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Autore: Dark prince    02/06/2018    2 recensioni
Coppie principali: DaiSuga/ OiSuga/ IwaOi
"Molti, erroneamente, pensano che il diamante sia perfetto e indistruttibile nella sua forma più complessa.
Nulla di più errato."-Il ragazzo dai capelli chiari si sporse appena dal cornicione e sorrise nel sentire il vento sferzare il suo viso. -"In realtà è la cosa che più somiglia ad una persona: Basta trovare il suo punto di rottura e tutto finisce a pezzi."
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Daichi Sawamura, Hajime Iwaizumi, Koushi Sugawara, Tooru Oikawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

                                                                         

Il trillo del Diavolo.

 

La figura del ragazzo dai capelli argento era distesa su un fianco, il destro, e il suo respiro regolare si poteva intravedere da sopra le coperte che avvolgevano il corpo per riscaldarlo, che si muovevano a causa della profonda respirazione. Un occhio più attento, però, poteva scorgere un’altra chioma dalle tonalità più scure, castane, poggiata sullo stesso cuscino dove Sugawara stava riposando beatamente: Oikawa era riuscito a farlo restare lì per la notte, avvisando prontamente i genitori del ragazzo, che aveva conosciuto di persona grazie agli sviluppi recenti che si erano creati fra di loro e nella vita.

Essendo il letto del moro ad una piazza e mezza, aveva ben pensato di poter dormire con l’altro, senza preparare un giaciglio di emergenza per concedere la giusta e rigida privacy che la sua cultura gli imponeva.

No.

Nulla di tutto questo.

Tōru aveva preso tutte le etichette, le aveva accartocciate e gettate via, come aveva fatto con il volto di Alessandro Magno che non gli era sembrato gradevole quanto il suo. Come le cose che non gli piacevano.

Durante il sonno le sue braccia si erano avvolte alla vita di Sugawara in una presa solida e ben ferma, e il mento poggiato su una sua spalla, segno che durante la notte l’alzatore della Karasuno si era agitato o aveva avuto gli incubi e Oikawa aveva prontamente calmato con delle carezze o un gesto di affetto, ben sapendo che questo era un buon modo per far avere sogni tranquilli ad entrambi.

Quel contatto non è estraneo a nessuno dei due e quelle attenzioni non destano dal sonno il diretto interessato. Almeno fino a quando non avverte il tessuto della maglia scivolare verso l’alto, sulla propria pelle, e sentire il calore che solo un altro corpo umano poteva dare.

La mano del Grande Re sembrò insinuarsi sotto la maglia, come un serpente che svelto va ad infilarsi nella sua tana per essere ben protetto, e le sue fine dita andarono a sfiorare il centro del petto dell’altro procurandogli un palese brivido che lo destò, cosa  che si manifestò con un gesto lieve, ma sinuoso, della schiena che si inarcò di poco, un gesto così timido a cui neanche Oikawa fece caso, troppo impegnato ad ascoltare il respiro di Sugawara che accelerava e diminuiva di colpo, come se fosse combattuto fra il lasciarsi andare a quei tocchi peccaminosi e resistere, colpa del suo carattere ligio e del sentirsi in colpa per tutto quello.

Di essere sbagliato.

Di trovare piacere che a toccarlo in quel modo grezzo e volgare fosse un uomo e non una ragazza.

Di farlo fare a qualcuno che non fosse Daichi, il suo migliore amico.

Koushi serrò le mascelle con così tanta forza da avvertì il sapore del sangue inondare la sua bocca però non fermò l’altro, non lo bloccò, si lasciò toccare, inquinando la sua anima ancora un .

Affogò in quelle sensazioni che diventarono talmente travolgenti da spingerlo a voltarsi completamente con il corpo verso Oikawa: Sentì le mani del ragazzo scivolare sulla propria schiena, le dita che sfiorarono le scapole, che saggiarono quella pelle, e lui inerme, a fissare quel viso che goliardico ricambiò il suo sguardo per pochi secondi poiché chiuse gli occhi e avvicinò il proprio volto a quello dell’altro per ricevere di più un. Un bacio.

