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Autore: Doomsday_    26/05/2018    1 recensioni
Draco è solo. Dovrà eseguire ciò che l'Oscuro Signore gli ha ordinato di compiere. E non ha nessuno... nessuno tranne lei.
Astoria farà qualsiasi cosa è in suo potere per restargli accanto. Perfino quando sarà lui stesso ad allontanarla.
Il loro amore è come una stella che, nel buio della notte, brucia in tutta la sua intensità fino a distruggersi.
Dal capitolo dieci:
- Ripensare alla biblioteca diede a Draco un senso di forti brividi: ancora gli era ignoto quel che lo aveva trattenuto dal baciarla quando, per la prima volta dopo mesi, aveva finalmente potuto tenerla tra le braccia. Nel toccarla ogni tentativo di starle distante era crollata, e un intenso malumore l'aveva colto nel godere di quel suo sguardo insolitamente luminoso. Stelle aveva definito quegli occhi, stelle di quel suo cielo buio.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Oblivion





Le acque del lago erano torbide, quella sera. Dalle finestre non si riusciva a distinguere nulla, tranne che una fitta oscurità verdognola, ma Asteria sapeva ormai riconoscere la differenza.
Qualcosa, nel lago, era in fermento. Gli esseri che lo abitavano ne erano la prova. Furono visibili le code brillanti di qualche sirena, poi due o tre Avvicini e, infine, uno dei grossi tentacoli della Piovra Gigante aveva deciso di posare l'enorme tentacolo proprio contro il vetro della Sala Comune di Serpeverde.
Asteria, persa nei propri pensieri, non prestava attenzione al riflesso che le restituivano i grandi finestroni della Sala Comune: un viso pallido e smunto, solcato da copiose lacrime.
La guancia ancora arrossata le bruciava. Ma non era tanto il dolore, né il gesto, quanto la vergogna a farla stare male.
Si sentiva così sciocca per come si era comportata, aveva agito senza pensare finendo per compromettere Draco.
Ripensò all'Infermieria, a quando lui le aveva detto che l'amava e altre lacrime le scesero a bagnarle le guance.
Era in pena per la vita di lui, per quello che poteva accadere; avrebbe voluto uscire, cercarlo e restare al suo fianco, anche se non poteva fare poi molto per proteggerlo.
Ma aveva paura. Paura di come Draco avrebbe reagito, del suo sguardo colmo di disapprovazione. E lei non avrebbe sopportato di essere cacciata via da lui per l'ennesima volta.
Dopo quelle che le parvero ore, distolse l'attenzione dalle acque scure del Lago Nero e tornò a guardare dinanzi a sé, dove Daphne sedeva completamente assorta dalla propria manicure.
Faceva la sostenuta, si comportava in modo distaccato, ma entrambe sapevano bene che non si parlavano perché Asteria ancora non era riuscita a perdonarla. Aveva preso il suo posto, si era assunta un peso che non le spettava.
« Hai rinnegato nostro padre che il suo corpo ancora non si era freddato » le aveva urlato contro non appena furono rimaste sole, in quella casa divenuta silenziosa come una tomba.
Ma ormai era stanca, esausta da tutta quella solitudine e quei tormenti, e rivoleva solo la sua sorellina indietro.
Si sentiva emarginata, anzi abbandonata, dalle due persone che amava di più.
Anche Daphne di tanto in tanto la guardava con la coda dell'occhio, come se non volesse darle la soddisfazione di farle capire che stava aspettando solo che lei si avvicinasse.
Si sentiva male per averla colpita a quel modo. Lo sguardo ferito, la guancia arrossata, la sua voce rotta. Aveva valicato un limite, un punto di non ritorno.
Ma era stato costretto a farlo. Non aveva più avuto scelta quando si era accorto che Theodore Nott li stava ascoltando.
Ora più che mai era importante mostrarsi dalla parte giusta.
Theodore Nott aveva già riferito ogni cosa a Nott Senior? Quelle parole erano giunte alle orecchie del Signore Oscuro?
Tremava mentre, nella Stanza delle Cose Nascoste, attendeva che i Mangiamorte apparissero dal vecchio Armadio Svanitore.
