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Autore: shira21    24/05/2018    0 recensioni
Raccolta di one-shot sulla vita e i sentimenti dei vari personaggi della saga di Harry Potter, già esistenti o inventati da me
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Weasley, Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Sirius/Lily
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Stava andando tutto male, pensò sconsolata Hermione sdraiata nella tenda. Harry era sempre più intrattabile e Ron... beh, Ron se n'era andato lasciandola sola. Nella suo cuore rabbia e dolore erano perfettamente in equilibrio e per un attimo si ritrovò a pensare che sarebbe stato meglio se non fosse mai diventata una strega. Come però ebbe formulato quel pensiero si sarebbe presa a schiaffi da sola: non era da lei auto commiserarsi!
Fuori dalla tenda sentiva i deboli gemiti di dolore di Harry che non poteva fingere che la connessione con Voldemort non stesse diventato ogni secondo più forte.
Incapace di prendere sonno, prese la borsetta da in fondo al letto, decisa a leggere il libro lasciatole da Silente fino a quando non avesse decifrato perché secondo il preside fosse tanto importante. Ma quando mise mano nella borsa non fu la stoffa liscia del libro che le sue dita afferrarono ma una catenina dimentica lì dentro da mesi, nascosta in un giorno che ancora non sapeva di doverla nascondere.
Hermione trattene il fiato tutto in un colpo, gli occhi sgranati per la sorpresa, mentre lentamente estraeva quella che poteva essere l'ultima GiraTempo ancora esistente. Non era quella che aveva usato durante il suo terzo anno per studiare più materie contemporaneamente, non aveva mentito all'epoca dicendo di averla restituita, bensì una superstite di due anni prima durante la battaglia nel Dipartimento dei Misteri; in qualche modo se l'era ritrovata in tasca, quasi che l'oggetto stesso avesse cercato di proteggersi.
Lanciò un altra occhiata fugace all'entrata della tenda ma Harry sembrava di nuovo padrone della sua mente. Avrebbe dovuto insistere di più con l'Occlumanzia, pensò Hermione scuotendo la testa contrariata; non gli piaceva l'idea che il suo migliore amico soffrisse ancora per quel legame. La GiraTempo vibrò per un secondo, sembrava quasi che avesse sentito il dolore di Hermione e le stesse ricordando della sua esistenza.
Il problema era che quella non assomigliava alle altre GiraTempo che Hermione aveva visto: era sempre una clessidra posizionata al centro di un medaglione a cerchi ma erano lì che iniziavano le differenze: la collana non era d'oro ma di uno strano metallo nero, oscuro, e all'interno della clessidra c'era un liquido scuro e vischioso che Hermione ebbe paura fosse sangue liquido. Non c'era bisogno di essere un esperto delle Arti Oscure per capire che quell'oggetto ne fosse impregnato e confusa Hermione si chiese per l'ennesima volta come avesse fatto a finire nella sua tasca. Anche se forse la vera domanda era perché l'avesse tenuta.
Ancora una volta il piccolo oggetto tremò e allo stesso tempo Harry sembrava per qualche motivo furioso; chissà se la rabbia era tutta sua o di Voldemort.
Il punto era che nessuno si aspettava che fosse un viaggio semplice ma Silente non aveva lasciato loro un vero piano d'azione; non solo, Hermione sentiva che c'era qualcosa che stava andando storto come una linea mal tratteggiata. E più guardava quella strana GiraTempo, più era certa di avere tra le mani la soluzione ai loro problemi. Ogni cellula del suo corpo, ogni suo singolo pensiero le diceva di rimetterla nella borsa, di documentarsi e non agire senza le dovute precauzioni. Quello era un comportamento tipico di Harry e di Ron. Le bastò pensare il suo nome per sentire di nuovo quella fitta al petto.
Eppure una singola vocina nella sua testa, Silente l'avrebbe chiamata istinto, le diceva di fidarsi.
