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Autore: Heismybestfriend    22/05/2018    2 recensioni
La vita di Jared sta andando in frantumi. È un continuo di scatti rabbiosi e corse in moto clandestine e pericolose. Questo fin quando non incontrerà Jensen, l'essere più unico che raro che Jared incontrerà nei bagni della scuola, forse il suo angelo custode?
Sarà in grado Jensen di risollevare Jared dal grave incidente che ha devastato la sua vita senza innamorarsi di lui?soprattutto quando l'amore tra angeli e umani è severamente vietato?
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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.CAPITOLO UNO.











“Jared”.
La voce di Miss Bowen risuonò come una fucilata e si fece breccia tra i banchi fino a colpire l’adolescente moro in pieno petto.

Alcuni sospiri di sollievo si sollevarono nel silenzio assordante tipico di una pre-interrogazione. Gwen sbucò da sotto il banco arrugginito dagli anni dove stava fingendo un’accurata allacciatura dei lacci delle sue converse rosa fiocco. Jared non poté fare altro che poggiare la fronte contro il legno caldo.
“Dai, ti suggerisco io”, sussurrò Sandy.
“Sandy non suggerire!”, tuonò l’insegnante. Jared apprezzò il tentativo, ma era
comunque tutto inutile. Un suggerimento andava bene in un test di -si- e -no-, non quando avevi un buco di 400 anni di storia in testa.

Così Jared iniziò miseramente a tirar fuori qualche parola sulla lezione del giorno. Di sicuro la scelta peggiore da avere in situazioni come questa.
Oltre a sembrare un completo ignorante, ora Jared appariva anche come un completo idiota.


“Non lo sa”, sentì bisbigliare alle sue spalle.

Esatto, non lo sapeva e non gliene fregava niente.

In quel momento Jared aveva voglia di afferrare il banco e scaraventarlo lungo la classe per poi fuggire in un posto tranquillo dove nessuno sarebbe stato in grado di trovarlo.

E invece…

“Credi di essere meglio di me perché sai di che anno è la Magna Carta? Sai dove te la puoi ficcare la Magna Carta?”

Jared avrebbe dovuto lasciarglielo immaginare, e invece aveva passato venti minuti a lasciarsi minacciare da un preside troppo stanco della sua orrenda vita per permettersi un solo sorriso a giornata. Jared si è ripromesso di non diventare mai come lui.
Cinque minuti dopo era accovacciato contro il lavandino a fissare la sua frangetta disordinata del suo riflesso che lo fissava nello specchio davanti a lui.
Sospirò a lungo e rimase il contatto fermo mentre si aggiustava le ciocche more con la mano. Forse avrebbe dovuto frequentare quel corso per la rabbia come gli aveva consigliato Sandy. Ma Jared non si sentiva ancora pronto per fidarsi ciecamente di uno sconosciuto. Assottigliò lo sguardo quando uno strano movimento nello specchio attirò la sua attenzione. Per un momento gli era sembrato di vedere….No. Deve esserselo immaginato.


Uno scricciolo strano lo fece sobbalzare e la mano che poco prima stava sistemando i suoi capelli cadde pesantemente nel lavandino dei bagni della scuola. Jared sbatté le palpebre più volte fissando il suo riflesso nello specchio.

“WOA!” urlò quando qualcosa fu scaraventata completamente contro di lui e cadde pesantemente contro la porta che lo separava dai corridoi. Si sfregò la testa dolorante e cercò di alzarsi il più velocemente possibile.


“Amico, facile, resta giù per un secondo” Jared aprì gli occhi lucidi con uno scatto e incontrò lo sguardo smeraldo di un giovane ragazzo poco distante da lui.


Jared rimase fermò dov’era per un solo secondo mentre aspettava che la testa gli smetteva di girare.
“Chi diavolo credi di essere?! Eh!?”, scattò poco dopo. “Mi sei completamente finito addosso! Stronzo, sai almeno cosa significa la Privacy! È un bagno singolo imbecille!”
Lo sconosciuto si allontanò di poco mentre alzava le braccia in segno di difesa.
“Calmati, tigre”
“Calmati tig...Calmarmi!? Da dove sei sbucato fuori tu!?” Jared provò ad alzarsi da terra ma le braccia pesanti del giovane sconosciuto lo tennero ancora al suo posto “Hai preso una bella botta. Non alzarti per il momento, okay?”


