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Autore: Shireith    24/05/2018    2 recensioni
{Marichat // raccolta mista di trentuno storie che partecipa alla challenge Marichat di maggio 2018 indetta dai fan su Tumblr}
#01 — Mentre fuori piove » Vestito d’una tuta nera che ricopre ogni centimetro del suo corpo, i capelli biondi e sbarazzini ora intrisi d’acqua piovana, la figura che vede distesa a terra sul balcone di casa sua non può essere altri che lui.
#13 — Il mio faro nella notte » Lo scenario che si presenta ora ai suoi occhi, tuttavia, gli sbatte in faccia la triste e crudele e realtà: che un individuo qualsiasi può, se quello è il suo volere, porre fine alla vita di tanti altri come lui.
#17 — Sul filo del rasoio » La pioggia, intanto, è fitta, malinconica: lo scenario ideale per una tragedia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Scrivo le note prima della storia perché ho da fare un appunto.
Dunque, il prompt di oggi parlava di un Hanahaki disease!AU, una malattia che viene contratta a seguito di un rifiuto amoroso, a causa del quale nel soggetto interessato cominciano a crescere dei fiori, che vengono poi sputati/tossiti. A lungo andare, questi fiori possono bloccare la respirazione e condurre alla morte, e si può guarire in soli due modi: o venendo ricambiati dalla persona che si ama o, se ciò non è possibile, a seguito di un’operazione chirurgica, assieme alla quale però sparirebbe anche l'amore.
Ora, venendo a conoscenza di tutto ciò per la prima volta, mi sono informata meglio, e a quanto pare è un concetto molto ben visto nell’ambito dell’angst e del romanticismo. Personalmente, però, non sono d’accordo, anzi fatico a farmelo piacere. Scrivere di Marinette e/o Adrien che tossiscono fiori perché non ricambiati in amore sarebbe stato, per me, davvero difficile. D’altro canto non mi andava nemmeno l’idea di saltare un giorno o di abbandonare addirittura la challenge per via di un solo promtp, pertanto ho voluto rivisitare un po’ il concetto in chiave più realistica, come vedrete.
E niente, leggete e giudicate da voi.


