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Autore: Civaghina    15/05/2018    1 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sembra una giornata apparentemente uguale alle altre, ma non sarà così: Leo ancora non lo sa, ma il suo nuovo compagno di stanza che dovrà subire la sua stessa operazione, e quella ragazza bionda incontrata a lezione d'italiano, sono destinate a diventare due delle persone più importanti della sua vita. Le giornate, per Leo, non saranno più le stesse: in ospedale sono arrivati Vale e Cris!


Mercoledì, 13 febbraio 2013

Stamattina me la sto prendendo comoda: ho già finito di fare colazione e me ne sto a poltrire a letto volentieri, leggendo una rivista di Formula Uno e lanciando di tanto in tanto in aria la pallina da tennis per ingannare il tempo. Per una volta che non devo fare nessun esame e nessuna visita in particolare, non ci penso proprio ad alzarmi presto! A dire il vero dovrei andare a scuola, da cui manco da un bel po' di giorni, ma sai che voglia che ne ho...

Buongiorno Leo!” mi saluta Jhonny entrando con una carrozzella vuota, lasciandomi disorientato per un attimo: devo andare da qualche parte e non me lo ricordo? E poi di solito uso la mia, di carrozzella.

Ciao Jhonny!” gli rispondo con tono allegro mentre vedo entrare un ragazzo e una donna, segno che la carrozzella, per fortuna, non è per me.

Stamane ti ho portato una sorpresa… un nuovo amico!”; il mio “nuovo amico” avrà circa la mia età, cammina sorreggendosi ad una stampella e, nonostante indossi un berretto da baseball, si vede benissimo che è anche lui senza capelli. “Sei contento?!” mi chiede Jhonny, mentre sistema la carrozzella accanto all'altro letto.

Dipende...” rido io. “Di notte russi?” chiedo al ragazzo, puntando l'indice contro di lui.

No” mi risponde lui con tono serio, appoggiando lo zaino.

Io mi chiamo Leo.”

Io Vale… lei è mia madre” mi dice sedendosi sul letto.

Ciao Leo” mi sorride la madre; non accenna a mollare il borsone del figlio e si vede lontano un miglio che è a disagio; conosco questa sensazione, l'ho provata in prima persona e l'ho vista sulla faccia di Asia e su quella di mio padre: quel voler restare nel limbo, quel non voler realizzare che tutto sia reale, come se così si potesse rimandare l'inevitabile.

Ciao mamma di Vale” la saluto io sorridendo. “Hai mangiato?” chiedo poi a Vale che intanto si è fatto coraggio e si è tolto il berretto. “Vuoi qualcosa?”; gli porgo una merendina che mi è avanzata dalla colazione, ma prontamente sua madre mi ferma.

No! No no no …” mi dice allungando una mano, quasi in tono di rimprovero, ed io rimetto la merendina sul vassoio. “È a digiuno, oggi lo operano. Per questo motivo siamo qui.”

Ma di che ti devi operare?” gli domando lanciando in aria la pallina.

Devono tagliarmi la gamba” mi risponde lui con tono secco e malinconico, facendo calare un improvviso silenzio nella stanza che dura per parecchi secondi. “Che succede? È volato l’angelo del silenzio? È strano… ogni volta che dico questa cosa... nessuno apre più bocca.”

Beh…” gli sorrido io spingendo il tavolino verso i piedi del letto. “Questo è niente rispetto a come restano quando vedono che… la gamba ti manca proprio”; sposto la coperta, e di nuovo cala il silenzio, mentre gli occhi di Vale restano come inchiodati sul fantasma della mia gamba che non c'è più, e mentre sua madre non può fare a meno di guardarmi con compassione e sgomento. “Questo sì, che è un silenzio!” esclamo scendendo dal letto e sedendomi sulla carrozzella. “Ti va di fare un giro? Così ti mostro un po' tutto… Tanto oggi, di sicuro non ti operano!”

Devo aspettare i medici” mi risponde lui disorientato.

Ed io rido: “I medici non vengono mai il giorno che ti ricoverano! Così capisci subito chi comanda! Dai vieni!”. Vale si gira verso sua madre cercando un segno di approvazione ma quello che ottiene è un deciso diniego con la testa. “Però, nel tuo caso, vedo che… è tua madre quella che comanda!”; io rido ma lui abbassa la testa mortificato, e allora decido di lasciar perdere. Forse è meglio lasciarli da soli, per dargli il tempo di ambientarsi. “Ci vediamo, ciao!” dico uscendo dalla stanza senza sapere bene dove andare; quasi quasi potrei fare un salto a scuola.


