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Autore: KH4    27/05/2018    0 recensioni
- Noise è un bel ragazzo. - Ma pur dicendoselo, accostando la lignea rigidità del proprio raziocinio, era come se la sacralità dei suoi impalpabili confini gli si abbandonasse in grembo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Uno di questi giorni il cielo si romperà e tutto fuggirà, e saprò. 
Uno di questi giorni le montagne cadranno nel mare,
 e sapranno
che io e te eravamo fatti per questo.
Io ero fatto per assaporare un tuo bacio. 
Eravamo fatti per non allontanarci mai.
Non allontanarci mai.

Letters from the sky /Civil Twilight.

Un sospiro strappato dall’oblio, nota di un accordo nascituro che sugge l’aria di languidi confini. Un sapore che si astrae. Incede, si ritrae e infine fa ritorno nel baluginante vibrare di una argentea effige radicata in profondità che asseconda baci donatagli per deliziarne la pelle in un nebuloso crescendo. Ha quelle mani di cui appena tratteggia l’affusolata sicurezza sulle proprie spalle, la loro stretta attorno un foglio di carta o fra i capelli che si flettono inermi.
- Va tutto bene. -
Mentre la coscienza diviene sempre più remota, il peso pari a una piuma cullata dall’oscillare del tempo profusosi a infinito, quella promessa proibita penetra Silver sin dentro le vene; ogni centimetro di Noise filtra un arte sapiente che calca oltre le sue puerili barriere applicandovi una disarmante delicatezza.
Aveva atteso così tanto per potersi obliare nel nulla, Silver, da dimenticare come riempire la singolarità degli istanti; ogni respiro arrochito della sua voce si era votato ad accorciare una distanza che mai lo aveva dichiarato padrone di qualcosa che non fossero le sue cicatrici.  
Possedeva la limpidezza della fragilità, la tenerezza della solitudine fattasi a muro per l’anima screpolata, e di quella consapevolezza Noise se ne era appropriato per cancellarne gli ingiuriosi segni.
Il gocciolare del rubinetto corrompe lo spazio, la crepa che corre lungo lo specchio restituisce la medesima distorsione che lo intontisce.
- Fai schifo. - La voce strascicata di suo padre quando sapeva di puzzo d’alcol prima che lo schiocco vetroso della bottiglia lo trovasse. 
Il punto era irrilevante. Gli bastava prostrarne il corpo a terra; allora la guancia si appiattiva contro le mattonelle quadrate del bagno. Una volta spezzato tutto si riammorbidiva in una piega di profonda quiete.

Non era sempre stato così, ma dacchè non gli era mai riuscito di andare a ritroso più del bollente pulsare che gli attanagliava il cuoio capelluto, Silver era giunto alla conclusione che la violenza fosse un risonare innato della sua nascita.
- Va tutto bene. -
L'albino trasalì, intrappolato negli specchi rubicondi di Noise mentre dalla gola si pronunciava la gioia vischiosa di un suono solerte all’oblio.
Le carezze articolavano un languire che non concedeva capienza alcuna al disagio, ornavano la debolezza dei brividi appartenente a un calore traslucido che sapeva dove incasellarsi.
- Fai schifo. -
Quando il biondo gli vezzeggiò la cicatrice attorcigliata attorno alla carotide, percorrendola in tutta la sua interezza, la malattia del ricordo inibì contorni serici e il loro bruciare ne subissò le palpebre.
Galleggiando a brandelli, le ferite si reiterano nel baluginare del suo profilo scrostato.
Può vedersi a sette anni,
quando la mamma lo prendeva per le braccia dicendogli che bimbo bellissimo e puro fosse, e bruciare nel marcescente interstizio senza trovare risposta all’arcano che ha mutato in rassegnazione.
E’ diverso, lo è sempre stato, pennellato da un’ottica che possedeva tutte le sfumature della sua sguincia alma, e crescendo aveva semplicemente scoperto che il glabro sapore dei baci maschili gli piaceva più di quelli femminili.
- Fai schifo. - Non sussiste suono o battito al piantarsi del pezzo di vetro nella pelle, il sangue a sbocciare dal suo collo in un liquida corona che allunga petali asimmetrici su tutto il pavimento.
Quello con il padre era il genere di rapporto destinato a ripiegarsi sotto una sutura rozza, capace di pungere chiunque vi si avvicinasse, il passato dimentico e il presente a crogiolarsi nell’inerzia di un’incarnato che, sul volto del genitore, si era addirittura fatto di cuoio dal momento che ogni reprobo impulso ne aveva guidato l’esistenza in un’auspicabile recesso, schiusosi nella proliferazione di una ragione impelagata a demonizzare il figlio.
Silver preferiva chiamarla così - ragione - seppur da una tale nomea si dipartissero idealizzazioni che contrastavano fra loro per la numerosità dei principi implicanti, ma l’importanza oramai si era consumata nella condanna. Gli occhi quiescenti della madre non tremolano più nel suo cuore, ciò che culla il rimasuglio di una donna, per lui bestia mansueta nell’averlo abbandonato, si sciorina in un improperio che ha smesso di invocare con bramosia un ritorno inconcepibile.

