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Autore: Lady Aquaria    18/05/2018    1 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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40 principale
40.
Into the fire.

 
Primo luglio.
"Fonti sicure mi hanno detto che ho perso il colpo di scena del secolo."
Chino sul sedile posteriore, Milo si rialzò qualche istante dopo.
"Ciao, Aiolia. In effetti sì, te lo sei perso: la sposa ha dato forfait all'ultimo, a meno di due ore al matrimonio."

Aiolia fischiò, sorpreso: com'era possibile che quei due avessero rotto così d'improvviso e in un modo così brutale? Erano sembrati così innamorati...
"E Hyoga come l'ha presa? Abbandonato all'altare come nei classici cliché hollywoodiani, minimo dev'essere furioso." osservò.
All'inizio la maggior parte dei presenti aveva pensato la stessa cosa. Però poi, Freya aveva tenuto un discorso di fronte a tutti gli invitati spiegando che no, non stava rifiutando il futuro marito, stava solo rifiutando quella cerimonia.
La confusione che era seguita, beh... quella era un'altra storia.
"No, i due piccioncini si sono poi sposati al municipio di Parigi." spiegò Milo. "La cerimonia da sogno se la son goduta la regina e il suo regale corteggiatore. Così le tonnellate di cibo cucinate dai cuochi di corte non sono andate sprecate e il regno ha un nuovo principe consorte. Un po' anzianotto per lei, ma chi sono io per giudicare?!" 
Ridacchiò appena, avvertendo il cellulare vibrare in tasca.
"Ricordati di porgere loro i miei auguri non appena ti capita l'occasione." tagliò corto, avvertendo una seconda vibrazione.

"Lo farò sicuramente oggi, tornano da Bali."
"Ah, quasi dimenticavo..." Aiolia si sporse nella propria auto, emergendo poi con una scatola rettangolare infiocchettata. "Questo è per Nikos, so che dovrà nascere a breve."
Milo pensò a Shaina, ricoverata dalla mattina precedente.
"Sì." sorrise di rimando, accettando il dono. "Come sta Marin?"
L'altro si schiarì la voce.

"Ha deciso di trascorrere qualche tempo in Giappone, l'ho accompagnata il giorno dopo le dimissioni dall'ospedale e vi manda i migliori auguri per il bambino. Sto andando da Shion affinché la dispensi dalle Anfidromie... sai, penso che non reggerebbe la vista di troppi bambini: il tuo, i figli di Camus, la figlia di Shaka."
"Shion capirà." annuì Milo. "Non sai quanto mi dispiace."
"Lo so, e ti ringrazio." rispose Aiolia, prima di guardare l'orologio. "Beh, io vado. Ancora auguri per il piccolo."

Milo lo guardò avviarsi alle scale, con un misto di costernazione e preoccupazione: Aiolia pareva invecchiato di vent'anni, ma una batosta come quella che era capitata loro tra capo e collo avrebbe messo a dura prova chiunque.
A proposito di figli, si accorse che qualcuno era in ritardo.

Fermo davanti allo specchio della stanza di Mei, Camus guardò per l'ennesima volta la sua figura riflessa e avvolta nell'hanfu nuziale di suo suocero: un abito notevole, cucito a mano per un'occasione altrettanto importante.
Mei gli aveva spiegato, tempo prima, che la cerimonia dei suoi genitori era stata super tradizionale, e che si erano cambiati d'abito per ben tre volte, nell'arco della giornata.
Calcolando che uno dei tre hanfu era andato perso e quello rosso l'aveva indossato Shiryu –contando anche che il rosso acceso di quell'abito avrebbe fatto a pugni con i suoi capelli-, a lui non restava che quello, che Mei aveva riservato a lui fin dall'inizio, da quando avevano recuperato i bauli dei suoi suoceri: un bel punto di blu indaco molto bello, certo non poteva dire il contrario. La piccola crocchia sulla sommità del capo in cui Shunrei aveva raccolto qualche ciocca di capelli, lasciando sciolti gli altri nello stesso modo in cui Mei aveva acconciato i capelli di Shiryu per il suo matrimonio, completavano l'insieme.
Solo una cosa lo faceva apparire ridicolo, mettendolo a disagio.
"Shiryu, una domanda, prego." esordì di punto in bianco. Forse era il nervosismo insolito e nel sottile disagio che provava nel trovarsi lì, ma il vestito pareva tirare un po', in certi punti.
"Puzza di canfora, lo so: una volta portato in lavanderia tornerà come nuovo." minimizzò suo cognato.
"La canfora è l'ultimo dei miei problemi. Quanto era alto tuo padre?"
"Quanto Mei, perché?"
Già, perché.
"Se osservi meglio troverai da te la risposta." ribatté Camus, puntando le mani sui fianchi.
"Forse sono state cucite delle pinces, qui dietro." interloquì Shunrei, indicando due punti sulle cuciture delle spalle. "Bisognerà scucirle."
"Senza dubbio." sospirò Shiryu, comprendendo il problema vero e proprio: anziché toccare terra, l'abito sfiorava le caviglie lasciando totalmente scoperti i piedi. Sembrava un accappatoio piuttosto che un abito nuziale. "No, questo non va bene."
"Non mi dire."
"Bisognerà ordinare delle scarpe nuove." Shunrei prese appunti, dopo aver riposto le scarpe di tela ricamata del suocero, decisamente piccole per i piedi di Camus. "Che misura porti?"
"Quarantacinque."
"Tre numeri più di me." osservò Shiryu. Girò intorno al cognato, notando che la veste tradizionale di suo padre, che su di lui era rimasta più morbida, su Camus era più aderente, soprattutto sul girovita.
"Chiamerò la sarta, bisognerà scucire anche qui." proseguì Shunrei. "Potremmo aggiungere della stoffa e..."
"Strano... cosa porti, una cinquantadue? Forse per questo l'hanfu ti fa difetto sulle spalle, io porto una quarantaquattro e quello rosso mi andava un po' largo."
"Porto una quarantotto." rispose Camus, con una lieve inflessione stizzita nella voce. "E qui c'è ben poco da fare: cucire, scucire... ne prenderò uno nuovo e non se ne parla più."
"Se Mei te l'ha riservato, significa che ci tiene." sbottò Shiryu, scattando qualche foto con il cellulare. "Anche acquistandone uno nuovo nello stesso colore, non sarebbe la stessa cosa e non so nemmeno se faremmo in tempo. Modificheremo questo."

"Non ho alcuna intenzione di rendermi ridicolo il giorno delle mie nozze. Ne acquisterò uno nuovo, con buona pace di Wei-He buon'anima e se non dovessi fare in tempo, indosserò la mia armatura, discorso chiuso." sbottò Camus, dirigendosi in bagno per spogliarsi. "E cancella le foto."
"Mei non sarà contenta..."
"Nemmeno Shunrei lo sarà, se non cancelli quelle foto."

Il cellulare iniziò a vibrare sul lavandino, e rispose al primo squillo.
"Milo...non immagini quanto sia felice di sentirti."
"Addirittura? Stavo per rimproverarti per il ritardo, ma farò finta di niente."
ridacchiò Milo, dall'altra parte. "Dove sei? Ho bisogno di averti vicino sai, nel caso dovessi svenire e battere la testa da qualche parte nella caduta."
"Non scherzare, devi sostenere Shaina. Io sarò lì tra un po'."
"Ti sento lontano, dove diamine sei?"

"Al Goro-Ho, a provare il vestito da sposo. Non farmi domande in merito perché non risponderò."

Milo controllò il cellulare, scoprendo un messaggio whatsapp inoltrato da Hyoga che conteneva le foto scattate da Shiryu.
"Non preoccuparti, quella vestaglia blu parla da sé." gli sfuggì.
"...vestaglia?" replicò Camus, realizzando poco dopo. "Cosa..? Lo uccido, lo giuro."
"Ma no, perché? Stavi molto bene." Milo non riuscì a trattenere le risatine.
"Molto divertente, Milo. Hai mangiato pane e simpatia a colazione?"

Si rivestì e restituì il vestito prima di tornare a casa a svolgere due commissioni.
"Peccato, niente vestaglia." lo accolse Milo, nel vedere la polo e i jeans che stava indossando Camus.
"Lascia perdere, credo che indosserò la mia armatura e basta." rispose quest'ultimo, glissando sulla battuta. "Oh cavolo! Cos'hai  combinato alla mano?!"  
Milo scosse le spalle.