Le labbra si poggiarono sopra quelle di Tōru in un movimento delicato, tipicamente estraneo per un ragazzo che nella foga nel momento è impetuoso e rozzo, ma questa è solo una delle tante facce che celava il Oikawa, e Koushi era a conoscenza di questo.

Arrivò un morso deciso, che non sorprese nessuno dei due che, anzi, atteserò: I denti catturarono che le labbra inferiori del docile corvetto della Karasuno al quale sfuggì un verso di godimento dalle labbra, uno di quelli che ti possono far affondare il viso contro il cuscino per la vergogna, quella che provò lui in quel momento anche se si stava abbandonando alla lussuria-

Sugawara sentì il corpo del coetaneo infilarsi fra le proprie gambe che cederono per una carezza di troppo, inermi a quelle sensazioni di piacere e sconquassate dai brividi che iniziarono a partire dal basso ventre che si espansero per tutto il corpo come una macchia di inchiostro nero.

Le loro menti iniziarono a perdersi, i pensieri a farsi più incoerenti e distanti dalla logica, i visi scambiati con quelli delle persone distanti in quel momento, inebriando la mente di sensazioni primitive.

Ciò che riportò alla realtà, a quel letto caldo, alle mani fra i capelli e le labbra sul corpo, fu il bussare della porta sempre più insistente: Koushi spalancò gli occhi, preso dal panico che scalciò via l’eccitazione che era presente nel suo corpo, sollevando anche Oikawa dal proprio forse con troppa veemenza poiché riuscì senza nessuna difficoltà a scaraventare l’amico fino al muro laterale, che era posto vicino al letto, e fargli sbattere il capo contro di esso.

Dall’altra parte della porta chiusa a chiave da due mandate si sentì una voce femminile e adulta, appartenente alla madre di Tōru che era andata a chiamarli per svegliare entrambi e non far fare loro tardi a scuola; a sentire semplicemente quelle parole, Sugawara si alzò in piedi in me che non si dica, schizzando dentro il bagno e lasciando da solo l’altro ad affrontare il genitore che venne liquidato in poco tempo da Oikawa; dolorante va a bussare alla porta  del bagno per valutare lo stato d’animo dell’altro.

«Sai, dovremmo prendere in considerazione l’idea di un Love Hotel»

A quelle parole il ragazzo dai capelli bianchi aprì la porta di scatto, con una certa violenza, e fissò negli occhi il coetaneo. – «Certo.» - Quella singola parola portò il moro in uno stato di confusione, come se non si aspettasse una risposta positiva così in fretta. – «Se vogliamo essere subito scoperti e finire, non so, alla gogna pubblica.»

Ecco. Ora si che riconosceva Sugawara.

Scartata la geniale idea del love Hotel, ha detto di Oikawa, e quella di fare la doccia assieme, si preparano entrambi per uscire: Il moro si sarebbe diretto a scuola, l’altro era stato caldamente indirizzato ad andare a casa a riposarsi anche se entrambi sapevano che quello non sarebbe successo: il ragazzo dai capelli bianchi tendeva decisamente a riempirsi la giornata con pensieri profondi, problemi verso l’umanità, problemi con sé stesso e con gli oggetti che lo circondavano.

Tōru sorrise a quei pensieri indirizzati alla figura di Koushi e prima di separarsi da lui, prestando massima attenzione a dove fossero e se qualcuno si aggirasse nei paraggi, per non essere visto da nessuno, si chinò e lasciò un bacio all’angolo destro della bocca del corvetto che, dal canto suo, gli rivolse una occhiataccia contornata da un lieve sorriso prima di prendere un’altra direzione per tornare a casa.

 

Nessuno dei due era innamorato dell’altro.

Nessuno dei due, assolutamente, pretendeva di avere l’esclusiva o altre sciocchezze del genere.

Erano due uomini che stavano affrontando una situazione nuova, spinosa per loro quanto per la comunità.