“Non toccarmi!” urlò Jared allontanandosi dalle sue mani e alzandosi in fretta nonostante un lieve barcollamento.
“Jared, io voglio solo aiutarti!”


“Come sai il mio nome?”


Jared osservò lo sconosciuto con circospezione. Cercò di cogliere ogni minimo dettaglio, andando dalle gambe leggermente arcuate ad ogni singola lentiggine sul suo viso chiaro. Non ricordava di averlo mai incrociato nei corridoi della scuola.


“Sono il tuo angelo custode. Infatti, da dove credi io sia appena sbucato?”


Jared ridacchiò e iniziò a guardarsi attorno con circospezione.


“Okay, dev’essere uno scherzo. Dove hai nascosto le telecamere?” portò di nuovo lo sguardo sul biondino e notò sul suo viso nessun segno di voler scherzare.


“Questo è strano. E tu devi essere pazzo” disse enfatizzando le sue parole con una piccola giravolta dell’anulare destro.


“Non sto scherzando. Sono qui solo per aiutarti, lo giuro”



Qualcuno bussò alla porta e la voce preoccupata di Sandy arrivò un momento dopo.
“Jared? Sei tu lì dentro?”


Jared lanciò uno sguardo distaccato al giovane di fronte a lui e slittò davanti alla porta per spalancarla completamente.

Sandy spalancò gli occhi e toccò lentamente il piccolo taglio sul retro del collo, appena sotto la sua attaccatura dei capelli castani.


“Come ti sei fatto male?”, domandò tirando fuori le dita impasticciate del sangue di Jared.


“Non pensavo di essere caduto così male”, bisbigliò lui ancora fissando il liquido denso e scuro sulle mani dell’amica.


Sandy ridacchiò e afferrò il braccio di Jared iniziando a trascinarlo lungo il corridoio.


“Ti porto a casa Jay, curiamo questa ferita okay?”

Jared si bloccò sul posto e si voltò verso il bagno dove ora quello strano sconosciuto era sparito dalla circolazione.


“Ma quel ragazzo, lui era proprio lì. Hai visto dov’è andato?”

Un lampo di preoccupazione oscurò il viso di Sandy per un momento prima di essere scacciata via.


“Devi aver preso una bella botta in bagno” borbottò mentre iniziava a trascinare il suo amico verso il cortile della loro scuola. “curiamo quel graffio così potrai spiegarmi quello che ti è passato per la testa oggi in classe”


Jared lanciò lo sguardo al cielo in una scena di pura esasperazione. “Insomma, sai che Brit è una completa stronza ma non devi nemmeno risponderle in quel modo. O almeno aspetta il suono della campanella per dirglielo”
“La Bowen che ha detto?”


Sandy lasciò andare il braccio di Jared e rifugiò le mani dal freddo immergendole nella tasca del suo giubbotto invernale. “Lei ha detto di voler parlare con tuo padre”


“Perfetto!”, scattò Jared mentre si appoggiava ad un albero sul ciglio del marciapiede “Davvero perfetto!” urlò socchiudendo gli occhi per un momento.


Alcuni passanti li guardarono incuriositi e Sandy cercò di coprire Jared con il suo corpo mentre lo aiutava a sedersi contro il tronco dell’albero.


“È la testa? Ti fa male?”


“No, no. Non preoccuparti”, Jared cercò di scacciare il continuo martellare nella sua testa. “È solo un piccolo graffio. Dammi solo cinque minuti” socchiuse gli occhi ma fu velocemente riportato alla realtà dalla voce stridula di Sandy.


“Non addormentarti Jay. Hai battuto la testa? potrebbe essere una commozione celebrale! Mi spieghi come ti sei fatto tutto questo?” urlò stendendo le braccia verso di lui.

