Crossover
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Autore: evil 65    03/06/2018    18 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco un nuovissimo capitolo!
Vi auguro una buona lettura e vi invito a lasciare un commento, siete voi che ci date lavoro. 




Capitolo 9 - I pezzi sono allineati





L’uccellino vola nel cielo blu
L’oceano riflette il blu del cielo
Il profondo blu è il cielo dell’oceano
Nel blu del cielo, le sue lacrime mentono
Nelle lacrime del cielo, l’uccellino vola
L’uccellino vola nel cielo, formato da tutti i colori
L’arancione della felicità
Il rosso della malattia
Il blu delle lacrime
Quando vola per diversi mondi... prende i colori per colorare se stesso
Fu così che diventò un uccello color arcobaleno
Ma l’uccellino voleva vedere altri colori
I colori si mescolarono sempre di più e iniziarono a sporcare gli uni con gli altri
E poi….

 
<< E poi? >> chiese emozionato un piccolo Angel.
<< Che cosa può essere successo? >> domandò a sua volta la madre, fissandolo con i suoi occhi simili a rubini. Nelle mani teneva un piccolo libro raffigurante un arcobaleno e un uccellino che lo solcava.
<< Non lo so. Dai mamma, dimmelo! >> esclamò il piccolo rosso.
Per lunghi momenti
Scáthach, poiché questo era il nome della donna dall’arcana e magnetica  bellezza, fissò il pargolo.
<< I colori divennero pesanti e le sue ali divennero nere e l’uccellino cadde al suolo incapace di muoversi e alla fine morì. >>
<< Cosa? Ma perché? >> chiese il bambino con una faccina triste << Perché l’hai fatto cadere? >>
La donna lo fissò con un amaro sorriso, per poi stringerlo a sé.
 << È caduto perché si è comportato come il re solitario che, dall’alto della torre più alta del suo bianco castello, osserva il suo regno ma non condivide quella visione con nessuno >> sussurrò a bassa voce.
Lo fissò amorevolmente, baciandogli la testolina.
 << Angel, ognuno di noi è il re del suo mondo. Ma ogni mondo è abitato. Il re non deve vivere solo nel suo castello o, inesorabilmente, cadrà proprio come l’uccellino, venendo dimenticato. >>
Il piccolo abbassò lo sguardo. Nei suoi occhi si poteva vedere l’innocente tristezza che si provava davanti alle storie che finiscono con una svolta drammatica.
I ricordi sfumarono come neve al vento, venendo sostituiti da nuove immagini.
<< Il re solitario e l’uccellino dei colori, due storielle per bambini con lo stesso significato >> commentò una giovane Najimi. Era seduta su una sedia in terrazza e rimirava il cielo con un cipiglio che non era suo.
<< La solitudine porta sofferenza e, alla lunga, quel peso può diventare insopportabile. Ma sai… mi sono sempre chiesto che cosa abbia spinto entrambi a voler rimanere da soli >> disse Angel con occhi pensierosi e fin troppo seri.
Quando era mai avvenuto un simile discorso? Dove si era svolto? Ma soprattutto… era mai accaduto?
<< Forse erano dei personaggi in cerca di autore che avevano visto oltre il velo che cela il mondo >> ipotizzò la castana, il volto adornato da un’espressione divertita.
<< O forse cercavano di porre un rimedio al loro dolore >> propose un terzo interlocutore. La sua figura, però, era strana. Non la si riusciva a vedere. Quasi come fosse invisibile. Poteva intravedere solo le deboli sfumature blu che ne adornavano il corpo.
Angel lo osservò a lungo. Non riusciva a vederlo bene eppure la sua presenza era un grande conforto per lui. Chi mai poteva essere costui?
 
DRIIIIIIIIIIIIIIIN !
 
