? In fondo, poteva essere semplicemente il frutto della sua fantasia.
Però ... Se non lo fosse stato? Anaёlle non riusciva a togliersi dalla mente il modo in cui quell'uomo aveva parlato con lei, come se sapesse benissimo chi fosse; eppure le aveva assicurato di non averla mai incontrata, e, chissà per quale motivo, lei gli credeva.
La ragazza sospirò e lanciò uno sguardo a Sof'ja, in piedi al suo fianco; anche lei sembrava sovrappensiero, gli occhi chiari puntati verso il terreno e le dita della mano destra che giocherellavano con la gonna dell'abito bianco. Anaёlle si chiese se avrebbe dovuto raccontare di ciò che aveva visto. Forse parlarne la avrebbe fatta sentire meglio e l'avrebbe aiutata a ragionare meglio ... Allo stesso tempo, però, temeva che si trattasse di un'enorme sciocchezza. Erano già tutti abbastanza stressati senza doversi preoccupare anche dei suoi sogni. Inoltre, non voleva apparire come l'anello debole della compagnia, né far credere agli altri di avere i nervi così a pezzi da cominciare a soffrite di allucinazioni.
‹‹ State bene? ›› Anaёlle sobbalzò, e si voltò verso Aziz, che doveva essersi avvicinato senza che lei se ne accorgesse. ‹‹ Non sarete ancora tormentata da ciò che è accaduto qualche ora fa ... ›› L'uomo le lanciò uno sguardo indagatore, lasciando però trasparire una certa preoccupazione.
‹‹ Oh ... No, per nulla. ›› Rispose Anaёlle, non appena ebbe capito a cosa lui si stesse riferendo.
‹‹ No? Allora c'è qualcos'altro che vi turba? ››
La ragazza si morse il labbro, indecisa se parlare o meno. ‹‹ Io ... Ho solo fatto qualche sogno che mi ha un po' turbato, tutto qui. ›› Disse infine, cautamente. Magari non era la sola ad aver avuto un'esperienza particolare durante il sonno ...
In effetti le sembrò di veder passare un'ombra negli occhi di Aziz, il quale parve colpito dalle sue parole. ‹‹ Capisco. ›› Rimase in silenzio qualche istante, soppesandola con lo sguardo, come cercando di capire se potesse parlare ancora o meno. ‹‹ Anche io, in effetti, ho fatto dei sogni particolari. ›› Disse infine, di getto.
Anaёlle senti il cuore pulsare con più forza. ‹‹ Cosa intendete per "particolari"? ›› Domandò, cercando di suonare il più naturale possibile.
Aziz inarcò un sopracciglio. ‹‹ Be', intendo che probabilmente erano legati al mio passato. Se solo ricordassi qualcosa, probabilmente potrei anche capire a cosa si riferiscono ... ›› Sospirò. ‹‹ Mi sento quasi un invalido. È così innaturale essere privati di una parte così importante di noi ... ››
‹‹ Oh. Sì, avete ragione. ›› Mormorò la ragazza in risposta. Per un momento aveva sperato di potersi confidare con qualcuno, ma a quanto pare si era sbagliata. Però le parole di Aziz le avevano fatto tornare in mente il sogno che aveva fatto prima di trovarsi nella Terra del Sonno. Aggrottò le sopracciglia, perplessa: quella visione - la chiesa, la sensazione di essere braccata, il terrore che l'aveva quasi paralizzata - poteva essere legata la suo passato? E in che modo?
‹‹ Se avete voglia di parlarne, sappiate che io posso ascoltarvi. ››
Anaёlle alzò nuovamente lo sguardo su Aziz, rimproverandosi per essersi di nuovo persa nei suoi pensieri. Non appena ebbe realizzato ciò che le aveva detto, sorrise. ‹‹ Vi ringrazio, davvero. Adesso, però, credo che dovremo lasciare perdere i sogni e metterci all'opera. ›› Indicò con un cenno del capo Bernt, che stava evidentemente cercando di attirare l'attenzione di tutti per comunicare le prossime mosse.
Aziz annuì, ricambiando il suo sorriso. ‹‹ Sì. Non vedo l'ora di uscire da questa situazione. ››
 
 
Ilvermorny, 2017
Gabriel era seduto su una poltroncina in biblioteca, immerso nella lettura di una tragedia greca - aveva dovuto farsi inviare il libro da sua madre, dato che la biblioteca della scuola sembrava tristemente priva di opere non magiche -, quando una voce lo interruppe bruscamente.
‹‹ Undersee. ››
Alzò gli occhi e osservò con curiosità il volto di Everett Jones, un Serpecorno di due anni più vecchio di lui che sembrava provare un divertimento incredibile nel disturbarlo. I suoi genitori erano entrambi maghi, e a quanto pare ciò lo poneva in una posizione di superiorità rispetto a Gabriel; forse era per questo che, da quando aveva cominciato il primo anno, Jones non aveva fatto altro che punzecchiarlo e prenderlo in giro, spesso affiancato dai suoi amici.
‹‹ Jones. ›› Gabriel gli rivolse un sorriso forzato: quando Everett andava a parlagli, spesso la faccenda finiva con i suoi libri che volavano sul pavimento o con qualche insulto sgradevole.
Il ragazzo più grande indicò con un cenno del capo il libro che Gabriel aveva tra le mani. ‹‹ Ancora a perdere tempo con questa roba? Sai, potresti almeno fingere di essere un vero mago. ››
‹‹ Be', dato che posseggo una bacchetta e so fare magie, non vedo perché non dovrei essere un mago. ›› Gabriel tentò di mantenere un tono di voce calmo e controllato, sebbene volesse solamente concludere la conversazione e tornare alla sua tragedia.
‹‹ Questo perché il mondo sta andando a rotoli. Se al governo ci fosse qualcuno con un po' di sale in zucca, nessuno darebbe mai una bacchetta a uno strambo come te. ›› Everett gli rivolse un ghigno incattivito. ‹‹ Figlio di No-Mag, di origini straniere e pure idiota. Una combinazione letale. ››
‹‹ Ti turba così tanto il mio essere canadese? ››
‹‹ Non prendermi in giro, Undersee, sai di cosa sto parlando. Quand'è che ti decidi a tornartene in Turchia con i tuoi simili? ››
Gabriel non era una persona litigiosa, difficilmente si innervosiva, ma ora si stava davvero stufando: non gli importava se Everett non aveva nulla di meglio da fare se non insultarlo, ma non gli piaceva che parlasse così le origini di sua madre.
‹‹ Hai finito si sputare luoghi comuni, Jones? Mi piacerebbe tornare a leggere. ››
‹‹ Non credo che tu abbia capito, razza di idiota. Ti sto parlando, e finché non avrò finito starai qui seduto ad ascoltarmi. ››
Gabriel alzò gli occhi al cielo, quindi si alzò. ‹‹ Mi piacerebbe moltissimo, Jones, davvero, ma la professoressa Brown dietro di te non sembra della mia stessa idea. ››
Everett si voltò di scatto, spaventato, ma quando vide che alle sue spalle non c'era nessuno sul suo volto si disegno un'espressione di pura rabbia.
‹‹ Senti un po', razza di ... ›› Ma quando si girò nuovamente, Gabriel era già sparito.
 