Eppure non era l'entrata prossima dei Mangiamorte ad avvilire il suo spirito, non quanto il ricordo di quegli occhi verdi così feriti nel profondo.
Non sapeva più cosa pensare. L'aveva persa? O Asteria aveva compreso che quel gesto violento dato d'impulso era stato solo un estremo tentativo di proteggerla?
Il pensiero che lei ora provava odio nei suoi confronti lo terrorizzava.
Le avrebbe parlato, cercò di convincersi per interrompere quel tremore che gli scuoteva l'intero corpo. Quando tutto sarebbe finito le avrebbe parlato e avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare, tutto, anche l'impossibile.
Un cigolio sommesso, proveniente dall'armadio, lo fece saltare sul posto, spaventato.
Era giunto il momento, l'epilogo triste di un anno di tormenti.
Aprì l'anta del mobile e al suo interno, i grandi occhi spiritati di sua zia Bellatrix Lestrange gli restituirono lo sguardo. La bocca della donna si aprì a mostrare un sorriso di denti storti e marci, che esplose in una folle risata.
Dietro di lei, gli altri Mangiamorte mostrarono la stessa euforia, man mano che uscivano dall'Armadio Svanitore: erano dentro Hogwarts e stavano per mettere fine alla vita della persona che Lord Voldemort temeva di più.
Asteria sedeva su di una poltroncina dinanzi al camino della sala comune di Serpeverde. Sentiva un gelo dentro di sé che neppure le calde fiamme del fuoco sapevano sciogliere.
Si torturava le mani, persa nei propri pensieri. Le orecchie allerta, pronte a riconoscere i rumori della battaglia imminente.
Il coprifuoco era scattato da poco più di due ore, molti studenti erano già nel proprio letto, eppure il suo cuore batteva all'impazzata, spaventato per Draco lì fuori, da solo.
Una mano le si posò sulla spalla, facendola sobbalzare. Alzò gli occhi e trovò quelli di sua sorella che la ricambiavano. Asteria sapeva che Daphne non l'avrebbe persa di vista un solo secondo.
Non importava quanto Asteria fosse delusa da lei, quanto la disprezzasse per le scelte che aveva preso. Daphne non le avrebbe permesso di commettere nessuna pazzia.
In quel momento Asteria ebbe l'impulso di abbracciarla.
Stava quasi per ricambiare al suo gesto di conforto quando sentì i primi rumori insoliti. Il suo cuore tornò a palpitare impazzito, mentre il suono di vetri rotti si faceva sempre più vicino per poi interrompersi del tutto.
"Vai subito nella Sala Comune e non uscire per nessun motivo. Lì sarai al sicuro, i Mangiamorte non entreranno... non ne hanno motivo".
Asteria chiuse gli occhi.

Non appena si accorse dell'assenza di sua sorella, Daphne Greengrass non perse neppure un secondo e si buttò a capofitto all'inseguimento di Asteria, col cuore in gola.
Era sempre stato facile per Asteria passare inosservata, sgattaiolare via con la rapidità di un furetto. Per la prima volta Daphne maledisse quel suo modo di fare.
La preoccupazione e la rabbia la stavano divorando, spaccandola in due. Negli ultimi due anni Daphne aveva visto come Draco Malfoy si era innamorato di sua sorella e di come lei lo avesse ricambiato con un affetto tale che in Daphne era esplosa la gelosia.
Lei, narcisista e frivola, capace di amare - oltre se stessa - solo sua sorella, sopportava a malapena di dividere Asteria con Sean, figurarsi Draco Malfoy.
Aveva tentato in tutti i modi di frapporsi tra i due: sapeva che Malfoy, alla fine, l'avrebbe solo fatta soffrire. Era questione di tempo, si ripeteva, quando notava la tristezza in fondo agli occhi verdi della sorella, costretta a mantenere le distanze dall'uomo di cui si era innamorata.
Daphne era la più grande e sapeva - per esperienza - che degli uomini non ci si doveva fidare. Esperienze che avrebbe preferito Asteria non facesse in prima persona.