La sveglia interruppe la visione. Il rosso sollevò la mano e la spense, per poi tirarsi su.
Gli occhi verdi ancora assonnati osservarono per qualche istante il vuoto della camera.
<< Chi era? >> si domandò ancora confuso.
Quell’immagine indistinta era rimasta marcata a fuoco nella sua mente. Non sapeva chi fosse quella strana figura… eppure sentiva di conoscerlo. Era raro che si agitasse per un sogno. Anche se era così reale.
I suoi pensieri furono interrotti dal miagolio di Stella che gli dette il suo personale buongiorno. Nel vederla, lo sguardo del rosso si acquietò e la salutò accarezzandole la testa.
<< Cerchiamo di non perdere la testa >> mormorò con un sorriso amorevole.
Convinto di questo, si alzò in piedi e si preparò per la giornata, un weekend che in parte avrebbe trascorso in compagnia di Najimi e in parte al negozio di
Yūko.
Era già passata una settimana da allora. In quel breve lasso di tempo, qualcosa nel rosso era cambiato. Nemmeno lui riusciva a spiegarselo ma, da quando aveva iniziato a lavorare per la mora, si sentiva diverso: un po’ come un novello mastro Vitangelo che aveva capito di non essere come credeva e che il mondo in cui viveva era una sorta di gabbia.
Che cosa aveva visto per avere una simile visione di sé? Non lo capiva. Sapeva solo che era così. Era una sensazione inconscia, quasi aliena.
Il suo pensiero fu nuovamente interrotto dallo squillo del suo telefonino, che lo avvisò di aver ricevuto un messaggio. Sul visore era scritto il nome di Ajimu e indicava un messaggio audio. Lo aprì senza esitazione.
<< Ciao Angel. Spero di non disturbarti. Ecco… volevo dirti che oggi non possiamo vederci. Si sono presentate alcune complicazioni personali… spero che tu capisca. Ci vediamo lunedì… buon weekend! >> fu quello che enunciò la voce della ragazza.
L’adolescente inarcò un sopracciglio. 
<< È strano, sembrava triste >> borbottò quasi a se stesso. Che si trattasse dell’appuntamento saltato era chiaro, ma…
<< Ok, riprenditi. Ciao >> le rispose, anche se avrebbe voluto dire altro.
Le avrebbe voluto parlare del sogno che aveva fatto, se ricordava quando era avvenuto il discorso e… di quella misteriosa figura che, ora che ci pensava, non aveva compreso se fosse un uomo o una donna.
"Lo farò la prossima volta" si disse, mentre iniziò la colazione e, preso il telecomando, accese la piccola televisione.
Il volto da topo di Caesar Flickerman si materializzò dal nulla sulla schermata del dispositivo.
<< Ed ora, signore e signori, ecco le ultime noti-… >>
Il televisore fu subito spento senza nemmeno lasciargli finire la frase.
<< No, stamattina non ne ho proprio bisogno >> disse il rosso.
Fino a poco tempo fa lo avrebbe ascoltato senza battere ciglio, ma ora la pensava come Najimi: il governo del Maestro era … sbagliato. Erano questi i pensieri che aveva iniziato a fare, poco dopo la sua permanenza nel negozio di
Yūko. Pensieri pericolosi, che se avesse rivelato a qualcuno gli sarebbero costati la libertà… e anche la vita.
Fatta la sua colazione, Angel decise di andare al negozio di Ichihara.
<< Io vado. Fai la brava in mia assenza >> disse il rosso, porgendo un’ultima carezza sulla testolina di Stella. Poi, uscì per strada, camminando a passo svelto.
Durante il tragitto, capitò poco distante dal ristorante dove lavorava un tempo. O meglio, quello che era un tempo il ristorante in cui lavorava. Al suo posto, adesso, vi era un centro commerciale da poco inaugurato.
Un grosso complesso rettangolare dalle tinte nere e bordato di un rosso scarlatto. Davanti al complesso era presente un maxi schermo che mostrava il Maestro nella sua classica posa. E poi… c’era lui, Vorkye Bloodbless.
<< Salve gente. Benvenuti in questo mio umile negozio. Mi auguro che troverete quello che più desiderate. Se non lo trovate vuol dire che non esiste ancora. Ma non preoccupatevi: grazie al mio duro lavoro e al buon cuore del Maestro state certi che ogni cosa arriverà. Ricordate gente: finché crederete nel Maestro non avrete mai nulla da temere. >>
Erano queste le parole boriose del biondo e spietato imprenditore, i cui occhi non ne celavano la sconfinata arroganza. Arroganza che Angel aveva iniziato a percepire con chiarezza e non solo. Non era per quello che aveva fatto al signor Sims che, poco tempo dopo la chiusura della sua piccola impresa, era stato trovato morto nel suo appartamento. No, lo percepiva come il suo esatto opposto. Una sensazione strana.
Angel lo fissò per altri interminabili secondi con uno sguardo freddo che non era da lui. Quando poi iniziò di colpo a sentire le voci, capì che era meglio lasciar perdere e affrettarsi.
Dopo pochi minuti, il rosso raggiunse al negozio di Ichihara. Ad accoglierlo furono Maru e Moru con il loro classico: << Benvenuto! >>
