Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    13/05/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Trentatré


La luce è ormai chiara all’esterno. Aileliath ha offerto a Pitch di condurlo fino al portale che collega le due dimensioni permettendogli di accomodarsi sul suo dorso. Accomodarsi, evidentemente, di fatto è un’allegoria: quando, seppur titubante, Pitch ha accettato, non aveva idea che sarebbe stata un’impresa quasi disperata rimanere saldo al suo posto su una scheggia impazzita e a malapena visibile a occhio nudo; ma ha stretto i denti, facendo buon viso a cattivo gioco, aggrappandosi con tenacia alla folta criniera del leone e tenendo gli occhi fissi davanti a sé, deciso a non farsi sbalzare via nella folle corsa verso il mondo reale.


Ma poi qualcosa cambia, una sensazione strana e quasi incomprensibile invade i suoi sensi e le sue dita strattonano i lunghi crini di Aileliath, nel disperato tentativo di attirarne l’attenzione.


«Aspetta. Fermati un momento, ti prego» soffia, a corto d’aria e confuso.


Inaspettatamente Aileliath lo sente davvero e rallenta gradualmente fino ad arrestarsi su un alto sperone da cui possono spaziare per le infinite pianure rocciose e le vaste foreste di pietra.


«Qualcosa non va?» chiede impensierito, scrutandolo negli occhi.


Pitch scuote lentamente il capo, un po’ intontito e un po’ perplesso. «Non… Credo di aver sentito qualcosa» tenta invano di spiegare.


Il leone lo osserva ora incuriosito e attende paziente che lo spirito trovi la via per spiegarsi.


Ma Pitch non ha idea di quale sia la via giusta. Si guarda attorno, smarrito, massaggiandosi le tempie che pulsano, e non riesce ancora a spiegarsi da dove provenga quella sensazione avvertita poco prima. Distrattamente accarezza fra le dita il pelo caldo di Aileliath, e mentre i suoi polpastrelli si muovono scivolando morbidamente, nella sua testa al pelo azzurro si sostituisce il ricordo di fine sabbia nera e lucente. Allora spalanca gli occhi e può sentirli con chiarezza.


«Sono qui, da qualche parte» mormora sorpreso.


Aileliath aggrotta la fronte e lo fissa interdetto. «Di chi stai parlando?» indaga.


Ed è Pitch questa volta a sorridere. «Di qualcuno che chiamerei volentieri amico» commenta sibillino. Solleva lo sguardo sull’orizzonte apparentemente infinito e si concentra. «Da quella parte» indica alla loro sinistra, allungando un braccio. «Possiamo raggiungerli, non sembrano troppo lontani» soppesa quietamente.


Aileliath si limita ad annuire e ad avvertire Pitch con un sintetico «Reggiti» prima di scattare in avanti e riprendere l’andatura suicida di poco prima.


*


Il cupo ringhio del leone sotto di lui lo avverte del problema prima che lo facciano i suoi stessi occhi. Di nuovo quelle strane creature alate, un vero e proprio stormo stavolta, raggruppate in un punto preciso che sembra coincidere con la destinazione a cui puntava Pitch.


«Arpie» sibila Aileliath adirato, riuscendo perfino ad aumentare l’andatura.


Ed è proprio nel momento in cui il leone balza incontro alla nuvola di piume che Pitch scorge due nere figure, riconoscendole entrambe. Allora lascia la presa sulla criniera, ritrovandosi prevedibilmente proiettato nell’aria, manovra agilmente per ritrovare l’assetto giusto, richiama ancora una volta fra le proprie mani la spada e fa a fette le arpie che si sono miracolosamente salvate dall’ira di Aileliath, muovendosi fra un corpo straziato e l’altro con movimenti leggeri e controllati e poggiando infine i piedi al suolo proprio accanto al suo incubo.


Epiales lo sta fissando con occhi grandi che scintillano dell’oro del sole e trema con violenza, le sottili zampe lo reggono a stento. Ma quando Pitch si accosta lentamente accetta con gratitudine l’inatteso calore di una mano conosciuta. “Shh, tranquillo. Va tutto bene” sembra dire quel semplice gesto, ed Epiales non desidera altro, perché è un incubo ed è nato per portare brutti sogni ai bambini, non morte ai mostri alati che cercano di distruggere gli spiriti per bene.


«Pitch, qui c’è anche una donna. È amica tua?» interviene una voce fredda ma stranamente gentile.


Così l’Uomo Nero abbandona con lieve titubanza il fianco dell’incubo e raggiunge la voce di poco prima. Ma Epiales non ci sta a essere lasciato indietro e trotterella appresso alle spalle del padrone senza mai perderlo di vista, nemmeno quando si accorge che la voce buona proveniva da una montagna di pelo azzurro che lo fa incespicare per la sorpresa e tremare di sgomento.


«È tutto a posto. Lui è un amico» lo rassicura l’Uomo Nero, che sembra sapere sempre di cosa hanno bisogno i suoi piccoli incubi.


