“E’ tempo di andare”affermazione attribuita all’imperatore Carlo V di Asburgo.
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Rocca di Ahumada, Spagna, agosto 1922
Lui è arrivato, sempre puntuale e preciso.
“Principessa Fuentes”
“Monsieur Gilliard.”
“Principessa, è una gioia rivedervi.. come state?” mi bacia la mano, perfetto come un granduca dei bei tempi andati.
Gli racconto dei miei figli, cercando di non essere una madre che riluce di orgoglio, come in effetti sono, che a volte sono a Parigi, ove mia madre Ella dirige la fondazione Raulov, che supporta e aiuta i profughi russi, che mio fratello Sasha ci visita spesso e che .. riprendersi dalle ceneri e dalle macerie che ci siamo lasciati dietro sarà un lungo affare.
“E voi, Monsieur?”si vanno scrivendo libri, articoli e saggi sui Romanov, una nuova moda che contagerà anche Gilliard, un tempo precettore dei principi imperiali, rifletto, meglio questo dei sedicenti zarevic o delle false Anastasia che spuntano spesso, per reclamare una possibile eredità, fama e .. Se sapessero cosa custodisce Ahumada...“Non siete qui solo per una amena chiacchierata, vero?”sospira.
“Devo consegnarvi una cosa da parte della granduchessa Olga” Afferro i bordi del tavolo fino a farmi sbiancare le nocche. “Ero andato con loro in esilio a Tolbosk, in Siberia, nel mese di agosto 1917,… la primavera dopo gli zar e Marie erano partiti per Ekaterimburg, gli altri li avrebbero poi raggiunti. Era il mese di aprile e si riunirono in maggio, in quelle settimane Olga Nicolaevna badava alla casa, Tatiana Nicolaevna allo zarevic, che stava sempre male, allora, per potersi muovere e anche Anastasia Nicolaevna faceva quanto poteva. “ una pausa, lacerante amara.” Preparavano i bagagli, impacchettavano oggetti, ma Olga Nicolaevna sottraeva tempo al riposo per scrivere su un quaderno, una specie di sfida..."
“Spiegatemi.” Come se LUI, LEI non me ne avessero parlato.
“Facemmo il viaggio in treno e all’arrivo appresi che ero stato congedato, che non li avrei seguiti oltre-“ una pausa ulteriore, i ricordi gli fanno sempre male” Mi diede questo pacchetto per voi, vi chiamò…”
“La mia principessa, lo so. “Annuisce.
Prendo il pacchetto, cerco di sorridere “Li aprirò con calma..”
“Capisco, principessa”
“Avrei piacere se vi fermaste qualche giorno, e…” LUI non si farà vedere, lo ha detto chiaramente, sa che per me è importante, pure .. Non voglio forzarlo ”Mio marito Andres tornerà stasera, mio tramite il principe Fuentes insiste e..” lo convinco, alla fine è così che deve essere.
Sia Leon che Felipe somigliano ad Andres, alti e snelli, con i capelli scuri,la fronte ampia e il naso sottile. Leon ha le iridi color erba di suo padre, mentre gli occhi di Felipe sono di una particolare sfumatura di azzurro, indaco e zaffiro, che Gilliard ha visto in un altro bambino, nelle sue sorelle, una vita fa.
Non fa domande.
I miei figli lo salutano con garbo, in francese, lo parlano come lo spagnolo e l’inglese, poliglotti come me e Andres, ora come ora non desidero che imparino il russo o il tedesco.
Siamo tutti sopravvissuti, alla guerra, al lutto ed ai massacri, cerchiamo di vivere in pace, giorno dopo giorno.
Sophie è venuta a trovarci, quest’estate, come l’anno scorso e quello ancora precedente, fermandosi per alcune settimane.. Abbiamo trovato un modus vivendi, alla meglio, raffazzonato, che la include.
“Mamma, Xavier dov’è?” Felipe mi strattona per la mano, in una pausa, mentre i raggi del sole al tramonto tingono di bronzo e miele le pietre della rocca, il vento stormisce tra l’edera e le rose. Sono vestita di azzurro scuro, quasi indaco, perle e ametiste i miei gioielli, con piccoli pettini di avorio e zaffiri nei capelli, snella e serena, una perfetta principessa. Che si dedica ai suoi figli e non li affida a una governante, se non facessi a modo mio su qualcosa che per altri è scontato, ovvero avere una governante, non sarei affatto io.
“Al capanno di caccia.. Lo sai” starà lì fino a quando Gilliard non andrà via, me lo ha enunciato per tempo, LEI, invece, si è sposata l’anno scorso con uno dei tanti cugini di mio cognato, un matrimonio d’amore che le ha ridato il sorriso, si è forgiata una nuova vita, come Lui. E alla fine, Xavier ha preferito rimanere ad Ahumada, è la sua casa dichiara, saggio che in fondo il suo nome significa casa nuova. Via via va a trovare Sasha a Parigi, è stato a Londra e Cambridge per un ciclo di lezioni, ha in mente di frequentare l’università. Attivo, curioso, adora stare all’aria aperta, il compagno ideale per le monellerie dei ragazzi. E sta sempre attento, sempre, si gode la vita.
