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Autore: shira21    15/06/2018    0 recensioni
Raccolta di one-shot sulla vita e i sentimenti dei vari personaggi della saga di Harry Potter, già esistenti o inventati da me
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Weasley, Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Sirius/Lily
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Mio padre diceva sempre che sono nata dalle fiamme ed era per quello che non mi bruciavo, neanche mettendo le mani sopra il fuoco.
Da piccola quella spiegazione mi bastava e dopo è semplicemente diventato troppo tardi per chiedergli altro: quando avevo solo sei anni fu ucciso da un Mangiamorte davanti ai miei occhi.
Non lo dimenticherò mai!
Ora di anni ne ho diciassette e non sono così sicura di essere felice di avere delle risposte.
«Forza Esme, muoviti. Non voglio far tardi alla prima partita dell'anno» a qualche metro da me Josephine corre e gira su se stessa come una trottola impazzita strappandomi un sorriso. Adoro troppo quella ragazza. La raggiungo e la prendo per mano, trascinandola tra le risate tra gli spalti.
La gonna della divisa che ancora indosso mi sfiora le gambe mentre prendiamo posto, impazienti anche se per motivi diversi: Jo è davvero una fan di Quidditch e sogna di poter diventare una giornalista per poter seguire tutte le partite in giro per il mondo; io invece vengo solo per vedere il cercatore e capitano della nostra Casa, Grifondoro.
Quando scende in campo è impossibile non riconoscerlo o forse sono solo io che lo riconoscerei anche in mezzo a una folla.
«Hai gli occhi a forma di cuoricini» mi prende in giro Jo, ridacchiando e appoggiando la testa sulla mia spalla.
«Cosa ci posso fare se ho una cotta per lui da quattro anni ormai?»
«Perché allora non fai nulla? Sei così bella da far girare la testa anche a quegli snob di Serpeverde». La guardo per qualche secondo prima di sorriderle e girare la testa e ritornare a guardare la partita. Al mio fianco la sento sospirare profondamente ma come sempre lascia cadere l'argomento; si limita a stringermi a sua volta la mano e riappoggiarsi alla mia spalla.
Come posso spiegarle che non posso legarmi troppo a qualcuno perché sto morendo?
Silente mi ha detto che da qualche parte potrebbe esserci un modo per sopravvivere ma in quegli occhi cristallini così saggi ho visto tanta tristezza per la mia sorte. Per questo non posso legarmi a nessuno, lascerei alle mie spalle troppo dolore.
La partita finisce con una vittoria schiacciante della mia Casa, i gemelli Weasley sono anche più bravi di quello che molti pensavano.
Si stanno alzando tutti, nell'aria un allegro chiacchiericcio ma io resto seduta. Mi giro e cerco di fare un sorriso a Jo «Resto fuori un altro po', tu vai pure».
«Ma...?»
«Josephine, tranquilla. Vai a cena» sta per protestare quindi mi alzo e l'abbraccio. All'orecchio le sussurro «Per favore, ho bisogno di stare da sola».
Lei mi guarda con quei suoi occhioni castani da cucciolo ma dopo sette anni sa riconoscere quando ho davvero bisogno di ristabilire il mio spazio; non le piace ma lo capisce.
«Va bene» mi da un bacio sulla guancia e i suoi milioni di ricci ribelli dello stesso colore degli occhi mi solleticano la punta del naso «Ti tengo vi un pezzo di dolce».
«Grazie» le sorrido di rimando e poi la osservo allontanarsi di corsa per unirsi alla conversazione con due Corvonero: Jo è fatta così: farebbe amicizia anche con i muri se loro le rispondessero.
Mi risiedo e tiro su le gambe contro il petto, smettendo di sorridere.
La McGonagall mi ha detto più volte che potrei avere un futuro come Auror ma ho declinato ogni volta; ha smesso solo quando gliel'ha detto il professor Silente.
Non so con precisione cosa farò del mio futuro... non so neanche se avrò un futuro!
Una leggera brezza scivola sotto il mio mantello facendomi rabbrividire leggermente e portandosi dietro gli odori dell'autunno. Quando sono certa che nessuno mi possa vedere, sgattaiolo giù dalle gratinate e mi dirigo velocemente verso la foresta proibita.