"Niente di che, un piccolo incidente in sala parto." minimizzò. "Shaina mi ha stretto un po' la mano."
"Un po'? Hai le unghie viola."
"Ho già ricevuto delle cure in merito." disse Milo. "Ora vieni a vedere mio figlio."
I ruoli si erano invertiti: ora era Milo il padre orgoglioso che mostrava il figlio e Camus quello che guardava dietro il vetro della nursery: un neonato paffuto con una zazzera di capelli neri.
"I capelli sono di Shaina, ovviamente. Ma gli occhi, li ha presi da me."
Sorrise, evitando di ricordargli che molti neonati nascevano con gli occhi chiari, salvo poi scurirsi nella stragrande maggioranza dei casi quando la melanina si stabilizzava.

"...e... beh, tu non puoi saperlo, ma ha preso da me anche in altre cose..." sghignazzò Milo.
"Spero non il tuo stesso cervello, altrimenti è fregato."
"Appena l'infermiera me l'ha porto, ho dato una sbirciata per controllare se fosse tutto a posto e... non ti immagini nemmeno."
"È un gonfiore fisiologico, si stabilizzerà presto, non darti arie."

Milo rise alla battuta, quindi gli circondò le spalle.
"Torniamo da Shaina, tra poco lo porteranno in camera per la poppata."

"Dobbiamo andare a festeggiare, e non accetto un no come risposta." riprese Camus. "Ah, tra l'altro, ho portato un paio di cosine per Nikos."
In camera, trovarono le compagne ancora intente a parlare tra loro di parti, figli e dolorosissimi punti interni; Milo non menzionò il breve dialogo avuto con Aiolia, preferendo riportare a Shaina solo gli auguri dei due amici e il loro dono, consistente in un completino da culla.
"Neanche a farlo apposta, abbiamo scelto la stessa fantasia." sorrise Camus, indicando con un cenno il set a Mei: blu, con delle stelline gialle in pigiama e cuffietta.
"Beh, te l'avevo detto, a tinta unita era triste."

Nei loro sacchetti, Shaina trovò un marsupio e una maglietta con la scritta Bello io? Dovreste vedere mio zio!
"Questa l'ha scelta lui." Mei scosse la testa, divertita.

"Non c'era nemmeno bisogno di spiegarlo." rispose Milo, guardando Camus che, sorrisone a trentadue denti, stava cullando suo figlio. "Sono ancora sottosopra, non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno."
"Io sì, l'ho sempre saputo." lo interruppe l'altro, senza distogliere lo sguardo dal bambino. Prese poi a mormorare qualcosa a Nikos, che gli altri non riuscirono a sentire.

Shaina si schiarì la voce, notando che Mei aveva cambiato radicalmente espressione negli ultimi cinque minuti.
"Tutto bene? I bambini come stanno?" le domandò.

"Molto bene, grazie. Ogni tanto sembrano concedere qualche ora di tregua durante la notte." rispose Mei, con un sorriso tirato. "Però sono costantemente stanca, quindi non fate caso ai miei sbadigli."
La natura del suo malumore era un'altra, ma ovviamente non ne avrebbe mai parlato con i due neogenitori. Si alzò, coccolò qualche istante il piccolo Nikos –che Camus non pareva intenzionato a lasciar andare- e uscì dalla stanza con la scusa di andare a prendere un caffè.
"Non vorrai davvero bere questo schifo."
Sobbalzò, colta di sorpresa mentre passava in rassegna le possibilità offerte dal distributore automatico.
"Vedi altre soluzioni?" domandò, dopo aver riconosciuto la voce di DeathMask. Si voltò e quasi le caddero di mano portafogli e cellulare.
"Che c'è, hai visto un fantasma?"
"Fischierei se potessi, ma siamo in un ospedale." gli rispose, lo sguardo che andava dai capelli, più corti rispetto a un tempo e di un bel castano, agli occhi, che in qualche modo sembravano più scuri, per finire sulla linea della mandibola, coperta da un velo di barba. "Che cosa hai combinato? Sembri un altro."

"Lenti a contatto e tinta per capelli."
"Ancora non ci credo che sei tu... accidenti quanto stai bene!"
"Con questo ti sei guadagnata un caffè. Lascia stare questa brodaglia, vieni con me."

"Chiedo venia messere, ma sareste così cortese da rendermi il pargolo?"
Seppur con riluttanza, Camus restituì il bambino a Milo, quindi, si affacciò alla finestra.
"Con chi sta uscendo Mei?" domandò Milo, seguendo il suo sguardo.  
"...vorrei saperlo anche io."
Soprattutto avrebbe voluto conoscere la natura di tanta confidenza, dal momento che lo sconosciuto circondava le spalle di Mei con un braccio.

"Sento puzza di gelosia." commentò Shaina, dal letto.
"Nient'affatto."
In corridoio, un'infermiera iniziò ad invitare i visitatori ad avviarsi all'uscita del reparto, e Camus si apprestò a prendere le cose che Mei aveva lasciato sulla sedia prima di uscire.
"Di qualunque cosa tu abbia bisogno, non farti scrupoli e chiama, okay?" disse a Shaina. "Riposati finché hai la possibilità di farlo."
"D'accordo... ringrazia Mei da parte mia." rispose Shaina.

"Milo, mi tocca uscire o quella giunonica infermiera verrà a prendermi di peso." scherzò. Milo, però, non rispose: probabilmente non l'aveva nemmeno ascoltato, troppo preso da Nikos. Sorridendo, gli posò un bacio sulla testa.
"Hai detto qualcosa?" si riscosse Milo.
"Nulla d'importante." si congedò Camus, uscendo poco dopo dalla stanza. Raggiunta l'auto, sistemò le cose di Mei sul sedile posteriore e s'appoggiò alla portiera, accendendosi una sigaretta: lei era ancora nel bar, mentre sorseggiava qualcosa al bancone insieme al tizio intravisto dalla finestra.

"Perché non entri?"
La guardò dietro le lenti fumé degli occhiali da sole; era ferma sulla porta del locale.

"L'ho appena accesa." le rispose. "Ma tu vai tranquilla, ti aspetto qui fuori."
"Ora cos'hai?"
"Io? Niente." replicò, esalando una nuvoletta di fumo in sua direzione.

"D'accordo, farò finta di crederti. E comunque, quella con la sindrome premestruale sono io, potrei farti passare cinque giorni d'inferno e allora sì che avresti ragione di lamentarti."
 
Scoprire che lo sconosciuto altri non era che DeathMask –o Turi, come insisteva a chiamarlo Mei- l'aveva sorpreso non poco, ma col suo solito aplomb, non l'aveva dato a vedere.
"Avevi paura che fosse un certo attore, vero? In quel caso a quest'ora sarei già stata in volo per il Canada."
Camus inarcò un sopracciglio, prima di salire in auto.
"Tempo una settimana e poi già immagino la cronaca internazionale: il popolare attore della trilogia di Matrix è morto suicida a causa della giovane fiamma, un'italo-cinese che l'ha fatto uscire di senno. Passeresti alla storia come colei che ha ucciso l'Eletto."
Mei scosse la testa, ridacchiando.
"Sciocco. Che ne diresti se facessi uscire te, di senno?"
"Perché, scusa, che cosa stai già facendo da nove anni a questa parte?"
Per tutta risposta, lei allungò una mano al suo ginocchio, risalendo piano, finché Camus la fermò.
"Mi farai uscire di strada." l'ammonì. "E Aphrodite sarebbe capace di trasformarmi in una fioriera per le sue rose bianche se succedesse qualcosa alla sua auto. Riprenderemo il discorso a casa, più tardi."
"Con quattro bambini che dormono a due porte di distanza? Ti ricordo che la camera dell'undicesima casa non è insonorizzata come quella su a Parigi: basterebbe un grido dei tuoi a svegliarli." gli rispose, facendolo avvampare e voltare di scatto verso di lei.
"..."
"È scattato il verde." proseguì Mei, fingendo di non notare la sua espressione e canticchiando seguendo le parole del cantante in radio. Rise, quando lo udì borbottare uno svergognata! tra i denti, con fare divertito.
"Cambiando discorso... posso sapere perché sei uscita dall'ospedale? Qualcosa non andava?"
"Avevo bisogno di prendere un caffè, ho incrociato DeathMask e me ne ha offerto uno al bar. Dev'esserci per forza qualcosa che non va?"
"Non saprei, a un certo punto hai cambiato espressione."
Rimettere in mezzo sua nipote e la non-reazione che lui aveva avuto a febbraio, quando Yian-Mei era nata, avrebbe riacceso una polemica che preferiva evitare, soprattutto a ridosso delle Anfidromie. Mise su il proverbiale buon viso al cattivo gioco e sorrise.
"Come ho già detto a Shaina, sono solo stanca, tutto qui."
Camus annuì, tamburellando le dita sul volante.
"Ascolta..." riprese, dopo qualche minuto. "...so che ultimamente ti ho trascurata, ma quando ti dicevo che non mi piace questa sorta di amicizia con DeathMask, non lo dicevo per egoismo, ma perché sono preoccupato."
"Non capisco dove tu voglia arrivare, abbiamo preso un caffè... il suo cambiamento non ha nulla a che vedere con me." rispose Mei. "Oddèi, ti prego. Non mi sento trascurata, ma anche fosse certo non cercherei un contatto in quel senso con uno come lui. È per una donna che ha conosciuto in Italia, a una sorta di festa a tema: ha detto che prima di mostrarsi per quel che è, preferisce vedere come si sviluppano le cose con lei."
"E si è tinto i capelli? Al posto suo avrei più paura a far trapelare il mio passato piuttosto che un difetto congenito." rispose. "Il sicario più spietato del Santuario che teme di mostrare i capelli grigi e gli occhi rossastri. Questa sì che è bella."