 
‹‹ Bene, allora ... ›› Esordì Bernt, mentre controllava di avere attirato l'attenzione di tutti. Non riusciva proprio a capire come alcuni membri del loro gruppo riuscissero a distrarsi e a smettere di pensare a cosa fare nella situazione in cui si trovavano, ma era evidente che alcuni di loro non avevano neanche provato a prendere parte alla discussione sul da farsi. ‹‹ L'idea è questa: ci divideremo in due gruppi. Uno, il più piccolo, rimarrà qui, giusto per assicurarsi che non spuntino altri muri, l'altro comincerà ad esplorare uno di questi corridoi. Non so quanto tempo sarà necessario per vedere dove porta, ma pensavo di stare via qualche ora, non di più. ››
‹‹ Proporrei di avanzare un massimo di tre ore. ›› Disse Martha, dopo un momento di riflessione. ‹‹ Se il percorso rimane in piano, dopo tre avremo percorso una bella distanza, e, se nel frattempo non avremo trovato altro, non so quanto possa servire continuare ... Non credo sia una buona idea allontanarsi troppo da qui. Potremmo pur sempre proseguire, se gli altri cunicoli non porteranno a nulla. ››
‹‹ Sono d'accordo. ›› Approvò Aziz, facendo un cenno d'assenso. ‹‹ E credo che entrambi in entrambi i gruppi dovrebbe esserci qualcuno che abbia delle conoscenze in medicina. Nel caso ci fosse qualche problema. ››
Bernt annuì, sollevato dal fatto che nessuno stesse sollevando obiezioni; non aveva proprio voglia di mettersi a discutere. ‹‹ Bene, allora è deciso. Bisogna solo dividersi in gruppi, allora. ››
 