Man mano che avanzo la luce si fa sempre più fioca e la vegetazione più fitta fino a quando non raggiungo una piccola radura che è un po' il mio posto segreto. Mi ha mostrato questo posto Hagrid da cui sono andata su consiglio del preside; mio malgrado mi sono affezionata davvero a lui e ai suoi consigli a volte un po' ingenui. E temo che anche lui si sia affezionato a me, penso con un sorriso malinconico mentre mi siedo sulla pietra piatta.
Perdo la concezione del tempo mentre lascio che il potere rilassante della natura mi entri dentro e mi calmi come ogni volta fino a quando un movimento mi fa girare. Davanti a me c'è un Thestral, un cavallo nero e scheletrico con lunghe ali da pipistrello. Allungo la mano con il palmo rivolto verso l'alto e lentamente lo guardo avvicinarsi e appoggiare il muso sulla mia mano, sfregandosi varie volte in cerca di coccole e cibo.
«Sembra che tu stia coccolando l'aria», io e il Thestral alziamo lo sguardo contemporaneamente e rimango senza fiato quando incontro due occhi blu sorridenti che fissano il punto dove è appoggiata la mia mano. I capelli rossi leggermente arruffati e due braccia muscolose sono le altre due caratteristiche principali di Charles Septimius Weasley, per gli amici Charlie.
«Ci sono dei Thestral, vero?»
Deglutisco a vuoto mentre la creatura in questione mi guarda inclinando il muso di lato percependo tutta la mia ansia. Mi mordo il labbro inferiore e mormoro «Uno solo»; è un miracolo che riesca a sentirmi.
Solitamente le persone sono a disagio quando hanno intorno queste creature, sopratutto quelle che non riescono a vederle, invece il sorriso di Charlie pare diventare persino più grande.
«Figo!»
Lo guardo perplessa, le sopracciglia inarcate. Con mio stupore, noto il suo volto diventare dello stesso rosso accesso dei capelli «Cioè... non è figo che tu possa vederli... È figo il fatto che siano qui...».
Per assurdo vederlo così agitato mi rilassa: se anche il Prefetto e capitano della squadra di Quidditch è capace di arrossire e balbettare allora noi comuni mortali possiamo rilassarci!
In quel momento il Thestral mi da un leggero colpetto sulla spalla e mi guarda speranzoso. Passo le dita lungo il collo scarno e, dispiaciuta, gli dico «Mi dispiace tesoro: non ho portato da mangiare».
Lui mi guarda a lungo ma poi fiuta una traccia e se ne va, non prima però di essersi fatto accarezzare un altro paio di volte.
Solo a quel punto mi giro verso Charlie che è ancora vestito come durante la partita e che ora sta osservando me e la radura vuota.
«Se n'è andato» gli spiego e lui fa solo un leggero «Oh».
Un silenzio imbarazzato, almeno da parte mia, cala tra di noi; sto per alzarmi quando lui si avvicina e, indicando un altro sasso a poca distanza da quello su cui sono seduta io, mi chiede «Ti dispiace se mi siedo?»
«Perché?» La domanda mi sfugge dalle labbra prima che possa fermarla e mi esce con un tono vagamente stridulo.
«Perché no?» Sorride ancora ma ora è più incerto, credo che il mio imbarazzo lo stia contagiando.
«Perché noi non siamo amici. Apparteniamo alla stessa Casa e abbiamo molte lezione in comune eppure abbiamo parlato solo una manciata di volte... in sette anni!» Sto facendo la puntigliosa, lo so, e una parte di me vorrebbe solo mettersi a saltellare e dirgli che sì, può sedersi perché sono innamorata di lui e lo seguirei fino all'Inferno e ritorno.
Ma probabilmente mi sono difesa così a lungo che ora non so fare altrimenti.
«Okay... e se volessi essere tuo amico?»
Lo fisso sospettosa e chiedo di nuovo «Perché?»
«Lo chiedi spesso a quanto pare» nella sua voce c'è una traccia di risa mal trattenute e anche a me viene da sorridere. Poi però diviene serio, si guarda intorno prima di posare di nuovo lo sguardo su di me «Ci deve per forza un perché?»