"Perché devi essere così sgarbato? Questo sarcasmo non è da te."
"Può sembrare una persona normale, ma a conti fatti è tutt'altro e speravo che avessi imparato a capirlo."
"Ne abbiamo già parlato, sai bene che non sono mai stata dalla sua parte, però..."
"Però è una persona orribile, a volte penso che non sia nemmeno umano. In guerra è normale fare vittime. Le atomiche che gli USA hanno sganciato sul Giappone non hanno selezionato chi uccidere, hanno ucciso tutti: donne, bambini, anziani. Per me è lo stesso. Cos'è una manciata di vite di fronte all'umanità intera? Ecco chi è DeathMask."

"Una volta la pensava così, non lo metto in dubbio. Però, se l'armatura stessa è tornata da lui durante la guerra contro Hades, significa che l'ha ritenuto degno, che in qualche modo ha riconosciuto le atrocità commesse. Sbagliare è umano, Cam. È stata una persona orribile che ha subito cose orribili e che sta cercando di rifarsi una vita."
"Anche le sue vittime avrebbero voluto fare altrettanto, e quanto successo alla sua famiglia non è una scusa valida per i massacri che ha compiuto dopo. Io non credo alla storiella di DeathMask che si redime per una donna."
"Permettimi di farti notare che un uomo può sempre cambiare."

"Quindi anche Saga."
Mei roteò gli occhi, sbuffando.
"Fai comunella anche con Saga, adesso? Giusto per sapere, perché a malapena sopporto te e mio fratello quando vi alleate contro di me, ma con Saga no."
Rallentò in prossimità di Piazza Syntagma, evitando per un pelo il conducente che lo precedeva, che aveva frenato di scatto: dopo un lungo colpo di clacson, Camus sterzò a sinistra, prendendo una via laterale.
"È successo qualcosa? Come mai c'è tutta questa gente?!" domandò Mei, voltandosi indietro per cercare di capirci qualcosa.
"Nulla, è solo il cambio della guardia." le rispose. "E io non faccio comunella con Saga, non l'ho mai digerito."
"Al tredicesimo tempio mi è sembrato il contrario." obiettò Mei.
"Gli devo lo stesso rispetto che devo a un parigrado, ma a parte quello, non gli devo altro, l'ho sempre trovato insopportabile. Ho sentito dire che ha seri problemi a relazionarsi e che probabilmente è autistico o cose così, non puoi provare simpatia per qualcuno che dice di te cose del genere dopo cinque minuti dal tuo arrivo al Santuario."
"Ti ha detto questo?"
"Era convinto avessi l'Asperger. Non è qualcosa del quale vergognarsi, beninteso, ma..."
"Beh certo, lui è un esperto di patologie mentali. Ma che imbecille!" sbottò Mei. "Però è vero che hai problemi a relazionarti."
"Sono selettivo e non concedo la mia fiducia tanto facilmente. Non è un difetto."

Lei parve pensarci un po' su.
"Ah. E dopo quanto tempo hai iniziato a fidarti di me? Prima o dopo aver fatto sesso dietro la cascata?"
Stranamente Camus le sembrò offeso.
"Amore, non sesso. Per me non è mai stato solo sesso."
"...Cam, lo so. Non volevo offenderti, la mia era una battuta. Sgradevole, me ne rendo conto... reagisco così quando sono sottosopra."
Non le rispose, continuando a guidare per le trafficate strade di Atene. Quando arrivarono al Santuario, Camus restituì le chiavi dell'auto al legittimo proprietario, rassicurandolo sulle condizioni del suo prezioso suv.
 
"Tutto bene?"
"Sì." rispose al fratello, prendendo i porte enfant. Certo non poteva dire a Shiryu che cosa aveva causato il suo malumore. "Sono stanca, ma sto bene. I bambini ti hanno dato problemi?"
"No, nessuno dei quattro." sorrise Shiryu. "Lascia che ti dia una mano, tutti e tre insieme pesano un po'."
La seguì sulle scale, poi riprese a parlare.
"Shion ha stabilito il giorno per le Anfidromie: mercoledì, quando Shaina uscirà dall'ospedale."
"Grandioso." fu il commento laconico di Mei.
Ansia su ansia, non c'era scampo; il resto del pomeriggio trascorse lentamente, tra un'incombenza e l'altra, e Camus pareva ancora offeso per il loro scambio di battute.
Lo vide rientrare all'undicesima sul tardi dopo le ore trascorse nell'arena, mentre lei cucinava qualcosa: sentì il rollio della lavatrice in fase di lavaggio e lo scroscio dell'acqua nella doccia.
"Lixue, fai attenzione ai tuoi fratelli, io torno subito." disse, spegnendo il fornello sotto la padella.
"Le darò una mano." si offrì Hyoga, che stava rientrando in quel momento.
"Non sareste dovuti rientrare stasera?!"
Hyoga quasi ruzzolò in corridoio, sotto il peso delle valigie.
"Abbiamo anticipato il volo, Freya non si è sentita bene."
Raggiunto il bagno, Mei chiuse la porta a chiave, sedendosi sulla vasca.
"Mi stai evitando."
"No."
"Non era una domanda."

"La mia risposta non cambia." replicò lui. "Ricordi quando ti raccontai dei miei genitori?" le domandò d'improvviso.
"Sì." replicò Mei, confusa.
"Non te ne avrei mai parlato, se non avessi avuto fiducia in te." continuò Camus. "E soprattutto, non ti avrei portata all'isba -dove avrei voluto toglierti i vestiti- e non avrei fatto l'amore con te in seguito, non credi?"  

"Ah! Dunque l'hai ammesso, era quella la tua intenzione primaria!" esclamò, immaginando il suo sorriso dietro l'anta satinata della doccia.
Si appoggiò alla parete, giocherellando con la sottile catenina d'argento che Camus aveva appoggiato accanto al lavabo insieme all'orologio e che portava sempre, con il ciondolo che gli aveva messo al collo anni prima durante le esequie dei Gold Saints caduti -la metà bianca del Tao-.
"Ne avete ancora per molto? Anche io ho bisogno del bagno." protestò Hyoga, bussando.
"Cinque minuti e ho finito." gli rispose Camus, socchiudendo un'anta.
"Vai dai vicini." replicò Mei, quasi nello stesso momento.
"Stai scherzando, spero."
"Allora vai in giardino!"
Camus cacciò la testa fuori dal box doccia.

"Hey! Ci sono le mie erbe aromatiche in giardino!" protestò. "Hyoga, scendi all'ottava casa, Milo capirà. Forse."
"Tutto ciò è assurdo!" borbottò Hyoga, arrendendosi.

Mei ebbe un brivido quando intravide la cicatrice sul fianco, silente testimone di quanto accaduto appena un paio di mesi prima, quella dannata notte.
"...stavo guardando la cicatrice." precisò, accorgendosi del suo sguardo obliquo che la fissava di rimando.
Camus scrollò le spalle.
"È un tuo diritto guardare, a me non da' fastidio." le rispose, con un sorriso affettato. "Preferisci il lato b o il lato a?" proseguì, prima di girarsi verso di lei.
"...e adesso chi è lo svergognato?"
La risata che seguì scacciò via la sua ansia, inducendola a ridere a sua volta; Camus era davvero la parte bianca del Tao -quella luminosa-, capace di completarla.
"Chi c'è con i bambini?"
"Hyoga, quando tornerà dall'ottava casa."

"Bene." le rispose. "Potresti passarmi il flacone verde che ho dimenticato sul lavandino?"
Il suo orrendo shampoo al sandalo. Scuotendo divertita la testa gli porse quanto richiesto, avvertendo troppo tardi la presa sul suo polso e Camus che l'attirava verso sé.
 
**
 
"Sei pronta? Gli altri sono già arrivati."
Incrociò il suo sguardo attraverso lo specchio, notando il riverbero del sole sull'armatura d'oro.