Isadore camminava con passo sicuro, all'apparenza quasi rilassato; in realtà era vigile e attento come una pantera, pronto a scattare nel caso ce ne fosse stato il bisogno. La mano sinistra, infilata nella tasca del cappotto, era stretta intorno alla bacchetta, e sarebbe rimasta così finché il ragazzo lo avrebbe ritenuto necessario.
Non era stato facile decidere chi sarebbe andato in esplorazione e chi invece sarebbe rimasto: pareva che nessuno morisse dalla voglia di essere lasciato indietro, non dopo ciò che era successo ad Hanneke. Alla fine, Isadore era riuscito a inserirsi nel primo gruppo, insieme a Bernt, Marcus, Martha, Thomas, Sof'ja e Gabriel. Anaёlle, Kile, Yoko, Morgan e Aziz erano rimasti indietro, in attesa. In particolare quest'ultimo non era stato particolarmente contento di essere lasciato in disparte, ma, essendo l'unico dotato di una vera e propria preparazione medica, era meglio che rimanesse il più possibile al riparo da eventuali pericoli. Martha, inoltre, aveva chiarito di sapersela cavare, e che nel caso di un'emergenza avrebbe potuto essere d'aiuto, quindi si era inserita nel gruppo di esplorazione e aveva lanciato occhiatacce a chiunque cercasse di obiettare.
L'unico che sembrava essere almeno in parte felice della decisione presa era stato Morgan, che aveva preso una coperta e si nuovamente steso al suolo, mormorando di non svegliarlo se non in caso di pericolo di morte. La cosa aveva fatto sorridere Isadore: era confortante vedere che c'era almeno qualcuno in grado di non farsi prendere troppo dal panico e di riuscire a vedere il lato positivo degli avvenimenti.
A quel punto era stato necessario decidere quale cunicolo esplorare per primo, e, alla fine, la scelta era caduta su quello esattamente speculare alla stanza in cui avevano trovato le provviste, quello subito a sinistra rispetto al corridoio che li aveva portati lì. Dunque, dopo aver infilato in un sacco di tela qualche provvista - che Gabriel si era offerto di portare, il gruppo aveva cominciato la propria esplorazione. Naturalmente, avevano deciso di continuare a tenersi in contatto tramite il filo magico creato da Hanneke, che pareva continuare a funzionare. A tenerlo era Sof'ja, la quale, insieme con Gabriel, si era offerta di chiudere la fila.
Isadore alzò lo sguardo, lasciando scorrere gli occhi sulle schiene dei suoi compagni. Il corridoio, dopo un inizio stretto e tortuoso, si era allargato, in modo da permettere il passaggio di due persone per volta, sebbene non troppo comodamente. Bernt e Marcus avanzavano in testa, il primo guardingo e cauto, tenendo la bacchetta illuminata sollevata, il secondo, almeno all'apparenza, sicuro e rapido, con in mano il suo piccolo globo di luce. Li seguiva Martha, il cui sguardo acuto esaminava con attenzione ogni centimetro della parete, alla ricerca di una traccia - una qualsiasi.
Isadore era giusto dietro di lei, e sentiva al suo fianco i passi pesanti di Thomas. Lanciò una fugace occhiata all'uomo; aveva l'aria distratta, come persone nei propri pensieri, gli occhi azzurri puntati dritti davanti a sé. Era ... Bizzarro. Fino a quel momento Isadore lo aveva visto unicamente deciso a proseguire e a scoprire cosa ci facessero lì, e pareva che nessun pensiero potesse distrarlo dal suo obiettivo. Inoltre, poco prima, quando era giunto il momento di decidere quale corridoio intraprendere per primo, aveva insistito parecchio perché venisse scelto quello subito a fianco al deposito delle provviste. Nessuno pareva averci fatto particolarmente caso, ma Isadore non poteva fare a meno che domandarsi il motivo di tale desiderio.
La verità era che Thomas lo incuriosiva. Non sapeva esattamente per quale motivo, ma non poteva fare a meno di osservarlo e di studiare le sue mosse. Inizialmente gli era sembrato un uomo pieno di rabbia e privo di scrupoli, ma continuava a sospettare che sotto ci fosse molto di più.
Forse sentendosi osservato, il cavaliere alzò lo sguardo e incrociò quello di Isadore; questi non distolse lo sguardo - avrebbe solo ottenuto di risultare colpevole, e per cosa poi? -, ma sostenne gli occhi azzurri dell'altro e gli sorrise. Thomas inarcò un sopracciglio, ma infine inclinò anche lui le labbra in un sorriso obliquo.
‹‹ Che fate, signore? Siete stato stregato dal mio incredibile fascino? ›› Domandò, con un tono tra il divertito e il sarcastico.
‹‹ Naturalmente. Non capita spesso di vedere un bel viso come il tuo. ›› Rispose Isadore, continuando a sorridere.
Thomas parve sorpreso dalla risposta, ma, dopo avergli lanciato un'occhiata stupita, assunse un'espressione soddisfatta. ‹‹ Era proprio il momento che qualcuno se ne accorgesse. Ma, sebbene io sia consapevole del mio meraviglioso aspetto, temo che non sia l'unico motivo per cui mi stavate fissando. E mi piacerebbe saperlo. ››
Isadore scrollò le spalle. ‹‹ Non c'è nessuna ragione particolare. Mi incuriosisci, tutto qui. ››
‹‹ Schietto. E perché mai dovrei suscitare la vostra curiosità? ››
‹‹ Non saprei. Forse è il tuo modo di fare, che è così diverso dal mio. Forse sono semplicemente interessato a capire cosa ti passa per la testa. ››
Thomas inarcò un sopracciglio. ‹‹ Forse non voglio che gli altri sappiano cosa mi passa per la testa. ››
‹‹ Be', una ragione in più per essere curioso. ›› Isadore gli rivolse un sorriso spontaneo, continuando a osservarlo, in attesa della sua reazione.
Thomas rimase qualche istante in silenzio, come riflettendo sulle sue parole. Poi fece un ghigno. ‹‹ Siete una persona strana, messer Isadore. Ma, devo concedervelo, mi divertite. ››
 
Gabriel aveva trascorso i primi minuti di camminata a guardarsi intorno, osservando le pareti di pietra, alla ricerca di un segno che potesse aiutarlo a mettere in ordine la confusione che aveva in testa. Non aveva trovato niente, e presto aveva lasciato perdere per concentrarsi sui suoi pensieri. Aveva pensato più e più volte a tutto ciò che era successo loro da quando si erano svegliati, senza riuscire capire nulla di nuovo, quindi aveva deciso, almeno per il momento, di lasciar perdere. Dunque aveva cominciato a pensare ai suoi compagni di avventura; chissà chi erano e da dove venivano - Gabriel aveva smesso di chiedersi chi fosse lui, sapeva che non lo avrebbe portato a niente. Aveva appena iniziato a fantasticare su quale potesse essere il loro passato - Yoko poteva benissimo essere una principessa giapponese e Morgan un cantante famoso - quando la sua attenzione venne attirata dallo scambio di battute tra Isadore e Thomas. Li osservò incuriosito; non era ancora riuscito a inquadrare nessuno dei due, ma lo sorprendeva il fatto che si fossero messi a chiacchierare in quella situazione.
Dopo aver ascoltato qualche frase, non poté fare a meno di sgranare gli occhi e dare una gomitata a Sof'ja, la quale sobbalzò e gli rivolse uno sguardo allarmato. ‹‹ Che succede? ››
‹‹ Guardali! ›› Sussurrò Gabriel eccitato, ben attento a non farsi sentire. ‹‹ Stanno flirtando! ››
‹‹ Loro cosa? ››
‹‹ Oh, già, dimenticavo. Forse ai tuoi tempi non si usava ... In pratica, flirtare è quando ci provi con qualcuno. ››
‹‹ ... Non credo di aver capito. ››
‹‹ Be', allora ... ›› Gabriel dovette però interrompere la sua spiegazione, quando si accorse che i compagni davanti a loro si erano fermati. Sof'ja seguì il suo sguardo e osservò incuriosita Bernt, che si era voltato verso di loro.
Questi pareva abbastanza sconcertato, e lanciò al resto del gruppo un'occhiata indecisa, mentre Marcus si sporgeva in avanti, come nel tentativo di esplorare con lo sguardo ciò che si trovava oltre al punto in cui si erano fermati.
‹‹ C'è una scala, qui. ›› Esordì Bernt. ‹‹ Va verso il basso e si perde nelle tenebre. Secondo voi dovremmo proseguire? Quanto tempo è passato da quando abbiamo lasciato gli altri? ››
‹‹ Poco più di mezz'ora. ›› Rispose Martha. ‹‹ Abbiamo ancora tempo. Propongo di scendere un po'. Il peggio che ci può accadere e di tornare alla caverna in cui ci siamo svegliati. ››
‹‹ Ma è probabile che siamo già sotto terra, che senso ha scendere ancora? ›› Obiettò Gabriel. ‹‹ Non dovremmo cercare di raggiungere la superficie? ››
‹‹ Ma non possiamo semplicemente lasciar perdere. ›› Rispose Martha, voltandosi verso il ragazzo. ‹‹ E se poi il corridoio risalisse? E se invece questa strada portasse a un'uscita? ››
‹‹ Non ha tutti i torti ... ›› Mormorò Isadore.
‹‹ La matrona ha ragione. ›› Borbottò Marcus. ‹‹ Sebbene l'idea di scende ancora non piaccia neanche a me, non è detto che questa strada sia priva di uscita. Dovremmo tentare. ››
Bernt annuì e sospirò. ‹‹ Mi sembra ragionevole. Quindi, proseguiamo. ›› Non sembrava particolarmente entusiasta, ma comunque si voltò e, insieme con Marcus, imboccò la scalinata.
 
