Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Shade Owl    20/05/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Orlaith abbassò il finestrino del taxi per vedere meglio la sua destinazione, dall'altro lato della strada rispetto a dove si era fermato l'autista, sentendo un vago senso di apprensione correrle dentro.
Si trovava a Staten Island, a Fort Hill, e davanti a lei sorgeva una delle innumerevoli ville monofamiliari in stile Tudor, in legno e pietra. Era di tre piani, e l'avevano costruita in cima a una minuscola collina erbosa. L'ampio giardino era delimitato da una recinzione di pietra e ferro battuto che si interrompeva al grande cancello appuntito. Nel vialetto lastricato c'era un'auto blu notte, probabilmente d'epoca, lunga e slanciata. Non riuscì a identificarne il modello, non s'intendeva molto di macchine.
La casa in sé, comunque, le incuteva un po' di timore: era imponente, più grande delle sue sorelle che si ergevano tranquille in tutto il resto del quartiere, ed era anche piuttosto isolata rispetto a loro. Le tegole erano in un materiale scuro e grezzo, forse ardesia, e le pareti esterne erano di una tonalità di grigio così uniforme da confondersi con il cielo nuvoloso che faceva da sfondo all'abitazione. Dalle finestre non si intravedevano né luci né movimenti, e le tende bianche erano immobili. L'unico segnale di vita era il comignolo, da cui usciva un alito di fumo quasi invisibile in tutto quel grigiore.
Il giorno dopo la festa aveva discusso con David per quasi un'ora quando gli aveva detto che le serviva una giornata libera: lui aveva ribattuto che era impossibile, che era piena di impegni e che fino a novembre avrebbe dovuto tenere duro. Passato Halloween (- Samhain!- aveva contestato lei, stizzita) si sarebbe potuta concedere un paio di giorni di riposo.
Tuttavia non aveva ceduto e, dopo una lunga trattativa, era riuscita a fargli disdire un paio di interviste e a rimandare un'apparizione pubblica fissata per quella sera. Aveva tutto il giorno per sé, per la prima volta in più tempo di quanto riuscisse a ricordarne.
La lettera consegnatale da McGrath le chiedeva di chiamare un numero di telefono e confermare la data e l'ora al maggiordomo stesso, che aveva preso la chiamata. Fatto ciò, doveva presentarsi all'indirizzo riportato e di farlo possibilmente da sola.
Chiunque fosse, il mittente aveva asserito che doveva parlarle di una questione molto importante che la riguardava da vicino. Non c'era scritto molto altro, non era nemmeno firmata (di nuovo, in fondo al foglio c'era lo stesso simbolo che avevano usato per la ceralacca, stavolta impresso con l'inchiostro) ma il tono della lettera era vagamente inquietante e, per un momento, era stata tentata di non andare.
Tuttavia McGrath era venuto di persona a consegnarle la busta, come se il suo padrone si fosse voluto assicurare che la ricevesse e ne capisse l'importanza. Qualsiasi cosa volesse, la misteriosa persona che l'aveva convocata ci teneva a incontrarla.
- Allora, che fa? Scende?- chiese il tassista, riportandola alla realtà.
- Cosa? Ah, certo! Mi scusi, ero...-
Frugò nella borsa fino a trovare la carta di credito e, dopo aver pagato, si diresse fino al cancello, cercando di vincere il desiderio di voltarsi e andare via. Quando raggiunse il campanello inspirò a fondo per cinque volte, ripensando al suo campo di trifogli e, quando si sentì pronta, suonò, sperando di non apparire troppo spaventata davanti alla videocamera del citofono.
- Benvenuta, miss Alexander.- sorrise McGrath, quando fu arrivata alla porta - Il mio padrone è molto felice nel sapere che ha accettato tanto rapidamente di incontrarlo.-
- Beh... mi era sembrata una cosa importante.- rispose Orlaith, entrando.
L'interno della villa era ampio e pulito, ma poco luminoso. Un parquet scuro regnava sovrano sul pavimento, perdendosi nelle viscere della casa, e una carta da parati classica e monocromatica, di una intensa tonalità di bianco, ricopriva le pareti a cui erano appesi alcuni quadri macchiaioli. Delle scale in legno portavano verso i piani superiori, proprio davanti a lei, e ai due lati si aprivano delle ampie doppie porte con vetrate colorate che davano sul salone e sulla sala da pranzo, nella quale si vedeva chiaramente un pesante tavolo di mogano.
- Se vuole darmi il suo soprabito, il signor Allwood la attende al piano superiore.- disse il maggiordomo.
- Il signor... Allwood?- ripeté lei, togliendosi la giacca.
- Il mio padrone. È lui ad averla invitata qui.- spiegò McGrath, aprendo un'anta nel sottoscala e traendone una stampella.