"Mi serve ancora qualche minuto." gli rispose, applicando con mani ferme l'eyeliner.
Camus annuì, adocchiando il vestito che Cora aveva portato quella mattina appoggiato al letto, ancora nella sua custodia.
"Perché l'hanfu?" le domandò, indicando con un cenno l'abito tradizionale che aveva preferito indossare, un aderente hanfu in un delicato chiffon verde menta, a dispetto dell'abito stile peplo azzurrino che Cora aveva scelto per lei.
"È una cerimonia importante e merita un certo abbigliamento." rispose Mei con diplomazia, omettendo di dirgli che per niente al mondo avrebbe indossato qualcosa scelto da Cora. "E non sarò l'unica, sai. Ho intravisto la moglie di Shaka, indossava un sari stupendo, anche se devo ammettere che quella donna farebbe un figurone anche con un sacco di juta addosso, tanto è bella."
"Non ha niente più di te." asserì, preferendo accantonare il discorso vestito. Pur sorridendo, sentiva che era, letteralmente, un fascio di nervi. "Non agitarti, andrà tutto bene."
Lo sbuffo arrivò poco dopo.
"Cam, ti amo, lo sai. Ma sento che potrei prenderti a scudisciate le terga, per quanto queste ultime mi piacciano. Non dirmi di stare tranquilla, perché è come gettare benzina sul fuoco."   
Uscendo accanto a lui, si accorse che l'ingresso dell'undicesima casa era stata decorata così come la sesta e l'ottava: due rami d'ulivo e due ghirlande di lana, una decorazione per ognuno dei loro figli.
"Dovrò vivere quest'incubo per ogni figlio che avremo?" domandò quindi, nei paraggi della dodicesima casa, spostando il porte-enfant nell'altra mano.
"Come? Quattro non ti bastano?" ridacchiò lui, cercando di stemperare la tensione, ma senza successo.
"Hai capito bene che cosa voglio dire."
Camus si schiarì la voce.
"E allora la risposta è . Ogni nuovo nato, e non parlo solo dei nostri, porterà a una nuova cerimonia."
Non riuscì ad ascoltare il discorso di Shion, improvvisamente un fischio nelle orecchie l'aveva come isolata da tutto, ma la vista, quella non cedeva, per fortuna. Aveva gli occhi fissi sui suoi figli, già in braccio ai loro padrini e madrine, incapace di guardare altrove.
Nei paramenti sacri delle grandi occasioni, Shion porse la mano a Lixue, che tra tutti i discendenti dei Saints presenti era la più grande d'età, e scambiò qualche parola con lei prima dell'immersione rituale con la quale si ufficializzava la sua appartenenza ad Athena.
Mamma, per favore, aiutami.
Si ricordò di una volta, quando all'incirca aveva avuto dieci, forse undici anni e sua madre aveva fatto da madrina alla figlia di una sua collega di teatro. Il compito dei padrini, aveva detto il parroco, è quello di curarsi dell'educazione spirituale della creatura che si sta portando al fonte battesimale, essere guide, maestri, amici.
Forse il ruolo dei padrini era simile, se non uguale a com'era inteso nella religione cristiana, ma, pensò, il significato di maestro differiva non poco. E comunque, il Dio cristiano non spediva in addestramento quei figli che mostravano una fede più marcata del normale: certo, c'era chi in tal caso si faceva prete, ma era una scelta adulta e consapevole.
Camus guardò fugacemente in direzione di Mei, in piedi al suo fianco: aveva il volto inespressivo e il corpo teso, ma era facile comprendere il motivo di tanta tensione. Dietro quell'apparente freddezza si nascondeva il terrore cieco che i loro figli potessero possedere il Cosmo.
"Ça va?" le sussurrò, strofinandole una mano sulla schiena.
Si mosse di scatto come colpita da una scossa, guardandolo di rimando, seria.
"Secondo te?"
Come facesse a essere così tranquillo, non lo capiva.
Camus non lo sapeva, ma lei aveva dato di stomaco dalla tensione, incapace di ingoiare anche solo una tazzina d'acqua, e nemmeno il tranquillante che aveva assunto aveva potuto niente contro il nervosismo: si sentiva una bomba pronta a esplodere al momento meno opportuno.
Pensare che c'era chi, al Santuario, considerava un onore avere figli pronti ad entrare nelle schiere dei Saints, mentre per lei era motivo di angoscia. Cercò di non pensare a quell'eventualità.
Per sua figlia e Rani non ci fu bisogno di provare l'esistenza del Cosmo: era chiaro che nessuna delle due bambine l'avesse attivo, nonostante alcune caratteristiche peculiari.
"Vostra figlia mostra una certa resistenza al freddo e una moderata attività extrasensoriale" esordì Shion, parlando direttamente a loro "mentre quella di Rani, più marcata, andrà tenuta attentamente sotto controllo, ma come ho già avuto modo di osservare, nessuna delle due presenta un Cosmo attivo, quindi non ci sarà bisogno di alcun addestramento. Ora, andando in ordine cronologico, la prossima è Yian-Mei. Chi sono i padrini?"
"Seiya e Mei, Maestro." interloquì Shiryu.

Accanto a Camus, Milo corrugò la fronte.
"Come mai non fai da padrino a tua nipote?" sussurrò.
"Intanto non mi è stato chiesto, poi avrei comunque rifiutato."
"Sempre ai ferri corti, eh?"
"Non per mia iniziativa, sia ben chiaro." precisò Camus.
"Però tuo cognato farà da padrino a tuo figlio."
"Perché l'ha voluto Mei."
Il cerimoniale, su bambini piccoli come Yian-Mei, era diverso: Shion impose le mani sulla piccola, sciorinando una litania in greco antico e concentrando il proprio Cosmo alla ricerca di una scintilla della stessa energia.
Mei scoprì sul volto del fratello la sua stessa espressione; quando Shion, la fronte corrugata, si era avvicinato a Lady Saori che sedeva sul suo trono, parecchi metri più indietro, l'espressione di Shiryu si era fatta più scura, soprattutto mentre i due parlottavano fitto senza far trapelare nulla.
"Camus." chiamò Shion, d'improvviso, invitando l'interpellato a raggiungerli. "Abbiamo bisogno della tua esperienza."
 
*
 
Non riusciva a concentrarsi sul cicaleccio intorno a sé. Riusciva a sentire le voci, distingueva la lieve inflessione italiana di Shaina da quella hindi più marcata di Saraswati, la vocetta allegra di Rani dal tono nasale di Shunrei, ma non riusciva a concentrarsi sulle parole, ancora troppo scossa.
Alexandre, Milo e Nikos non avrebbero mai sviluppato il Cosmo.
Joséphine, come Lixue e Rani, possedeva una vaga scintilla che la rendeva forse un po' più speciali degli altri bambini, ma nulla di che: Shion aveva impiegato pochi minuti prima di liquidare la faccenda, indicando come unica bambina idonea all'addestramento proprio sua nipote, Yian-Mei.
Sulle prime, aveva avvertito il cuore accelerare i battiti e il corpo teso e pronto a fuggire. Poi, una volta passato l'effetto dell'adrenalina, era subentrato un sollievo inspiegabile a parole, come se il peso che aveva sentito sullo stomaco per mesi fosse evaporato in un colpo solo.
Temprato da anni di arti marziali, Shiryu aveva mantenuto un autocontrollo encomiabile, mentre Shunrei non aveva potuto trattenere la preoccupazione e le lacrime.
E proprio per lei erano lì, in quel momento, riunite alla settima casa.
"Vogliate scusarmi, signore." interloquì Camus, interrompendo le donne che stavano parlando di quanto successo al tredicesimo tempio: Shunrei pareva sul punto di avere una crisi di nervi, e le altre cercavano di tirarle su il morale. Posò le mani sulle spalle di Mei e la sentì trasalire, riprendendosi di scatto al contatto con le sue mani.
Si chinò e iniziò a parlarle in francese, a bassa voce.
"Il synagein è già finito?"
"Non è nemmeno iniziato, a dire il vero. Dovresti seguirmi con una certa urgenza."
Mei annuì e si alzò, incrociando lo sguardo di Shunrei e sorridendole appena.
"Torno subito." si congedò, seguendo Camus fino all'ottava casa senza ulteriori domande. Quando si accorse che erano diretti alla Torre della Meridiana, assottigliò lo sguardo.
"Dove mi stai portando?"
"In cima, alla Sala d'Oro. Coraggio, ci sono parecchi scalini da salire." le rispose, sospingendola gentilmente su per le scale.
"È per Yian-Mei?"
"Sì." le rispose senza mezzi termini. "Essendo nata sotto il mio segno, spetta a me l'ultima parola sul suo addestramento."

