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Autore: Calia_Venustas    30/05/2018    1 recensioni
Si dice che gli Dei siano tutti morti nella grande battaglia del Ragnarǫk, ma Loki, Padre delle Menzogne e di figli mostruosi è sopravvissuto e ancora si aggira, invecchiato e stanco, per il nostro mondo. Per generosità o forse per sfuggire alla noia, decide di privarsi dell'ultima mela di Iðunn, l'unico modo di allungare ulteriormente la sua esistenza millenaria, per salvare una perfetta sconosciuta da un terribile incidente che lui stesso ha causato.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg, Tematiche delicate
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“E’ me che avete investito.”

Quelle parole sembrarono echeggiare attorno a lei, sospinte dalla brezza carica di salmastro. Stringendo al petto la piccola piangente, Leandra si lasciò andare ai singhiozzi. Niente aveva più senso.

Loki distolse lo sguardo, e abbandonò Leandra sul ponte di Naglfar, o meglio, della nave che il Dio aveva costruito con i materiali recuperati dal relitto della Naglfar originale. Gli alberi bianchi da cui il suo legno era stato ricavato crescevano solo nei più profondi recessi di Helheim, nelle  fosse dove i morti che il Valhalla non accoglieva venivano scaraventati.

Gli alberi, ritorti ed altissimi, erano continuamente scalati dalle anime nel disperato tentativo di andarsene, ma nessuna era mai riuscita a salire abbastanza in alto da ritornare nel mondo dei vivi. La corteccia era stata graffiata da migliaia e migliaia di mani le cui unghie spezzate adesso ricoprivano completamente i tronchi alti come montagne.

Scese le scale, il Dio trasse un sospiro, passandosi una mano sul volto deturpato e chiedendosi cosa diamine gli fosse saltato in testa.

Perché non aveva lasciato quella donna al suo destino? Avrebbe potuto abbandonare il luogo dell’incidente e sparire nella foresta senza neppure mutare la sua forma di cervo. Non c’era niente che quell’umana potesse offrirgli, ma del resto, ormai solo pochissime cose al mondo destavano il suo interesse. Midgard era sempre stata un mortorio a confronto degli altri otto regni, ma da quando il Bifrost era andato distrutto, viaggiare era diventata una vera rogna.

Soprattutto adesso che gli umani avevano riempito il cielo di satelliti e le strade di telecamere. L’ultima volta che Naglfar aveva salpato era stata durante la Seconda Guerra Mondiale. Allora, gli umani erano troppo intenti a farsi saltare in aria a vicenda per curarsi del suo vascello e Loki si era persino avvicinato alle loro imbarcazioni cariche di strumenti di morte, passeggiando sulle portaerei come uno dei tanti gabbiani che andavano a riposare sulle fusoliere degli aerei da combattimento.

A lungo aveva vagato, osservato, cercato neppure lui sapeva cosa. La moderna società dei mortali non lo entusiasmava e ormai da molti secoli aveva iniziato a rifuggire anche quella dei suoi simili. Gli Aesir e i Vanir non esistevano più, sebbene Loki sospettasse che Heimdallr fosse ancora in circolazione anche se non s’era mai preso la briga di controllare. In effetti, era dai tempi del Ragnarǫk che non ricercava attivamente la compagnia di altri immortali.

Del resto, era andata così bene l’ultima volta che avevano avuto la loro gran rimpatriata! Fiumi di sangue avevano bagnato la terra e il sole e la luna si erano eclissati. Cosette da niente, insomma.