Erano due esseri umani riavvicinati da una difficoltà identica, e si stavano spalleggiando per uscirne senza ferite mortali.

 

§§§§§§



Bla Bla Bla.

Quello che sentì quando il professore muoveva le sue labbra erano solo dei gran “BLA, BLA, BLA”, che lo inducevano ad un sonno ristoratore sul banco. Tōru non poteva distrarsi del tutto, non in classe con il l’insegnante fin troppo vigile nei suoi riguardi, per via di eventi passati, e per la presenza di Iwazumi al suo fianco: Anche oggi lo stava ignorando.

Anche oggi si stava comportando come se, il grande Re, non esistesse in quella classe ma gli venne da sorridere quando ripensò al cellulare pieno di messaggi e chiamate ricevute proprio dall’altro

Questo lo fece sorridere ma gli procurò anche una gran rabbia dentro che non sapeva come sfogare in quei frangenti, soprattutto quando di mezzo c’era il vice-capitano della sua squadra, suo amico e la persona che ha messo in dubbio la sua intera stabilità sessuale.

La sua eterosessualità, se vogliamo definirla nel totale.

E tutto incominciò 1 mese fa, In una serata fra amici a casa di uno di loro, con abbondanti quantità di alcolici poggiati sul tavolino dove a padroneggiarla c’era la birra, e un Oikawa che non era riuscito a trattenersi, a dire di no a quella bevanda, che era stata fatale per il rapporto con Hajime a causa dell’abuso che aveva fatto di essa che aveva agito sul suo già precario autocontrollo che crollò come un castello di carta e le sue inibizioni, freni, completamente svaniti nei fumi dell’alcol; Si era sporto, seguendo soltanto il suo pessimo istinto, e aveva baciato il suo compagno di squadra appena furono rimasti da soli.

Tutto sarebbe finito lì, un semplice bacio a stampo può capitare se sei ubriaco fradicio, anche solo per gioco, ma Tōru continuò le sue azioni.

Aveva messo le mani dove non doveva.

Aveva tolto, usando la forza anche, i vestiti che Iwazuimi aveva addosso quella sera.

Si fermò soltanto per via di un bugno in piena faccia che lo aveva steso a terra, e nella sua discesa contro il pavimento urtò anche una lattina di birra aperta che cosparse il suo contenuto tutto su i suoi vestiti.

Lui era rimasto sdraiato senza rendersi conto della gravità della situazione, sentendo i passi veloci dell’altro allontanarsi da lui, dalla stanza.

Da allora il vice-capitano della Aoba Jobai High non ha più rivolto ad Oikawa parole o frasi che non fossero collegate al loro compito in squadra, ed evitava accuratamente di restare da solo o in doccia comune dopo le partite.

Eppure, se il moro non si presentava agli allenamenti o mancava per tre giorni di fila a scuola, Hajime riempiva il suo cellulare di chiamate e messaggi.

Perché tutto questo?

Perché non rifiutarlo e basta, allontanandolo?

Perché doveva tenerlo sul filo del rasoio, sospeso vicino alla linea dell’oblio?

Il moro era talmente preso dai suoi pensieri che non si rese conto della lezione terminata, segnalata dalla campanella di cui eco ancora rimbombava nella sua mente ma non aveva collegato tale suono alla scuola: Gli ricordava più un allarme, un avvertimento di qualche pericolo in avvicinamento. Davanti ai suoi occhi si stagliava la figura di Iwaizumi, visibilmente nervoso dalla sua espressione e dalle mani ben nascoste dentro le tasche della divisa, segno che non voleva mostrarle.

Era in posizione difensiva e questo Tōru lo percepì in modo talmente limpido che fu il primo a prendere la parola anche se questo gli pesò come un macigno e la sua voce tremò impercettibilmente. I suoi occhi evitano accuratamente di incrociare quelli dell’altro.

Si rende conto solo in quell’istante che fossero rimasti solo loro due in classe.

“Qualcosa non va?”

Tutto.

Non andava nulla bene.

Oikawa Avvertì il suo cuore martellare contro la gabbia toracica con una forza tale da fare male.