Si fermò, guardandolo seria.
"La decisione è solo tua, non posso dirti ciò che devi fare."
"Credi?" le rispose, con una certa ironia, che Mei trovò fuori luogo. Corrugò la fronte, senza tuttavia insistere.
Arrivati alla Sala d'Oro, l'anticipò entrando prima di lei –come per valutare l'eventuale presenza di pericoli- quindi richiuse il portone, nel pesante silenzio che seguì.
"Lo sapevo." sospirò Shaka. "Chissà perché qualcosa mi diceva che c'era lei di mezzo. In altri tempi avresti potuto passare dei guai per questo."

Camus gli scoccò un sorriso sardonico.
"La tua preoccupazione nei miei riguardi mi commuove nel profondo, Shaka, e ti ringrazio per cotanta premura. Tuttavia non ho chiesto né la tua protezione, né il tuo consiglio."
"Cerchiamo di non iniziare, ragazzi." interloquì Shion. "Prendete posto, stiamo per iniziare."
Le fece cenno di sedersi al suo posto, tra Shura e Aphrodite, ma Mei scosse prontamente la testa, preferendo rimanere in piedi dietro di lui.

"La faccenda potrebbe andare per le lunghe, dovresti sederti."
"Qui dentro non sono una tua pari, non posso sedermi al tuo posto!" bisbigliò Mei. Intravide degli sgabelli addossati al muro e glieli indicò con un cenno.
"Andrò a sedermi laggiù."

Seguendo il suo sguardo, Camus sbuffò appena.
"Non sei qui per assistere, ma per darmi consiglio." rispose.
"Mei, non vorrai stare in piedi tutto il tempo, mia cara." interloquì Shion, interrompendoli.
Prima che potesse invitarla a sedere accanto a lui, Camus afferrò uno sgabello e lo posizionò alla sua destra, tra il proprio scranno e quello di Shura.

"Non era il caso, potevo anche sedermi a terra."
"Non farlo mai. Non sei un'ancella."
Le stelle avevano predetto la pace: i tempi di guerra erano lontani e, a parte qualche rara disgrazia abilmente celata anche alle sue capacità, la tanto agognata pace avrebbe regnato anche negli anni a venire, disse Shion, tuttavia, si affrettò ad aggiungere, nonostante il Santuario fosse ben guarnito, era impensabile lasciare un futuro Saint senza addestramento.

"Ripeteremo le Anfidromie per ogni nuovo nato, nessuno escluso. Oggi abbiamo scoperto che nelle nostre file, di qui entro pochi anni, avremo una nuova Saint e chissà, magari sarà proprio tua nipote a ereditare l'armatura della grande Yuzuriha. Tuo fratello cosa pensa di quanto successo?"
Interpellata, Mei si schiarì la voce.

"Non ho ancora avuto modo di parlare con lui, Maestro."
"Ma lo conosci meglio di chiunque altro qui dentro, eccetto forse Dohko." continuò Shion.
"Io e Shiryu siamo fratelli di sangue, ma ciò non significa che io sappia che cosa si nasconda nella parte più intima del suo essere: non ho la più pallida idea di che cosa stia pensando a riguardo, e in ogni caso non potrei rispondere per lui."
E in parte era vero: avevano parlato una sola volta dell'eventualità di un figlio Saint, i dubbi che aveva avuto Shiryu riguardavano Camus come ipotetico Maestro, ma non avevano parlato d'altro.
"Credo che per Shiryu sia un onore avere una figlia Saint." intervenne Dohko, cavandola d'impiccio. "E il fatto che sarà suo zio ad addestrarla, non può che tranquillizzarlo."
Ma sbagliava o tempo prima Camus le aveva detto che avrebbe potuto rifiutare l'incarico?
Avvertì il primo capogiro farsi strada d'improvviso, inducendola ad appoggiarsi di scatto al bracciolo più vicino.
"Siamo qui per questo, dopotutto." rispose Shion. "La mia era una semplice curiosità, più tardi parlerò con Shiryu proprio di questo. Ma ora, è con Camus che dobbiamo parlare: Yian-Mei è nata sotto il suo segno, quindi spetta a lui l'addestramento."
"Chiedo venia, Maestro, riguardo questo punto..." interloquì l'interessato.
"Scusate." biascicò Mei, alzandosi improvvisamente e correndo fuori.
"Vi prego di concederci qualche minuto." le fece eco Camus, seguendola poco dopo.
La trovò china su una delle diverse piante in vaso che ornavano il portico.
"Posso fare qualcosa per aiutarvi?" domandò Milo, richiudendo il portone dietro di sé.
"No, ti ringrazio." sorrise Camus.
"Adesso passa." mormorò Mei.
Milo rientrò, poco convinto.
"Mi sentivo soffocare là dentro, avevo bisogno d'aria." spiegò Mei, rialzandosi e appoggiandosi a una delle tante colonne che sorreggeva le meridiane e il complicato meccanismo interno.
A quell'altezza ce n'era anche troppa, pensò Camus.
"Da qui la vista è bellissima." cambiò discorso d'improvviso, guardando verso l'orizzonte. Una vista che comprendeva tutta Atene, arrivando a toccare, in giornate di sole come quella, anche una vasta parte della periferia. "L'Acropoli... quand'è stata l'ultima volta che l'abbiamo visitata?"
"Durante quelle famose tre settimane." le rispose.
"Uhm... è trascorso così tanto tempo? D'accordo che non ti piace comportarti da turista, però ogni tanto sarebbe bello poter visitare qualcosa di diverso oltre a queste quattro colonne, no? Voglio dire, la Vieille Dame pretende 25 euro per salire fino in cima, l'Acropoli non costerà così tanto."

"Venti euro."
"...davvero? È aumentato?!"
Camus mosse un passo avanti, gettando un'occhiata verso il basso: la settima e l'ottava casa sembravano così piccole da la' sopra. Borbottò qualcosa in risposta, avvertendo un brivido corrergli lungo la schiena.
"...cosa?"
Si rese conto di averle parlato in russo, e si schiarì la voce.
"Ho detto che questa torre è alta cinquanta metri e quel parapetto è dannatamente troppo basso per i miei gusti. Torna qui, Mei, mi innervosisce saperti lì."

Mei arretrò appena, rivolgendogli un'occhiata interrogativa.
"Non voglio affacciarmi, voglio solo un po' d'aria fresca..."
"Non sto scherzando, vieni via da lì." prese un gran respiro e si avvicinò, interponendo un braccio tra lei e la ringhiera, la mano sul suo fianco. "Un'ancella cadde di sotto, anni fa."

"..."
"La nipote di Fedra. Ti risparmio i particolari perché potrei dare di stomaco come feci quando trovammo il corpo. Anche se ora c'è la ringhiera, resta comunque un salto nel vuoto non indifferente."

"Che intendi dire, quando è successo non c'era?"
"Nove anni fa, no."

"Oh, capisco. È caduta o è stata gettata?" inquisì Mei, prima di scuotere la testa. "Nove anni fa c'era Saga al potere... non rispondermi, non ce n'è bisogno. Ora capisci perché dormo col mio pugnale a portata di mano?"
"Sì, ricordo ancora troppo bene quell'arnese." sbottò Camus. "Ad ogni modo, cerchiamo di non tergiversare, là dentro aspettano solo noi."
"Come se avessi molta scelta." sospirò Mei, stanca. "Hai un compito da portare a termine, non abbiamo chissà quanto margine di movimento."
"Non esattamente. Addestrare un Saint richiede impegno, dedizione e soprattutto tanti sacrifici. Certo, potrei anche lasciare te e i bambini a Parigi e trasferirmi per addestrare Yian-Mei in solitudine..."
"Non voglio nemmeno sentirne parlare." borbottò Mei, interrompendolo. "Siamo stati lontani sei anni, in nessuna dimensione temporale permetterò che accada di nuovo."
"...oppure potremmo trasferirci tutti: ma una volta intrapresa quella strada non potremmo tornare indietro per nessun motivo al mondo. Significherebbe trasferirsi in Siberia per almeno cinque anni, far crescere i nostri figli in un villaggio sperduto e costringerti a lasciare tutto ciò che abbiamo costruito a Parigi."
"...se è ciò che devo fare, lo farò. Certo, all'inizio sarà dura, ma col tempo ci abitueremo."
"No! Non posso e non voglio farlo, non è giusto per i bambini e non è giusto per te."
"Cam, sapevo a cosa andavo incontro quando ti ho detto . Ho scelto di essere la moglie di un Gold Saint, qualunque sia il tuo dovere è anche il mio."
Seppur colpito da quelle parole, scosse la testa.
"Dovere al quale ho già adempiuto per ben due volte. È ora di lasciare il testimone a qualcun altro. Che ne pensi? Io non intendo più insegnare. Non posso fare questo alla nostra famiglia."
In tutta franchezza, aveva sperato di sentire quelle parole.
"Non sapevo che qui la mia opinione avesse importanza."
"Qui o altrove, per me è fondamentale. Non posso prendere questa decisione senza di te."