Hermione fece un profondo respiro e prese la sua decisione. Con ultimo sguardo alla sagoma di Harry e mormorando a bassa voce «Scusami», prese dalla borsa un lungo mantello nero con il cappuccio, indumento che non aveva mai usato per la sua somiglianza con quello dei Mangiamorte, e si lego i capelli in una treccia per nasconderli. Le mani le tremavano eppure nascose la bacchetta contro il cuore che le batteva ferocemente e si mise al collo la GiraTempo.
Una normale l'avrebbe fatta tornare indietro solo di poche ore, un numero corrispondente ai giri fatti fare dalla clessidra, ma di nuovo il suo istinto le diceva che questa funzionava in modo diverso, che non erano i giri la cosa importante ma la sua mente. Hermione non poteva negare di avere paura ma dopo l'ennesimo respiro più profondo del normale, chiuse gli occhi per concentrarsi sui loro problemi e fece girare la clessidra che al tocco deciso delle sue dita prese a girare da sola, sempre più veloce.
Ogni cosa parve esplodere nella testa di Hermione, il cuore che pompava sembra più veloce mentre milioni di colori si accalcavano dietro le sue palpebre chiuse. Sentiva che il respiro le graffiava la gola e i polmoni stavano per collassare. Per non parlare del rumore che sentiva alle orecchie che le stava perforando i timpani.
Hermione aveva già viaggiato con la GiraTempo ma questo era milioni di volte peggio: era come se ogni singola parte del suo corpo si stesse disintegrando.
Poi di colpo tutto finì mentre Hermione si ritrovava carponi su un verde prato. Il corpo era ricoperto di una patina di sudore freddo mentre l'esile corpo era scosso da violenti conati di vomito; le orecchie continuavano a fischiarle e quando aprì gli occhi i colori parevano giocare a ricorrersi provocandole un atroce capogiro. Si chiese era così che sarebbe morta: facendo per la prima volta qualcosa di veramente e completamente stupido.
Non si era neanche resa conto di star piangendo per il dolore alla ricerca disperata di ossigeno.
«Stai bene?» Una voce stranamente familiare giunse da qualche parte sopra di lei. Ma Hermione non riusciva a parlare con la bocca piena di sangue e la carne che pareva lacerata da decine di pezzi di vetro. Lo sconosciuto, sempre che lo fosse per davvero, disse qualcos'altro ma il fischio stava diventando sempre più forte.
Hermione era sempre più al limite estremo delle sue forze, certa ormai che la sua vita fosse finita, quando d'un tratto ogni dolore cessò sostituito da un piacevole formicolio; stremata, si rannicchiò su se stessa mentre assaporava generose boccate di aria fresca.
«Chi sei e come hai fatto ad arrivare in questo posto?»
Riconoscendo finalmente la voce, Hermione spalancò gli occhi per trovarsi di fronte la figura alta ed esile di Severus Piton, anche se incredibilmente più giovane. La mano di Hermione scattò verso la bacchetta ma quando lo vide mettersi velocemente in posizione di combattimento lasciò perdere: era difficile pensare di batterlo al pieno delle proprie forze, figurarsi dopo aver sfiorato la morte.
Mostrando entrambe le mani con il palmo rivolto verso l'alto, lentamente si rimise seduta.
«Non te lo chiederò una terza volta: chi sei?»
«Mi chiamo He... Helena» poi lo sguardo le sfuggì sul Marchio Nero e in fretta aggiunse «Greengrass» ricordandosi che Daphne Greengrass, durante i G.U.F.O., sosteneva sempre che la sua famiglia apparteneva alle Sacre Ventotto. Piton inarcò un sopracciglio mentre un sorriso malevolo gli si dipingeva in volto ed Hermione rabbrividì, era la prima volta che vedeva una simile espressione sul volto del suo vecchio professore.
«E cosa ci fa nel mio giardino esattamente, signorina Greengrass?»