Il marchio nero bruciò sul suo avambraccio sinistro nel ripensare a quando, col cuore in mano, aveva preso il posto di Asteria nelle grazie del Signore Oscuro. E bruciò ancora di più quando, col cuore in pezzi, aveva ricevuto il suo primo ordine, quello stesso pomeriggio.
"Uccidila. Uccidi la lurida traditrice del suo sangue."
Aveva quasi raggiunto la Sala Grande quando, senza saper neppure come, si ritrovò nel bel mezzo della battaglia.
Cercò di ripararsi dagli incantesimi che volavano qua e là, continuando per la strada che sapeva Asteria stava percorrendo, ma uno dei Mangiamorte si mise in mezzo.
Dolohov la afferrò per un braccio e la trascinò in un corridoio meno affollato.
« Perché non combatti, Greengrass? Dove scappi? Il castello è nostro! » ululò, in una risata sguaiata.
Daphne si ritrasse di colpo alla vista della faccia storta e volgare del Mangiamorte.
« Non adesso, Dolohov » sbottò Daphne, cercando di non mostrargli il suo timore.
« Ti devi unire a noi, adesso » insisté il Mangiamorte, ma uno scalpiccio gli fece presto dimenticare cosa aveva da dire. Alzò lo sguardo dalla figura di Daphne e un ghigno perfido spuntò sulla sua faccia pallida.
Un giovane Grifondoro stava attraversando il corridoio correndo. Daphne non lo riconobbe, era piccolo, forse del terzo anno. Troppo piccolo.
Il bambino, alla vista di Dolohov si bloccò di colpo, ruzzolando per terra. Impallidì, guardandosi indietro con la chiara intenzione di fuggire a gambe levate dalla direzione da cui era giunto.
Dolohov rise, come un vecchio cane che aveva trovato l'osso.
Alzò la bacchetta, ma Daphne fu più veloce: disarmò Dolohov e fece segno al piccolo Grifondoro di scappare.
« Non dobbiamo fare male agli studenti! » esclamò, colta da un fervore che non sapeva di possedere.
Dolohov si piegò a riprendere la bacchetta « Come osi? Come osi? Da che parte stai, piccola, lurida traditrice?», sputò.
« Non sono una traditrice! Sto rispettando il volere del Signore Oscuro, stupido energumeno! ».
« Nessuno mi dice quello che devo fare! » ululò Dolohov, iniziando a sferrare incantesimi uno dietro l'altro.
Daphne rispondeva colpo a colpo, seppure impreparata, ma dentro di sé sapeva che non avrebbe potuto tenergli testa tanto a lungo.
Lui era un Mangiamorte e lei solo una ragazzina che voleva tenere la sua sorellina al sicuro.
Dolohov rise di fronte ai deboli contraccolpi della ragazza e, con altre due semplici mosse, la scagliò a terra.
« Il Signore Oscuro gioirà nel sapere della tua morte! Tua e della tua sporca sorella traditrice! » esclamò, in un ringhio feroce, mentre calava nuovamente la bacchetta.
Daphne impallidì ma la Maledizione Senza Perdono non arrivò.
Sean, alle sue spalle, era corso in suo soccorso lanciando un Expelliarmus e disarmando ancora una volta il loro avversario.
« Che ci fai tu qui? » boccheggiò Daphne.
La aiutò ad alzarsi, con un mezzo sorriso di sollievo, che Daphne ricambiò con calore.
« Tu e Asteria eravate sparite. Pensavi davvero che vi avrei lasciate sole? » si limitò a dire con una scrollata di spalle.
Dolohov, con un urlo di rabbia si era buttato a riprendersi la propria bacchetta e il duello tra lui e Daphne, ricominciò più agguerrito di prima ora che al fianco della ragazza c'era anche Sean.
« Vi ucciderò! Vi ucciderò entrambi! E ucciderò tutti i ragazzini di questo castello! Tutti! Vi ucciderò tutti! » sbraitava, incontrollato, lanciando maledizioni a caso, senza neppure provare a difendersi.
Per questo Daphne poté colpirlo, sfruttando l'attimo in cui Sean si era spostato appositamente per distrarre il Mangiamorte. Ma Daphne non fu abbastanza rapida. Colpì Dolohov in pieno petto, lasciandolo esanime a terra, mentre il Sectusempra dilaniava la sua pelle; ma non prima che lo Stupeficium di Dolohov colpì Sean, sbalzandolo contro il muro contro cui batté la testa.