E c'è qualcosa in quegli occhi che si va ad infilare direttamente sotto la mia pelle, mozzandomi il respiro; è qualcosa che mi eccita e mi fa paura allo stesso tempo perché pare riuscire a vedermi ma vedermi per davvero, aldilà dell'aspetto fisico e di tutte le mia barriere.
Quindi cedo, mi è impossibile negargli qualcosa. Con un accenno di sorriso, mormoro «Se vuoi, puoi sederti» e cedrei altre mille volte se servisse a vedere il suo volto illuminarsi in questo modo.
«Pensavo che per attirare un Thestral dovessero sentire odore di cibo... di sangue» mi osserva con la testa inclinata di lato come un uccellino curioso. Decido di dirgli almeno una parte di verità «Di solito è così ma c'è qualcosa nel mio sangue che lì attira in modo naturale ed istintivo» e poi scrollo le spalle come fosse un mistero anche per me; spero di essere stata convincente.
Nel dubbio sposto lo sguardo sugli alberi della foresta che stanno diventando sempre più indistinguibili nel buio e gli chiedo «Come mai hai scelto di specializzarti in Cura delle Creature Magiche?»
«Potrei farti la stessa domanda e farti notare che potremmo anche essere gli unici due ad aver fatto questa scelta!» Rido perché  so benissimo che ha ragione e, anche senza vederlo, sento il sorriso nelle sue parole «E comunque voglio studiare quelle creature che vengono definite pericolose nel loro habitat naturale».
«Allora tu e Hagrid avete molto in comune!»
«Diciamo che ci troviamo molto d'accordo» ridacchia e io mi giro verso di lui; ormai si distinguono solo i contorni ma se devo essere onesta per me è meglio così: non riuscirei a parlare con lui se riuscissi a vederlo in volto.
«E hai già deciso dove andare una volta finiti gli studi?»
«Pensavo di andare nelle Americhe... ci sono ancora così tante creature da scoprire!» La passione nella sua voce mi scalda come una coperta calda poggiata sulle spalle. «Tu invece?»
Mi scappa una risatina «Sicuro di volerlo sapere?»
«Certo. Io ti ho detto il mio obbiettivo, ora è il tuo turno!»
Sento le guance diventare calde e faccio un respiro profondo «Non ho ancora un idea precisa ma... credo che andrò in Romania per studiare i draghi...» Anche questa è solo una parte della verità.
«Wow» la voce di Charlie è solo un mormorio ma riesco a sentire la sua ammirazione. «Esmeralda Young, a quanto pare siamo simili!»
Alle sue parole sorrido ma non dico nulla. Restiamo in silenzio per un po' fino a quando non sento un fruscio al mio fianco e la sua mano compare a pochi centimetri dal mio volto «Forse è meglio rientrare».
Mai il buio mi fu così amico penso mentre arrossisco ancora di più e appoggio le dita dentro al suo palmo; in un attimo mi ritrovo con il naso contro la sua maglia, la mano libera appoggiata aperta contro il suo petto mentre l'altra è serrata dentro la sua. Siamo più vicini di quanto siamo mai stati... no, siamo più vicini di quanto io sia mai stata con chiunque. Il suo profumo di erba appena tagliata, sapone e qualcosa che non riesco ad identificare ma che mi ricorda il sole estivo sulla pelle mi circonda, facendomi perdere il controllo sul mio battito cardiaco. Alzo il viso e mi rendo conto che così vicino riesco a distinguere i suoi lineamenti; Charlie ha il volto abbassato verso di me e il suo respiro lieve mi sfiora le ciglia. Basterebbe così poco per baciarlo...
Ogni rumore e ogni singola cosa al di fuori di noi sparisce.
Sento le sue dita tracciare il contorno del mio viso, dalle ciocche sfuggite alla treccia fino alla punta del mento provocandomi una miriade di brividi. «Lo trovi strano o inquietante se ti dico che vorrei parlare con te da anni ma non ne ho mai trovato il coraggio?»
Lo stomaco mi si contrae mentre smetto letteralmente di respirare.
«Perché?» Questa sta diventando la domande del giorno ma devo veramente capire perché; in fondo, a parte Jo, non ho mai legato con nessuno qui ad Hogwarts: ogni legame si sarebbe potuto trasformare in un rimpianto un giorno.