Hermione deglutì a vuoto un paio di volte, la mente a corto di idee quando con un filo di voce mormorò «Cercavo Severus Piton ma qualcosa dev'essere andato storto durante la Materializzazione». Ancora lui non ritraeva la sua bacchetta, facendola tremare per la paura. Studiandolo meglio si rese conto che non doveva essere molto più grande di lei in quel momento, massimo quattro anni a giudicare da com'era scuro il Marchio, il che significava anche che Voldemort era ancora vivo.
Dubitava fermamente però che la GiraTempo l'avesse mandata lì per uccidere il Signore Oscuro o evitare la morte dei genitori di Harry, anche se su quest'ultimo punto era incredibilmente tentata. No, se era apparsa in quel giardino voleva dire che la GiraTempo pensava che doveva influire sulla storia del professor Piton. Ma non aveva idea in che modo.
«Sono io quello che cercavi ma questo posto è difeso.»
Hermione si pulì le labbra e finse un sorriso, cercando di dimenticare di avere di fronte l'assassino di Silente, e decise che valeva la pena di improvvisare.
«Sono qui su ordine della signorina Lestrange». Piton inclinò il capo di lato, come un serpente, e con voce divertita chiese «Bellatrix non si fida del mio operato?».
Hermione chinò il capo sperando che lo prendesse come un segno di devozione e non di rabbia al sol suono di quel nome. Ma prima che potesse aggiungere qualcos'altro, anche le ultime briciole di forze l'abbandonarono e si sentì scivolare di nuovo a terra mentre tutto diventava nero.

Un discreto profumo aleggiava nella stanza ed Hermione uscì lentamente da quel sonno forzato. Aprì gli occhi a fatica, le sembrava di avere le palpebre incollate. Intorno a lei, un silenzio innaturale.
Hermione si sforzò ma quando ci riuscì una lama di luce accecante la costrinse a richiuderli. Mosse le mani, incerta. Sotto di se c'era qualcosa di morbido; sentiva quella morbidezza con ogni singola terminazione nervosa del suo corpo. Mosse anche le gambe e fu stupita di sentirle libere, quasi si aspettava che Piton l'avesse legata in attesa di istruzioni per quella sua intrusione.
Incerta, Hermione si portò le mani al volto e riprovò ad aprire gli occhi. Questa volta riuscì ad abituarsi alla luce prima di potersi guardare intorno. Era una camera spoglia, con le pareti ammuffite e sul soffitto delle travi a vista. Spaventata si mise seduta, portando le gambe contro il petto, come faceva da piccola quando voleva proteggersi dagli incubi. Ogni cosa lì dentro indicava degrado e miseria, compreso lo stretto letto su cui era appoggiata. Anche se, muovendo piano da un lato all'altro le dita, doveva ammettere che quelle coperte erano confortevoli.
Si era appena rilassata lievemente quando la porta si aprì, riempita interamente dalla figura di Piton. Un leggero rossore le bruciò le guance quando si rese conto di indossare molti meno vesti di quelli che aveva quando era svenuta, per non parlare che il mantello era definitivamente perso e con esso il suo anonimato. Istintivamente si coprì con il lenzuolo, ancora incapace d'incontrare lo sguardo dell'uomo. «Avevi tagli su tutto il corpo» mormoro lui ed una veloce occhiata le rivelò che anche lui sembrava imbarazzato. Inoltre Hermione doveva ammettere che non si sentiva così bene... beh, da parecchi mesi probabilmente!
«Mi hai salvato la vita...» disse alla fine, passando inconsciamente al tu. D'altronde le veniva difficile rivedere il severo professore di Pozioni, lo spaventoso insegnante di Difesa contro le Arti Oscure o il freddo assassino in un ragazzo con le gote arrossate. «Probabilmente ti resteranno le cicatrici, ti avverto. La Magia Nera lascia sempre il segno» anche lui pareva essere passato a un tono più colloquiale ed Hermione si chiede come mai di colpo sembrava più rilassato.