Cadde a terra, privo di sensi come un fantoccio inanimato. Ebbe una convulsione e gli occhi gli si rovesciarono all'indietro.
Daphne urlò, precipitandosi al suo fianco, senza sapere che fare. Lo chiamò, scuotendolo piano, mentre le lacrime presero a offuscarle la vista.
Strinse la bacchetta nella mano e provò ogni incantesimo di guarigione che le venne in mente.
« Daphne » mormorò Sean in un lamento. Chiuse gli occhi mentre, sopra di lui, Daphne cercava di fare l'impossibile.
« Daphne » disse ancora, aprendo un poco gli occhi per poterla guardare. Il sangue usciva a fiotti dalla ferita alla testa e dalle narici del naso.
« Shh, shh » fece Daphne, carezzandogli la guancia, « Tranquillo Sean, non parlare. Andrà tutto bene. La ferita si sta rimarginando. Andrà tutto bene. Hai capito? », cercò di rassicurarlo ma la sua voce rasentava l'isteria.
« Mi dici sempre di sparire dalla tua vista » rantolò Sean, a fatica « ma scommetto che questa volta sei felice di avermi sempre tra i piedi », rise e un colpo di tosse gli scosse l'intero corpo, facendolo tremare.
La battaglia infuriava, ma ad Asteria non importava. Correva a perdifiato, schivando incantesimi, saltando corpi, lanciando Schiantesimi qua e là quando trovava membri dell'Ordine della Fenice o studenti in difficoltà. Non le interessava più mostrarsi dalla parte dei Mangiamorte. Dalla parte di Lord Voldemort.
Tutto ciò che contava era trovare Draco, fermarlo prima che potesse commettere il gesto che avrebbe riempito la sua vita di rimorsi. Prima che potesse diventare ciò che Asteria e lo stesso Draco avrebbero finito per disprezzare: un assassino.
E poi eccolo lì: saliva le scale, ingobbito, spaventato dalla battaglia, sgattaiolare su verso la torre di astronomia.
Asteria tornò al suo inseguimento con ancor più decisione. Lo raggiunse in cima alle scale a chiocciola, davanti alla porta che dava sui bastioni della Torre.
Draco le puntò la bacchetta contro. Ma fu un attimo, abbassò subito la guardia, boccheggiando, nel scorgere il volto di lei.
« Perché sei qui? » la voce gli tremava, il suo volto era pallido. « Ti avevo di restare nella Sala Comune! Di non uscire per nessun motivo! ».
Seppure il suo tono era alterato, non era rabbia quel che animava la voce di Draco. Aveva paura: per lei, per ciò che doveva fare e, adesso, per quello che lei avrebbe visto e per quel che avrebbe pensato di lui.
« Per favore, Draco, non farlo » lo pregò lei, « Non sei un assassino ».
Le mani di Draco si sollevarono a circondare il viso di Asteria, con tutta la delicatezza di cui era capace.
Con sollievo Draco notò che Asteria non provò a sottrarsi al suo tocco.
« Non sono chi credi tu », disse e con quell'ultima frase la lasciò, varcando la piccola porta nera e chiudendola dietro di sé, lasciandola da sola come faceva ogni volta.
Asteria avrebbe voluto seguirlo, ma sapeva di non potersi intromettere. Che senso aveva fermarlo ormai se avrebbe significato solo condannarlo a morte.
In lontananza si udivano ancora i suoni della guerra, sempre più vicini: i Mangiamorte sapevano cosa stava per accadere.
Asteria sapeva che non era una buona idea farsi trovare lì, eppure oramai era bloccata tra l'incudine e il martello. E comunque non sarebbe riuscita a lasciare solo Draco.
Si accostò alla porta, poggiandoci contro l'orecchio. Sentiva delle voci, indistinte.
Col cuore a mille capì che Draco stava perdendo coraggio e Silente invece acquistava tempo, parlando.