Charlie appoggia la fronte contro la mia «Potrei dirti che è perché sei assurdamente carina o perché c'è questa aura misteriosa che ti circonda fin dal primo anno... ma la verità è che ti ho vista trattare le creature di Hagrid con un affetto che nessuno a parte lui gli ha mai riservato».
Le sue parole fanno breccia in una parte del mio cuore che credevo perduta per sempre.
«Ti prego, Charlie... io non posso...» per qualche motivo la voce mi trema come se stessi per piangere. Ecco perché ho sempre preferito che restasse una cotta senza mai cercare di scoprire se i miei sentimenti avrebbero potuto trovare un riscontro dall'altra parte. La sue dita calde si intrecciano con forza alle mie congelate e sposto la mano libera sulla sua guancia «Io non sono quella che credi: ti ferirei soltanto!»
«Non ci credo!»
Sorrido anche se con ben poco divertimento: quando si mette in testa qualcosa questo ragazzo è davvero determinato.
Dilaniata faccio un passo indietro; Charlie mi trattene per qualche secondo ma alla fine mi lascia andare.
«Come hai detto prima, è meglio rientrare» e, con passo sicuro di chi ha percorso questi viali milioni di volte, m'incammino verso il castello.
«È così e basta?» Charlie mi corre dietro mentre tira fuori la bacchetta per illuminare la strada.
«Sì, è così», tiro dritta senza neanche guardarlo.
Camminiamo fianco a fianco fino al cortile senza dire nient'altro anche se quasi sento il suo cervello pensare a tutta velocità. Una volta dentro le mura mi fermo «Devo andare in biblioteca» non è vero ma ho bisogno di allontanarmi da lui prima di fare qualcosa di stupido come baciarlo.
Lui mi sorride da sotto la zazzera di capelli rosso fuoco e mi riprede la mano; posa un lieve bacio sul dorso e mi guarda attraverso le folte ciglia «Non mi arrendo, Esmeralda!» e se ne va senza neanche lasciarmi il tempo di ribattere.
Sbatto velocemente le ciglia e mi dirigo in biblioteca. Mi siedo su una delle sedie e su un foglietto scrivo solo "SOS - Biblioteca". Con un colpo di bacchetta quello si trasforma in un veloce aeroplanino che sfreccia fuori dalla finestra diretto alla Torre di Grifondoro; Jo impazzirà quando le racconterò cosa è successo.
Quando arriva mi rendo conto che mi sto ancora sfiorando il punto dove mi ha baciata.

Nelle settimane seguenti devo ammettere con me stessa che è davvero un ragazzo tenace; è come se l'idea di avere poco tempo l'avesse reso più determinato.
A volte trovo mazzi di fiori, un altra un sacchetto di dolciumi di Mielandia (che io e Jo abbia divorato); a lezione si è impuntato di sedersi vicino a me e le lezioni di volo stanno diventando imbarazzanti. Io sbuffo e brontolo ma dentro di me trovo il tutto molto dolce.
Jo invece neanche lo nasconde quanto impazzisce per tutta questa situazione: l'unica cosa che ancora non ha fatto è stato chiuderci a chiave dentro una stanza!
Ora mi sto dirigendo da Hagrid che mi ha chiesto se posso controllare uno degli ippogrifi.
Busso alla capanna ma invece del guardiacaccia mi apre l'ormai onnipresente ragazzo dai capelli rossi.
«Ciao, Esme» e il suo sorriso quasi fa sorridere anche me.
«Primo, non ti ho mai dato il permesso di chiamarmi Esme; secondo, cosa ci fai tu qui?»
Lo so, divento aggressiva quando sono imbarazzata.
Anche perché non indosso la divisa ma un paio di jeans e un maglioncino con lo stemma di Grifondoro, di un rosso cupo che mi piaceva particolarmente prima che mi rendessi conto che assomiglia al colore dei capelli di Charlie!
«Ehi tranquilla. Ritrai gli artigli: Hagrid ha chiamato qui anche me per quell'ippogrifo!»
Lo guardo sospettosa ma non dico nulla perché il diretto interessato è appena arrivato «Finalmente sei arrivata. Forza su, venite con me che vi mostro dov'è quel piccolino», io e Charlie ci guardiamo ma ci stringiamo nelle spalle e gli corriamo dietro. Hagrid va avanti a parlare preoccupato fino a quando non giungiamo in una soleggiata radura. Solo quel punto lo interrompo «Hagrid, esattamente perché hai chiamato noi? Di solito non ti occupi tu delle creature ferite?»