Una cosa che Angel aveva notato ormai da tempo era che le due bambine non erano mai andate oltre il muretto. Si era più volte chiesto il perché, fino a quando non era stata la stessa
Yūko a rivelargli che le due piccoli erano in realtà due involucri vuoti senza anima che potevano vivere solo all’interno del perimetro del negozio. Se avessero fatto anche un solo passo oltre il cancelletto sarebbero scomparse per sempre.
Nel sapere questo, Angel aveva finalmente compreso perché le due a volte sembrassero così strane, tuttavia decise di non allontanarle. Erano sì dei gusci vuoti ma mostravano un carattere nettamente più umano di coloro che si spacciavano come tali.
<< Ben ritrovate. Vi ho portato un ottimo dolce! >> esclamò con un sorriso smagliante.
Dette loro un pacchetto che conteneva una torta di frutta che aveva scoperto essere la preferita delle due che, infatti, saltarono dalla gioia.
Angel percorse il piccolo corridoio che portava allo studio della sua datrice di lavoro, se così lo si poteva definire. In realtà, era la stessa stanza in cui l’aveva incontrata per la prima volta. Allora non ci aveva fatto caso, ma la stanza aveva diverse porte laterali che conducevano in un soggiorno, alla sinistra, e alla cucina, alla destra.
Il compito dell’adolescente era essenzialmente pulire la casa e cucinare per la sua padrona e, quando gli veniva richiesto, fare delle commissioni per lei. Nel corso di quella settimana, ne aveva fatte diverse, incontrando anche esseri che le persone normali non potevano vedere: spiriti. Quelle creature che il regime del Maestro considerava come semplice invenzione ma che in realtà erano presenti e convivevano con le persone che, totalmente all’oscuro della loro esistenza, venivano accompagnate da loro nel corso delle loro vite.
La loro influenza poteva portare benefici come disgrazie. Erano proprio sotto queste influenze, positive o negative, che spingevano le persone a desiderare ardentemente qualcosa: un cambiamento. Quel desiderio li attirava inevitabilmente al negozio dove la padrona esaudiva questi desideri. Tuttavia, il pagamento non era mai scontato e a volte nemmeno facile.
A seconda del cliente,
Yūko esponeva la soluzione ma, insieme ad essa, aggiungeva sempre un “ma”: tutto dipendeva dalla volontà di scegliere e di voler cambiare. Se questa mancava, allora il desiderio non si sarebbe mai realizzato e la scelta sarebbe sempre stata la stessa di sempre.
Angel aveva assistito a numerosi esempi sia dell’uno che dell’altro: persone comuni, alle volte insospettabili, che dovevano fare una scelta. Una scelta che, in alcuni casi, era
Yūko stessa a forzare con metodi poco ortodossi eppure efficaci. Alla fine, indipendentemente dal risultato, ogni cliente se ne andava via con un sguardo nuovo, come se si fosse svegliato da un lungo sonno indotto.
Angel si sentiva nello stesso modo. Anzi, lui era già stato destato da quel torpore, almeno in parte. Ciò che gli serviva era la giusta spinta per alzarsi del tutto.
<< Buongiorno, signorina
Yūko. Anche oggi... >>
Non terminò la frase, perché vide la mora in una posizione assai ambigua.
<< Angel... aiuto >> sussurrò la donna, il volto adornato da un’espressione visibilmente sofferente.
<< Sto male >> continuò Mokona, steso a pelle di leone sul ventre della mora.
Il rosso sospirò rassegnato. Sapeva fin troppo bene il perché fossero in quella condizione e anche che cosa li avrebbe fatti riprendere: sakè. Era questa la causa di tutto e anche il cosiddetto “rimedio” per farli riprendere.
<< Va bene, va bene >> borbottò stizzito.
Aprì il frigorifero e portò loro due bottigliette. Inutile dire che la coppia si riprese quasi subito. Il rosso aveva capito da un po’ che la mora e l’animagico erano due bevitori incalliti e le loro moine erano solo dovute alla loro pigrizia.
<< Ah! Adesso mi sento molto meglio >> disse Ichihara, alzandosi soddisfatta insieme alla polpetta nera.
Lanciò al sottoposto una rapida occhiata.
<< Ti vedo pensieroso ragazzo. Ti è successo qualcosa, stamattina? >>
<< È ancora mattina. Il mio appuntamento è saltato >> disse il rosso intento a indossare il suo abito da lavoro: una semplice uniforme bianca sbracciata, munita di cuffia per la testa << E ho fatto uno dei miei soliti sogni bizzarri. >>
<< I sogni rivelano sempre qualcosa. Eventi che conosciamo visti da un’altra prospettiva . Oppure una verità tenuta celata dalla realtà >> mormorò la donna nel pensiero.
Questa, dopotutto, era la filosofia di
Yūko. Ogni cosa aveva un inevitabile significato.
Angel emise un grugnito di assenso. << Può darsi. >> 
Poi, si mise al lavoro, cominciando a spazzolare i mobili dell’abitazione.
Questa sarebbe stata una lunga settimana, poteva sentirlo. Ma anche con il peso di quella sensazione… il ragazzo non aveva la minima idea di quanto la sua previsione si sarebbe rivelata veritiera.
 