« Hai quasi ucciso Katie Bell e Ronald Weasley. è tutto l'anno che, con crescente disperazione, cerchi di uccidermi. Perdonami, Draco, ma sono stati deboli tentativi... così deboli, in verità, che mi chiedo se tu ci metta davvero tutto te stesso... » stava dicendo Silente e il cuore di Asteria si strinse in una morsa.
Si sentì una sciocca, lì immobile, a origliare, fremendo per oltrepassare quella porta che li divideva e mettere fine a tutta quella storia. Eppure non poteva fare altro che aspettare e intanto ascoltava quel po' che riusciva ad intendere delle parole del vecchio Preside, che di cose da dire a Draco ne aveva molte, come se - prima della sua morte - dovesse assicurare un lascito anche alla persona che stava per mettere fine alla sua vita.
« Io non ho alternative! Devo farlo! Lui mi ucciderà! Ucciderà tutta la mia famiglia! » gridò all'improvviso Draco e Asteria poggiò entrambi i palmi sulla superficie ruvida della porta, costringendosi a restare lì ferma.
« Mi rendo conto della gravità della tua posizione. Perché credi che non ti abbia affrontato prima d'ora se no? Perché sapevo che saresti stato ucciso se Lord Voldemort avesse compreso che sospettavo di te. Sapevo della tua missione, ma non ho osato parlartene nel caso che usasse la Legilimanzia contro di te » rispose Silente e un moto di gratitudine riempì il cuore provato di Asteria.
Per un attimo pensò che ancora sopravviveva la speranza di un'ultima possibilità, ma non c'era più tempo. Il rumore improvviso di passi la allertò tanto che alla fine spalancò la piccola porta e uscì nella notte.
Draco si voltò a guardarla, la bacchetta ferma su Silente.
« Che stai facendo? » sputò.
« Stanno arrivando » si limitò a dire Asteria, ponendosi al fianco di Draco.
Tremava, i suoi occhi percorsero la figura rannicchiata del vecchio Preside che le rivolse un sorriso tenue. Appariva affaticato, dolorante persino. Non stava bene, questo era chiaro.
Draco non avrebbe potuto coglierlo in un momento più indifeso.
L'attimo dopo la porta si spalancò ancora e Amycus, Alecto e Greyback fecero irruzione sui bastioni, ridendo e schiamazzando per aver trovato Silente in trappola.
Nessuno fece caso alla presenza di Asteria, invece iniziarono ad incitare Draco perché finisse Silente una volta per tutte.
Ma la volontà sembrava averlo abbandonato, difatti stringeva la bacchetta come se fosse pronto a lanciarla via.
I Mangiamorte deridevano Silente, ma era difficile prendersi gioco di un uomo dalla mente acuta, seppure l'uomo in questione fosse visibilmente provato. Perciò i Mangiamorte si sentirono presto presi in giro e, dato che Draco non dava l'intenzione di fare alcunché presero a discutere su chi tra loro dovesse prendere il suo posto.
La situazione stava degenerando, finché una nuova voce - seppure familiare - mise a tacere le altre.
La figura tetra di Severus Piton apparve, osservando ogni particolare di quella scena con la solita aria imperscrutabile. Di una cosa Asteria parve sicura: il Professore di Pozioni non sembrava affatto sconvolto di trovare Silente in quelle condizioni.
« Severus... » seppure provata, la voce di Silente suonò chiara e dolce. Guardava il Piton con affetto, speranza.
« Severus... ti prego... ».
Ma Piton lo scrutava dall'alto, con occhi duri e Asteria comprese ma non riuscì a muovere un singolo muscolo, neppure quando il Professore di Pozioni spinse rudemente di lato lei e Draco per puntare la bacchetta contro Albus Silente.
Asteria sentiva le forti braccia di Draco attorno al suo corpo tenerla, seppure lei restava immobile, congelata dal terrore.
« Avada Kedavra! ».
Uno zampillo di luce verde uscì dalla bacchetta di Piton e il corpo di Silente fu sbalzato all'indietro, cadendo scomposto oltre le merlature dei bastioni, nel vuoto.
Il tempo tornò a scorrere veloce e in un lampo Asteria si ritrovò a correre giù per le scale a chiocciola a rotta di collo, dietro a Piton e agli altri Mangiamorte. Aveva ancora impresso negli occhi gli ultimi istanti del vecchio Preside, il sorriso gentile che non aveva abbandonato il suo volto sino all'ultimo momento.