Passo davanti alla stanza di Rocco e lo saluto al volo, ma poi noto che l'altro letto non è più vuoto: c'è un ragazzo in tenuta da calcio e con la testa piena di ricci che sta giocando col cellulare. I nostri sguardi si incrociano, ma quando io sto per entrare nella stanza, lui ritorna a guardare il cellulare facendo finta di niente; mi sa che non ha voglia di socializzare ed è meglio se proseguo per la mia strada; avanzo lentamente lungo il corridoio e mi fermo davanti ad uno dei vetri che danno sulla stanza per poterlo osservare meglio, ma lui se ne accorge subito e mi fa cenno di andarmene. Vabbè, con un tipo così meglio proprio non averci a che fare; mi dispiace solo per Rocco: poteva capitargli un compagno di stanza migliore!

Mi dirigo verso la scuola, salutando praticamente tutti quelli che incontro, finché becco Ulisse e mi fermo: “Ulisse, ma chi è quello da Rocco? È uno nuovo?”

Sì, è appena arrivato…”

E che c'ha?” gli chiedo mentre mi impenno con la sedia a rotelle.

Mah! Probabilmente niente eh… Ma rompe come se fosse il primario!”

E si vede!” dico ridendo, per poi proseguire verso le aule.


Finalmente!” esclama sorpresa Rita quando mi vede arrivare in ludoteca. “Che onore! È cinque giorni che non vieni a lezione!”

Oggi ho fatto un'eccezione prof! Non si abitui!” mi affretto a precisare, mentre saluto tutti i bambini e faccio fare un giro sulle mie gambe a Lukas; vado poi verso l'aula di matematica, tra le proteste di tutti che vorrebbero mi fermassi a giocare con loro.

Ciao Leo!” mi saluta il professor Raji. “Ti aspettavo!”

Eccomi qua, prof! Einstein a sua disposizione!”

Bene, guarda che ti metto alla prova, eh?".

Mi avvicino al tavolo con la carrozzella e prendo in mano una biro, provando a cercare di capire cosa stanno facendo Linda e Alessia che sono già alle prese con l'esercitazione, ma pochi secondi dopo la mia attenzione viene catturata dall'aula accanto, dove si stava svolgendo la lezione di italiano: c'è una ragazza che sono sicuro di non aver mai visto prima; ha i capelli biondo scuro, lisci e lunghi, ed è bellissima.


La ragazza si sente subito osservata e, quando si gira a guardare, nota che effettivamente c'è un ragazzo sulla sedia a rotelle che la sta fissando; distoglie immediatamente lo sguardo, ma lui non accenna a smettere di guardarla e poco dopo irrompe nell'aula, mentre il professor Raji inutilmente, prova a richiamarlo: “Leo! Dove stai andando?”.

Senta prof, questa matematica mi mette ansia, per favore!” ribatte lui con un tono di voce a metà tra il serio e il canzonatorio. “La faccio più tardi, con calma, eh?! Se no... finisce che comincio ad agitarmi... mi viene l'ansia... m'ammalo... e torno in ospedale, eh?!”.

Lei non può fare a meno di ridere, davanti a questo siparietto improvvisato, come del resto fanno tutti gli altri ragazzi presenti nell'aula.

Hai finito?!” lo richiama la professoressa Campana. “Leo! Dove sono le tue dispense?!”

Eh... le ho dimenticate prof!” risponde lui con una spontaneità disarmante.

Eh! E adesso?!”

Seguo con...”; lui fa finta di guardarsi intorno, ma è evidente che ha già ben chiaro dove andare. “Con lei!” esclama indicando la ragazza bionda che gli sorride imbarazzata, e avvicinandosi al suo banco.

Va bene...” sospira la professoressa, riprendendo la lezione.

Sei nuova?” le chiede Leo, parlando a bassa voce, mentre lei un po' intimidita mette le dispense al centro del banco per permettere anche a lui di seguire.

Sono qui da più di una settimana, perché?”

Ma va?! Più di una settimana?!” esclama lui sorpreso. “E come mai non ti ho mai vista?”

Forse perché frequenti poco le lezioni” ribatte lei con un sorrisetto beffardo.

Sì...” ammette lui sorridendo, e lei non può fare a meno di notare che questo è il sorriso più bello che abbia mai visto; lo sguardo le cade poi sulla sua gamba amputata, e si affretta a distoglierlo. “Vuoi sapere se mi fa male?”.

Questa domanda, così diretta, l'ha presa alla sprovvista: “No, io non...” balbetta imbarazzata.

Ho visto che la guardavi!”

La guardavo solo perché... che ne so, cioè..., che domanda è...? Non lo so perché la guardavo!” farfuglia lei sempre più a disagio, mentre lui non le toglie gli occhi di dosso, non facendo che accrescere la sua agitazione. “Ma... ti fa male?”

No” risponde Leo con tono deciso. “E a te? Fa male?”

Cosa?”

Il tuo male. Fa male?”

E quale sarebbe il mio male?” gli chiede lei brusca, mettendosi immediatamente sulla difensiva.

Beh... non so... Provo a indovinare...”

Leo! Cris!” li richiama la professoressa. “Per favore, se non volete seguire, davvero, andate fuori!”