                                                                                                                                                      * * *
 
<< Puoi alzarti, Lord Vader. Tra amici non c'è bisogno di simili formalità. >>
Vader era in ginocchio, ma quando si alzò si unì al Maestro sulla veranda della guglia centrale che si affacciava ad Ovest. Parzialmente protetta da un tetto, il balcone – uno dei quattro che, identici, si rivolgevano verso un punto cardine diverso – incoronava una protuberanza a forma di pinna collocata svariati piani sotto la cima arrotondata della guglia.
L’aria era fresca; la giacca del Maestro e il mantello di Vader ondeggiavano al continuo soffiare del vento. Le lunghe ombre dei costrutti più distanti sembravano protrarsi inutilmente verso il  gargantuesco Palazzo, sotto un cielo macchiato di spirali rosse come il fuoco e viola come il velluto.
Fu Vader a rompere il momento di silenzio della coppia.
<< Quali sono i tuoi ordini, Maestro? >>
Il Signore del Tempo gli rispose senza voltarsi. << Voglio che la festa per il giorno dell’impero sia organizzata nella tua residenza privata, su Scarif. >>
Dietro la maschera, il Sith inarcò un sopracciglio. Tuttavia, non osò chiedere il perché. Dopotutto, quando il reggente supremo di Battleground impartiva una mansione, la risposta poteva essere una sola.
<< Come desideri, mio signore. >>
<< Invierò Shen per aiutarti con i preparativi >> continuò il dittatore, con tono disinteressato.
Questa volta, Vader non replicò subito.
<< Non è necessario che venga anche il governatore >> protestò attraverso il respiratore.
L’uomo si voltò verso il suo braccio destro, gli occhi socchiusi per l’interesse.
<< Mi sorprendi, ragazzo. Pensavo che tu e Shen aveste finalmente messo da parte quella vostra sciocca rivalità da adolescenti arrapati. >>
Il Sith rimase in silenzio e il Signore del Tempo sbuffò appena.
 <<  Quanta eloquenza. Mi dispiace, amico mio, ma avrò bisogno di qualcosa di più >> ribattè stizzito.
Vader abbassò lo sguardo sul Maestro. << Io e il Governatore abbiamo...idee diverse su come dovremmo gestire la Ribellione, tutto qui. Dovreste ordinargli di tornare alla città di Gongmen e concentrarsi sulla cattura del Vigilante Mascherato. >>
<< Quindi ora metti pure in discussione le mie decisioni...spero per te che siano gli ormoni a parlare >> disse freddamente il Signore del Tempo.
L'Oscuro Signore esitò. << Lo faccio...per l’Impero. >>
<< Ah, sì, l’Impero >> ripeté il Maestro, con un sorriso consapevole << E da quando metti l’Impero davanti ai MIEI desideri? >>
Vader incrociò le mani davanti al petto. << I vostri desideri sono la mia priorità, ve lo assicuro. >>
<< Allora perchè mi ha contraddetto, eh? >>
<< Perdonami, Maestro. Non volevo certo mancarvi di rispetto... >>
<< Smettila >> ringhiò il Signore del Tempo << Non ho bisogno delle tue scuse, solo di risultati. Per ora i ribelli sono un semplice fastidio, ma non per questo dovresti sottovalutarli...non quando ho faccende molto più importanti di cui occuparmi. Walter afferma di essere parecchio vicino alla risoluzione del nostro… piccolo problema. >>
Al sentire quel nome, la figura di Vader parve irrigidirsi, anche se solo per un breve periodo di tempo. Durò a mala pena un secondo.
<< Sì… Maestro >> sussurrò con tono sommesso.
Il Maestro girò la testa nei confronti del Sith, puntandogli un dito contro l’armatura.
<< Non voglio più essere partecipe dei battibecchi tra te e il governatore. Non dopo l’ultima riunione. Dagli altri posso aspettarmelo… ma non da te. Non dal mio braccio destro. Non dal mio numero due. Ci siamo capiti? >> domandò con un tono d’avvertimento.
Vader strinse ambe le mani in pugni serrati ma, alla fine, annuì in accordo. Di fronte a lui, il Signore del Tempo rilasciò un sospiro di apparente stanchezza.
<< Per stavolta ti lascerò andare con una lavata di testa. Rimanderò il governatore alla sua città. >>
<< Lo apprezzo >> replicò il Sith.
Fatto questo, si voltò e cominciò a incamminarsi verso l’entrata del balcone. Poco prima che potesse uscire, tuttavia…
<< Oh, Vader >> lo interruppe la voce del Maestro, costringendolo a fermarsi << Salutami Anakin. Ho molto apprezzato le sue recenti… proposte di legge. >>
Vader rimase fermo e immobile per quasi un minuto buono. Con esitazione, replicò: << Dice che è stato un piacere. >>
Poi, con passo lento e marcato, lasciò il Signore del Tempo a se stesso.
 