Ma questo non significava che non avesse avuto contatti con altri immortali, tutt’altro. Da quando s’era sparsa la voce che era sopravvissuto (e c’era voluto più tempo di quanto Loki s’aspettasse) erano stati gli altri ad andarlo a cercare. Spesso si trattava di divinità più giovani, curiose di sviscerare la natura di colui che aveva causato nientemeno che la fine del mondo. Volevano conoscere i suoi segreti, udire le sue storie. Altri invece, erano così antichi da precedere l’esistenza di Midgard stessa, signori delle stelle capaci di compiere prodigi ben oltre la portata di entità come lui, o Kali, o Chernobog e suo fratello Belobog, Bast e Artemide. Una manciata di nomi tra quelli che, per quanto Loki ne sapeva, ancora si muovevano invisibili sulla superficie del pianeta.

Il solo da cui il Padre delle Menzogne amava davvero ricevere visite era proprio uno di quegli antichissimi ed elusivi signori del cosmo che avrebbero potuto ucciderlo con uno sguardo, senza muovere un solo dito. Forse era per questo che Loki apprezzava sinceramente la sua compagnia. Non poteva mai sapere se la serata si sarebbe conclusa con un addio o un arrivederci e lui aveva sempre amato il rischio.

Sorridendo al ricordo di un episodio piuttosto divertente di cui lui e il suo imprevedibile amico si erano resi protagonisti, Loki sfiorò con la punta delle dita il legno bianco della cambusa, carezzando le assi della nave come fossero il dorso di un amato destriero.

A quel comando, il vascello si mosse per la prima volta dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

Un vento gelido invase la stiva, salendo dai piani inferiori della nave ed espandendosi fin sul ponte dove Leandra ancora stava pietrificata dallo sconforto. Loki sentì le anime dannate di Helheim sfiorarlo mentre passavano, invisibili e gelide, per raggiungere i loro posti di rematori.

Leandra si alzò in piedi e come in trance si trascinò fino al parapetto, guardando in basso mentre la nave scricchiolava e gemeva liberandosi dagli scogli e dai cavalloni per librarsi in aria come il vascello di Capitan Uncino.

Stava ancora fissando il mare farsi sempre più lontano quando la voce dello sfregiato le giunse nuovamente alle orecchie “Ti lascerò sulla cima. Nel giro di pochi minuti arriveranno i soccorritori.” disse lui, affiancandolesi ed indicando la scogliera. “Prenditi cura di te.”

Pallida come uno spettro, Leandra non ebbe neppure la forza di girare gli occhi per guardarlo “Sono impazzita. Devo esserlo, non c’è altra spiegazione.”

Loki fece spallucce, rifiutare il soprannaturale era una classica reazione dei mortali, la più scontata, la più immediata. Davano la colpa al loro cervello, allo stress, ai traumi. Proprio come si rifugiavano nelle menzogne di religioni inventate da un branco di zotici per sfuggire alla paura dell’ignoto e della morte. Erano così patetici.

“Prenditi cura di te, Leandra.” disse però, ingoiando tutta la bile e sforzandosi di suonare gentile. Del resto, portarla lì era stata una sua decisione. Stendere il suo corpo febbricitante su una lettiga e assisterla durante il parto con una professionalità tale da fare invidia a tutte le levatrici mai esistite era stata una sua decisione. Non poteva lamentarsi ora, cacciarsi in situazioni scomode era sempre stata la sua specialità, così come lo era tirarsene fuori.

Se non altro, aveva passato una giornata diversa dal solito, immerso fino ai gomiti nel sangue di una partoriente, ripensando ai propri figli sparsi per il mondo, alcuni vivi, altri massacrati, altri imprigionati dalla loro stessa natura sin dalla nascita.

La donna al suo fianco serrò le labbra tremanti e finalmente trovò il coraggio di guardarlo. I suoi occhi rossi di pianto si fissarono contro quelli del Dio, colmi di paura, frustrazione ma anche collera. “Dimmi chi sei.”

Sembrava sul punto di tirargli uno schiaffo, forse di cavargli gli occhi a mani nude. Loki aveva visto fin troppe donne e Dee in azione per sottovalutarle. Nutriva per loro un certo reverenziale rispetto e a lungo aveva temuto la magia delle madri e delle streghe prima di imparare a padroneggiarla lui stesso. Forse era anche per questo che non menzionava mai suo padre quando gli veniva chiesto di proclamare la sua discendenza. Sua madre, incuteva decisamente molto più timore ed il suo nome era degno di essere gridato sui campi di battaglia.