Scusi prof, però... Leopardi all'ospedale è proprio una cattiveria!” esclama Leo facendo ridere tutti, ma con la chiara intenzione di attirare l'attenzione della ragazza. “Addirittura, qua in libreria, lo vendono con dentro le lamette, eh! Così uno se lo legge e intanto si taglia direttamente le vene!”

Ti conviene stare attento” lo rimprovera la professoressa. “Perché dopo ti interrogo!”

Va bene...” risponde lui senza troppa convinzione.

Allora! Ricominciamo...”

Allora, provo a indovinare?” le domanda Leo sottovoce, prendendo un foglio e un pennarello e scrivendo "polmoni".

Lei cancella la parola con una biro, scuotendo la testa, e Leo ci riprova scrivendo "cuore", ma lei cancella anche questa: “Basta! Non mi piace questo gioco, è triste.”

Come siamo delicati, signorina!” le dice lui con tono pungente. “Non hai ancora capito che qua dentro stiamo in un ospedale?!”

Me l'avevano detto che quelli amputati diventano cattivi!” lo rimbecca lei, infastidita.

Informazione sbagliata” ribatte Leo senza scomporsi. “Io... ero cattivo pure prima!”

E anche un po' stronzo!”.

Leo sorride tra sé e sé, e preferisce non ribattere più, restando a guardarla in silenzio.


Per la prima volta da che ho memoria, ho resistito ad un'ora di lezione d'italiano senza annoiarmi: ho praticamente passato tutto il tempo a fissare la bionda (“Cris”, l'ha chiamata la prof.), che però faceva finta di niente. Peccato che io abbia saltato le lezioni per tutta la settimana: così facendo ho perso l'occasione di conoscerla prima...; ma come si dice: “meglio tardi che mai”, no? Ok, è vero che finita la lezione lei è andata via senza salutarmi, ma penso di saperne abbastanza sulle donne, ormai, da capire che questo non è importante: vorrà giocare a fare la preziosa..., e va bene! Giochiamo!

Non ho voglia di tornare subito in camera, al pranzo manca ancora un po', così continuo a girovagare per l'ospedale; quando passo davanti alla palestra, vedo dal vetro che dentro c'è Nicola, intento a fare degli esercizi col bastone.

Ciao Nicola!” lo saluto entrando.

Ciao Leo! Come va?”

Oggi bene! Ho un nuovo compagno di stanza!” esclamo sorridendo, mentre faccio una giravolta con la carrozzella.

Magari lo puoi fare entrare nel tuo gruppo!” mi dice interrompendo i suoi esercizi e girandosi verso di me: “Perché no?”

Beh... veramente non ho un gruppo...” gli rispondo continuando a girare con la sedia a rotelle. “Cioè.., ce l'avevo, ma poi... ho litigato con tutti!”

Ma nel gruppo, chi eri?”

Come chi ero?!” gli chiedo perplesso.

In tutti i gruppi ci sono sempre sei tipi di persone” mi spiega lui agitando il bastone in aria mentre io mi fermo ad ascoltarlo, affascinato. “Il Leader, il Vice Leader, che potrebbe essere Leader se non ci fosse il Leader, il Furbo, l'Imprescindibile..., il Bello... Beh... e la Ragazza!”.

A me viene da ridere e non posso che approvare, soprattutto per l'ultimo punto: “Aaah!”

Tu chi eri? Il Leader!” afferma lui con convinzione, puntando il bastone verso di me.

Ma... Leader e... Imprescindibile, non sono la stessa cosa?!” gli domando un po' confuso.

E no! C'è differenza! Senza l'Imprescindibile, il gruppo smette di esistere! Senza il Leader il gruppo va avanti lo stesso, qualche volta pure meglio!”

Allora mi sa che ero il Leader, visto che senza di me gli altri vanno avanti benissimo...!”

Vabbè...”

Tu invece, chi sei nel gruppo tuo?”.

Nicola accenna un sorriso malinconico: “Dai... Ormai sono tanti anni che un gruppo io non ce l'ho più! Sai, quando si diventa vecchi... si diventa soli” mi dice mentre i suoi occhi azzurri si velano di nostalgia.


Mentre vado verso la mia stanza, intercetto Francesca con i vassoi del pranzo e mi faccio dare il mio: non mi sembra carino infierire sul mio nuovo compagno di stanza, mangiando di gusto mentre lui deve digiunare; che poi “di gusto” è un'esagerazione, considerando il sapore che ha il cibo qui, ma non mi sembra carino lo stesso; appoggio il vassoio sulle gambe e me ne vado a mangiare sul terrazzo: oggi c'è il sole e non c'è troppo freddo.

Quando rientro in camera, ormai a pomeriggio inoltrato, incrocio Carlo che pare stia andando da Vale: Ciao Carlo!”

Ciao Leo” mi dice lui entrando, per poi rivolgersi a Vale: “Tu sei Beniamino?”

No” risponde lui alzandosi. “Io... io sono Valentino.”

Valentino!” ripete Carlo porgendogli la mano.

Che palle, Carlo!” esclamo io avvicinandomi con la carrozzella e dandogli un calcio. “Ti confondi sempre! Te la dovresti finire di chiamarci per nome!”