                                                                                                                                                      * * *
 
Yoshikawa fissò il giovane di fronte a lei.  Per la prima volta da tre giorni, Accelerator le sembrò perfettamente sveglio.
Era nell’ala pediatrica della base ribelle in cui lei e il resto della sua famiglia erano stati portati e il letto era piccolo; ciononostante, il giovane esper sembrava sperduto in uno spazio enorme. Il suo corpo creava solo un modesto innalzamento del lenzuolo, dando l’impressione che di lui ci fosse solo la testa posata su un lindo guanciale bianco.
Il suo volto era molto pallido. Sotto gli occhi aveva ombre violacee, scure quasi come lividi. La fissava con placida indifferenza. Un ricciolo bianco gli era scivolato al centro della fronte come una virgola.
La donna andò a prendere la sedia che c’era vicino alla finestra e la collocò accanto al letto, con i fianchi a sbarre alzati, onde a evitare che il paziente potesse cadere fuori.
L’esper non mosse la testa, ma spostò gli occhi, seguendo i suoi movimenti.
<< Come ti senti? >> domandò Yoshikawa, il volto chiuso in un sorriso amorevole.
<< Ho la gola secca >> bisbigliò il giovane.
Sul tavolino c’erano una caraffa e due bicchieri. La donna gli versò gli versò dell’acqua e si chinò per passargliela sopra le sbarre. L’adolescente cercò di alzarsi a sedere e non ci riuscì. Ricadde contro il guanciale con un debole sospiro che addolorò la donna.
Mentre infilava la mano dietro la nuca del ragazzo per aiutarlo a sollevarsi, le tremò la mano e qualche goccia cadde sul cuscino. In quel preciso istante, la figura di un medico entrò nella stanza. 
<< Come sta? >> domandò lei, visibilmente preoccupata.
L’uomo porse Yoshikawa a un sorriso gentile. << È stabile ma ancora molto debole. Si riprenderà completamente entro un giorno al massimo. >>
La donna annuì comprensiva, prima di prendere un respiro profondo.
<< Dov’è il Dottore? Non sono nemmeno riuscita a ringraziare lui e il suo amico per averci salvato. >>
<< In viaggio. Non è potuto restare, aveva alcune… commissioni da fare. Per questo si scusa >> terminò l’altro.
Yoshikawa inarcò un sopracciglio e domandò: << Commissioni? Che genere di commissioni? >>
 