 
Ilvermorny, 2020
Gabriel osservò con aria vagamente preoccupata il fumo che saliva dal suo calderone; secondo il libro, la sua pozione a quel punto avrebbe dovuto assumere una lieve colorazione bluastra. Peccato che la sostanza di fronte a lui fosse di un verde acceso. Eppure era sicuro di aver seguito tutti i passaggi in modo corretto ... Be', in realtà forse a un certo punto si era stufato di tagliare in modo preciso tutti quegli ingredienti, e magari aveva inavvertitamente mescolato qualche volta in meno del previsto, ma non poteva essere andato tutto storto solo per quello, no?
‹‹ Gabriel, non vorrei dire - sussurrò Jack, il suo vicino, attento a non farsi sentire dal professore - ma secondo me la tua pozione non è proprio venuta come doveva. ››
‹‹ Me ne sono accorto. ›› Gabriel sospirò, melodrammatico. ‹‹ Scommetto che il professor Moore mi rimprovererà di nuovo per la mia scarsa attenzione. Sempre che non decida di usarmi per rimpinguare le sue scorte di ingredienti per intrugli malefici. ›› Posò una mano sulla spalla di Jack e lo guardò dritto negli occhi. ‹‹ In tal caso, di a mia madre che le voglio bene. ››
‹‹ Certo che quando ti ci metti sei proprio tragico ... ›› Ridacchiò Jack, scuotendo la testa. ‹‹ Com'è possibile che tu riesca sempre a mandare all'aria qualsiasi pozione su cui metti le mani? E dire che sei uno degli studenti migliori in Trasfigurazione e Incantesimi! ››
‹‹ È che quelle sono materie interessanti, Jack. ››

 
Ilvermorny, 2021
‹‹ Ehi! ››
Amber sobbalzò quando Gabriel la abbracciò da dietro, facendo ridacchiare il ragazzo. Si voltò verso di lui, indignata. ‹‹ Mi hai spaventata! La prossima volta avverti. ››
‹‹ Scusa, ma è stato divertente. ›› Gabriel le posò un bacio sulle labbra, e sorrise nel vederla arrossire. Improvvisamente lei si divincolò, allontanandosi. ‹‹ Non dovremmo fare queste cose in pubblico. ››
‹‹ Be', stiamo insieme. Mi sembra che sia normale che io voglia starti vicino. ››
‹‹ Va bene, lo capisco, ma almeno potresti limitare gli abbracci? ››
‹‹ Ma come? Io amo gli abbracci! ›› Gabriel le rivolse un'occhiata ferita, ma era evidente che si stava sforzando di non sorridere.
Amber alzò gli occhi al cielo. ‹‹ Suppongo che non morirai se non potrai abbracciarmi ogni singolo secondo, quindi ... E comunque, adesso dovremmo studiare. Cioè, avremmo dovuto cominciare a studiare mezz'ora fa, se non fossi sparito. ›› Gli lanciò un'occhiataccia, lasciandosi cadere su una sedia della biblioteca.
‹‹ Sì, scusa, ma stavo leggendo e non mi sono reso conto che si era fatto tardi. ››
‹‹ Ma non mi dire ... ›› La ragazza si passò una mano sul volto esasperata. ‹‹ Lo so che tu puoi prenderti tutto il tempo del mondo, ma io devo ottenere dei voti decenti, se voglio avere qualche speranza di trovare un posto nel MACUSA dopo la scuola. ››
‹‹ Dai, Amber. Sei intelligente e precisa, scommetto che riuscirai a fare qualsiasi cosa tu voglia. ›› Disse Gabriel, prendendo posto accanto a lei e posandole un braccio sulla spalla.
‹‹ Lo spero ... Ma se prendo un brutto voto nel prossimo compito solo perché tu continui a disturbare le nostre sessioni di studio, te la farò pagare. ››
 