“Posso aiutare?”


Jared sembrò risvegliarsi da un sogno in bianco e nero appena sentì quella voce familiare venire in loro soccorso.

Quando alzò il viso vide Sandy sorridere allo sconosciuto del bagno. Cercò di borbottare qualcosa contro il suo mal di testa ma la sua amica riuscì a precederlo.


“Magari. Il mio amico sta male e non so davvero cosa fare” Jared riuscì a cogliere del panico nella sua voce.

Riuscì ad intravedere un miliardo di lentiggini avvicinarsi di più a lui mentre il suo sguardo diventava sempre più confuso.


“Deve aver preso una bella botta” disse inginocchiandosi davanti a Jared mentre due dita si poggiavano tranquille sulla sua ferita. Jared provò un improvviso senso di confusione tanto che non considerò un vero e proprio danno poggiare la testa contro il petto caldo dello sconosciuto dagli occhi verdi e super espressivi.

Le parole seguenti gli arrivarono a stento all’udito. Come se qualcuno avesse poggiato dell’ovatta all’interno delle sue orecchie.


“Jared è un vero e proprio porta guai” Il petto dove si era accucciato tremò sotto la risata del suo proprietario. “Non oso nemmeno immaginarlo”


“Cosa gli stai facendo?”


“Oh”, esclamò lo sconosciuto, “una vecchia tecnica dal luogo dalla quale provengo. Ho delle creme proprio qui con me”

Jared percepì un paio di dita sfregarsi lentamente contro la sua ferita e una sensazione di freschezza lo inondò completamente mentre le sue palpebre diventavano sempre più pesanti.


“Non ha bisogno di un ospedale?”


“Ha solo preso una bella botta. Il taglio non ha nemmeno bisogno di punti, un po' di garza andrà bene. Davvero, sta bene, ne sono sicuro”


Sandy sospirò lentamente provando un senso di beatitudine. “mi ha fatto spaventare parecchio. Come posso ringraziarti, non conosco nemmeno il tuo nome”


“Jensen” disse lo sconosciuto allontanando le dita dalla piccola ferita ora quasi completamente priva di sangue. “Che ne dici di andare a prendermi dell’acqua dalla fontanella laggiù?”


Sandy scattò subito all’attenti e camminò verso la fontana d’acqua fresca qualche metro più distante. Jensen la osservò mentre riempiva la prima di due bottiglie vuote che aveva cacciato dal suo zaino. A metà lavoro, Jensen si concentrò sulla ferita alla testa di Jared e una piccola luce bianca esplose dalle sue dita. In poco tempo, la ferita profonda era completamente svanita. Notò il peso di Jared farsi più pesante contro di lui e capì che il suo nuovo protetto era appena svenuto.
“Mi dispiace. Mi hanno praticamente scaraventato giù dal paradiso quanto hanno saputo di te, gliel'ho avevo detto che non era una buona idea spuntare dallo specchio di una scuola superiore! Ma...non preoccuparti, adesso mi prenderò cura di te”, bisbigliò tenendo lo sguardo premuto contro le nuvole bianche che coprivano il cielo limpido.








Jared si svegliò con un fastidio costante contro il suo collo, segno che era stato posizionato male sul divano sgualcito di casa.


“Sei sveglio, finalmente” la mamma, Rosa, non mancò di mostrare la sua preoccupazione mentre faceva passare una mano tremante contro la sua mano fredda. Uno sguardo veloce alla stanza mostrò la posizione severa di suo padre a qualche metro di distanza.

Jared lasciò la sua testa cadere sul bracciolo del divano e sospirò.


“Ha chiamato la scuola”, parlò.


“Manny, non è il momento” entrò in suo soccorso la mamma.


“No Rosa. Dobbiamo parlare adesso. È la quarta chiamata in un mese. Hai intenzione di perdere il tuo ultimo anno?!” urlò.