Un amico” riflette Epiales. “Mai avuti amici tanto grandi”. E accidenti se questo lo è: enorme, molto più di quattro grossi purosangue uniti. Scuote il capo, stordito dalla notizia e da ciò che vede. Ma la montagna azzurra ha per lui un sorriso benevolo ed Epiales decide che non importa quanto sia alto e grosso, quanto possa sembrare spaventoso, se riesce a offrirgli doni così rari.


*


Quando Pitch si inginocchia al suo fianco, attorniato da un incubo traumatizzato e da un custode dimensionale a forma di leone, lei non sembra avvedersene e seguita imperterrita a rimanere ancorata alla sua beata incoscienza. Pitch è molto invidioso, al momento: quanto vorrebbe anche per sé un po’ di sano buio in cui riposare, sprofondato in un accogliente e dolcissimo nulla. Scuote il capo e sfiora i suoi lunghi capelli con la punta delle dita. Infine si decide a tornare nel mondo degli esseri senzienti, raccoglie fra le braccia la dea della notte ancora nel dolce limbo dei sogni e si volta, scoprendosi morbosamente osservato sia da Epiales che da Aileliath, ed entrambi sembrano sconvenientemente intenti a sogghignare saputi, al punto che Pitch inarca un sopracciglio e arriccia il naso, stizzito.


«Ebbene, che vi prende ora?» sbotta, spazientito per quel teatrino messo in piedi dai due.


Aileliath ridacchia, spandendo un suono metallico per la piana deserta. «Sei molto buffo quando sei in imbarazzo, perfino tenero».


L’Uomo Nero spalanca la bocca, impallidisce e poi snuda i denti affilati in un sordo ringhio. «Ritira immediatamente quello che hai detto!» sibila alterato.


«Nemmeno per sogno. È quello che penso» insiste il leone, inchiodandolo sul posto con il suo sguardo di fuoco.


Prima che Pitch possa esplodere definitivamente, Epiales lo distrae con un discreto colpetto del muso sulla spalla, ricordandogli che ha un obbiettivo e anche dei doveri verso l’incubo e la donna che sorregge fra le braccia. Sbuffa, contrariato, ma comunque decide sia il caso di lasciar correre per questa volta.


«Dobbiamo arrivare al portale» ricorda, più a sé stesso che agli altri a quel punto.


Ma Aileliath annuisce comunque in risposta e attende che Pitch sia montato in sella al suo incubo prima di riprendere la marcia verso il passaggio che li condurrà sulla Terra.


*


«Come ci liberiamo del demone?» domanda di punto in bianco Ba’al, e non è per nulla sicuro a chi si stia rivolgendo, se al fratello ormai in fase di depressione acuta oppure al padre squilibrato della pazza furiosa. Ma a quel punto, tutto sommato, poco importa; gli basterebbe ottenere una risposta, da chiunque sia disposto a offrirgliene una, perché forse è vero che il mondo non crede più in loro, ma loro hanno ancora bisogno del mondo per continuare a esistere.


Phanês lo scruta con inaspettata attenzione, una mano sempre poggiata alla cornice dello specchio per tenere aperto il portale, l’altra impegnata a sfarfallare nell’aria pesante e a creare piccole lucciole che accendono l’oscurità, contrariando non poco Mot.


«Sembrate certi che non sia possibile tornare a sigillarlo in un’altra dimensione» soppesa tranquillo.


«È già uscito, indenne, da una di quelle dimensioni» gli ricorda Ba’al. «Cosa ti fa pensare che la prossima potrebbe trattenerlo?» insinua.


Phanês abbozza un sorriso enigmatico. «Esiste una sola via d’entrata e d’uscita per ogni dimensione. Sarebbe sufficiente trovare un luogo sufficientemente protetto e nascosto in cui custodirla» propone.


«Mio fratello l’ha trovata, per sbaglio, in una grotta come tante ce ne sono. Forse nessuno si è impegnato nel cercare un luogo adatto, non lo escludo. Ma allora mi chiedo: quanto affidabili siete, voi che vi arrogate il compito di liberare questa Terra dalle insidie di creature mortali e nemmeno vi premurate di sorvegliare affinché nessuno ci finisca addosso per puro caso?» sbotta allucinato.


«Per puro caso, dici?» soffia dolcemente Phanês. «Esiste forse il caso? Puoi realmente affermare che, invece, tuo fratello non fosse destinato a imbattersi in questo specchio?».


Negli occhi di Ba’al brilla un sentimento crudo che innervosisce Mot.


«Io non credo nel fato» ringhia, e senza riflettere gli scaglia contro un fulmine che tuttavia il destinatario scansa con un piccolo gesto annoiato della mano libera, lasciando basito Ba’al.


«Neppure io, in verità. Sono assolutamente favorevole al libero arbitrio, checché se ne dica in giro» commenta con leggerezza.