 
Aziz si stava annoiando. L'altro gruppo era partito da meno di un'ora, e l'attesa cominciava a pesargli, soprattutto perché non sembrava che nessuno avesse qualche idea per passare il tempo: Morgan dormiva accanto a Yoko, la quale era inginocchiata su una coperta e pareva assorta nei propri pensieri; anche Anaёlle era pensierosa, gli occhi fissi su un punto indefinito - Aziz aveva il dubbio che stesse ancora riflettendo sullo strano sogno a cui aveva accennato -, e Kile non faceva che rigirarsi un sottile anellino tra le dita.
Inizialmente, non appena gli altri erano spariti nel corridoio, Aziz si era totalmente estraniato; continuava a pensare al sogno che aveva fatto quella notte, ma i suoi ricordi cominciavano ad essere nebulosi, e non ricordava molto più del fatto di essersi ritrovato in un tribunale a doversi difendere da un'accusa che lo atterriva e sdegnava insieme. A un certo punto si era svegliato, turbato e arrabbiato, senza riuscire a capire cosa diamine volesse dire quel sogno, e ciò lo aveva fatto solo innervosire ulteriormente.
Naturalmente, non era servito a nulla spremersi le meningi, e alla fine aveva lasciato perdere; il problema, appunto, era che non c'era molto altro da fare, se non riflettere sui propri problemi.
Alla fine, come colto da un'improvvisa ispirazione, tirò fuori la bacchetta; la tenne tra le mani, studiandola: non ricordava minimamente di che legno fosse, e non riusciva a capirlo. Aziz era certo di ricordare molti incantesimi. Se pensava a un'azione, immediatamente gli veniva in mente un corrispondente incantesimo, ed era abbastanza sicuro di poterlo eseguire - proprio come era accaduto quando avevano trovato la donna scorticata. Tuttavia, un po' di pratica non gli avrebbe fatto male.
Cominciò ad agitare la bacchetta, mormorando qualche parola, e fu soddisfatto quando, a pochi palmi dalle sue gambe incrociate, scaturì un piccolo fuoco dal colore rossastro. La fiamma non era molto grande - Aziz non aveva certo intenzione di dare fuoco ai suoi compagni-, ma bastava a scaldarlo un minimo, ed era sufficiente, dato che la temperatura all'interno della stanza era piuttosto bassa.
Stava pensando a quali altri incantesimi avrebbe potuto eseguire senza provocare troppi danni, quando la voce di Anaёlle lo riscosse.
‹‹ Incredibile! Lo avete fatto voi? ›› Domandò la ragazza, meravigliata di fronte al piccolo fuocherello.
Aziz le rivolse uno sguardo incuriosito. ‹‹ Be', sì, è un incantesimo piuttosto semplice. ››
‹‹ Oh. ›› Anaёlle abbassò lo sguardo, quasi imbarazzata. ‹‹ Purtroppo temo di non essere proprio un'esperta di magia. Anche solo tenere in mano questa - e sollevò la bacchetta - mi dà una sensazione di insicurezza che non riesco a spiegarmi. ››
Aziz inarcò il sopracciglio, incuriosito. ‹‹ Questo è piuttosto strano: siete giovane, ma siete donna adulta, dunque  dovreste aver già frequentato una scuola di magia o, comunque, degli insegnanti. ››
La ragazza scrollò le spalle. ‹‹ Be', magari ho avuto dei pessimi insegnanti. ››
‹‹ Anche questo è possibile. ›› L'uomo sorrise. ‹‹ In qualunque caso, dato che non abbiamo nulla da fare, potete esercitarvi con me. Non sono un maestro, ma se ne avrete bisogno potrei darvi una mano. ››
Anaёlle spalancò gli occhi, poi gli rivolse un sorriso radioso. ‹‹ Sì, è un'ottima idea! Allora potreste cominciare insegnandomi come si fa a creare un fuoco dal nulla? In questo posto fa così freddo ... ››
 
 
Aeroporto Internazionale di Vancouver, 2021
Gabriel scese velocemente dall'aereo, impaziente di raggiungere sua madre.
Dopo il viaggio in Turchia che aveva fatto, si sentiva una persona totalmente nuova: era stato emozionante poter conoscere a pieno le sue origini, e lo aveva fatto riflettere sulla sua vita e sul suo comportamento. E, soprattutto, sul rapporto con sua madre.
Gabriel amava sua madre. Era l'unica persona che aveva creduto in lui sin dall'inizio, quando suo padre non aveva per lui che parole fredde e sprezzanti, quando tutti, osservandolo, non vedevano altro che un ragazzino sciocco e strambo. Eppure non era mai riuscito a dirglielo, e, da quando era cresciuto, aveva anche smesso di mostrarle il proprio affetto tramite gesti. Per questo ora aveva tutta l'intenzione di andare da lei, abbracciarla e dichiararle il suo affetto.
Il tempo parve passare in un attimo, e presto si ritrovò all'ingresso dell'aeroporto; i suoi occhi vagarono freneticamente sulla folla, alla ricerca di sua madre, finché non la individuò, a pochi passi da lui. Come percependo il suo sguardo, anche lei si voltò, incrociando i suoi occhi, e gli sorrise.
Gabriel avanzò verso di lei, finché non la raggiunse, e aprì la bocca per parlare. ‹‹ Mamma ... ›
Qualcosa, però, gli impediva di continuare. Non riusciva a pronunciare quelle parole. Era semplice, bastava dire un "ti voglio bene", ma non ci riusciva. Si sentiva come bloccato, e ciò lo atterriva. Vedendo che sua madre inarcava un sopracciglio, come domandandosi perché suo figlio continuasse a fissarla senza dire nulla, Gabriel si riscosse. Infilò velocemente la mano nella borsa e ne estrasse una rosa, che aveva raccolto quando si trovava in Turchia e a cui aveva applicato un incantesimo per mantenerla in vita. Allungò la mano verso la madre, porgendole la rosa, e le sorrise, cercando di apparire convincente. Theresa seguì i suoi movimenti con curiosità, poi prese la rosa e la portò al volto; ricambiò il suo sorriso, poi con la mano libera gli accarezzò una guancia. ‹‹ Mi sei mancato, Gabriel. ››
‹‹ Mi sei mancata anche tu. ››
Ma perché non riusciva a dirle quanto le volesse bene?