Jared chiuse gli occhi aspettandosi un terribile mal di testa dovuto alla tremenda botta che aveva preso quella stessa mattina ma niente, in realtà si sentiva straordinariamente bene.

Evitò il rimprovero del padre e si alzò contro le proteste della madre.


“Come sono arrivato qui?”


“È stata Sandy, non ti ricordi tesoro?” domandò Rosa guardandolo con un cipiglio preoccupato.

Jared provò a riorganizzare la sua mente confusa, in realtà ricordava solamente un ragazzo fastidioso dagli occhi verdi.

“Non c’era con lei un’altra persona?” domandò suscitando strani sguardi da entrambi i suoi genitori, “un ragazzo? Forse?”

Appena finì di parlare la luce della lampada posata sul comodino si accese a intermittenza e quando alzò lo sguardo verso la porta d’ingresso Jared notò Jensen sorridente appena dietro la schiena di sua madre. Jared boccheggiò e tentò di parlare, ma Jensen gli fece segno di zittirsi con un dito sopra la bocca.

"Ho aiutato Sandy a portarti qui. Non ho voluto farmi vedere dai tuoi genitori, quindi ti ho lasciato appena fuori la porta" disse Jensen.

Allora Jared interrogò con lo sguardo i suoi genitori ma non vide alcun segno di essersi accorti di un estraneo in casa loro.


“Non credere di riuscire a cambiare argomento. Jared!” tuonò il padre.


“Tesoro mio, sappiamo che è difficile per te”


“è difficile per tutti noi!”

Jared impallidì notando i segnali di inizio di una conversazione estenuante e piena di sensi di colpa. Colpì con lo sguardo la porta d’ingresso e notò che Jensen era ancora lì in piedi a fissare ogni sua minima mossa. Chi era questo ragazzo? Un fantasma? I fantasmi esistono? Lo sta perseguitando!?


“Ci stai ascoltando Jared!?” urlò suo padre avvicinandosi di qualche passo facendo indietreggiare Jared. “il minimo che tu possa fare è andare bene a scuola. Cosa farai se non riesci a passare l’anno? Un tempo eri un attimo studente, dove sono finite tutte le tue speranze per l’università!?”


Jared scattò all’indietro e andò a sbattere contro la mensola fissata contro il muro.


“Non voglio più andare all’università!” urlò, “non voglio più fare niente! Cazzo!”

Suo padre sembrò alzare la mano per uno schiaffo alle parole di Jared ma un rumore improvviso li fece fermare tutti. Jared guardò in basso e fissò i resti della bomboniera del battesimo di sua sorella Mandy andata in frantumi. Rosa si portò entrambi le mani alla bocca e boccheggiò senza parole.


“Ecco fatto. Sei contento adesso?!” urlò il padre indicando la mensola che poco fa Jared aveva urtato a causa di uno scatto di rabbia.


“Io non volevo, non volevo” sussurrò mentre guardava impotente lo sguardo del padre cambiare. Non era più arrabbiato, solo stanco e deluso. “Mi dispiace, non volevo, scusate, non volevo” disse mentre si accovacciava verso i cocci in frantumi e li raggruppava tutti in un unico punto.


“Pulisci tutto” sussurrò il padre mentre posava con delicatezza una mano sulla schiena di Rosa per condurla verso la camera da letto.

“Non volevo” Jared continuava a farneticare mentre cercava di ricomporre le bomboniera tra le sue mani tremanti.


“Così ti taglierai” bisbigliò Jensen bloccando i polsi di Jared con una presa pesante.


“No” farneticò Jared mentre cercava di ritornare ai pezzi di vetro “Devo aggiustarla. Devo riuscirci”


“Non ci riuscirai” la voce di Jensen arrivò ovattata alle orecchie di Jared mentre le sue mani venivano allontanate dalla bomboniera in frantumi.