Sembrava un incubo, una cosa irreale, impossibile. Silente non poteva essere morto.
Guardò Piton, davanti a lei, fuggire come un traditore che si lasciava alle spalle l'unica persona che gli era stata amica.
Asteria strinse la bacchetta e stava per sfoderarla e puntarla contro Piton, perché sapeva che l'uomo non meritava di riuscire a farla franca.
Ma Draco la afferrò per i fianchi appena in tempo e la trascinò in una nicchia nel corridoio, coperta da un grosso arazzo.
I Mangiamorte continuarono a fuggire e, dietro di loro, comparve dal nulla Harry Potter, che li inseguiva come un pazzo, il viso sfigurato dalla rabbia, come se lui già sapesse, cose se anche lui fosse stato presente all'assassinio di Albus Silente.
Draco cercò di far calmare Asteria in ogni modo, senza ottenere alcun risultato. La strinse, le accarezzò le braccia, sussurrando parole dolci e rassicuranti.
Il suo intento era di restare nascosti, invisibili dietro al grosso arazzo, finché i rumori della guerra non si fossero quietati. Solo allora sarebbero stati al sicuro.
Il cervello di Draco andava a mille, pensava ossessivamente al fatto che era stato Piton e non lui a mettere fine alla vita di Silente. Ci sarebbero state conseguenze. Conseguenze orribili. E Draco le stava immaginando tutte.
Per fortuna lì con lui c'era Asteria che lo teneva sufficientemente occupato da non lasciare che andasse totalmente nel panico.
Asteria tremava, piccola com'era, tra le sue braccia, singhiozzava ininterrottamente, nonostante lui la pregasse di fare silenzio. La ragazza era sconvolta, come l'intero mondo le fosse appena crollato sotto ai piedi.
Draco aveva intuito quanto Asteria si sentiva sicura dentro Hogwarts, protetta da Albus Silente, dopo la morte di suo padre. La morte del vecchio preside era il far crollare l'ultimo pilastro che teneva tutto in piedi, tutto sicuro.
E adesso Draco capì, perché anche le più inossidabili certezze ora potevano vacillare.
D'un tratto ad Asteria mancò l'aria, si stava agitando troppo e Draco provò a fermarla, ma lei si divincolò, scansando l'arazzo e buttandosi nel corridoio senza guardare.
Finì addosso a qualcuno e Draco uscì dal nascondiglio giusto in tempo per vedere Theodore Nott sbatterla al muro, tenendole una mano stretta attorno al collo.
Asteria squittì spaventata e le lacrime tornarono a rigarle le guance per il panico.
«Dov'è finita la tua grinta, Greengrass?» soffiò Nott a pochi centimetri dal suo viso, «Te l'ho detto, non c'è gusto se tu non combatti».
I pugni di Draco strinsero l'aria, tremava di rabbia guardando quella scena in silenzio, senza che Nott si accorgesse della sua presenza.
Si era bloccato davanti a Silente, perché in cuor suo sapeva che non era giusto, che avrebbe messo fine alla vita di una persona buona, una persona che avrebbe potuto salvarli tutti.
Ma davanti ora aveva Theodore Nott e teneva le sue luride mani sull'unica persona che davvero amava.
« Il Signore Oscuro ti vuole. Sapeva che Draco avrebbe fallito. Tu sei la sua punizione. E poi...tu sai troppo » strinse la presa attorno al collo, mentre con l'altra mano sfilò la bacchetta dalla tasca.
Ma Theodore non finì di compiere il gesto che la sua arma volò via. Si voltò di scatto, furibondo e uno Schiantesimo lo colpì in pieno petto scaraventandolo contro il muro.
Nott cadde a terra, boccheggiando.
Asteria corse al fianco di Draco.
« Uccidilo » farfugliò la ragazza, la sua voce rasentava l'isteria, « Uccidilo, Draco ».
Aveva ancora le lacrime agli occhi, Nott la terrorizzava. A parlare era la paura che la rendeva irrazionale.
Theodore rise, tenendosi il fianco ammaccato.