 
Vancouver, 2022
Gabriel era sdraiato sul suo letto, gli occhi persi nel vuoto. Non riusciva a credere a ciò che aveva combinato ... Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Era sempre stato consapevole di avere un rapporto non proprio sano con l'alcol: c'erano delle volte in cui riusciva a contenersi e a rimanere sobrio, ma ben più spesso, dopo aver cominciato con un bicchiere, beveva fino a perdere totalmente il contatto con la realtà. Non sapeva, esattamente, perché lo facesse. Forse lo affascinava l'assoluta libertà dei suoi pensieri quando era ubriaco, la sensazione di sentirsi staccati dal resto del mondo, senza nessuna responsabilità o legame.
Ma quando la settimana prima si era trovato con alcuni amici per bere qualcosa, non avrebbe certo potuto immaginare che si sarebbe spinto al punto di tradire Amber.
Il senso di colpa aveva cominciato a divorarlo dall'interno nel momento stesso in cui si era reso conto di ciò che aveva fatto, tanto che non aveva potuto fare a meno di confessare ciò che aveva fatto alla sua ragazza, non appena l'aveva vista. Lei non l'aveva presa molto bene.
Gabriel sapeva di aver tradito la fiducia di Amber, e si odiava per questo. Sapeva che lei, in quel momento, si stava probabilmente tormentando chiedendosi perché lui l'avesse tradita, se era perché lei era così fredda e controllata e non si lasciava mai andare. Probabilmente quest'idea la stava facendo soffrire moltissimo.
Gabriel si portò le mani al volto, affranto. Come poteva farle capire che non era stato altro che l'alcol a farlo agire in quel modo? Lui amava Amber. Nonostante fossero così diversi, lei era una persona davvero importante per lui.
Avrebbe voluto alzarsi e correre da lei, per rassicurarla e consolarla, ma sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. Ora come ora non poteva fare altro che aspettare. E poi sperare che lei volesse ancora rivolgergli la parola.
 
 
Martha rapidamente alzò lo sguardo e osservò con aria assorta il soffitto del cunicolo, poi torno a puntare gli occhi sui gradini di pietra - non voleva certo inciampare. Tutto, dal pavimento alle pareti, era scavato nella pietra, la quale appariva perfettamente liscia, proprio come nel corridoio che aveva permesso loro di lasciare la caverna. La donna continuava a domandarsi come fosse possibile. Dovevano esserci voluti anni di lavoro per ottenere un risultato così preciso, anche utilizzando la magia. Ma che senso avrebbe avuto impiegare così tanto tempo per costruire una struttura del genere? Non sembrava un palazzo, né una residenza. Inoltre, fino a quel momento non aveva notato neanche un briciolo di polvere, come se qualcuno si fosse impegnato a pulire ogni singola superficie. Eppure quel luogo pareva assolutamente deserto.
Martha sbuffò, sempre più confusa. Da quando si era svegliata, niente sembrava avere senso, e più cercava di venire a capo di quel maledetto enigma, più le sembrava di non riuscire a capire nulla.
Poi ci si erano messi anche i sogni ... La sua mente continuava a tornare alla sensazione di angoscia che aveva provato durante il sonno, e non poteva fare a meno di chiedersi cosa potesse significare. Forse, se avesse avuto i suoi ricordi, avrebbe capito cosa significava.
Ormai era completamente immersa in questi pensieri, e fu solo per caso che, mentre abbassava lo sguardo per puntarlo sui propri piedi in modo da evitare di inciampare, si accorse che Marcus si era bloccato. Alzò gli occhi, incuriosita, anche perché Bernt, che aveva il capo girato e che era intento a osservare le pareti, non aveva dato cenno di volersi fermare.
Rallentò il passo, proprio mentre Marcus girava il volto verso Bernt e sussultava allarmato. L'uomo allungò il braccio e afferrò il compagno per la spalla, poi, con una forza insospettata - comunque era almeno una spanna più basso dell'altro - lo tirò indietro, facendolo arretrare e perdere l'equilibrio.
Bernt barcollò indietro, e quasi cadde addosso a Martha, la quale fu costretta a ritrarsi. Infine riuscì a tornare stabile appoggiandosi al muro con la mano sinistra, e, appena si fu ripreso, lanciò uno sguardo tra lo sbalordito e l'offeso a Marcus, che aveva il viso ancora rivolto verso l'oscurità del corridoio davanti a loro.
‹‹ Ma cosa vi salta in mente? ›› Esclamò, facendo qualche passo verso l'altro.
Marcus alzò il braccio, come a indicargli di fermarsi. ‹‹ Fermo. La strada finisce qui. ››
‹‹ Come sarebbe a dire? ›› Bernt si affiancò all'altro uomo e puntò lo sguardo nelle tenebre, sollevando la bacchetta per cercare di farsi luce. Non appena riuscì a capire cosa aveva davanti, il suo cuore perse un colpo.
Di fronte a loro, di distanza di forse cinque gradini, si apriva un baratro di buio e silenzio. La luce scagionata dalla bacchetta e dalla sfera di luce non illuminava neanche minimamente lo spazio che si apriva in tutte le direzioni - dritto davanti a loro, in alto, in basso, ai lati.
Cautamente Marcus scese ancora tre gradini, poi sporse il braccio che teneva il globo, nel tentativo di illuminare un po' di più l'ambiente. Non ottenne molti risultati: tutto ciò che si poteva vedere era che la scala finiva in un abisso oscuro, di cui non si riusciva a scorgere il fondo.
‹‹ Santo cielo, cos'è questo? ›› Mormorò Martha, che si era avvicinata e si era sporta a guardare nel vuoto.
‹‹ Un problema. ›› Ringhiò Thomas dietro di lei. ‹‹ Un maledetto problema. Cosa dovremmo fare, adesso? ››
‹‹ Non saprei. ›› Bernt si passò una mano sul volto; provava una sensazione di pesantezza alla bocca dello stomaco al pensiero che, se Marcus non lo avesse tirato indietro, avrebbe potuto non accorgersi dell'abisso e cadere di sotto. ‹‹ Forse è solo un crepaccio, e la strada continua dall'altra parte. ›› Si voltò verso Marcus, indicando il suo globo di luce. ‹‹ Potresti ... ››
Marcus annuì e lanciò la sfera dritta davanti a lui, mentre la sua luce aumentava d'intensità, costringendo i membri del gruppo a stringere gli occhi per il bagliore improvviso.
‹‹ Ma ... ›› Balbettò Gabriel, non appena la sua vista si fu abituata ‹‹ Com'è possibile? ››
Nonostante la sfera di luce si fosse ampliata e ora illuminasse un ampio spazio intorno a lei, non si vedeva nulla. Non una parete, non un soffitto, e nemmeno il fondo. Pareva che quello spazio vuoto si estendesse ovunque e che non avesse fine.
Marcus assottigliò gli occhi, poi, con precisi movimenti della mano, spostò la sfera, facendola andare velocemente verso il basso, ma non cambiò nulla. Dovette desistere quando si rese conto che rischiava di perdere di vista il globo.
Bernt deglutì, visibilmente turbato. ‹‹ Non è possibile che questa cosa non abbia un fondo. Da qualche parte deve pur andare. ››
‹‹ Oh, certamente. ›› Rispose Thomas, cercando di mantenere un tono controllato nonostante si sentisse totalmente atterrito. ‹‹ Un fondo ci sarà di sicuro, ma a quanto pare è molto, molto distante. E, sinceramente, credo che potremmo evitare di andarlo a cercare. ››
‹‹ Temo dovremmo considerare questa strada come un vicolo cieco. ›› Sospirò Marcus, scuotendo la testa. ‹‹ Faremmo meglio a tornare indietro. ››