Sta' fermo!” si lamenta lui provando a scansarmi, mentre io continuo a importunarlo e a girargli intorno.

Chiamaci come fanno tutti gli altri medici: utente!” rido sferrandogli un altro calcio.

Oh! E su! Leo!” urla Carlo mentre Vale se la ride. “Non prendere esempio da lui, Valentino, eh?!"

Utente Valentino, prego!”

Grande! Evvai!” esclamo ridendo e allungando il braccio verso Vale che mi afferra la mano in una stretta, ridendo anche lui.

Dov'è tua madre?” gli domanda Carlo.

È... lì fuori!” dice Vale notando sua madre in corridoio. “Mamma! Mamma, c'è qui una specie di medico!”; ed io non posso che ridere: pare che Vale stia imparando in fretta.

No... non una specie di medico!” si difende Carlo. “Ovviamente io sono uno specializzando, ma sono un medico a tutti gli effetti!” spiega alla madre di Vale quando entra nella stanza. “Buonasera.”

Buonasera” lo saluta lei stringendogli la mano.

Temo che oggi non possiamo operare Valentino. Appena possibile vi faremo sapere. Ok?”.

Vale si gira subito a cercare il mio sguardo: come volevasi dimostrare, avevo ragione io.

Ma... lui non ha neanche mangiato però...” dice sua madre con apprensione.

Va bene, adesso chiedo all'infermiere di portare qualcosa. Va bene... Angelino?”

Valentino!”

Che palle Carlooo!” urlo io lanciandogli addosso la pallina da tennis, facendo ridere sia Vale che sua madre.

Ahia! Ah! Ti odio!” si lamenta lui prima di andarsene.

Allora vado giù a chiamare papà, eh? Che qui non c'è campo.”

Ok.”

Tutto bene te?”

Sì sì” annuisce Vale mentre sua madre gli accarezza il viso.

Faccio veloce, eh?”.

Vale ha detto a sua madre che va tutto bene, ma io so benissimo come ci si sente al suo posto, e conosco benissimo quell'istinto di protezione che ti viene verso coloro che ami; forse dovrei portarlo a fare un giro per distrarlo, approfittando dell'assenza di sua madre. E adesso in più ti porteranno una minestrina riscaldata!” gli dico. “Se vuoi mangiare bene, vieni con me! Ma mettiti il pigiama e prendi la carrozzella, altrimenti ti scambiano per uno in visita e a quest'ora ti fermano subito” gli spiego prima di andare verso il corridoio. “Dai andiamo! Ti aspetto di fuori!”; lui prende in mano il pigiama, ma poi rimane lì fermo, impalato. “Allora?! Che fai?!” lo sollecito io dal corridoio. “Aspetti l'autorizzazione della mammina?! Dai, andiamo!”. So benissimo quanta fatica costi indossare quel pigiama; quel pigiama rappresenta una netta linea di demarcazione tra il prima e il dopo; indossarlo vuol dire arrendersi una volta per tutte all'evidenza e accettare, senza possibilità di ritorno, la condizione in cui ci si trova; quando è toccato a me, mi sono serviti ben tre giorni prima di decidermi a metterlo, proprio per questo so che prima Vale lo indossa, prima riuscirà ad accettarlo e ad andare oltre; spronarlo a farlo mi è quindi sembrata la cosa migliore da fare, e ha funzionato: pochi minuti dopo, Vale è accanto a me, in pigiama, sulla sua carrozzella, un po' impacciato ma con lo sguardo sereno.


Senti un po' ma... tu prima della malattia ce l'avevi un gruppo?” chiedo a Vale mentre percorriamo il corridoio.

No.”

Perché no? Sei contrario? Cosa sei, una specie di cavaliere solitario?!”

No... non lo so perché... Forse perché prima ero piccolo, poi... abbiamo cambiato città...”

Pensa che io, il giorno prima dell'operazione ho fatto una festa!”

No, io... non ci penso proprio!” mi risponde lui quasi incredulo.

Dai, andiamo!” gli dico facendogli cenno di seguirmi dentro la mensa, che a quest'ora è chiusa.

Ma si può?” mi domanda timoroso seguendomi fino alla porta della cucina.

No! E allora?!”

Ma è chiuso!”.

No problem! Il vecchio Leo ha corrotto il cuoco!” gli dico sfoderando uno dei miei sorrisi; poi digito il codice d'accesso che fa subito aprire la porta, entriamo e cominciamo a perlustrare cosa c'è di buono: “Broccoli?”

No!” esclama Vale con decisione.

Carote?”

No!”

Insalata?”

Eh... no!”

Una bella abbuffata di fragole però sì!” esclamo adocchiando una cassetta piena di fragole in cima a una dispensa.

Eh sì!” sorride lui.

Io mi avvicino al mobile, mi alzo dalla carrozzella e, rimanendo in equilibrio sulla gamba, cerco di raggiungere con la mano le fragole, ma non riesco ad arrivarci.