“Lo so.. c’è andato con Castore” anni fa avevo un cavallo con quel nome, era leggiadro e superbo, anche lui lo amava, rievoco con una fitta un bambino vestito da soldato che in groppa a quel destriero si sentiva il re del mondo, la sua gioia senza pari nel fare qualcosa che l’emofilia gli aveva sempre proibito, cavalcare, anche se più del passo e del piccolo trotto, non siamo mai andati, su un terreno liscio e senza rilievi.
“Dovete vedere come è alto, Monsieur Gilliard” lo informa Leon “Anche più di mio padre” Gilliard abbozza un sorriso, Andres è poco meno di un metro e novanta, LUI pare ancora più alto, per la figura sottile, elegante, ed in effetti lo ha superato.
“Ed è bravissimo, sa pescare e cacciare, imita tutti gli uccelli con la voce, solo a cavallo va sempre pianino..” gonfia il petto orgoglioso come se fosse un suo merito “Xavier è un portento” glissa di aggiungere come di tutte le fanciulle dei dintorni cadano in deliquio per lui, giovane ma non casto, forse, e tanto non è di mia competenza.
“Mio marito lo ha adottato qualche anno fa, dandogli il suo cognome, insieme alla sorella” spiego sottovoce, il suo nome, il nostro nome, Fuentes, l’ha protetto, li ha protetti, Ahumada è diventata la loro casa, specie per LUI, è risorto dalla cenere e dalle tragedie, è diventato parte di Ahumada e della sua gente con naturalezza ed allegria, Ahumada e la sua gente lo hanno accolto, come me ai primi tempi, per sempre.
Molto spesso chiama Andres “Papà”, per età potrebbe essere davvero suo figlio e lui suo padre.
Quando eravamo in mezzo al nulla e all'oblio, avevo tirato fuori la storia del Talmud, che se chiamavi una persona con un altro nome ne potevi cambiare il destino. Ero disperata, come LEI, e Andres era uscito fuori con l’appellativo del suo primo figlio, Xavier, nato prematuro e morto troppo presto, Xavier come suo padre, un nome amato, Xavier .. Xavier Fuentes, e tanto lo amavamo a prescindere.
A LUI era piaciuto, da allora in avanti diceva che dovevamo chiamarlo solo in quel modo.
Gilliard non indaga oltre, non è di sua spettanza.
La serata scorre tranquilla, Andres torna e ceniamo tutti insieme, poi offre al caro svizzero una serata a base di chiacchiere virili e sherry, poi mi raggiunge e, secondo nostro uso consolidato, facciamo l’amore, appassionati e famelici, il mio letto è sempre ben caldo.
L’alchimia è rimasta, potente, lui è il mio porto sicuro, sempre. Quando mi chiese di sposarlo, mi promise che mi avrebbe amato per sempre, così è, così è stato e sarà.
La nostra storia, lutti e passioni, alti e bassi, riprenderci e mollarci, con epici abbandoni e ritorni, albe struggenti, sesso in ogni dove, come non definirlo amore? E la tranquillità è solo apparente.
Ore dopo, in camera mia,appoggio la fronte ai vetri e mi scruto, come da fuori, una ragazza alta e sottile in pantaloni, i corti capelli scuri tagliati fino alle spalle, al collo una collanina d’oro con una piccola e perfetta perla, un piccolo mondo perduto.
Torno ai miei diciotto anni a San Pietroburgo, le braccia strette contro il petto, la voce aspra e rotta contro mia madre, che le rinfacciavo che la mia esistenza era una menzogna enorme, le domandavo cosa voleva fare. La predicatrice della lealtà era solo una bugiarda, aveva mentito a me, al marito e al mondo intero, il rancore tornava… Che fare? Magari sbagliavo, come avevo fatto con lei..
Non ho sbagliato, oggi lo so tranne che ho pagato un prezzo altissimo.
Rompo gli indugi, scarto il pacchetto, ecco due quaderni scritti in modo nervoso e fitto, in francese, una calligrafia che ben conosco.
Eccola che torna dalle distanze.
Scruto i quaderni, i libri, le foto.
Sul ripiano, lo spillone d’argento con una ametista che mi regalò Anastasia, suo dono di quando lasciavano il palazzo di Alessandro e andavano in Siberia. Aleksei invece mi diede un pezzo di legno intagliato, Tatiana e Marie due album di foto, il dono di Olga è giunto adesso, l’eco di ieri, di un passato trascorso ed immutabile.
Erede di un passato in frantumi, di una vita spezzata, che mi rimaneva allora?
La polvere sollevata dagli zoccoli del mio cavallo era un pulviscolo di lacrime.
OLGA.