Addirittura si prese la briga di lasciarle un bicchiere fumante accanto al letto. «Cos'è?» Gli chiese lei, annusandolo per essere certa non ci fosse dentro qualche veleno ma Piton rispose solo «Una pozione di mia invenzione» e straordinariamente eccolo arrossire una seconda volta nel giro di pochi minuti. Solo allora Hermione si rese conto che quegli occhi neri, che Harry aveva sempre detto essere senza anima, erano diversi, sembrava quasi che non avesse ancora perduto tutto. «Sei stranamente calmo rispetto a prima».
«Ti ho fatto un incantesimo» ammise lui senza cambiare tono di voce, come se fosse una cosa perfettamente accettabile. Hermione invece si sentì di nuovo a disagio, esposta anche più di quando si era resa conto che lui l'aveva vista più di qualsiasi altro ragazzo in tutta la sua vita. «Un incantesimo? Che tipo d'incantesimo?» A ogni sillaba il suo tono si alzava di un ottava fino a quando non si rese conto che stava urlando.
«Pare che tu abbia parecchi segreti da nascondere: la tua mente è chiusa come una cassaforte» Hermione si morse il labbro e distolse brevemente lo sguardo: non aveva mai detto a nessuno che, nella speranza di poter essere d'aiuto ad Harry, anche lei aveva studiato Occlumanzia; era diventata molto brava anche se probabilmente non a un livello tale da confrontarsi con Voldemort; a quanto pare però era sufficientemente alto per un giovane Piton.
«E il fatto che io sia riuscita a non farti entrare... è una cosa buona?» Era perplessa e lo divenne ancora di più quando vide una cosa che aveva del miracoloso: Piton sorrise. «Diciamo che so cosa significa lavorare per qualcuno ed avere dei segreti... ma non è solo quello. Qualcosa è riuscito a filtrare; non molto, certo, ma abbastanza perché io decidessi di potermi fidare».
Hermione avrebbe voluto sapere esattamente cosa avesse visto ma era di nuovo stanca. Ed era pericolosamente affamata.
«Se bevessi quello che ti ho portato, ti sentiresti meglio». La ragazza lo guardo di scatto: come aveva fatto?
«Al contrario della tua mente, le tue emozioni ti si leggono tutte in volto».
Sempre dubbiosa, Hermione bevve quello strano intruglio e... beh, doveva ammettere che aveva un sapore stupendo. Era come bere il suo piatto preferito!
Stava per chiedergli spiegazioni quando lo vide fare una smorfia e portarsi la mano sul Marchio Nero nascosto dai vestiti. «Devo andare» e scomparve.
Hermione si alzò ma quando provò ad aprire la porta si rese conto che era chiusa. Peggio ancora, si rese conto per la prima volta che la sua bacchetta non era nella stanza.

Sola ed impotente, Hermione non poté fare altro che indossare la sua camicetta rosa chiaro e i jeans prima di sedersi alla finestra ad aspettare. Oltre la bacchetta era sparita anche la GiraTempo; non poteva far altro che aspettare che Piton tornasse. Giusto per precauzione provò a forzare la serratura o rompere il vetro della finestra ma nulla; era anche convinta che ci fosse qualche incantesimo che impedisse alle persone fuori di vedere dentro perché per quanto urlasse o si sbracciasse, nessuna delle persone che lei vedeva sembrava accorgersene.
Era in pensiero e si chiedeva se Harry si fosse già accorto della sua assenza; conoscendolo avrebbe fatto qualcosa di stupido e quel Horcrux che teneva al collo non avrebbe aiutato di certo. Doveva tornare e farlo nello stesso momento in cui era partita o avrebbe creato un effetto domino capace di scombinare tutte le leggi della magia. Rimase con la fronte appoggiata al vetro per un tempo indefinito prima vedere qualcosa nel riflesso. Accigliata, si avvicinò alla scrivania che restava in piedi probabilmente per un miracolo talmente era vecchia e rotta e si rese conto che quello che aveva visto un attimo prima che un pezzo di carta restato intrappolato a metà nel cassetto. Hermione provò a tirare con tutte le sue forze la maniglia ma era più probabile che le restasse in mano quella piuttosto che si aprisse il cassetto; a quel punto non le rimase che cercare di leggere quel poco che si vedeva. La prima cosa di cui si rese conto fu che era una lettera o qualcosa di simile, da Piton alla sua "Cara Lily". Una lettera probabilmente mai spedita ed Hermione si chiese quante altre ce ne fossero lì dentro. Ma la vera domanda era perché Piton si fosse preso la briga di scrivere alla madre di Harry; era quello che entrò come un tarlo nella mente di Hermione.