Mei annuì con aria grave, espirando nervosamente.
"Se puoi rifiutare, fallo. Hai già in mente chi può sostituirti?"
"Sì." le rispose, osservando la sua espressione cambiare di nuovo nel giro di pochi minuti. "Cosa c'è di tanto divertente?"
"La prima cosa che diranno sarà che il matrimonio e la sottoscritta ti hanno rammollito al punto di non saperti più imporre e di non saper più prendere alcuna decisione."
"Come se fosse facile imporsi su di te."

"Infatti, è impossibile." lo corresse Mei. "Senti, davanti a loro non dire che sei arrivato a questa conclusione tenendo conto delle mie opinioni."
"Ebbene, ciò che loro pensano di me o di noi sul versante matrimonio è per me rilevante quanto il Titanic per l'iceberg che lo affondò."
"Però, quanta poesia. Seriamente, mi dici a chi intendi affidare mia nipote?"
"Una persona nella quale ripongo estrema fiducia, naturalmente: Hyoga."
Lei si bloccò un attimo.
"Come scusa? Io pensavo scegliessi qualcun altro."
"E chi, ad esempio? Lui è perfetto e ha le capacità per portare a termine questa missione."
"Ha anche una moglie, però. Pensavo scegliessi uno scapolo, qualcuno che non ha una famiglia alla quale pensare! Hai detto che rifiuti l'incarico per noi e te ne sono immensamente grata, ma così..."
"Se Hyoga dovesse rifiutare vedrò il da farsi, ma per ora è l'opzione migliore ed è la più probabile che Shion appoggi. Yian-Mei potrebbe finire nelle mani sbagliate, capisci?"
Il portone si riaprì, questa volta a causa di Dohko.
"Ragazzi, non possiamo aspettare a lungo." li interruppe, sollecitandoli.
"Da quando in qua certe decisioni si prendono seguendo i consigli di una donna?" interloquì Shaka, guardando prima Mei, poi Camus, con un sorrisetto che la prima trovò irritante.
"Da dove provengo io, Shaka, siamo abituati a trattare le donne con rispetto. Ne abbiamo parlato, abbiamo riflettuto sul da farsi e siamo giunti alla nostra decisione. Nostra, non tua. Tempo fa ho giurato che non avrei mai più accettato allievi e non intendo tornare sui miei passi. Sei anni in Siberia sono troppi e non credo di avere ancora la stessa forza d'animo che possedevo quand'ero tredicenne, quindi sono davvero onorato del compito che volete affidarmi, per me è stato e sarebbe un onore addestrare un futuro Saint, ma rifiuto fermamente di rimettermi nei panni di Maestro: in tal senso ho già ampiamente fatto il mio dovere."

Negli attimi seguenti, Shion rifletté sul da farsi, mentre in sala si era levato un certo vociare.
"Avresti già in mente il candidato che potrebbe sostituirti?"
"Hyoga." rispose Camus, senza esitazione.

"Non diciamo eresie, un Bronze Saint come maestro..." continuò Shaka.
"Come sempre tendi a sottovalutare le caste inferiori." interloquì Mu.
"Soprattutto quando è stato qualcuno appartenente proprio a quella casta a farti passare un brutto quarto d'ora, anni fa." sogghignò Kanon. "Il Saint della Fenice, se non ricordo male. La stima che ho sempre avuto di Ikki ha avuto un'impennata dopo quella faccenda."
Saga fulminò il fratello con un'occhiata di brace.
"Kanon!"
Shaka lo ignorò volutamente, rivolgendosi a Shion.
"Io potrei..." iniziò.
"Tu non rientri nemmeno tra gli ultimi possibili candidati." lo bloccò Camus. "Ho addestrato bene quel ragazzo, ha raggiunto lo zero assoluto assimilando in toto i miei insegnamenti e indossato le vestigia di Aquarius con onore. Conosco il valore di Hyoga e so che è all'altezza del compito."
"Camus, non ti agitare. Nessuno mette in dubbio le capacità di Hyoga." interloquì Aiolos.

"Beh, Aiolos, diciamo che non ha granché scelta: un probabile allievo è passato a miglior vita dopo due giorni e almeno tre disertori se la sono data a gambe prima che l'addestramento iniziasse. E non dimentichiamoci il migliore di loro, che è passato alle fila nemiche... logico che si sia tenuto stretto il solo rimasto."
Camus strinse i pugni, negli occhi uno sguardo di ghiaccio: Isaak era uno dei suoi nervi scoperti; la sua perdita, anni prima, l'aveva segnato nel profondo in modo tale che lo faceva soffrire anche solo parlarne e nonostante gli anni trascorsi, non riusciva a darsi pace per aver fallito con lui.
Milo si coprì gli occhi con una mano: non aveva bisogno di guardare Camus in faccia, conosceva già la sua reazione.
"Qui va a finire male." mormorò.
L'aria si abbassò drasticamente di diversi gradi, al punto che il fiato iniziò a condensarsi a ogni respiro. Di norma, quello era il preludio di una tempesta di dimensioni colossali; tutti si ricordavano ancora bene l'ultima volta che al Santuario aveva nevicato in piena estate: la neve di quel giorno si era sciolta solo a ottobre inoltrato, e Camus aveva praticamente costretto tutti a una sorta di lunghissimo e gelido inverno.
"Quantomeno nessuno dei suoi allievi se l'è mai presa con un anziano e una ragazzina inerme al fine di uccidere un Saint di rango inferiore." sbottò Mei a voce alta, incapace di stare zitta e anticipando Camus.
Nel silenzio sbigottito che seguì le sue parole, Shaka le puntò addosso uno sguardo carico di rabbia malcelata.
"Cos'hai detto?!" sibilò.
Seppur memore di quanto Milo le aveva detto anni prima, Mei non cedette di un millimetro, sostenendo lo sguardo di Shaka senza muovere un muscolo.
"Posso suggerirti uno spray per ovviare al tuo problema uditivo, se gradisci."

Lui tacque un attimo, allibito: Mei vide le sue pupille prima dilatarsi dallo shock, poi restringersi fin quasi a scomparire.
"Come osi rivolgerti a me in questo modo?" sibilò, rabbioso.
"Critichi l'operato degli altri, cercando di gettare fango sugli allievi altrui, quando né Shiryu, né Hyoga e sono sicura, nemmeno Isaak, hanno mai osato alzare un dito contro una donna o contro un uomo incapace di difendersi! Questo è ciò che distingue un Maestro degno di questo nome da uno che vale meno di niente: quando insegna a vivere e comportarsi civilmente senza credersi superiori e senza calpestare nessuno!" replicò Mei. "Oh, se oso!!"  
Nella foga della rabbia, nessuno dei due sembrava accorgersi di chi cercava di farli smettere o quantomeno di rabbonirli.

"Posso rammentarti che il caro Isaak ha quasi spezzato la schiena di Kiki, per sottrargli l'armatura di Libra?"
"Kiki è un apprendista, è fratello di un Gold Saint e seppur limitate in quel preciso momento, possedeva le capacità per reagire a una minaccia. Un civile, no." rispose Mei a tono. "Del resto è più facile notare la pagliuzza nell'occhio dell'altro piuttosto che la trave dentro il proprio."
A qualcuno sfuggì una risatina, che ebbe l'effetto di distrarre Shaka, e Mei finalmente avvertì la presa –gelida- di Camus sul proprio braccio.
"Shaka, abbiamo finito?" intervenne Shion, spazientito.
"Maestro Shion." proseguì Mei. "Che sia chiaro che sarò io e io soltanto a rispondere delle mie parole, nessun altro deve essere coinvolto."
"Ma che rispondere e rispondere... questo è il segreto di Pulcinella, lo sanno tutti che cosa hanno combinato i suoi allievi." intervenne DeathMask. "Ma fatemi il piacere di finire 'sta pagliacciata, che ho altro da fare!"
Però, punto sul vivo, Shaka non intendeva mollare l'osso.
"Basta!" tuonò Shion, zittendo tutti. "Fate silenzio."
Controvoglia, Shaka tornò a sedersi al suo scranno, continuando a gettare lampi di rabbia nei confronti di Mei.
"Non avresti dovuto rispondere!" bisbigliò Camus, preoccupato.

"Sono tua moglie, ho il dovere di difenderti."
"Tornando a noi, per me va bene, Camus." tornò a parlare Shion, con un tono di voce normale. "Bisognerà vedere che cosa ne pensa l'interessato, poi potremo procedere. La riunione si aggiorna."
Shaka fu uno dei primi a lasciare la sala; Mei attese finché non rimasero che lei, Camus e Shion.
"Maestro Shion, una parola per favore." disse, avvicinandosi e lasciando Camus indietro. "Sono spiacente di quanto successo prima, ma sono abituata a difendere ciò che amo e non mi scuserò per questo."
"Lo so, Mei."
"Perciò se ci saranno conseguenze, vi prego di non coinvolgere né Camus né la mia famiglia."