Mot, che ha seguito l’avanzare della discussione in un silenzio di tomba, scuote il capo desolato e lo volta infine a osservare il paesaggio oltre il portale, riflettendo però con serietà sulla domanda iniziale del fratello e cercando alacremente una risposta valida, una risposta che finora non ha udito.


È così, tenendo gli occhi fissi sullo specchio e la mente occupata in pensieri complessi, che per primo scorge un cambiamento nel paesaggio altrimenti sempre uguale dall’altro lato della liscia superficie trasparente. Socchiude le labbra senza poter trattenere la sorpresa e titubante si avvicina al varco, attirando con i suoi movimenti l’attenzione di Ba’al e Phanês che, a loro volta, scrutano lo specchio.


«Che mi venga un colpo! Sono loro, tornano sul serio» sbotta Ba’al, esternando inconsapevolmente la medesima incredulità che coglie i compagni.


Dall’altro lato del varco, ancora lontani ma in rapido avvicinamento, tutti ora possono scorgere l’incubo nero che porta con sé lo spirito oscuro e la dea della notte. Ciò che tuttavia turba le tre divinità è una quarta figura, più imponente e minacciosa, nonché di un colore assolutamente fuori luogo.


«Quello che accidente è?» si prodiga ancora una volta di chiedere Ba’al, dando voce ai dubbi collettivi.


Mot scuote il capo, confuso. «Non ne ho idea» ammette con un filo di voce, nervoso per quella nuova sorpresa.


«Dovrebbe trattarsi del custode» immagina Phanês, aggrottando le sopracciglia, suo malgrado impressionato da tale imprevisto.


«Avrei preferito non avere il piacere di conoscerlo» conclude Ba’al, assicurandosi le simpatie del fratello.


*


Pitch si volta un poco alle sue spalle e ghigna leggermente all’indirizzo di Aileliath. «Hai visto: persino il comitato di benvenuto».


Il leone scuote il capo ma ridacchia, non mancando di sorprendere ancora una volta l’incubo.


«Forse dovresti essere più gentile. In fondo ci hanno tenuta aperta la porta».


L’Uomo Nero fa scattare in alto entrambe le sopracciglia e solleva un angolo della bocca, piacevolmente sorpreso.


«Credo proprio tu sia sprecato in questo posto. Uno con il tuo senso dell’umorismo meriterebbe un vero pubblico, degno del tuo talento» scherza, stranamente leggero in un momento in cui al contrario la preoccupazione per le sorti di tutti dovrebbe annichilirlo. «Avresti un ottimo futuro».


«Me lo auguro» borbotta Aileliath, rispondendo alle parole di Pitch ma pensando ad altre situazioni.


Epiales rallenta l’andatura e Pitch riporta l’attenzione sul varco e sulle tre divinità che li attendono poco oltre. Quello che brilla nell’oscurità come una supernova dev’essere il padre di Nyx, Phanês. Gli altri due sono più discosti e ne intuisce il disagio persino a distanza. Rafforza la presa di un braccio sulla vita della dea della notte e stringe le dita della mano libera alla criniera dell’incubo.


«Piano, ora» mormora, guardingo, per nulla certo di come verrà accolto il loro ritorno.


Phanês accosta il viso al varco e lo studia con interesse. Non sembra particolarmente in pensiero per la figlia, mentre appare decisamente interessato al leone e in parte anche allo spirito oscuro.


«Così, tu sei la creatura che ha preso il posto del demone» commenta nel momento in cui Pitch e il suo seguito giungono alle soglie dello specchio.


«Sono Pitch» conferma, reclinando leggermente il capo e provando a comprenderne le intenzioni. «E tu sei Phanês, dico bene?» si arrende infine, di fronte all’evidenza di quanto oscure possano essere le intenzioni di uno spirito della luce.


Phanês mostra ancora una volta il suo sorriso enigmatico. «Proprio così. Ma venite, coraggio» invita, scostandosi in modo da lasciare spazio a sufficienza perché l’incubo superi il portale con Pitch e Nyx.


Aileliath, titubante, osserva i suoi nuovi amici passare oltre e tornare nel loro mondo, e per la prima volta avverte il vuoto profondo della solitudine ammantare il suo petto. Ma è solo un breve momento; quando Pitch si volta i suoi occhi dorati lo scrutano e sa di non essere stato dimenticato. Pitch smonta da cavallo, lancia un’occhiata arcigna ai due fratelli, scarica Nyx ancora priva di sensi fra le braccia di Phanês e allunga una mano oltre la barriera, distendendo le dita e mostrando il palmo aperto in un palese invito. Aileliath annuisce, poi le fiamme nei suoi occhi inghiottono la sua intera figura che implode fino a raggiungere le dimensioni di una grossa mela di fuoco azzurro. Con leggerezza si posa sulla mano dello spirito che richiude le dita e ritira il braccio fino a portare con sé il piccolo globo fiammeggiante.


«Benvenuto sulla Terra» mormora, osservando con soddisfazione il fuoco azzurro continuare a bruciare anche al di fuori del luogo cui è sempre appartenuto.


  
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