Si rialzò pronta a tornare al suo posto di vedetta quando un dettaglio si fece largo nella sua testa: quello che le aveva raccontato Harry a proposito della profezia e di come qualcuno avesse origliato. Possibile che...?
Si chinò nuovamente a vedere la lettera, chiusa lì dentro probabilmente solo poche ore prima a giudicare dagli sbaffi freschi d'inchiostro. Ma non era quello il punto. Era la data riporta in cima al foglio: 21 marzo 1980. Le date coincidevano. Ogni singola cellula grigia che Hermione possedesse stava lavorando per mettere insieme tutti i pezzi. La conclusione a cui giungeva era sempre la stessa.
Presa dai suoi ragionamenti, quanto avrebbe voluto avere i suoi libri o anche solo qualche pergamena per scrivere, non si accorse che il sole aveva iniziato a calare né che aveva iniziato a piovigginare. Solo quando Piton entrò nella stanza, i capelli neri bagnati e lo sguardo infervorato si rese conto di quanto tempo fosse passato.
«Vedo che ti sei messa comoda, Greengrass». Hermione alzò il mento con un coraggio che non possedeva e si butto dietro la spalla i folti capelli come aveva sempre visto fare a quelle di Serpeverde. «Dove sono le mie cose?»
Piton sorrise «La tua bacchetta è al sicuro» e con un colpetto distratto si batté sul petto «ma era una collana davvero curiosa quella che portavi al collo. Ne avevo vista solo una uguale fino ad oggi. Indovina a chi apparteneva?»
Hermione sentì ogni singola goccia del suo sangue defluire dal volto mentre mormorava «Il Signore Oscuro?»
«Congratulazioni, risposta esatta» ed era talmente ironico che per Hermione fu come tornare indietro nel tempo... anche se in realtà per questo Piton sarebbe stato il futuro... un bel casino, insomma!
Doveva agire, e anche il fretta, ma per farlo avrebbe dovuto riprendersi la sua bacchetta. E possibilmente anche scoprire dov'era la GiraTempo. No, una cosa per volta, si disse.
Il punto era: come fare? E come convincerlo dopo ad andare alla Testa di Porco?
Non poteva usare la violenza né sperare in un briciolo di empatia. Le rimaneva solo di lavorare d'astuzia ma la domanda restava: come?
Piton stava ancora parlando ma Hermione era troppo concentrata a pensare per prestargli attenzione. Quando era svestita, era arrossito. E anche quando l'aveva guardato ammirata per quella strana pozione.
Aveva un solo tentativo di far funzionare il suo piano. Uno solo. Avrebbe voluto non essere lì da sola ma lo era e toccava a lei tirarsi fuori da guai.
Con le mani che tremavano aprì un bottone della camicetta. Tanto basto a Piton per zittirsi.
Ancora aveva nella testa quelle parole dirette a Lily; non sapeva ancora che pensare ma sperava ardentemente di non sbagliarsi.
Si slacciò altri tre bottoni rapidamente svelando la pelle chiara e i seni scoperti.
«La verità è che la signorina Lestrange crede tu abbia bisogno di dimostrare di non provare sentimenti per una» la parola le rimase incastrata in gola prima che riuscisse a sputarla fuori «Sanguemarcio!».
Ormai la sua camicetta era completamente aperta ma Piton non distoglieva lo sguardo dal suo viso; quello di lui era cadaverico.