Vorrei solo poterti amare


 Marinette non avrebbe mai pensato che amare avrebbe fatto così male.
 Mesi e mesi prima, il suo cuore aveva aperto – spalancato – le sue porte ad Adrien, che allora a malapena conosceva, in nome della cordialità che le aveva rivolto, una cordialità che prima era celata. Da allora, il suo cuore batteva in un modo in cui non aveva mai fatto per nessun altro prima d’ora.
 Era iniziato tutto durante i primi giorni di scuola, e all’inizio era stato davvero bello. Sentiva le farfalle nello stomaco ogni qualvolta pensasse ad Adrien – il che accadeva quasi sempre, poiché tutto, da quel giorno, sembrava ricondurre ad Adrien. Si era insinuato in lei come un chiodo fisso e da allora non la lasciava mai stare; ma quel chiodo fisso, a lungo andare, era divenuto quasi un tarlo fastidioso.
 Adrien non la amava. La vedeva come una buona amica, la stimava, la rispettava, si fidava di lei, ma non l’amava. E probabilmente non l’avrebbe mai fatto. Aveva scoperto, dichiarandosi, che Adrien pensava costantemente a un’altra, e ora quella consapevolezza la tormentava. Le sue radici erano affondate nel terreno della sofferenza, e così non faceva altro che soffrire e soffrire per un sentimento che imboccava una strada a senso unico, senza ritorno.
 Una stupida, ecco come si era sentita. Si era messa a nudo di fronte a lui, e quello, seppur con la sua solita educazione, con quella gentilezza che lo contraddistingueva da sempre, l’aveva rifiutata. Aveva riposto tutte le sue speranze in un amore che non aveva un futuro: doveva solo vivere nel presente, ma faceva male. Il suo stomaco, in cui prima svolazzavano tante allegre farfalle, era ora stretto in una morsa strettissima fatta di sentimenti ed emozioni negative.
 C’era una curiosa malattia, inventata, di cui aveva letto una volta: questa, che prendeva il nome di malattia di Hanahaki, si presentava nelle persone che, come lei, avevano ricevuto un rifiuto amoroso, e ciò provocava in loro una crescita di fiori che a lungo andare avrebbero bloccato le loro vie respiratore e li avrebbero condotti alla morte. Marinette lo trovava terribile, ora più che mai: quei fiori sarebbero cresciuti a ritmo costante e incessante, ricordando alla vittima che, benché amasse una persona con tutto il suo cuore, quella non ricambiava.
 Marinette ripensò al suo collega mascherato: era così che si sentiva, Chat Noir? Nonostante vi fosse una sofferenza di quella mole a tormentarlo, ogni giorni vestiva i panni del suo alter ego mascherato e salvava Parigi assieme a lei, la causa di tutto il suo dolore?
 Da quando capiva che cosa significasse essere rifiutati, era giunta alla conclusione che facesse male anche essere dall’altra parte. Sapeva che Chat Noir stava male, e già questo la faceva soffrire; ma sapere che stava male per colpa sua e che nonostante ciò non c’era niente che potesse fare era semplicemente devastante. Da una parte avrebbe voluto che Chat Noir la odiasse, cosicché avesse qualcuno contro cui incanalare la sua rabbia, la sua delusione, la sua frustrazione; dall’altra, però, era felice che il giovane non la incolpasse di niente, perché, dopo Adrien, era probabilmente la persona migliore che avesse mai conosciuto. Ed era anche quello a renderlo fantastico: il fatto che, nonostante tutto, fosse incapace di odiarla.
 Con Adrien, Marinette si sentiva allo stesso modo: perché odiarlo? Era il suo cuore a decidere chi dovesse amare, non la sua mente.
 E per lei era lo stesso, eppure avrebbe tanto voluto poter ricambiare anche Chat Noir, così da non doverlo più vedere soffrire, così da poter passare il resto della sua vita al fianco di un ragazzo che stimava al pari di quanto stimasse Adrien. Sarebbe stato così facile amare Chat Noir senza dover rinunciare ad Adrien.
 Era davvero così meschina?

***

 Prima di conoscere Ladybug, Adrien non si sarebbe mai aspettato di riuscire ad amare qualcuno in quel modo. Era stato come un fulmine a ciel sereno, che l’aveva colpito nel momento stesso in cui aveva realizzato quanto fosse fantastica, straordinaria e speciale la sua collega. Non sapeva nemmeno chi si celasse dietro quella maschera, eppure sapeva di amarla, ne era dannatamente certo.
 L’unico vero e incondizionato amore che avesse mai conosciuto era quello di sua madre – anche Gabriel l’amava, ma non era altrettanto bravo a dimostrarlo: quello per Ladybug, tuttavia, era qualcosa di molto diverso. Era un amore che gli faceva venir voglia di rischiare la sua vita per lei, sì, ma anche un amore che lo spingeva a desiderare il suo profumo, le sue labbra, la sua pelle. Era un amore bellissimo, che gli svuotava la mente di tutti i pensieri tranne che di uno soltanto: lei.
 Tuttavia, quando le aveva finalmente aperto le porte del suo cuore, Ladybug aveva rifiutato di entrarvi. L’aveva fatto con gentilezza, con rispetto, ma aveva comunque fatto male – malissimo. Anche ora era capace di avvertire quel rifiuto come una freccia che, scoccata dalla persona a cui più voleva bene, viaggiava a gran velocità nella sua direzione e gli trafiggeva il cuore nel modo più doloroso possibile.
 Dal giorno del rifiuto, ad Adrien capitava di sentirsi mal voluto dal suo stesso corpo. Era una finta, triste malattia, quella soprannominata di Hanahaki, a cui Adrien si sentiva ora analogo: sembrava che qualcosa simile a una sensazione spiacevole crescesse all’interno del suo stomaco, minacciando di divorarlo da un momento all’altro. Era terribile solo l’idea che l’amore, lo stesso che prima lo faceva sentire felice e leggero come una piuma, potesse rivelarsi deleterio a tal punto da mettere fine alla vita di una persona.
 Adrien un essere razionale, sapeva che si trattava solamente di una patologia inventata per chissà quale motivo; tuttavia, il concetto non si distanziava molto da quello che stava provando lui: non sarebbe morto, certo, ma la sola consapevolezza di un amore ricambiato gli faceva venir voglia di porre subito fino a quell’amore. Anche se fosse stato possibile, comunque, sapeva che non l’avrebbe mai fatto: c’era quella parte di lui che, per quanto doloro fosse, voleva continuare ad amare Ladybug, perché solo l’idea di vivere senza quel forte sentimento l’avrebbe distrutto.
 Adrien si domandava spesso se era così che si fosse sentita Marinette quando l’aveva rifiutata. Probabilmente si sentiva così anche adesso, in quello stesso istante. Non poteva saperlo, ma credeva di sì. Perché non poteva essere il solo, dei due, a essere tormentato da un amore non ricambiato? Perché doveva esserlo anche Marinette? Perché doveva esserne proprio lui la causa? Perché Marinette aveva dovuto innamorarsi e sviluppare di lui una concezione tanto rosea, quando tutti gli aggettivi che Adrien si sentiva degno di portare avevano una connotazione puramente negativa?
 Il cuore della sua amica aveva fatto sì che lei si innamorasse di lui senza tuttavia essere ricambiata, perché il suo, di cuore, apparteneva già ad un’altra. Se seguiva la ragione, quindi, Adrien sapeva di non avere colpe. I sentimenti, tuttavia, non si basano sulla logica: il solo pensiero di essere l’artefice della sofferenza dell’amica e di non poterla comunque aiutare lo distruggeva. Sentiva di non poter riuscire a rinunciare a Ladybug, eppure una parte di lui avrebbe tanto voluto dimenticarla con uno schiocco di dita, oppure poter far sì di amare sia lei che Marinette allo stesso di tempo, così da poter porre fine alla sofferenza di un’amica e persona eccezionale.
 Era davvero così meschino? Era davvero così egoista?