- Fai schifo. -
E’ polvere che rifugge dalla vita, la sua anima, una manciata di coriandoli che del colore non conoscono definizione o consistenza; quello che ne resta, sgocciola dell’amaranto asperso nelle lacrime che implorano di essere contraccambiate, ma se anche urlasse l’emozione segreta non trasparirebbe.
Perché Noise dovrebbe volersi insabbiare insieme a lui?
Soppesa il suo nome con le proprie labbra senza che queste lo pronuncino, assaporando con lui un reliquiario d’ambrosia mentre l’immagine di quelle osservate ridondano di ansiti voluttuosi.
Come poteva qualcosa di così bello procurare tanto dolore? Non indugiare laddove i corvi banchettavano con le anime dei caduti, soffermarsi tanto a lungo da credere che dalla melma si ergessero pallidi steli che della vita acquisivano giusto la mera transitorietà?
- Perché ti reputo un bel ragazzo. E perché hai detto che non era un problema. -
Deglutisce per un solo istante, provando a delimitarsi finchè nel buio che potrebbe persino odorare di carbone i polpastrelli azzardano un tocco.
Erano perfette. Le labbra di Noise era semplicemente perfette.
Deliziose e sapienti da suggere le sue discrepanze al dì fuori del proprio atteggiamento, risolute nella quieta euforia che le allargava.
- Toccami -, si era ritrovato a blandire Silver - Ancora, ancora… -, ripeteva a ogni pensiero, e quel dolce lambire ne fan balzare il cuore dalla gioia al punto da farne boccheggiare il bisogno di non lasciar schiarire la disperazione dai contorni cagionevoli.
- Fai schifo. - Si ripercuote, ancora. 
Inutile negarsi l’odio del genitore, era il solo tratto che ne dominasse l’inospitalità mossa da un residuo mnemonico ben attecchito, voce della coscienza che gli lasciava segni freschi.
Ma per quella notte è un eco insignificante.
Noise lo afferra per l’anima, non lo lascia cadere, con espressione densa induce al silenzio quella sensazione che ha goduto nell'erodere la persona che amava come se ella fosse l’incarnazione del suo medesimo respiro.
E sapere di essere lui, quella persona verso cui protendeva le braccia, curandosi della sua corazza di pelle, lanciò la sua voce in un tremito rarefatto.
- Soul. -
- Che cosa? -
- Il mio nome. E’ Soul. -

Note di fine capitolo:
E dopo tanto attendere siamo giunti alla fine. La mia prima Opera Originale completa. Ammetto che avrei potuto fare di più su certe parti, specie sul finale, ma mi sono detta che sarebbe bello lasciare ai lettori il piacere di spaziare con la fantasia su Noise e Silver, anzi Soul: il suo nome alla fine il caro biondino l’ha ottenuto ^^. In cuor mio, ci ho messo l’anima e sono orgogliosa di come l’opera sia riuscita. Quella vera e propria, un’altra originale che ho iniziato molto prima di questa, è, ahimè arenata, da tempo, ma con la speranza di riprenderla in mano è scrupolosamente conservata in attesa che, un giorno, io riesca a darle le giuste attenzioni. Prima di lasciarvi, voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito! Kh4 vi saluta immensamente! A presto!
  
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