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Autore: Felis    05/07/2009    4 recensioni
“Non ti avvicinare a quel pozzo. E’ pericoloso.” Le avevano detto, ma lei non aveva voluto farci caso.
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“Voglio vedere cosa c’è nel pozzo”.
Genere: Triste, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Pozzo e la Bambina

Poco più di una flashfic, 560parole che ho scritto in una sera in cui a lavoro, non sapevo come far passare il tempo.

Ultimamente mi é tornata la voglia di scrivere ♥. E di solito scrivo cose più allegre, eh.

 

 

“Non ti avvicinare a quel pozzo. E’ pericoloso.” Le avevano detto, ma lei non aveva voluto farci caso.

Voleva a tutti i costi vederne il fondo. Voleva sapere cosa contenesse. Doveva vedere con i suoi occhi se c’era acqua, terra, o davvero un mostro.

“Mia nonna mi ha raccontato che nel pozzo appena prima della Foresta Sacra c’è un mostro con sei occhi e sei tentacoli lunghissimi, pieni di spine, che appena vede qualcuno sporgersi verso l’interno, zac! Lo prende, e lo tira giù.” Narrava scherzosamente una bambina a scuola, appena il giorno prima.

“Macché, non lo sai che i pozzi servivano a raccogliere l’acqua piovana? Scommetto che dentro ci vive un uomo pesce!”

“Io ho sentito dire che alla fine del pozzo, centinaia di metri sotto terra, c’è un passaggio per un’altra dimensione.”

 

Non l’aveva detto a nessuno.

Non aveva detto a nessuno dove andava, quella sera.

Né alla mamma, né alla nonna, né a sua sorella Shio.

A nessuno.

Aveva sistemato le scarpe sulla finestra della sua camera, quel pomeriggio.

Era rimasta sveglia fino a che tutti non si fossero addormentati, poi, aveva indossato le scarpe ed era uscita dalla finestra stando bene attenta a non far rumore.

Aveva attraversato il cortile, la strada e il sentiero sterrato dove il villaggio finiva, e iniziava la foresta.

Tap tap tap.

Camminava svelta, e sentiva il rumore delle foglie secche e dei ramoscelli che si piegavano sotto il suo esile peso.

Aveva portato con sé una torcia, l’aveva presa dalla cassetta degli attrezzi di papà, e l’indomani l’avrebbe rimessa a posto prima che lui si accorgesse che era sparita.

Tum, tu-tum,tum.

Il respiro cominciava ad accelerare, un po’ per la fretta, un po’ per la paura.

Era sicura che nessuno l’avesse vista.

Ed ora era lì, all’entrata della foresta, in uno spiazzo verde tetro, adornato qua e là di qualche fiore selvatico e qualche pianta boschiva, ed al centro un pozzo.

Un pozzo antico, spoglio e misero.

Non aveva motivo di essere lì, eppure era come se fosse lì da sempre, da prima degli alberi e della foresta, da prima del villaggio, ma soprattutto da prima delle persone.

Era come se ogni grigia pietra del suo essere portasse con sé le più remote e segrete conoscenze del mondo.

E allora ricordò.

L’aveva già visto almeno due volte, prima.

Quando era più piccola, forse troppo piccola per ricordare, all’ingresso della foresta, appena dietro gli alberi, c’era un tempio, dove suo nonno lavorava come falegname.

Tutum- tutum- tutum.

Si avvicinò al pozzo, toccò la sua fredda pelle rocciosa, e allora fu come se il pozzo le parlasse.

Il bordo era troppo alto, e lei non arrivava al parapetto.

Allora mise i piedi sulle prime rocce appena sporgenti, e si arrampicò fino in cima.

Si sporse appena verso quel buco nero come la notte che lo circondava, e puntò la torcia al suo interno.

Niente.

Non riusciva ancora a vedere bene.

Allora si avvicinò ancora, con la testa china all’interno del pozzo.

Era come se lui la chiamasse.

Come se volesse dirle qualcosa, qualcosa di importante.

Doveva sapere.

Si sporse ancora, si sporse troppo, e scivolò.

Thump.

Nel pozzo non c’era nessun mostro.

Ma lei non l’avrebbe mai saputo.

 

 

Il giorno seguente, la trovarono grazie a un biglietto che aveva lasciato sulla scrivania della sua stanza.

Diceva:

 

“Voglio vedere cosa c’è nel pozzo”.

 

  
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