Io Charlie saremo anche i più bravi del nostro corso ma non siamo così bravi. Incredibilmente lo vedo arrossire «Non so perché ma non mi lascia più avvicinare» sfrega un piede per terra imbarazzato e Charlie si affretta a rassicurarlo «Tranquillo Hagrid. Ora vediamo che cos'ha!»
In effetti, lì da solo c'è un ippogrifo sdraiato su un fianco: è bellissimo eppure si capisce da qui quanto soffre. Sia io che Charlie gli facciamo un inchino ma quello pare ignorarci; ci lanciamo un altra occhiata prima di avvicinarci lentamente. Solo che, quando siamo a pochi passi, quello tenta di mordere Charlie che fa un balzo indietro.
Per assurdo invece io riesco ad avvicinarmi abbastanza da inginocchiarmi e posargli una mano sul collo; mi guarda con occhi dolci e imploranti. Noto che sotto il pelo ha parecchi morsi e graffi come se fosse stato attaccato. Sempre più preoccupata faccio scorrere le dita lungo tutto il corpo fino a quando un movimento mi fa scoppiare a ridere.
«Cosa succede?» La voce di Hagrid è un mix di ansia e sconcerto.
«Hagrid, il piccolino è una piccolina!»
Charlie mi lancia un occhiata «Davvero?»
«Nei sei sicura, Esmeralda?»
Faccio un sorriso e cerco di calmare l'animale. «Hagrid, sta partorendo. Per questo non ti fa avvicinare!»
«Cosa? Oh».
Gli faccio un altro sorriso e nell'ora successiva mi occupo di un compito di cui non credevo mi sarei mai occupata: far nascere un piccolo ippogrifo. Seguo le istruzioni di Hagrid fino a quando il piccolo non esce. Ho sangue fino ai gomiti!
Il nuovo arrivato tenta immediatamente di mettersi sulle zampe con le alette che sbattono velocemente e quando finalmente ci riesce alza il muso con un orgoglio particolare.
Hagrid si avvicina con fare orgoglioso e guarda il piccolino muoversi da una parte all'altra, cadendo ogni tre passi.
«Come lo vuoi chiamare?»
Mi giro verso Charlie, che si è lasciato cadere al mio fianco.
«Non credo che...»
«No, Charles ha ragione. L'hai fatto nascere tu, hai il diritto di dargli un nome».
L'ho osservo per un po' prima di dire «Secondo me dovresti chiamarlo Fierobecco»
«Sì, mi piace» esclama Hagrid con il suo vocione prima di occuparsi della neo mamma che finalmente lo lascia di nuovo avvicinare.
Alla fine restiamo soli io e Charlie.
«Sei stata brava» e, forse a causa di tutte quelle emozioni, finisce che gli appoggio la testa sulla spalla. Lui s'irrigidisce un attimo prima di rilassarsi e stringermi contro di sé.
«Ti sto sporcando tutto» mormoro dopo un po'. È così sbagliato se non vorrei stare da nessun altra parte al mondo se non qui, tra le sue braccia?
«Fidati, non è un problema».
Rispetto alla prima volta, ora stare con lui in silenzio non mi imbarazza più; forse a furia di averlo sempre accanto mi sono abituata alla sua presenza.
«Posso essere sincero?»
«Da quando chiedi il permesso?» Gli chiedo di rimando con una risata.
«Bene. So di avere solo diciassette anni e che forse credi che non so quello che dico ma... conosco me stesso e so che quello che provo per te è vero e che non lo proverò mai più per nessun altra!»
«Charlie...»
«No, fammi finire. Non voglio essere arrogante ma so di piacerti e per quanto mi riguarda... beh, credo... no, sono sicuro di amarti!»
«Perché hai dovuto dirlo?» Mi stacco disperata. Fino a quando tutto era incerto potevo anche sopportarlo ma così «Te l'ho già detto: non posso!»
«Non puoi amarmi?» È allibito, lo vedo, ed io mi alzo esasperata. «Non posso ferirti!»