Aspetta! Aspetta Leo!” mi ferma Vale. “Vado io”.

Io accenno un sorriso rassegnato e torno a sedermi; Vale si arrampica fino a raggiungere le fragole, ne prende due vaschette e me le porge; ammetto che mi fa male vederlo alle prese con questi movimenti che sembrano tanto facili per lui quanto impossibili per me, e non posso non guardarlo con invidia. Lui scende e torna a sedersi sulla carrozzella, sorridendo soddisfatto per aver portato a termine la missione, ma il suo sorriso sparisce subito quando incrocia il mio sguardo: non sono riuscito a camuffare quello che provo; ci guardiamo negli occhi, e ad un tratto tutta la mia invidia sparisce, insieme al sorriso di Vale, mentre entrambi realizziamo che a breve anche per lui tutto questo diventerà impossibile.


Eccovi!” esclama Carlo quando ci vede uscire dall'ascensore. “Vi stavo cercando! Dove eravate finiti?”

Gli ho fatto fare un giro dell'ospedale!” rispondo io nascondendo le fragole, mentre Vale mi lancia uno sguardo d'intesa.

Uhm... Ascolta...” comincia a dire Carlo rivolto a Vale, ma si capisce che ha di nuovo dimenticato il suo nome.

Valentino!” gli suggerisco io ridendo.

Valentino! Ti operano domani mattina, ok? Mi raccomando, da questo momento non puoi più mangiare. Va bene?”; Vale abbassa lo sguardo, abbattuto e rassegnato, poi si volta verso di me, probabilmente in cerca di incoraggiamento, ma io non riesco a non fingermi dispiaciuto per lui.

Dai, eh!” gli dice Carlo dandogli una pacca sulla spalla mentre lui annuisce. “Ciao ragazzi.”

Io lo saluto e poi mi giro verso Vale. “Mi dispiace...” gli dico, strappandogli l'accenno di un sorriso. “No, intendevo... le fragole!” aggiungo poi. “Mi toccherà mangiarle tutte da solo!”; e stavolta riesco a strappargli addirittura una risata.

Tu veramente hai dato una festa prima dell'operazione?” mi chiede, ancora scettico, mentre continuiamo a gironzolare per i corridoi.

Certo!”

E chi hai invitato?”

Tutta gente che aveva a che fare con le mie gambe!” esclamo impennandomi con la carrozzella. “E una ragazza alla quale ho fatto piedino sotto a un tavolo!” aggiungo ridendo, dandogli piano un pugno sul braccio e facendo ridere anche lui.

E lei è venuta?!”

Sì! È venuta anche dopo l'operazione, ma non potevo più farle piedino... e così... è scomparsa”; ma da Eleonora, d'altronde, che mi potevo aspettare? “Fai una festa anche tu! L'organizzo io!”

Io non saprei proprio chi invitare...”

Eh, certo... perché qui non abbiamo un gruppo di amici... Dovremmo provare a formarne uno. Andiamo di qua...” gli dico entrando nella camera di Rocco; e per fortuna il simpaticone di stamattina non c'è. “Volevo presentarti... Rocco! Lui qui è una specie di istituzione, gli vogliono bene tutti! È in coma da otto mesi... Sua mamma ha chiesto a tutti di passare un po' di tempo con lui ogni tanto, venire qui... e parlarci.”

Pensa che così possa risvegliarsi?” mi chiede Vale osservandolo.

È quello che speriamo tutti...”; ma è passato così tanto tempo, che io non lo so se ci credo ancora al fatto che possa svegliarsi; forse non accadrà mai, forse resterà per sempre così, addormentato, con la sua pelle bianchissima che non vedrà mai il sole e con i suoi capelli lunghi che gli danno quell'aria quasi magica, da folletto. “Dai, oh!” esclamo poi con forzata allegria, perché se mi faccio prendere dalla tristezza è la fine. “Se facciamo questo gruppo, tu chi vorresti essere?!”

In che senso?”

Ma come in che senso?! Ma dai! Lo sanno tutti!” gli dico con sicurezza, anche se fino a stamattina 'sta storia non la sapevo nemmeno io. “In ogni gruppo ci sono sempre sei tipi: il Leader, il Bello, il Furbo, l'Imprescindibile, la Ragazza e il Vice Leader, che potrebbe essere il Leader, se non ci fosse già un Leader” gli spiego indicandomi. “Tu potresti essere... il Furbo!”

Ma io non... non mi sento furbo” mi dice lui con un sorriso imbarazzato. “Penso di essere normale...”

E che vuol dire?!”

Eh, vuol dire normale! Normale come...”

Attento!” lo fermo subito io puntandogli contro l'indice. “Non dire come te, perché io non sono normale!”

No?!” esclama Vale ridendo. “E tu come sei?!”

Speciale! Non si vede?!”

No...”

Allora di sicuro non sei il Furbo! Però forse potresti essere... il mio Vice Leader!”

Io non so se...”