- Capisco. Ma perché tanti misteri? Non potevate prendere un appuntamento? Ho dovuto combattere per prendermi un giorno libero.-
- Capisco molto bene il suo punto di vista.- concesse in tono di scuse McGrath - Tuttavia io sono solo un semplice maggiordomo. Il signor Allwood è molto più indicato di me per rispondere alle sue domande.-
Le fece cenno di seguirlo su per le scale e conducendola lungo un corridoio pieno di porte. Quasi tutte erano chiuse, e l'unica aperta dava su una stanza piena di scaffali ricolmi di libri. Passarono anche accanto alla scala per l'ultimo piano, in cima alla quale c'era l'ennesima porta chiusa, e poco più avanti c'era la loro destinazione.
McGrath bussò e, quando una voce disse loro di entrare, la precedette all'interno.
- Miss Alexander per lei, signor Allwood.-
- Grazie, McGrath.- disse una voce maschile - Portaci qualcosa da bere, poi lasciaci soli.-
Mentre il maggiordomo si avvicinava a un mobile pieno di bottiglie in un angolo, Orlaith entrò nella stanza, che si rivelò essere uno studio, anch'esso pieno di libri e documenti vari. L'uomo all'interno era seduto a una scrivania decorata sopra la quale torreggiava un computer a schermo piatto. Poco altro la occupava, a parte un taccuino, qualche foglio scarabocchiato, un barattolo di penne e un vecchio librone di qualche tipo, lasciato in un angolo.
L'occupante in quel momento stava digitando qualcosa alla tastiera, ma si interruppe quando la vide avvicinarsi.
- Prego, si accomodi.- disse - Sono Jayden Allwood. Grazie per essere venuta.-
Doveva avere da poco superato la trentina, e aveva degli incolti e lisci capelli neri, solcati da qualche filo grigio. Una cornice di barba appuntita gli circondava la mascella, partendo dalle basette per unirsi sul mento, rendendolo molto più affusolato. Non sorrideva, e aveva gli occhi stanchi, leggermente infossati, di colore grigio, nei quali si leggeva una forte intensità d'animo, di chi è sicuro di sé e al tempo stesso ha vissuto molto.
Indossava dei jeans e una felpa col cappuccio un po' stinta, e dall'aspetto spiegazzato sembrava che non li togliesse da un po', come se avesse lavorato a lungo senza fermarsi, neanche per prepararsi ad accogliere un'ospite.
- Ho pensato che fosse importante, visto il modo in cui lo ha chiesto.- disse Orlaith, sedendosi davanti a lui - Non capisco perché non telefonare, comunque.-
- Preferivo non passare dai canali ufficiali.- spiegò Allwood, giungendo le punte delle dita - A tal proposito, vorrei chiederle se ha parlato con qualcuno di ciò che avrebbe fatto oggi.-
- Ho detto al mio produttore che sarei venuta a questo indirizzo, ma non gli ho detto perché, né chi avrei incontrato.- rispose lei - Dopotutto, non lo sapevo neanche io.-
- Giusto. Mi sembra logico.- rispose con una smorfia Allwood.
McGrath tornò in quel momento con due bicchieri, uno di burbon e un altro di whiskey. Il primo lo diede al suo padrone, l'altro lo mise davanti a lei.
- Grazie, McGrath. Vai pure ora.- disse l'uomo prendendo un sorso.
McGrath accenno a un inchino e uscì in silenzio, richiudendo la porta.
- Buon vecchio McGrath.- disse Allwood con un sorrisetto - Lavora per me da più di quanto ami ammettere. È stato lui a suggerirmi di offrirle quel particolare whiskey, sa?-
Orlaith annusò e poi assaggiò la bevanda: era Connemara.
- Grazie.- disse lei - Non era necessario.-
- Ci tengo a metterla a suo agio. Dobbiamo parlare di questioni importanti.- replicò lui, bevendo un altro sorso - E questo ci porta al motivo della mia convocazione qui. Immagino che sarà quantomeno curiosa.-
- Abbastanza.- ammise Orlaith - Immagino che non si tratti di lavoro, vero?-
- No, in effetti non proprio, anche se ci andiamo vicini.- rispose lui - Conosce Stanislav Vaněk?-
- L'ho conosciuto la sera in cui ha inviato McGrath da me.- rispose lei - È il proprietario della casa discografica che segue il mio lavoro.-
- Lui è questo e molto di più.- disse Allwood - È uno degli uomini più ricchi del paese, con un patrimonio di oltre cinquanta miliardi di dollari tra proprietà, fondi d'investimento, azioni e denaro liquido, almeno secondo le ultime stime. La Lightning Tune Records è solo una delle sue proprietà. Ha differenziato così tanto da avere strutture di ogni genere nei soli Stati Uniti, senza contare le attività estere. È inoltre in corsa per la carica di senatore dello Stato di New York. Quindi capisce, non è un ricco "normale". Io ho abbastanza denaro da potermi permettere questa casa e molto di più, ma scompaio di fronte a un gigante come lui.-
Orlaith annuì lentamente per fargli capire che stava ascoltando, vagamente impressionata dall'effettiva estensione del patrimonio di quell'uomo. Tuttavia, doveva esserci dell'altro.