Ho il petto che si alza e si abbassa a un ritmo frenetico e il cuore pare volermi rompere le ossa da quanto batte forte.
Incurante di sporcarsi mi prende per mano, costringendomi ad abbassarmi, a sedermi praticamente addosso a lui. Con tocco delicato ma fermo mi circonda il volto con le mani «Spiegami perché sei così convinta che finirai per ferirmi» e in un secondo momento aggiunge «Fidati di me, ti prego!»
Sospiro e mi libero dalle sue mani ma, invece di allontanarmi, mi siedo sul suo grembo e affondo il volto nella piega del suo collo. È più facile da raccontare così.
«Fin da quando ne ho memoria, non mi sono mai bruciata; potrei stare anche in piedi in mezzo ad un incendio ed uscirne senza neanche un arrossamento. Per me era una certezza come il fatto che mia madre era una strega e che era morta quando avevo pochi mesi. Quello che non sapevo era come fosse morta o che io ne fossi la causa. Solo quando sono arrivata qui Silente mi ha detto la verità.» Faccio un respiro tremulo e Charlie mi stringe un po' più forte. Cullata tra le su braccia e dal suo profumo, vado avanti «Quando avevo cinque mesi sarei dovuta morire.» A quelle parole lo sento trattenere il fiato ma ora che ho iniziato non riesco più a smettere di raccontare «La nostra casa in Spagna è andata a fuoco e la mia cameretta è rimasta bloccata dalla macerie. Quando finalmente mi hanno trovata ero in fin di vita, bruciata più di quanto fosse umanamente possibile. Non so chi fosse l'uomo insieme a mia madre, Silente è riuscito a recuperare solo frammenti di memoria, ma a quanto pare le suggerì un modo per salvarmi: sangue di drago.
Non so come ma funzionò; ero salva ma mia madre morì per cercare di procurarmi quel sangue. Nelle mie vene scorre sangue rubato ad un drago, per questo non mi brucio e gli animali mi percepiscono come parte di loro, ecco perché il mio patronus è un drago ed ecco perché sto morendo. Ogni giorno divento più debole» alzo il volto e lo guardo dritto in quegli occhi blu appannati di lacrime. «Secondo Silente, che ne ha osservato il decorso in questi anni, difficilmente supererò i vent'anni. Significa che ho meno di tre anni ancora da vivere prima che il sangue mi bruci gli organi».
Mi accorgo di star piangendo solo quando sento il sapore salato sulla labbra.
Non so quanto restiamo così, abbracciati e uniti.
Non ho mai raccontato a nessuno questa storia, neanche a Jo, ma ha ragione lui: io lo amo come non amerò mai nessun altro nella mia vita.
«Verrò in Romania con te. Studieremo ogni specie di drago, ogni leggenda, ogni storia che possa spiegare quello che ti è successo... ma io non ti lascio!»
Lo dice con una tale foga che lo guardo sconvolta «Ne sei sicuro? Neanche ci volevi andare in Romania tu».
«Fin da piccolo mi sono sempre trovato meglio con le varie creature magiche che con gli umani. Tu sei la prima con cui mi sento così in sintonia.» Mi posa un bacio sul collo e aggiunge «E poi io adoro i draghi!»
Rido perché non posso farne a meno, rido con le guance ancora bagnate di lacrime.
«Ti amo, Charlie. Davvero! Ma ho paura che quando morirò tu sarai solo...»
«Non sarò mai solo: avrò la mia numerosa famiglia e i miei amici. E il mio lavoro».
«Ma non una moglie o dei figli... perché nella mia condizione io non potrò mai averli».
Lui mi sposta da davanti gli occhi alcune ciocche di capelli. «Mi va bene così perché tu sei l'amore di tutta una vita; anche se dovessimo stare insieme solo pochi mesi non potrei mai amare un altra come amo te».
E con questo sento ogni mia difesa sgretolarsi.
«Allora prossima fermata: Romania!»
«Esatto».
E finalmente lo bacio come sognavo di fare da anni, lo bacio come se stessi morendo di sete e lui fosse l'unica fonte d'acqua, lo bacio come se la mia vita iniziasse e finisse con lui... insomma, lo bacio come si bacia la propria unica anima gemella.
   
 
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