Dai, andiamo!” gli dico mentre frugo nella borsa da pagliaccio di Piera. “Dobbiamo stare attenti noi che abbiamo queste malattie del cavolo! Perché se non moriamo di cancro... finisce che qui moriamo di noia!”; mi metto un naso rosso da pagliaccio e mi giro verso di lui, che ride. “Siamo già a due sesti del gruppo!”

Due sesti non esiste...” puntualizza togliendomi il naso e mettendoselo lui. “Magari un terzo, eh?!”

Dio! Che tritapalle che sei!” esclamo io dandogli una spinta. “Abbiamo già il Leader e il Vice Leader! Ora dobbiamo cercare gli altri! Cominciamo dalla ragazza! Oggi ne ho conosciuta una che sarebbe ideale!”.


Se nel gruppo dev'esserci la Ragazza, non ho dubbi su chi sia la candidata migliore per questo ruolo; certo, se la tira un po', ma niente che io non possa risolvere con uno dei miei sorrisi e con qualche altra battuta; tanto per cominciare, facendo qualche domanda in giro, sono già riuscito a sapere in che reparto si trova, e addirittura a farmi dire il numero della sua stanza.

Piano, piano! Frena!” dico a Vale quando arriviamo vicino alla stanza giusta, fermandoci poco lontano dalla porta e intravedendola dal vetro opaco che dà sul corridoio. “Che te ne pare?” gli domando girandomi verso di lui.

Eh... non vedo un granché!”

Eccola!” esclamo quando lei si avvicina di più al vetro. “Andrebbe bene, no?!”

Andrebbe bene, sì!” annuisce Vale con entusiasmo.

All'improvviso, lei apre la porta ed io indietreggio subito con la carrozzella lungo il corridoio, chiamando Vale. “Vieni che facciamo una figura di merda!”

Ma dov'è andata?”

Probabilmente a vomitare...”

Cioè?” mi chiede lui perplesso. “Come sarebbe?!”

Ho chiesto a un paio di infermiere: è anoressica. Mangiano e poi vomitano, sono fatte così. Ma non l'hai visto quanto era magra?!”

Eh... ma... a me sembra bella...” sorride lui. “E a te non piace?”

A me... piacciono quelle che mi fanno fare le robe!”

Sei una bestia!”.

Io rido e gli do una pacca sulla spalla: “Era un pensiero romantico!”

Eh, sì! Infatti!” esclama lui scuotendo la testa. “Comunque secondo me non è andata a vomitare.”

Scommetti?”

Hai vinto! Non sono andata a vomitare!” ci sorprende lei arrivandoci alle spalle: beccati!

Figura ultra di merda...” mormora Vale portandosi una mano alla fronte, mentre io sorrido divertito.

Sono venuta a vedere che volete, visto che mi state spiando...”.

Io mi giro verso di lei e le sorrido: “Beh... Volevamo vedere se... eri la ragazza giusta da invitare a una festa!”

Una festa?!” esclama lei incredula, mentre anche Vale si gira. “Qui?!”

È quello che gli ho detto anch'io” interviene lui.

Sì, ma è una festa speciale...! È una festa d'addio” le spiego con tono molto serio.

D'addio a cosa?”

Alla sua gamba” le dico poggiando una mano sulla coscia destra di Vale. “Domani gliela amputano.”

Beh, è un pensiero carino!”; lei sorride, ma poi viene colta dal dubbio che io non stia dicendo sul serio. “Ma... mi state dicendo la verità o mi state prendendo in giro?!”

No...” risponde Vale. “Domani mi operano veramente...”

E... tu... te ne vai in giro così, come se non fosse nulla?!”; lei è disorientata e si siede sul bracciolo del divanetto.

Lo so da due mesi dell'operazione. Ormai ci ho fatto l'abitudine, o almeno pensavo, ma... ora non so...”

E... quindi... di che festa si tratta?”

Allora ci vieni!” esclamo io.

No! Cioè..., non lo so... non credo che le infermiere mi lascino venire!”

E tu, pensi che noi chiediamo il permesso alle infermiere quando vogliamo fare qualcosa?” le domando con tono canzonatorio. “Ma ci hai guardato bene?!” esclamo avvicinando la testa a quella di Vale e sorridendo a trentadue denti. “La facciamo e basta!”

E... a che ora sarebbe?” mi chiede lei, non riuscendo a trattenere una risata.

Al momento del cambio del personale...” le rispondo io, decidendolo sul momento. “Quando arrivano quelle della notte.”

Boh, non lo so... io...” dice lei alzandosi in piedi, ancora un po' reticente. “Non so neanche come vi chiamate!”

Beh, io sono... Leone! Ma per te facciamo Leo!”; le tendo la mano ma lei non allunga la sua e si limita a farmi un lieve cenno di saluto.

Io sono Valentino, ma per te facciamo Vale.”

Cris!” sorride lei sollevando appena una mano.

Che a casa tutti chiamano Cristina!” sottolineo io ridendo.

