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Autore: _Tenshi89_    04/07/2009    1 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















«Aro». Aro, che nel frattempo si era riavvicinato alla piccola Nessie, si voltò verso di me, sorpreso. Subito dopo di lui, anche tutti gli altri mi guardarono allo stesso modo.
«Si?». Quanto odiavo quella voce. Falsa e raccapricciante.
«Stavo pensando ad una cosa», dissi, mentre, con la coda dell’occhio, intravidi Edward sgranare gli occhi. «Non ti pare poco educato che i tuoi “collaboratori” non si facciano vedere in viso? Non è gentile da parte degli ospiti nascondersi ai padroni di casa».
Tutti gli altri mi guardarono come se fossi impazzita. Bè, probabilmente a Esme e Carlisle non gliene importava un fico secco di guardare la faccia di quelle persone, ma a me si. Era una curiosità strana, morbosa, come se sapessi già che c’era qualcosa di strano, qualcosa che non andava.
A ripensarci adesso, lucidamente, era qualcosa di piuttosto stupido.
Aro, però, non sembrava particolarmente stupito dalla mia richiesta. Anzi, avrei giurato che se lo fosse aspettato. Ma perché avrebbe dovuto aspettarselo? Che motivo aveva?
Non disse niente, ma si limitò a sorridere. Quando riprese a parlare, aveva la voce più vellutata che io avessi mai sentito in vita mia. «Elianor, hai perfettamente ragione. Mio caro Carlisle, Esme», disse, rivolto a loro due, «mi scuso infinitamente per la mia mancanza di buone maniere».
Carlisle aveva l’espressione guardinga di chi si aspetta qualche colpo gobbo. Probabilmente, aveva avuto la mia stessa impressone, ma, nonostante questo, parlò con voce calma e tranquilla. «Non hai nulla di cui scusarti, Aro. Nulla di grave».
Aro gli rivolse il suo miglior sorriso. Poi si voltò verso il suo seguito, facendo loro un impercettibile segno, e il primo di loro si abbassò il cappuccio, rivelando un volto spigoloso, scuro, segnato da profonde cicatrici. Ma, nonostante questo, comunque di notevole bellezza. Si guardava intorno con diffidenza, poi posò la sua attenzione su Carlisle, e si presentò con voce bassa a calda. «Mi chiamo Gregory, signor Cullen, è un piacere incontrarla. Signora Cullen, lieto di conoscerla».
Caspita. Anche Carlisle rimase sorpreso dalla gentilezza e dal tono di voce del vampiro, che stonava con il suo aspetto duro e malandato; ma, conoscendo i Volturi, c’era poco da fidarsi, in qualunque caso. Esme rispose con un sorriso. Anche Carlisle accennò un sorriso conciliante. «Piacere mio, Gregory».
In contemporanea al vampiro chiamato Gregory, anche la seconda figura, leggermente più alta e slanciata rispetto alla prima, si era tolta il cappuccio. Sotto, si nascondeva un vampiro dall’aspetto quasi angelico, con i capelli del colore del sole, che si guardava intorno curioso, con i suoi grandi occhi cremisi. Aveva un’inquietante sorriso stampato in volto, che lo faceva assomigliare ad un joker. Era un mix decisamente strano. «Io invece sono Marshall», disse con voce squillante, squadrando Esme e Carlisle molto attentamente. Notai che si soffermò un istante di più su Esme. «E’ un onore incontravi, finalmente». Poi, rivolse lo sguardo, a turno, su tutti noi. Mi metteva i brividi.
Carlisle gli rispose con un piccolo cenno della testa, ed il vampiro-joker si voltò a fare l’occhiolino a Rosalie. Lei alzò gli occhi al cielo, sbuffando, mentre Emmett, se solo avesse potuto, l’avrebbe incenerito con lo sguardo.
Ma la mia attenzione era tutta per l’ultimo vampiro. Non sembrava essersi minimamente scomposto, e sembrava non avere la minima intenzione di scoprirsi il volto.
Aro si schiarì debolmente la voce, come per attirare l’attenzione, e vidi uno strano lampo di gioia brillare nei suoi occhi. Il che non era mai niente di buono.
Tornai a fissare l’ultimo vampiro, che, riluttante, aveva afferrato il lembo del suo cappuccio. Molto più lentamente degli altri due, poi, si scoprì il viso.
In quel preciso istante, sentii la terra mancarmi da sotto i piedi.
Non ricordo nulla di quello che successe in quel momento intorno a me. Non avevo le forze necessarie per ascoltare, parlare, o scappare. Le uniche forze che avevo erano tutte concentrate nello sforzo di non impazzire. Non riuscivo a fare nulla.
Rimasi li, impietrita.
No, non poteva essere vero. Era soltanto un incubo, brutto, orrendo, il peggiore che potesse esistere; la speranza viva che quello che avevo davanti agli occhi, altro non era che il frutto dell’oblio di un sonno profondo. Ma come poteva essere un incubo?
Io non dormivo. Non potevo dormire. Alla mia dannata esistenza il sonno era negato.
No, non era possibile.
Eppure era tutto vero, dannazione.
Sentii le ginocchia cedere sotto il peso di quello che i miei occhi avevano appena visto. Lo sentivo schiacciarmi, dimenarsi nelle mie gelide vene, distruggere tutta la mia intera esistenza.
Volevo urlare.
Un’immensa voragine mi si aprì nel petto, proprio dove un tempo c’era stato un cuore, un cuore che batteva, un cuore vivo. Ora non c’era più. Non c’era più niente, solo un gigantesco, silenzioso vuoto.
Avrei voluto squarciarmi in due il petto, strappare via quella cosa strana che adesso sentivo pulsare, agitarsi in maniera sconosciuta e insopportabile, e mettere fine a quell’ondata di dolore accecante che mi stava invadendo, ma sapevo che sarebbe stato inutile.
Ero immobile, lo sguardo fisso su un punto in mezzo al piccolo gruppo davanti a me.
E un paio di occhi dorati finalmente incontrarono i miei.
«Il mio nome è Vincent. Lieto di conoscervi».



***





*BOOOOOOM*
…ecco…ho lanciato la bomba…:)
Sorpresi??? Bè, posso dirvi che le sorprese non finiscono qui, perché c’è ancora tanto da spiegare, e siamo solo all’inizio… presto le cose diventeranno chiare, e finalmente Elian avrà la sue risposte…voi che ne pensate? :)
Un bacio a tutti…al prossimo capitolo :*





***





  
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