« Ieri sei andato via nel bel mezzo degli allenamenti ed è una cosa che non avevi mai fatto.»

Oh, ecco di nuovo la sua preoccupazione contornata dal suo sguardo severo.

E non lo aveva ancora insultato.

Era da un mese che non gli rivolgeva le solite parole.

 « Sono andato in soccorso di una principessa.»

E qui mostrò il suo sorriso, quello che sempre aveva sul viso e porgeva a tutti, ed è quello che Hajime non tollerava poiché fasullo.

Se ne rense conto anche questa volta che tutto fosse falso, che avesse messo su la sua preziosa maschera di porcellana, tanto che si avvicinò ancora di qualche centimetro, restando sempre attento ai movimenti della persona che aveva di fronte.


«Perché sei andato dai corvi?»- Il tono del ragazzo sembrava piatto, ma si notava una nota diversa, che annientava la sua neutralità riguardante la faccenda.-

Oikawa stava fingendo, evitando di dirgli la verità? Perché non farlo?

E lui Come sapeva tutto quello?

Come faceva a sapere che era andato nella palestra della Karasuno High, luogo abbastanza distante dal proprio quartiere e scuola.

Non aveva detto ad anima viva del suo spostamento poiché ogni singolo incontro con Sugawara era stato sapientemente celato a tutti, per non creare problemi, o solo anche il minimo sospetto su di loro due

Chi aveva detto ad Hajime il suo intervento nella squadra della Karasuno?

Cercò di tenere ben sotto controllo le sue emozioni e tutte le sensazioni che si erano riversate nella sua testa, assumendo una espressione più neutra che il giovane moro potesse sfruttare, senza mai togliere quel sorriso dal proprio volto.

 

«Sei venuto a controllarmi, Iwa-Chan? Eri preoccupato per me?»

Aveva usato quel suo tono gentile, snervante sotto certi punti di vista, che sembrava prenderti in giro ad ogni lettera pronunciata da quella bocca insolente. Ma era una reazione per via di sentirsi osservato, analizzato a fondo da quella persona che aveva davanti.

La persona che gli piaceva più di ogni altra cosa.

Forse anche più della pallavolo.

«Non dovresti andare in giro a dare fastidio»

Il tono di Hajime, dal canto suo, sembrò freddo e privo di ogni tonalità, tanto da sembrare una perfetta macchina il cui compito era quello di riportare all’ordine il suo disastroso padrone di casa.

Ma c’era qualcosa in quegli occhi, qualcosa che Tōru non seppe definire; Sembrava esserci una traccia di irritazione, probabilmente causata dalla sua assenza agli allenamenti ma avvertiva dell’altro, qualcosa di nascosto sotto la crosta dura dell’anima verso il cui era attrato.

«pressappoco è quello che ti ha riferito la spia corvetto? Che ho dato fastidio?»

Tōru era certo che qualcuno avesse parlato, riferito la sua posizione, ed era certo che questo era della squadra della Karasuno.

Alzò le spalle, mostrando un sorriso falso e indifferente, incassando leggermente il capo come a volersi difendere da qualche attacco fisico, anche se di questo non vi era pericolo in presenza di Iwaizumi. Quest’ultimo non rispose alla domanda posta dal moro e si limitò a fissarlo con quella espressione criptica, difficile da comprendere a fondo, prima di afferrare, con un gesto che nascondeva un certo nervosismo, la tracolla nera della propria cartella e andare via così, rammentando al capitano di non mancare più agli allenamenti.

Quello che si lasciò alle spalle fu un Oikawa silenzioso che colpì il proprio banco con un pugno chiuso appena rimase solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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"In alcuni casi la nostra volontà non vale nulla: Hai mai pensato a questo?
Ti sei mai chiesto cosa sarebbe successo se tu,
proprio tu che non credevi in queste superciali cose
come l'amore, la fortuna, l'amicizia, non ti fossi fatto travolgere?
Saresti forte?
Debole?
Vuoto?
O perduto?"
  
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