Già! Ed è un nome che odio!”.

Io rido e faccio il saluto militare con la mano sulla fronte: “Ricevuto!”

Se ce la fai siamo alla stanza numero due” le dice Vale, che non le toglie gli occhi di dosso, irrimediabilmente perso. “Primo piano.”

Dai, andiamo Vale!” lo chiamo io allontanandomi con la carrozzella, ma lui rimane come bloccato a guardare Cris che gli sta sorridendo. “Valeee” lo chiamo ancora. “Ehi amico, andiamooo!”; e finalmente Vale mi segue.


Siamo in stanza da un bel pezzo, ormai, e Vale non fa che parlarmi di Cris, di quanto sia bella, del suo sorriso dolce, dei suoi capelli, e che palle! Sembra che è la prima volta che vede una ragazza da vicino!

Ma esattamente... che cos'è l'anoressia?” mi domanda ad un certo punto.

Non lo so tanto bene... però so che i medici dicono che è una brutta bestia. Capita soprattutto alle ragazze, come Cris. Le ricoverano perché mangiano talmente poco che la cosa comincia a diventare rischiosa.”

Credi che verrà?”

Se venisse potremmo coinvolgerla nel gruppo! No?!”

Ma quale gruppo?!” esclama lui ridendo. “Non c'è nessun gruppo! Hai fatto tutto da solo! Hai deciso che c'era un gruppo, chi era il Leader, chi il Vice Leader... e non l'hai fatto neanche troppo democraticamente!”

Io rido e mi siedo sul letto: “E certo! Cosa avresti voluto, scusa?! Delle elezioni?! Piuttosto...” aggiungo vedendo sua madre che sta arrivando. “Cerca di fare qualcosa per mandare via tua madre! Altrimenti... no party!”.

Come temevo, la madre di Vale non sembra intenzionata ad andarsene: quando sembra che abbia finito di mettere a posto qualcosa, comincia con qualcos'altro.

Tuo padre arriverà durante la notte” dice a Vale mentre sistema per l'ennesima volta i suoi vestiti nell'armadietto. “E correrà subito qui, senza nemmeno passare prima in albergo! Questa notte io resterò comunque a dormire qua”.

Vale mi lancia subito uno sguardo smarrito ed io gli sorrido e gli faccio un cenno con la testa per incoraggiarlo a parlare: “Ma no, mamma! È meglio se vai in albergo! Io sto bene qui, sta' tranquilla.”

Vale ma... ma sei sicuro?!” gli chiede fermandosi a guardarlo, con le braccia cariche di magliette.

Sicurissimo! Basta che domani mattina tu e papà veniate presto”.

Forse è meglio se intervengo io, altrimenti questa qua non se ne va: Tranquilla mamma di Vale! Ci penso io: se non dorme gli do una botta in testa!” esclamo ridendo e facendo ridere anche lei.

E i tuoi genitori, Leo?” mi domanda lei riprendendo a sistemare i vestiti. “Oggi non ho visto nessuno...”

I miei genitori... sono solo uno: mio padre. Viene poco perché fa il militare. Gli orari dell'ospedale per lui sono scomodi, con i turni che fa. Poi... io sono ricoverato in ospedale da più di un anno, ho fatto ben sei operazioni!” sorrido e sollevo in alto il braccio per mostrare i miei braccialetti rossi. “Alla fine anche lui ci ha fatto l'abitudine...”

Beh, e... quei braccialetti cosa sono?” mi chiede lei curiosa.

Le sei operazioni che ho fatto! In questo ospedale, prima di ogni intervento te ne mettono uno, di questi...”

E non li togli mai?”

Certo che no! È come avere dei gradi!” esclamo sorridendo. “Come quei generali pieni di medaglie, stelle, stellette...”

Ecco” dice Vale cominciando ad agitarsi. “Questo mi fa venire veramente una gran voglia di essere operato...”

Va bene” sospira la madre di Vale afferrando la borsa e il cappotto. “Allora vado a riposarmi un paio d'ore in albergo, mh? Vale però... se... se dovessi avere bisogno di me, se... magari non riesci a dormire o se sei nervoso, mi chiami!”; Vale annuisce e lei si china ad accarezzargli il viso. “Ciao tesoro” dice dandogli un bacio sulla guancia e facendogli un'altra carezza, mentre io li guardo e sorrido malinconico. Sarebbe stato bello avere mamma con me, la sera prima di ogni mia operazione; lei non se ne sarebbe andata nemmeno se glielo avessi chiesto, ma dubito che io lo avrei fatto: penso che l'avrei voluta con me, a parlare, a ridere, a farmi accarezzare i capelli prima di dormire mentre mi diceva che ero il suo Leone con la criniera da corvo... Che scemo! I capelli li avevo solo per il primo intervento, per tutti gli altri cinque non più. E vabbè, mi avrebbe accarezzato la testa e sarebbe stato bello lo stesso.

Ciao mamma” dice Vale con ostentata tranquillità. “Allora a domani!”