«Il Signore Oscuro sa la verità. Non ho bisogno di dimostrare nulla!»
Hermione gli si avvicinò a piccoli passi e solo quando fu a un soffio da lui osò dire «Ti prego». Per la prima volta poté lasciare affiorare tutta la sua paura, non solo quella che stava provando in quel folle giorno ma praticamente da anni. Una paura che aveva sempre seppellito nel suo profondo.
Piton piegò il capo verso di lei ed Hermione fece qualcosa che in un altro momento l'avrebbe pietrificata: lo baciò.
Sperava ardentemente che stesse funzionando perché più di così non era certa di riuscire a fare; stava quasi per desistere quando accadde il miracolo e Piton si rilassò, ricambiando il bacio.
Gli infilò una mano tra i fini capelli, che non erano unti come sembravano alla vista, mentre l'altra restava lievemente appoggiata sulla sua spalla. Hermione riaprì cautamente un occhio, non si era neanche resa conto di averli chiusi, e si rese che lui era totalmente preso. Chissà perché ma era certa che non fossero molte le ragazze che l'avevano baciato.
Basto un momento, un momento soltanto, per riprendersi la bacchetta e con decisione urlare un «Imperio». Povero Piton, preso tanto alla sprovvista da non essere neanche riuscito a difendersi.
Hermione mantenne la bacchetta puntata su di lui mentre osservava la sua espressione farsi calma, serena, quasi senza preoccupazioni. Non aveva mai lanciato una Maledizione senza Perdono e si sentiva a disagio. «Immagino abbia funzionato...» mormoro fra sé e sé prima di fare un profondo respiro e, parlando con voce molto più ferma di quello che credeva, disse «Devi andare alla Testa di Porco stasera stessa. La Maledizione Imperius finirà quando vedrai Silente.»
Hermione rimase in febbrile attesa di vedere cosa avrebbe fatto e rimase quasi sorpresa vedendo Piton smaterializzarsi di colpo. Riallacciandosi di tutta fretta la camicetta, andò alla porta e poi giù in un salotto altrettanto squallido.
Sperava di aver fatto quello che doveva mentre alza la bacchetta di nuovo «Accio GiraTempo» ed ecco il ciondolo nero volare a tutta velocità verso di lei.
Nello stesso momento sentì dei rumori simili a strappi fuori dalla casa. Auror, pensò terrorizzata mentre s'infilava a tutta velocità la catenina. Non sapendo che altro fare diede un bacio speranzoso alla clessidra leggermente incrinata e la fece girare. L'ultima cosa che vide fu Alastor Moody che entrava a forza in casa, strappandole un mezzo urlo che si perse nelle pieghe del tempo.

Ce l'aveva fatta, si disse, mentre si contorceva dal dolore dentro la tenda. Harry era ancora fuori e, ormai abituato a sentirla piangere, non entrò. Ci mise tutta la notte, entrando ed uscendo da stati d'incoscienza, prima di riprendersi. Probabilmente gli incantesimi di Piton erano ancora dentro il suo organismo e, appena le fu possibile, ne aggiunse degli altri perché l'unica cicatrice che non scomparve fu una bruciatura appena sopra il cuore, la dove la clessidra era andata in frantumi.
Per alcuni giorni Hermione si chiese se aveva fatto una sciocchezza, le cose non era granché migliorate; anzi, con la bacchetta di Harry rotta le cose sembravano peggiorare. Aveva mandato Piton a dire a Voldemort di uccidere i genitori di Harry per nulla? Fu solo quando Ron ed Harry parlarono di un Patronus a forma di cerva che Hermione capii cosa era successo. Stesa a letto, ignorando il suo amico e quello stupido di Ron, pensò che conosceva il segreto di Piton ma non poteva dirlo agli altri due, non quando Harry continuava a rifiutarsi di praticare l'Occlumanzia. E un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra: Silente aveva ragione: Voldemort non capiva nulla dell'amore.
   
 
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