- Come mai mi sta parlando di Vaněk? Lo conosce?-
- Una volta.- ammise Allwood, senza sorridere - Per questo l'ho contattata in maniera indiretta. Non volevo che potesse essere informato del nostro incontro. Tra noi non c'è un buon rapporto.-
- Ah. Posso chiederle perché?-
- Ogni cosa a suo tempo.- rispose l'uomo, liquidando le sue parole con un gesto vago della mano - Ciò che conta è che vorrei metterla in guardia su di lui. Ha detto che l'ha conosciuto l'altra sera. Che impressione le ha dato?-
Tra le molte parole che le si susseguirono in testa, molte erano decisamente poco educate, e le meno offensive erano "stronzo" e "arrogante".
- Mi è sembrato un uomo diretto.- disse con diplomazia - Forse un po' supponente. Immagino che si sia indurito a furia di vivere nel mondo degli affari.-
- Oh, le cose sono un po' più complicate di così...- ridacchiò Allwood - Ad ogni modo, non serve essere così contenuti. Io non ho problemi a chiamarlo "bastardo figlio di puttana".-
Terminò in un ultimo sorso il suo burbon e posò il bicchiere, appoggiandosi allo schienale della poltrona.
- Presto le chiederà di incontrarlo, se non l'ha già fatto.- la avvertì - Vuole qualcosa da lei. Nulla di sessuale, ovviamente.- si affrettò a specificare, vedendo che arrossiva - No, è per la sua abilità con la musica e con il canto che la vuole. È sempre stato così, fin dall'inizio.-
- Beh, mi sembra logico.- disse Orlaith - Voglio dire... non per suonare arrogante, ma sono brava, e molto. Secondo People sono il più giovane talento musicale degli ultimi vent'anni.-
- Oserei dire che il giudizio è anche troppo riduttivo. I violinisti, o i musicisti in generale, dotati della sua abilità sono veramente, veramente pochi. E in genere sono morti giovani.- replicò lui - E non mi riferisco alla semplice esecuzione di brani o alle canzoni... il talento che ha è ancora più grande di quello che immagina, e Vaněk lo sa molto bene. È per questo motivo che le ha fatto incontrare David Valdéz, facendolo passare per un caso.-
- Come?-
- Non si è chiesta come mai un produttore newyorkese fosse così lontano da casa in un locale di provincia dove al massimo si esibiscono cabarettisti di terz'ordine e ragazzini?- domandò Allwood - Né come mai abbia investito tanto su di lei dopo? Le lezioni di canto e di violino, tutte tenute da insegnanti privati così costosi da avere una lista clienti più breve di quella del Giardino dell'Eden, non le regala a chiunque, per esempio.-
Orlaith rimase in silenzio, in attesa che proseguisse: fino a quel momento non le aveva detto praticamente nulla.
- Ciò che voglio farle capire è che si tratta di un uomo pericoloso, che cerca sempre il proprio tornaconto.- spiegò - E nel suo caso temo lo stia facendo nel modo peggiore.-
- Non la seguo.-
- Come sta ultimamente?- chiese lui, a bruciapelo - Si diverte alle feste come quella in cui ha incontrato McGrath? Quanti amici ha? E quanti ne ha conservati di quelli che si è lasciata alle spalle dopo il suo arrivo qui nella Grande Mela? E da quanto i brani che scrive di suo pugno hanno perso il tono allegro e pieno di vita che aveva all'inizio? In parole povere, da quanto tempo è depressa?-
Orlaith esitò, e sentì all'improvviso di tremare, tanto che il ghiaccio nel drink tintinnò leggermente. Si affrettò a lasciarlo sul tavolo.
- Senta, non so di cosa stia parlando.- disse, alzandosi in fretta - L'altra sera ero particolarmente stanca. Qualsiasi cosa creda di sapere su di me si sta sbagliando... e la smetta di spiarmi!-
- Credevo di essere in errore.- osservò lui, aggrottando la fronte - Non lo sarei, se la stessi spiando. Quindi uno di noi due mente.-
- Stia zitto!- sbottò furiosa Orlaith - Sa una cosa? Ho sbagliato a venire qui... ora torno a casa.-
- Come preferisce. McGrath può...-
- Chiamo un taxi!- lo interruppe lei - E non mi cerchi di nuovo, o chiamo la polizia!-
Si avviò di corsa verso la porta, ma mentre usciva la raggiunse la voce di Allwood:
- Sappia che sarò disposto ad aiutarla, se cambierà idea in futuro.-
Lei gli scoccò uno sguardo furioso da sopra la spalla, poi uscì rapidamente dalla casa e chiamò un taxi, facendosi venire a prendere tre isolati più in là. Solo quando era a metà strada verso casa si ricordò di aver lasciato la giacca da Allwood.

Ecco entrare in scena anche Allwood. Tra poco la storia entrerà nella sua parte più seria.
A presto!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Shade Owl