A domani, sì... Mi raccomando a te Leo, eh?! Se non dorme, digli di chiamarmi!”

Promesso!” esclamo ridendo, portandomi il pugno sul cuore. Lei manda un ultimo bacio a Vale e poi esce in fretta dalla stanza; si vede che è sul punto di piangere, e non vuole farlo davanti a noi.

È bello avere le mamme...” sospiro io prima di riprendere la lettura del mio Dylan Dog.


Le dieci sono passate già da un pezzo, e Cris non è ancora arrivata. “Niente... Cris non si è vista, e la festa di addio non si fa...” dico io un po' dispiaciuto. “Peccato!”

Lo sapevo che tanto non sarebbe venuta...” mi risponde Vale stringendosi nelle spalle. “Beh, come inizio per un gruppo non mi sembra un granché, eh?!”

Guarda che non è mica facile creare un gruppo dal nulla! Innanzitutto bisogna avere delle cose in comune...”

E scusa, io e te che cosa abbiamo in comune?!” mi domanda lui con un sorriso sarcastico.

Certo che tu, proprio il Furbo del gruppo non potresti essere, eh?!” esclamo io guardandolo dritto negli occhi: “Non abbiamo niente in comune?”

No...”

La testa calva ce l'ho solo io?!” gli chiedo indicandomela. “In ospedale ci sono solo io?! E la carrozzella ce l'ho solo io?!”

Vabbè, sì...eh...” mormora lui a disagio. “Hai ragione...”

Sì... Siamo uguali in tutto!” gli dico sorridendo. “Avevo anche pensato... che potremmo avere in comune una specie di simbolo...”. Vale mi guarda perplesso ed io sollevo il braccio coi braccialetti: “Questo! Un braccialetto rosso.”

Ma io non ce l'ho.”

Domani te ne danno uno, però intanto... tieni! Prendi uno dei miei” dico sfilandomene uno e allungandomi verso Vale. “Guarda che è un grande onore, eh?!” esclamo fermandomi un attimo prima di metterglielo. Lui annuisce sorridendo e mi porge il braccio, lasciandosi mettere il braccialetto. Watanka!”

Cosa?!”

No, niente..., una formula magica, cose mie.”

Grazie...”

Io vado a prendermi una Coca alla macchinetta” dico scendendo dal letto e sedendomi sulla carrozzella. “Ci vediamo dopo!”.

Sono quasi in corridoio quando Vale mi richiama, così mi fermo e mi giro verso di lui: “Senti...” mi dice con voce un po' incerta. “Ti volevo chiedere se fa male... Te ne accorgi quando...?”

No” gli rispondo io scuotendo la testa. “Non senti niente”; lui non mi sembra convinto, e appare pure piuttosto turbato. “Oh! Tranquillo!” gli dico avvicinandomi a lui e appoggiandogli una mano sulla gamba. “Vedrai che andrà tutto bene! Anche perché se no... che gruppo sarebbe senza il Vice?!”.

Funziona: io gli sorrido e lui mi sorride di riflesso, prendendo la mano che gli sto porgendo e avvolgendola nella sua.

E quando ti risvegli? C'è tanto dolore?”

Non tanto...”

Giura!”

Giuro!”esclamo io sollevando la mano destra. “Sulla Juve!”.

Vale ride, ma poi gli viene il dubbio: “Ma... scusa, tu di che squadra sei?!” mi chiede mentre sto uscendo dalla stanza.

Dell'Inter! Forzaaa Inter!”

Vaffanculo Leo... bugiardo...” mormora lui rigirandosi nel polso il braccialetto rosso.

Forza Inter!” continuo ad urlare per i corridoi, attirandomi i rimproveri del personale di turno.


Mentre ritorno, dopo aver preso una lattina di Coca, sento della musica provenire dalla mia stanza, e appena mi avvicino vedo attraverso il vetro Vale e Cris che stanno ballando, abbracciati stretti, quasi persi l'uno nell'altra, come due sopravvissuti. Non voglio disturbarli, quindi non entro, ma rimango per qualche secondo a guardarli, e mi viene da sorridere: pare che alla fine Vale abbia avuto la sua festa d'addio alla gamba; sono felice per lui, ma poi un nodo mi serra la gola.

Mi torna in mente la mia festa d'addio.

Cazzo, quanto ho ballato, quella sera! Mi sono proprio scatenato e ho ballato fino a non poterne più, fino a che la gamba mi faceva malissimo; pure quella sana, alla fine della serata, mi faceva male.

E poi ho avuto anch'io il mio ultimo lento.

La canzone era un'altra.

Però anch'io ero così, stretto stretto a una ragazza.

Non era una appena conosciuta, però.

Era quella che stavo lasciando andare per sempre.

Definitivamente.

Insieme alla mia vita di prima.

Insieme a tutto quello che non era più.

Insieme a tutto quello che non sarebbe stato più.

È troppo.

Non riesco più a guardarli.

Giro la carrozzella, e me ne vado.


   
 
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