« Non puoi farci nulla, Malfoy. Ho sentito quello che Asteria ti ha detto e il Signore Oscuro la vuole morta. Il fatto che tu sei innamorato di lei non fa che rendere tutto più divertente ai Suoi occhi. Uccidere me non cambierà le cose ».
« Silente è morto. Tutto è andato come doveva andare », ringhiò Draco a denti stretti. « Ora lasciaci in pace, Nott ».
« Mi dispiace, Draco, ma a differenza tua io ho intenzione di portare a termine ciò che mi è stato ordinato di fare ».
« Expulso! » tuonò Asteria, spaventando persino Draco. Aveva tirato fuori la bacchetta senza che lui se ne rendesse conto e l'aveva puntata contro Theodore.
Nott sgranò gli occhi, tremò convulsamente e poi perse i sensi.
Draco afferrò Asteria per le braccia, spaventato che potesse pronunciare altri incantesimi più pericolosi.
« Perché non mi hai detto prima che Nott ti ha minacciata? » sbottò Draco.
« N-non volevo che ti preoccupassi » balbettò Asteria.
« Ti ha già messo le mani addosso altre volte? », indurì la mascella, guardandola fissa, gli occhi che mostravano una collera profonda pronta ad esplodere.
« Draco... » lo chiamò lei con dolcezza, cercando di avvicinarlo a sé nel tentativo di farlo restare calmo. Dopo tutto quello che stava accadendo, non era di certo il momento migliore per mostrarsi iperprotettivo e dare in escandescenza. Draco lo sapeva, ma faticava a sorvolare se si trattava di Asteria.
« Lasciamo perdere », disse in uno sbuffo rassegnato, ricordandosi che, in quel momento, le priorità erano altre.
La prese per mano, dicendo: « Torniamo alla Sala Comune di Serpeverde ».
Asteria sembrava ancora sconvolta e provata, ma quello che disse fece capire a Draco che era tornata a ragionare lucidamente.
« Tu dovresti scappare, Draco. Insieme agli altri Mangiamorte. Non puoi restare qui... non ora che... » la voce di Asteria si spense, ma Draco sapeva perfettamente cosa cercava di dirgli.
Annuì, era cosciente che le sue parole erano giuste, ma nonostante questo strinse le labbra e disse: « Non voglio lasciarti. Non più. Non posso farcela ancora una volta ».
L'afferrò per un braccio e se la trascinò con sé mentre avanzava deciso verso la Sala Comune di Serpeverde.
Asteria cercò di fermarlo: « Dico sul serio, Draco! Hai visto Harry Potter? Perché aveva tutta l'aria di sapere cos'ha fatto Piton. Non ho idea di come, ma sicuro sa anche che si trattava di ciò che avresti dovuto fare tu. Non puoi restare al Castello; non adesso ».
Asteria si impuntò, con quella sua espressione piccata e gli occhi dallo sguardo ostinato che facevano nascere in Draco il desiderio contrastante di sbraitare e lanciarsi a capofitto sulle sue labbra.
Scelse la seconda. La baciò, scontrandosi al suo corpo, tenendo fermi i fianchi di lei contro i suoi. La strine fino a toglierle il respiro per poi lasciare gradualmente la presa, abbandonando quel porto sicuro che erano le sue labbra.
Durò il tempo di un sospiro, di un sorriso, di un abbraccio. Non potevano permettersi di più.
Draco la guardò dritto negli occhi « Quindi... siamo destinati a restare divisi, infine », disse, il tono malinconico e consapevole.
« Prometto che me ne andrò. Raggiungerò l'armadio Svanitore il prima possibile e tornerò a Villa Malfoy. Ma devo fare una cosa, Asteria. Ti prego di non fermarmi o non avrò la forza di fare quello che va fatto ».
Asteria gli restituì un'espressione del tutto confusa, era scombussolata dal bacio e ancor di più l'avevano frastornata le sue parole.
Draco riprese la sua marcia e lei lo seguì mansueta, acconsentendo alla sua richiesta col cuore pesante di chi sa che le stelle non avrebbero più brillato sul loro cielo.