 
Vancouver, 2023
Gabriel giocherellò con la penna che aveva in mano, dubbioso; gli serviva una frase ad effetto, per cominciare il suo articolo, qualcosa che avrebbe attirato l'interesse dei lettori costringendoli a leggere il suo articolo fino alla fine.
La strada per diventare giornalista si stava rivelando più difficile del previsto, e, soprattutto, si era trovato ad aver a che fare la competitività di chi voleva tentare la sua stessa sorte.
‹‹ Come procede? ›› Domandò Theresa, entrando in camera di Gabriel con una tazza di the.
‹‹ Be', ho trovato un titolo, ma adesso non so come cominciare ... ››
‹‹ Sono sicura che troverai qualcosa di geniale. ›› La donna posò la tazza sulla scrivania, mentre Gabriel le rivolgeva uno sguardo di gratitudine, e passò la mano sulla spalla del figlio.
‹‹ Com'è andata ieri, con Amber? Mi sembra che adesso abbiate ripreso a parlarvi. ››
‹‹ Be', sì. ›› Gabriel annuì, sollevato. Amber aveva messo in chiaro che tra loro due non avrebbe potuto più esserci altro che un'amicizia, ma almeno era un passo avanti. All'inizio lui ne aveva sofferto, ma ormai ci aveva messo una pietra sopra. Almeno, da quando l'aveva tradita, aveva smesso quasi totalmente di bere.
‹‹ Sono contenta, non era piacevole vederti girare per casa con quell'aria depressa ... ››
Theresa si sporse da dietro le spalle di Gabriel per dare un'occhiata a ciò che stava scrivendo, e si lasciò scappare un risolino. ‹‹ "Babbano armato di tostapane progetta un colpo di stato"? È così che hai intitolato il tuo articolo? ››
‹‹ Ti assicuro che rispecchia esattamente ciò che è successo! ››
‹‹ Ne sono sicura. Be', allora ti lascio lavorare! Vengo a chiamarti quando la cena è pronta. ››
Gabriel annuì e tornò a concentrarsi sul suo articolo, mentre Theresa usciva dalla camera.
Fece roteare la penna tra le dita, sempre alla ricerca di un incipit interessante, finché un'idea non gli balenò in mente. Sì, era semplice, ma parecchio d'effetto ...
Fece per posare la penna sul foglio, un sorriso ad incurvargli le labbra, quando sparì.