Camus mosse un passo avanti nel sentire il proprio nome, e Shion lo fermò con un cenno della mano.
"Hai reagito a una provocazione e difeso il tuo sposo, non hai colpe da espiare." le rispose dopo qualche secondo. "Un uomo non può che ritenersi fortunato nell'avere accanto una sposa tanto forte. Ora coraggio, vorrei uscire da qui prima di prendermi un malanno."
Mei sorrise appena, quindi gli rivolse il saluto taoista e uscì dalla sala insieme a Camus.

"Posso sapere che cosa vi siete detti?"
"Perché mi cammini davanti?!"
"Le scale sono ripide, qualora inciampassi, sarei pronto ad afferrarti. E non cambiare discorso, sai che non ci casco. Dunque?!"

"Quanto accidenti sei ficcanaso."
"Mei, questo non è un gioco. In altri tempi saresti potuta incorrere in conseguenze serie." le rispose, voltandosi.
"Credi che stia giocando? C'è la vita di mia nipote in ballo! Toccherà a me dire a Shiryu che cosa ne sarà di sua figlia, scusami se sto cercando di non mandare in frantumi un pezzo della mia famiglia mentre cerco di proteggere quello più importante." rispose Mei, superandolo.
"Stai di nuovo tergiversando. Cos'hai detto a Shion? Ho sentito il mio nome." la raggiunse e la fermò.
Mei sbuffò, cedendo.
"Gli ho detto che quanto successo in sala è di mia esclusiva responsabilità e che non avrebbe dovuto coinvolgerti per nessun motivo, che qualunque cosa fosse successa, sarei stata io a pagarne le conseguenze. Lui ha aggiunto che non ho colpe da espiare, ho reagito di fronte a una provocazione."
Hyoga corrugò la fronte, senza ovviamente comprendere quanto detto da Mei, in cinese, e rimase in disparte.
"Tu sei..." iniziò Camus, prima di trarla a sé e stringerla "...tu sei matta. Non conosci le conseguenze di certi gesti."
"Che cos'è successo?!" domandò Hyoga, qualche secondo dopo. "Ho sentito l'emanazione del tuo Cosmo. State bene?"
"Noi sì. L'ego di Shaka, no." rispose Mei, vaga. "Nessuno può toccare in quel modo la mia famiglia e sperare di uscirne indenne."
"Gli ha risposto per le rime prima che potessi farlo io." spiegò Camus, sommariamente.
"...cosa?!"
"Risponderei in quel modo anche all'Imperatore di Giada." precisò Mei, prima di intravedere il fratello che la chiamava dalla settima casa. "Torno subito."
"Mei mi ha difeso?!" si stupì Hyoga, quando Camus ebbe finito di raccontare.
"Sì, perché la cosa ti stupisce?"
"Perché non si sa mai cosa aspettarsi da tua moglie, ecco perché." replicò Hyoga. "Fate attenzione a Shaka, per qualche tempo: quello è capace di ritorsioni."
"Anche io. E se lui è un minimo intelligente, si guarderà bene dal farne: come me, anche lui ha molto da perdere. Se c'è una cosa che ho imparato da Mei, è quella di difendere la mia famiglia ad ogni costo, anche con modi poco ortodossi: potrei diventare molto violento." Camus tagliò corto. "Comunque, Hyoga... devo parlarti."

Rimase come impietrito, gli occhi sgranati.
"Animo, non ho tutto il giorno."
"Qualunque cosa abbia fatto, ormai io e Freya siamo sposati, sai."
"Cosa vuoi che mi importi delle tue performances con tua moglie, in questo momento?! Io parlavo della riunione."
"E cosa c'entro io?!"

Camus appoggiò l'elmo sul tavolo, premendosi due dita alla radice del naso come faceva ogni volta che avvertiva il mal di testa arrivare: Dimitri, Ilya, Pavel, Roman e Isaak.
Aveva già mandato in malora le vite di cinque ragazzi, come avrebbe potuto a chiedere a Hyoga di prendere il suo posto?
Non dubitava delle sue capacità, anzi, sapeva che avrebbe svolto un lavoro egregio, i suoi dubbi riguardavano ben altro: i suoi studi, la sua vita, Freya.

"Inizi a preoccuparmi." lo distrasse l'interessato. "Riguarda il synagein?"
"Sì." rispose stringato, prendendo un gran respiro. "La figlia di Shiryu è nata sotto il mio segno e teoricamente sarei io a dover curare il suo addestramento."
"Lo so." replicò Hyoga, corrugando la fronte.

"Ho rifiutato." proseguì Camus. "E, perdona la brutalità, ho fatto il tuo nome. Mi rendo conto dell'entità di quanto vorrei affidarti, ma io non posso riprendere l'insegnamento. Ho già avuto i miei allievi, è ora di passare il testimone e tu sei il primo e il solo che mi sia venuto in mente. Capisco che è abominevole chiederti una risposta così su due piedi e capirei un tuo rifiuto... tu e Freya siete sposati da così poco..."
"Freya conosce i miei doveri, sapeva a cosa poteva andare incontro." rispose Hyoga. "Non mi sono mai tirato indietro di fronte a nessun ostacolo, di certo non inizierò adesso. Per me sarà un'ottima occasione per staccare la spina, soprattutto da Hilda: nemmeno lei può mettere il naso nelle beghe ufficiali del Santuario."
"Quello è un territorio difficile per una donna, anche se è abituata a certe temperature." osservò Camus, stanco. "Forse ha ragione Mei, quando dice che dovrei scegliere uno scapolo. E prima o poi arriveranno i figli... crescerli in quell'ambiente ostile è terribile..."
Hyoga ridacchiò appena.
"Più prima che poi." lo corresse, senza aggiungere altro e guardandolo mentre analizzava la frase e ne comprendeva le implicazioni.
"...cosa...?!"
"Un mese, più o meno. Era già incinta prima del matrimonio, ecco il perché dei suoi malori." rispose, notando il suo pallore.

"E me lo dici così?!"
"Come avrei dovuto dirtelo, con una fanfara? L'ho scoperto stamattina, non potevo certo dirtelo poco prima delle Anfidromie."
"Sciocco, avresti dovuto invece, perché al posto tuo avrei scelto qualcun altro!" sospirò Camus. "E bada, non perché non ti ritengo all'altezza, ma per salvaguardare la tua neonata famiglia!"
Sorrise, scuotendo la testa.
"Quando smetterai di volermi proteggere a tutti i costi? Non sono più quel bambino malaticcio che arrivò all'isba anni fa." gli domandò. "Accetto il compito che mi affidi e lo porterò a termine con onore."
 
Shiryu non le diede nemmeno il tempo di entrare nella casa di Libra che iniziò a subissarla di domande: chi si sarebbe occupato dell'addestramento? E chi avrebbe pensato all'educazione di sua figlia? Camus avrebbe continuato a farle studiare la sua lingua natia o le avrebbe insegnato una lingua assurda che nessuno di loro avrebbe mai compreso?
"Intanto il russo non è assurdo, e se tu espandessi i tuoi orizzonti al di là delle sole arti marziali capiresti di che cosa parlo. Poi, è stato scelto Hyoga." riuscì finalmente a rispondere Mei. "Camus ha scelto Hyoga come Maestro."

"Hyoga?"
"Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, ha le capacità per farlo. Camus ha già dato, in tal senso." proseguì Mei. "Quando sarà il momento, Yian-Mei si trasferirà a Kobotec con Hyoga e Freya per l'addestramento. O avresti preferito qualcun altro? Shaka ad esempio, che si era offerto. O che so, DeathMask?"

