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Autore: gigliofucsia    30/05/2018    1 recensioni
Io mi chiamo Eco Rondòn, è la prima volta che ti scrivo in tutti i vent'anni della mia vita e sono molto nervoso. Qualche mese fa non avrei potuto nemmeno provandoci. Vedi; è proprio di questo che vorrei scriverti. Vorrei confidarti cosa è cambiato in un mese. So che forse non mi crederai visto quanto è incredibile; ma so che non mi negherai la tua attenzione. Sono felice di parlare con te, o meglio, di scriverti in questo caso.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia testa ronzava di pensieri. Mentre sentivo gli animali notturni lanciare sussurri dalla finestra io ero ancora sveglio, con le mani sotto il mento senza darmi pace. Rimasi in quello stato a lungo. Non volevo andare a dormire. Dovevo decidere se correre il rischio. Una parte di me non voleva farlo, poteva essere tutta una fesseria e potevo fare la figura dell'idiota credulone. Ma anche senza pensarci avevo già deciso. Avevo il dovere di andarci in ogni caso, non potevo permettermi di lasciar perdere. Se c'era un modo per esaudire il mio sogno dovevo tentare. Se avessi fallito almeno mi sarei consolato dicendomi che avevo tentato.

Mi infilai tra le coperte e dormii. quando mi svegliai, mi avviai alla finestra. L'aria umida e fredda mi inondava il viso. Doveva essere circa l'alba. Non sentivo rumori in casa quindi i miei genitori dovevano essere ancora a letto.

Decisi di non dirgli niente. Non sapevo come avrebbero reagito e non volevo spiegarlo. Se uno di loro mi avrebbe detto di non farlo avrei rischiato di cambiare idea e ormai avevo preso la mia decisione. Se non sarebbe cambiato niente non ci sarebbe stato niente da raccontare. Non sapevo quanto tempo ci sarei stato quindi era meglio partire subito.

Quindi mi vestii, presi il bastone e scesi in strada. Sentì il canto dei galli, era decisamente l'alba.

Sapevo dove andare. Arrivai alla strada principale, e la percorsi finché non arrivai alla quinta strada sulla sinistra. Niente si muoveva a quell'ora. Il silenzio era palpabile. Quella era la strada per arrivare al monte. Era abbastanza per farci passare due persone.

Fu a pochi passi dall'entrata che cominciai a preoccuparmi. Mi pareva di aver sentito un suono leggero vicino a me. Un ticchettio leggero che sembrava risuonare nel silenzio dell'alba. Rimasi fermo e in ascolto. Ma era più una sensazione che altro. Sentivo dei sandali raschiare il terreno.

– C'è qualcuno? – mormorai

Un senso di claustrofobia mi prese. Mi sentivo come stretto in una morsa. I loro respiri vibravano nelle mie orecchie. Ce n'erano più di uno, forse tre. Mi avevano circondato.

– So che ci siete – tentai di tenere la voce ferma e le orecchie aguzze.

Se fossero state persone oneste, mi avrebbero risposto, quindi diedi per scontato che fossero poco di buono. Mi preparai a combattere. Allargai le gambe, presi il bastone con due mani, affiancandolo a me.

Capì tutta la questione quando sentì il mio sacchetto, attaccato alla cintura, alleggerire il suo peso.

Mi mossi senza pensarci. Scattai il bastone all'indietro. Lo impattare contro qualcosa di morbido. Poi udii, forte e chiaro, un tonfo e dei colpi di tosse. Il sacchetto impattò di nuovo contro la mia anca. E capì che avevo a che fare con dei ladri. Una voce sovrastò ogni suono:

– Ragazzi... Addosso! –

  
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