‹‹ Ed in questo modo è possibile rallentare un'emorragia per il tempo necessario ad intervenire. ›› Spiegò Aziz. ‹‹ Naturalmente, non è un incantesimo di guarigione, quelli sono molto più complicati, ma almeno si riesce a guadagnare tempo per operare o, nel caso, raggiungere un Medimago. ››
Yoko annuì con attenzione, imitando il movimento che l'indiano aveva appena fatto con la bacchetta, mentre Anaёlle si mordeva il labbro, un po' confusa. ‹‹ Forse è un po' troppo complicato per me, avrei paura di far saltare in aria qualcuno ... ››
‹‹ Però è utile conoscere queste cose! ›› Kile pareva entusiasta. ‹‹ Questo sì che è impiegare il tempo in modo intelligente. ››
Aziz sorrise, soddisfatto. Notando quel che stavano facendo lui ed Anaёlle, anche gli altri si erano uniti a loro, e presto quello che doveva essere un semplice passatempo si era trasformato in una lezione di primo soccorso. Era stata Yoko ad introdurre l'argomento, facendo notare che nella situazione in cui si trovavano sarebbe stato utile imparare almeno qualche incantesimo per salvaguardare se stessi e gli altri.
‹‹ C'è un modo in cui possiamo esercitarci senza andare a malmenare qualcuno? ›› Domandò Morgan, interessato.
‹‹ In una facoltà di medicina? Certamente. ›› Sospirò Aziz. ‹‹ Ma qui ... Temo proprio che dovrete accontentarvi di ripetere l'incantesimo e il movimento della bacchetta. ››
‹‹ Oh. ›› Mormorò deluso il ragazzo. ‹‹ Peccato. ››
‹‹ Però è già qualcosa. ›› Yoko gli rivolse un piccolo sorriso. ‹‹ Spero che non ci troveremo mai a dover eseguire un incantesimo del genere, ma nel caso avremo almeno qualche possibilità di successo. ››
‹‹ E c'è qualche incantesimo di guarigione facile? Non qualcosa di complicato, ma almeno qualcosa per poter richiudere una ferita. ›› Domandò Kile.
Aziz ci penso qualche secondo. ‹‹ Il problema è che spesso un taglio, se non superficiale, rischia di danneggiare delle strutture che, per essere curate, richiedono una certa attenzione, come vasi, muscoli o nervi ... Chiudere semplicemente il taglio non serve a molto. Ma forse c'è qualcosa che ... ››
Uno scalpiccio lo interruppe, facendogli sollevare il capo verso la porta che, forse due ore prima, aveva attraversato l'altro gruppo.
Dopo qualche istante dalla soglia emersero Bernt e Marcus, subito seguiti dagli altri.
Kile si alzò velocemente in piedi. ‹‹ Oh, avete fatto in fretta! Avete trovato qualcosa? ››
‹‹ Dipende da cosa intendi per “qualcosa” ›› Borbottò Thomas, evidentemente di pessimo umore, andando si a sedere con la schiena contro una parete.
Aziz inarcò un sopracciglio, mentre Morgan lanciava un’occhiata perplessa a Gabriel. ‹‹ È andata così male? ››
‹‹ Era un vicolo cieco. ›› Martha sospirò, appoggiando la schiena alla parete di pietra. ‹‹ La strada finiva improvvisamente con un burrone. ››
‹‹ Un … Burrone? ›› Chiese Anaëlle aggrottando le sopracciglia. ‹‹ Qui? Ma non siamo già sotto terra? ››
‹‹ Evidentemente potremmo esserlo di più. ›› Sospirò Bernt. ‹‹ Abbiamo provato a capire quanto fosse profondo e largo, ma non siamo riusciti a stabilirlo. In qualunque caso, è troppo ampio per provare ad oltrepassarlo, e non credo che nessuno qui abbia intenzione di provare a raggiungere il fondo. ››
‹‹ E quindi una porta è andata. ›› Mormorò Marcus, studiando la stanza stringendo lievemente gli occhi. ‹‹ Ne mancano ancora sei. Propongo di provare ad esplorare un altro corridoio, appena ci saremo ripresi. ››
‹‹ Mi sembra una buona idea. ›› Assentì Bernt, le poi sedersi a gambe incrociate. ‹‹ Potremmo anche effettuare qualche sostituzione nei gruppi, in modo da far riposare chi ne ha bisogno. ››
‹‹ Oppure, dato che per il momento è andato tutto bene, potremmo provare a esplorare due corridoi. ›› Propose Thomas. Quando gli occhi degli altri si sposarono su di lui, alcuni perplessi, altri pronti a ribattere, li sostenne con un’espressione determinata. ‹‹ Io voglio uscire di qui, e se esploriamo una porta per volta ci potremmo mettere settimane. Questa volta ce la siamo sbrigata con poco, ma se la prossima volta prima di arrivare a trovare qualcosa ci volessero più ore o giorni? Non ho nessuna intenzione di restare in questo maledetto posto un minuto in più del necessario. ››
Martha strinse le labbra; non le piaceva molto l’idea di disperdere il gruppo, ma Thomas aveva ragione: avrebbero certamente fatto più in fretta. Dunque annuì. ‹‹ Potremmo fare un tentativo. ››
‹‹ Sono d’accordo anche io. ›› Disse Marcus, accarezzandosi il mento con la mano. ‹‹ Ma dovremo essere cauti. ›› Molti membri del gruppo annuirono alle sue parole, mostrando di condividere il suo punto di vista.
Bernt fece una smorfia. ‹‹ Direi che allora è deciso. Ma non rischierei troppo, almeno all’inizio … Potremmo dividerci in tre gruppi: due si daranno all’esplorazione, mentre uno, più piccolo, rimarrà qui nel caso le cose si mettessero male. Potrebbe prestare soccorso a uno degli altri due gruppi in caso di pericolo. ››
‹‹ Mi sembra un ottimo piano. ›› Aziz si alzò e si spazzolò i pantaloni con le mani. ‹‹ Allora direi di cominciare almeno a dividersi in gruppi. E questa volta mi piacerebbe sgranchire un po’ le gambe, medico o no. ››
 
 

Spazio autrice
Eccomi, finalmente. Sono nuovamente in ritardo pazzesco, ma purtroppo sono sempre più impegnata. Comunque sia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi informo che sono, finalmente, riuscita ad inserire il prestavolto di Anaёlle nel primo capitolo. Sì, è stata una faticaccia.
Spero di riuscire ad aggiornare un po' prima questa volta, ma non posso promettervi niente.
Nel frattempo, vi lascio con il prestavolto di Amber

Ci sentiamo al prossimo capitolo,
Chauve Souris

 
  
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