“Era di mia sorella, per il suo battesimo” pianse Jared mentre tirava su col naso, “Un carillon di vetro che”,


“Che amava sempre vantarsene con le proprie amiche. Mandy lo amava”, Jared alzò lo sguardo su Jensen e rimase a bocca aperta. “E ogni volta tu le scuotevi i capelli e dicevi che era diventata troppo grande per giochi del genere”
Jared rimase senza parole.
“So tutto” disse mentre lasciava andare i polsi di Jared e si accovacciava un po' di più verso il pavimento per raccogliere i resti del carillon tra le sue mani pallide. Una piccola luce bianca quasi accecò Jared tanto da fargli socchiudere gli occhi. Un momento dopo, Jensen sorreggeva tra le mani la bomboniera di Mandy perfetta com’era prima di rompersi in mille pezzi.


“Chi sei?”


“Te l’ho già detto Jared. Sono il tuo angelo custode”, Jared si lasciò cadere sul pavimento mentre portava una mano tremante verso la frangetta disordinata. Poi saettò lo sguardo tra il carillon e le mani di Jensen.


“Hai detto che non si poteva aggiustare”, bisbigliò con gli occhi pieni di gratitudine.


“Niente è impossibile. Te lo mostrerò”


Rimasero a fissarsi per pochi secondi in una conversazione di soli sguardi.


“I miei genitori, loro non riuscivano a vederti”


“Posso mostrarmi solo a chi voglio”


“Allora nel parco, con Sandy...” Lasciò la domanda in sospeso all’accennare di Jensen.


“Mi sono mostrato, ti ho aiutato, era una ferita abbastanza grave” l’angelo lanciò uno sguardo preoccupato al suo protetto. “Scusa per la botta in testa. Appena hanno saputo di te, mi hanno praticamene scaraventato verso la tua scuola”


Jared corrugò la fronte e si portò una mano verso l’attaccatura dei capelli dove poche ore prima c’era un taglio profondo e dolorante. “Che intendi con caduto? Stai dicendo che esiste il paradiso?” Jensen ridacchiò e si alzò mentre batteva le mani sui suoi Jeans nuovi. “Una specie” disse. “Non vi sentite stretti in questi vestiti? Questi pantaloni mi stanno uccidendo” Jared sollevò un sopracciglio scansionando i suoi Jeans stretti che indossava. “Non credo, no”, bisbigliò, “di solito cosa indossi?”


“Niente”, Jared arrossì non riuscendo a fermare la sua mente che vagava verso una figura di miliardi di Jensen senza alcun vestito addosso. “Insomma”, iniziò mentre si alzava con riluttanza, “tu, hai le ali?” domandò con curiosità. Jensen ridacchiò e accennò con vigorosità. Jared fece un piccolo sorriso e immaginò un paio di gigantesche ali bianche. “E posso vederle?”


“Una cosa alla volta”, il piccolo sorriso di Jared sparì e subentrò la delusione.

Jensen subito se ne accorse e mostrò un grande di sorriso mentre cercava di aggiustare la situazione. Allungò le braccia e consegnò il carillon intatto al suo protetto. “è tuo”, gli disse.

Jared lo prese con attenzione e lo posò con estrema delicatezza il più lontano possibile dall’estremità della mensola da dove era caduto. Poi si ricordò dell’esistenza del paradiso e un’idea improvvisa gli balenò in testa. Guardò Jensen e cercò di trovare le parole giuste per esprimersi.


“Hai qualcosa da chiedermi?”, Jared aprì la bocca per lasciare uscire le parole ma lo squillo del suo cellulare li bloccò entrambi.


Lesse il nome di Misha sulle schermo brillante. Jensen strinse i pugni e gli si avvicinò di qualche passo. “Non rispondere”
“Perchè?”, domandò Jared mentre posava il pollice sull’opzione di risposta.


“Lo sai, è pericoloso”, Jared ridacchiò e fece scorrere il pollice sullo schermo. “Ho bisogno di una motivazione più valida perché questa non mi interessa”, portò il cellulare all’orecchio e salutò Misha.



“Così presto?” rispose all’amico dall’altra parte del telefono. “No, non ci sono problemi. Ci vediamo questa notte” attaccò e ripose il telefono in tasca, quando alzò lo sguardo Jensen era sparito.
   
 
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