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Autore: Lady Stark    24/05/2018    0 recensioni
[Decameron]
Elisabetta accarezzò la stoffa, giocò con un filo che penzolava solitario dalla gonna come a riportare indietro i suoi pensieri. Paradossalmente, ricordava ancora quale vestito stava indossando quando, aprendo la porta della dimora, poco dopo la morte di suo padre si era ritrovata di fronte Lorenzo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lisabetta sedeva nel suo letto immobile, la schiena affondava nel cuscino di piume d'oca sostenendole il busto. Malgrado il sole avesse ormai oltrepassato la linea del mezzogiorno, la donna aveva ancora indosso la camicia da notte e, ogni volta che il tessuto le accarezzava la pelle, i ricordi la trascinavano indietro nel tempo. Il sorriso di Lorenzo, le sue mani sulle spalle, il calore dei suoi baci rubati le rimbalzavano nel cervello colpendole il cuore con la forza di una coltellata. Gli occhi azzurri, vitrei e senz'anima, fissavano le mani abbandonate in grembo senza davvero vederle; la pelle era eccessivamente pallida, tanto tirata sulle nocche da metterne in evidenza i tendini. Sotto le unghie spezzate c'era una linea scura, un insieme di terriccio misto a sangue raggrumato che non sembrava avere alcuna intenzione di abbandonarla. Le ancelle avevano cercato di lavarlo via con più soluzioni ma nessuna di esse aveva sortito alcun effetto e ciò aveva fatto credere a Lisabetta che fosse un segno del destino.

«Mia signora, le ho portato il suo abito. Che ne dice di alzarsi?» l'ancella, giovane e bella, si avvicinò al letto stringendo tra le dita un lungo abito color smeraldo il cui bordo era orlato con gambi floreali intrecciati. In corrispondenza della tibia sbocciavano due grandi boccioli di rosa i cui petali si muovevano, come sfiorati dal vento. Lisabetta la fissò per qualche secondo prima di reagire come un automa alle richieste della sua ancella.

Malgrado il suo cervello fosse offuscato dal lutto e da una tristezza senza fondo, sapeva di star facendo preoccupare le poche ancelle che avevano deciso di rimanerle al fianco. Lisabetta era abbastanza alta, magrissima, tanto delicata in ogni movimento da non produrre rumore. Scivolò nel vestito e sollevò i capelli per permettere alla serva di chiuderglielo sulla schiena, sfiorandole la curva della spina dorsale con i polpastrelli.

Lisabetta guardò la propria gemella, riflessa nello specchio della sua toeletta, con un misto di insoddisfazione e rassegnazione. La bellezza di un tempo aveva abbandonato i suoi tratti; la mancanza dei corretti nutrienti le aveva scavato le guance gonfiandole gli occhi e disegnandole borse nere sotto gli occhi. Tutto ciò che era rimasto della vecchia Elisabetta era solo un'ombra, il ricordo di un tempo felice in cui un uomo era riuscita a farla sentire unica.

Adesso che lui non c'era più, che senso aveva rammaricarsi?

Per chi e per cosa avrebbe dovuto indossare abiti dai colori sgargianti o agghindarsi i capelli?

Accarezzò la stoffa, giocò con un filo che penzolava solitario dalla gonna come a riportare indietro i suoi pensieri. Paradossalmente, ricordava ancora quale vestito stava indossando quando, aprendo la porta della dimora, poco dopo la morte di suo padre, si era ritrovata di fronte Lorenzo. L'uomo aveva sgranato gli occhi, forse interdetto o sorpreso dalla sua presenza, dato che gli uomini per cui lavorava non l'avevano mai nominata.

«È un piacere conoscerla, mia signora. Mi dispiace essere apparso così, all'improvviso».

Lui aveva fatto una pausa prima di sorriderle e prostrarsi in un breve, ma rispettoso inchino.

«Spero solo di non averla spaventata»

Lisabetta era letteralmente rimasta senza fiato poi, istintivamente, si era inchinata e l'aveva fatto accomodare nel salotto. Prima che potesse dire una cosa soltanto, uno dei suoi fratelli era piombato giù dalle scale con un balzo e l'aveva spinta via malamente.

Da quel giorno, Lorenzo aveva cominciato a visitare casa loro con molta più frequenza, portando le scuse o i pretesti più vari. Pur non avendo mai parlato con quell'uomo si era stabilita tra di loro una certa confidenza, un legame spontaneo che andava oltre la razionalità.

   
 
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