"Non dire eresie." rispose Shiryu.
"Saprò dirti di più quando torneranno, ma sappi che mi dispiace tantissimo." aggiunse Mei prima di congedarsi.
La situazione sarebbe potuta essere molto diversa: avrebbe potuto esserci lei, al posto di Shunrei, avrebbe potuto essere lei quella in preda alle lacrime, quella che malediceva tutti gli Dèi per non aver impedito una cosa di quel genere.
Anziché salire all'undicesima casa, inforcò rapida il passaggio secondario dietro le Case, diretta al sentiero che portava alla spiaggia, intenzionata a riflettere un po'; nel passare dietro la sesta casa, strinse istintivamente la mano attorno all'elsa del pugnale di suo padre, infilato nella cinta dell'hanfu: qualcosa in lei le diceva che per un bel po' sarebbe stato meglio mantenere alta la guardia, nonostante il codice d'onore rigidamente osservato al Santuario. Non poteva andare a Eleusi da sola per ringraziare Demetra e non sapeva nemmeno se fosse il caso di disturbare Shion per così poco. Poteva ringraziare Athena, però, e l'indomani, decise, l'avrebbe fatto.
"Eccoti, finalmente, ti cerco da un po'. Pensavo fossi da tuo fratello."
"No, con Shiryu ci siamo già chiariti." sospirò Mei, mentre Camus si distendeva accanto a lei sulla sabbia.
"Volevo dirti che i bambini hanno già mangiato e li ho messi a dormire, dovessero esserci problemi, Hyoga mi invierà un messaggio." l'avvisò. "Riguardo oggi..."
"Cosa c'è ancora?"
"Hyoga ha accettato l'incarico e Shion ha dato il suo benestare." sintetizzò Camus.
"Siamo liberi?"
"..."
"Dèi, vi ringrazio."

"...sii meno melodrammatica."
"Tu non hai idea di che sollievo sia per me sapere che i miei figli non dovranno subire alcun addestramento."

"Mei, il fatto che non li ho portati in grembo e non li ho partoriti non significa che non sia in grado di comprenderti. Sono sollevato anche io, cosa credi?"
"Per una madre è diverso." insisté lei. "Domani avrò un lungo giro di visite da fare dopo il lavoro."
Camus roteò gli occhi, senza tuttavia dire nulla.
"Va meglio?" gli domandò poco dopo. "Oggi eri fuori di te."
"Nel corpo umano esistono miliardi di nervi e Shaka è stato capace di farmeli saltare tutti insieme. Io non ho educato allievi capaci di comportarsi peggio degli animali: i miei non hanno nessun civile sulla coscienza." le rispose, con una punta d'orgoglio. "E lui lo sa benissimo, ecco perché quando sei intervenuta si è infuriato. Isaak non è come l'ha descritto."
"Non parlarmene se poi devi star male." lo interruppe Mei.
"Shaka ha tanto gentilmente rivangato questa faccenda e prima o poi lo verresti a sapere comunque, che mi piaccia o no. È meglio che tu sappia tutto da me, piuttosto che da chissà chi e con chissà quante fantasiose aggiunte. Dimitri aveva sette anni quando arrivò all'isba: doveva essere malato da tempo, perché morì dopo pochi giorni. Encefalite, mi dissero. Io invece avevo creduto si trattasse di influenza, ma ero un ragazzino, non avevo idea di cosa stesse succedendo. A ripensarci ora, se fossi stato meno superficiale forse avrei potuto salvarlo." iniziò Camus. "Dopo di lui arrivò Isaak, che come sai è stato il mio primo allievo: su di lui ho così tante cose da dire che dovrei aprire una parentesi molto lunga. Nonostante qualche errore di percorso, sono sempre stato orgoglioso di lui, e sento la sua mancanza ogni giorno. Dopo Isaak, ci sono stati Ilya, Pavel e Roman. Tutti e tre hanno sopportato l'addestramento per una manciata di giorni prima di fuggire nei modi più disparati. Dal Santuario Saga mi ordinò di giustiziarli."
"E l'hai fatto?"

"No." rispose in un soffio. "Certi ordini li ha sempre eseguiti Milo al mio posto."
"Hai un rigore morale inattaccabile e sono fiera di te."
"Se conoscessi tutti i particolari di quegli anni, saresti molto meno fiera di me, temo."
"Per me potresti essere qualunque cosa, anche un serial killer in incognito, io comunque sarei dalla tua parte. Sono stata dalla tua parte anche quando eri uno specter, niente mi convincerà mai a guardarti in maniera diversa."
Le prese una mano, portandosela al cuore.
"Ti ringrazio molto per aver difeso i miei allievi."
"Se c'è qualcuno in diritto di dire o ridire contro Isaak e Hyoga sei tu, non è quella sottospecie di santone." s'infervorò Mei. "Oltretutto nemmeno l'ha conosciuto."
Camus sorrise, ricordando qualche episodio legato all'addestramento. Isaak non era mai stato un cattivo ragazzo, e qualunque azione brutale commessa a danno del prossimo, l'aveva commessa sotto l'infido consiglio di qualcuno interessato a seminare discordia. 
"Se Isaak ha fatto ciò che ha fatto a Kiki, l'ha fatto sicuramente perché plagiato dalle parole di qualcuno,  perché non è così che l'ho cresciuto, non avrebbe mai attaccato in quel modo un ragazzino. A dire il vero, non avrebbe mai attaccato nessuno così brutalmente. Lo conoscevo bene, aveva un animo buono."
Si voltò verso di lui, osservando il suo profilo elegante.
"Da come parli di lui, penso che fosse –e che sia ancora- Isaak il tuo preferito."
Continuò a guardare il cielo sopra di loro senza risponderle subito.
"Isaak era diverso da Hyoga, ci sono cose che mi piacevano e cose che non mi piacevano di lui." rispose dopo qualche minuto, con la solita diplomazia. "E per Hyoga è lo stesso. Non ho preferenze, per me sono entrambi sullo stesso piano, entrambi importanti. Non posso rispondere alla tua domanda, sarebbe come farmi scegliere il preferito tra i nostri figli."
"D'accordo. Non ne vuoi parlare." sospirò Mei, mettendosi a sedere e scrollando la sabbia dai capelli.
"Isaak era concentrato, impegnato sul suo addestramento, aveva una volontà ferrea ed era generoso e gentile. Era il migliore. Quando ho scoperto che non era morto in seguito all'incidente ma era diventato parte delle schiere nemiche, ho pensato, non senza una pesante dose di rimorso, che avrei preferito saperlo morto. Ma continuo ad essere orgoglioso e fiero del ragazzo che ho cresciuto, continuo a pensare che fosse il migliore."
Non le aveva risposto apertamente, ma l'aveva comunque fatto.
Mei sorrise, senza insistere.
"A proposito, mi devo aspettare delle ritorsioni? Giusto per chiarire, io so come difendermi e non ho paura di lui, ma i bambini no."
"Shaka mi conosce abbastanza da sapere che è meglio non sfidare la mia pazienza. Non è così avventato da farvi qualcosa. E se dovesse essere così stupido da commettere errori, ne subirà le conseguenze."
"Comunque stai attento anche tu."
"Me la so cavare, non preoccuparti." sorrise Camus di rimando.
Si chinò verso di lui, baciandolo, ma quello che doveva essere un bacio, stava per trasformarsi in altro.
"Mei, aspetta. Qualcuno potrebbe vederci." la fermò, col fiato corto, alzando lo sguardo verso la prima casa, una trentina di metri più in su, e sul sentiero che da essa portava alla spiaggia: ma sia lo spiazzo antistante la casa dell'Ariete che il sentiero, parevano deserti.
"...il sole è tramontato da un po', quindi, a meno che qualcuno da lassù non usi un binocolo a infrarossi, non c'è pericolo. E poi, non ricordo di aver letto qualcosa a proposito di eventuali atti osceni in luogo pubblico, sul codice del Santuario."
"Qui no, ma al di fuori ci sono leggi precise a riguardo."
"Sbaglio o questo posto è protetto da uno scudo che impedisce alla gente di vederlo? Anni fa non ti sei posto tutti questi problemi."
"Appunto, parliamo di anni fa... non siamo più due ragazzini, dai." sospirò Camus, alzandosi.
Mei si alzò a sua volta, slacciando la cintura che chiudeva la giacca dell'hanfu e lasciando cadere anche quest'ultima a terra.
"Cosa fai?" le domandò, mentre la gonna seguiva a ruota il resto e Mei rimaneva con la sola casacca addosso.
"È una pazzia, lo so. Ma siamo ancora giovani, per tutti gli Dèi. Facciamone una finché possiamo... sciogliti un po'."
Lanciò un'altra occhiata alla prima casa, sospirando.
"È che non mi va di essere colto in flagrante come un ragazzino eccit-." s'interruppe, trovandosi di colpo la casacca di Mei in faccia.
"Dimmi, vuoi arrenderti o preferisci cercare altre obiezioni?" ridacchiò Mei, indietreggiando lenta in acqua.
 

***

 

Lady Aquaria's corner
-Anfidromie: festa che nell'antica Grecia era organizzata in onore della nascita di un bambino.
-Imperatore di Giada: una delle maggiori divinità del pantheon taoista.

-La faccenda di Camus e degli allievi fuggiti: ho preso spunto da quel che nel manga Isaak dice a Hyoga quando quest'ultimo arriva in Siberia per l'addestramento.
Oggi non ho nient'altro da aggiungere: ringrazio chi ancora recensisce e segue la storia.
Alla prossima,

Lady Aquaria

   
 
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