“Conoscete le leggende dei popoli scandinavi? O, forse farei prima a chiedervi se avete visto qualche film di supereroi di recente.” domandò in un sussurro velato di sarcasmo.

Lo sguardo di Leandra si fece ancora più tagliente mentre il vento prendeva a soffiare con più forza, gonfiando le vele sbrindellate. La piccola infagottata tra le braccia della madre riprese a piangere a squarciagola, ma Loki la placò con un gesto della mano, un semplice incantesimo Seiðr che la tranquillizzò all’istante.

Leandra sobbalzò alla vista delle scintille azzurre che percorsero le dita dello sfregiato e della reazione immediata della piccola. “S-sei una specie di stregone?” balbettò indietreggiando, il freddo che le aggrediva la pelle.

“Sono stato chiamato così, sì.” ammise Loki con un sospiro “Ma ciò che sono realmente voglio che resti per sempre un mistero, mi piacciono le storie che avete fabbricato sul mio conto, perciò perché annoiarvi con la verità? Sappiate solo che mi chiamo Loki, figlio di Laufey, e che posso mutare il mio aspetto a piacimento. Ero un cervo quando mi avete investito e ora sono un uomo perchè ho avuto bisogno di mani per trasportarvi e di una bocca con cui parlarvi. Domani sarò un falco, forse una donna o un mostro marino. Chissà.”

Lei non sapeva cosa rispondere, come processare quella rivelazione così assurda senza provare il desiderio di ricoverarsi spontaneamente in psichiatria. Quel tizio doveva averla drogata, doveva trattarsi tutto di un’allucinazione o di un sogno. Le navi non possono volare e di certo lei non stava parlando con una figura mitologica.

Non aveva mai nutrito particolare interesse per le religioni pagane e la sua conoscenza si limitava alle classi di letteratura Greca che aveva seguito all’università e a blockbuster cinematografici come Giasone e gli Argonauti, Harry Potter e Percy Jackson. A Steven piacevano i film della Marvel e andava sempre a vederli con gli amici, ma Leandra aveva passato tutto il tempo a sbadigliare durante ‘Il Primo Vendicatore’ e da allora suo marito le aveva risparmiato quell’agonia.

Comunque, una vaga idea di chi fosse Loki ce l’aveva. Un cattivo, interpretato da un attore principalmente conosciuto per ruoli Shakespeariani per cui le ragazzine andavano matte.

Ma l’uomo che aveva affianco non avrebbe certo attirato i sospiri innamorati di un branco di quattordicenni, anzi, le avrebbe fatte scappare a gambe levate. La realtà delude sempre le aspettative di chi sogna. E lei, per quanto disperatamente cercasse di convincersi del contrario, non stava sognando.

La nave su cui si trovava stava davvero volando e ormai aveva raggiunto la cima della scogliera.


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NOTA DELL'AUTRICE: Come vi comportereste nel ritrovarvi in una situazione così strana? La povera Leandra davvero non sa più che pesci prendere! L'immancabile citazione Marvel è arrivata, ma prometto che non rimarcherò troppo sulla questione. Ho decisio di menzionare la cosa per coerenza perchè è abbastanza ovvio che la gran maggioranza conosce i personaggi della mitologia norrena proprio per via della Marvel. Leggendo i commenti della gente sulla trama di God of War infatti, ho infatti notato che moltissime persone sono convinte che Loki sia il fratello adottivo di Thor, quando in realtà è fratello acquisito di Odino e non perchè è stato adottato, semplicemente i due hanno stretto un patto di reciproco rispetto/tolleranza che è il motivo per cui a Loki erano permesse e perdonate molte marachelle. - Calia

 

   
 
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