La Sala Comune di Serpeverde era deserta. Tutti gli studenti si erano riversati fuori dalle Sale Comuni - e, probabilmente, dal Castello - per vedere cosa stava accadendo e collaborare.
Sulla schiena di Asteria corsero alcuni brividi. Sentiva lo stomaco contorcersi. Ogni cosa, adesso, aveva l'aria di essere profondamente sbagliata. E Asteria aveva il terribile sospetto che questa sensazione non sarebbe passata più.
« Che cosa intendevi prima? Che cosa volevi dire con "quello che va fatto"? » chiese Asteria e il pensiero la rendeva tanto agitata da far uscire quella frase in un balbettio.
Il nervosismo di Draco era palpabile.
Le tornò in mente, come una freccia che taglia il vento, quel pomeriggio trascorso insieme, il primo dopo tanto tempo. C'era la neve e lei era felice. Poteva sentire ancora il sapore dolce sulla lingua, le braccia di Draco che l'avevano stretta, mentre guardavano le stelle.
Lì fermi, in mezzo alla neve che gli arrivava alle caviglie, nella notte silenziosa, Asteria aveva sentito un fuco propagarsi nel mezzo del suo petto.
Ora guardava Draco, nella tetra Sala Comune dei Serpeverde, i suoi occhi arrossati, il viso pallido e affilato.
Il fuoco nel suo petto sembrava divenuto cenere e tutto adesso era freddo attorno a loro.
Draco mise mano alla bacchetta e Asteria corrugò la fronte, non capendo cosa avesse in mente.
Il ragazzo tremava visibilmente.
« Io... ti amo » farfugliò, puntando la bacchetta contro di lei, « Lo faccio perché ti amo ».
« Draco », disse lei allarmata e fece un passo indietro, « Mi stai spaventando ».
« Mi hai capito? » ripeté, sempre più alterato, « Lo sto facendo perché ti amo! », gridò.
Asteria strinse le labbra ma non disse nulla.
« Ti vogliono morta. è l'unico modo. Forse così... forse ti lasceranno stare. Non posso fare altro per difenderti ».
Draco si avvicinò ad Asteria e la ragazza represse l'impulso di allontanarsi di un altro passo. Ma anche volendo non avrebbe potuto: era imprigionata tra il divano, alle sue spalle, e Draco.
Le afferrò il viso con violenza e ripeté ancora « Io ti amo » come se volesse imprimere quella frase, quel sentimento, nella mente di Asteria.
La ragazza si trovò spiazzata e tentò di rispondere con un fiacco: « Anche io ti... », ma Draco la interruppe.
« No », tagliò corto, « Resta in silenzio per favore ».
Draco sollevò la bacchetta e la puntò sulla tempia destra di Asteria.
Lei tremava, ma non avrebbe parlato. Lo fissava dritto negli occhi grigi, come se cercasse in essi il ragazzo di quella sera che le aveva raccontato la storia della costellazione dello Scorpione e che la guardava come se anche lei stessa fosse una stella persa nel firmamento.
E Draco sosteneva gli occhi verdi di Asteria come se stesse per commettere la più atroce delle torture.
Lo sguardo disperato, la presa instabile sulla bacchetta e un'ultima parola bisbigliata a fior di labbra: « Perdonami ».
Allora prese coraggio e, con voce chiara, proruppe: « Oblivion! ».
Aseria sbarrò gli occhi, rendendosi conto proprio mentre accadeva di cosa aveva in mente Draco.
Uno strozzato « No » uscì dalle sue labbra, mentre le lacrime che da prima lottavano per uscire, presero a scorrere lungo le sue guance.
Ma l'incantesimo stava già facendo il suo effetto e le iridi verdi divennero opache, come se fossero oscurate da una patina trasparente.
Draco si vide scomparire in lei, gradualmente, insieme ad ogni momento che avevano condiviso, a tutti i loro litigi  e ai loro baci.
Asteria barcollò, guardandosi attorno confusa. Si asciugò il viso, senza capire il motivo di quelle lacrime.
Guardò Draco, con distacco: « Malfoy... » lo apostrofò, arricciando le labbra, in un'espressione di malessere. Poi cadde tra le braccia di lui, priva di sensi.




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