***

 Adrien si sentiva un mostro ogni volta che andava a trovare Marinette nei panni di Chat Noir: voleva che lei trovasse conforto nella sua compagnia, ma anche lui voleva trovare conforto nella compagnia della ragazza, e farlo quando era lui la causa del suo struggimento amoroso era orribile. Marinette soffriva per causa sua e nemmeno lo sapeva. La stava prendendo in giro. Avrebbe voluto fare un favore alla sua coscienza e mettere Marinette al corrente di tutto – vedere il disprezzo nei suoi occhi lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio con se stesso –, ma non poteva. Non poteva perché le loro identità dovevano rimanere un segreto. Ma, soprattutto, non poteva perché non era in grado di sopportare l’idea di essere odiato da Marinette. Ladybug era la ragazza che amava, ma, in qualche modo, Chat Noir avvertiva uno smodato bisogno di ricevere affetto da parte di Marinette.
 La giovane sembrava sempre contenta di vederlo, come in quell'occasione. Andò subito ad aprire la botola, regalandogli un sorriso un mentre lui entrava. «Che cosa ci fai qui?»
 «Volevo solo vedere se stessi bene.»
 Eccola lì, la solita frase cordiale che la faceva sentire ancora più sporca. Chat Noir andava da lei perché si fida, perché gli piaceva parlarle, perché voleva che lei si sentisse meglio quando sapeva che era giù di corda; eppure era inconsapevole che ogni singola parola di Marinette era una pugnalata alle spalle. Era lei Ladybug, la ragazza che gli aveva spezzato il cuore. Avrebbe tanto voluto dirgli la verità, urlargliela in faccia fino a rimanere senza voce, ma non poteva, aveva un’identità segreta da mantenere. C’era, inoltre, la paura costante che Chat Noir iniziasse ad odiarla, e lei, egoisticamente, non voleva che ciò accadesse. Voleva troppo bene a Chat Noir per rinunciare al suo affetto.
 Così, nascosti da una corazza di sorrisi e parole cortesi, quello che davano a vedere era solo una piccola, infima parte di ciò che provavano: entrambi dilaniati dal senso di colpa, dentro di loro imperversava una tempesta.
   
 
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