                                                                                                                                            * * *
 
Il carretto delle tasse, contente l’ennesima, eccessiva e ingiusta razione di tributi imposte da Lord Shen, passò per la foresta di Gongmen alle sette in punto del mattino.
Come sempre, Royal Noir aveva calcolato tutto, affinchè l’attacco si rivelasse un potenziale successo. Il ramo dal quale sarebbe balzato, il numero di uomini che avrebbe combattuto… nulla sarebbe stato lasciato al caso.
Fortunatamente, le informazioni ottenute si rivelarono fondate. Quegli esattori dovevano essere particolarmente vigliacchi ma comunque armati, anche se non addestrati: niente che non potesse gestire. Come dal nulla, evocò una freccia nel palmo delle mani.
Ricordava ancora il giorno in cui i suoi poteri si manifestarono per la prima volta. Si era appena affacciato alla soglia dell’adolescenza. Accadde durante uno degli eventi che col tempo avrebbe imparato a disprezzare.
Benché fosse tra i signori più influenti di tutta Gongmen, Logan Royston era il meno appariscente. Capitava molto di rado che organizzasse feste, balli di gala o ricevimenti, abitudine diffusissima tra i membri della nobiltà, per dimostrare a tutti il proprio prestigio.
Assieme a Rowlet, rigorosamente appollaiato sulla sua spalla e intento a ripulirsi le piume, il giovane Fire se ne stava in disparte. Non gli piaceva tutto quel vociare, quel ridere e chiacchierare della gente, fattasi invaditrice della sala da ballo del castello dei Royston. Gli provocava una disgustosa stretta allo stomaco.
Osservò con distacco il padre adottivo, intento a parlare con le dame e i signori ridenti, tanto gentili all’apparenza quanto falsi all’evidenza. Non li sopportava più. Avrebbe voluto vederli andare via. Avrebbe voluto che sparissero. Avrebbe voluto che Logan smettesse di atteggiarsi come l’idiota che non era. Provava un forte disagio nel vederlo stare in mezzo a loro, e soprattutto nel vederlo imitarli. Quasi non lo riconosceva.
Più pensava quelle cose, concentrandosi sul proprio malessere, più la morsa allo stomaco si faceva via via sempre più insistente.
L’istante dopo, come per magia, una palla di energia verde si accese sul palmo della mano vuota. La sollevò di fronte a sé ed essa danzò nell’aria al suo comando. Rimase a fissarla, impaurito e affascinato al tempo stesso.
Ricordò che nessuno diede segno di averlo notato. Tutti i convitati erano stati troppo impegnati nella propria attività per prestargli attenzione. Un gruppo di dame intente a ballare lo urtarono per sbaglio e, a causa, della piccola statura, riuscirono a spedirlo a terra.
Mosse involontariamente le mani per tentare di attutire la caduta: in risposta a quel movimento, la sfera mosse a sua volta, e schizzò via, verso una direzione precisa. Colpì uno dei tavoli del buffet. Ci fu un lampo di luce verdastra, poi un’esplosione: il tavolo si ridusse in cenere, e quello di fianco, il più vicino al caminetto, prese fuoco.
E fu il caos, tra i presenti che urlavano e si accalcavano, in preda al terrore. Il giovane Fire rimase paralizzato ad osservare la scena per qualche istante. Quando alzò lo sguardo, si trovò davanti quello del padre adottivo. Capì con assoluta certezza che aveva visto tutto. Fissò lui e ciò che le sue mani avevano appena compiuto.
<< Baelfire… >> chiamò, in tono esitante.
Fu l’unica volta in cui vide Logan seriamente preoccupato. Mai l’aveva guardato in quel modo. Quel modo in cui lo guardavano tutti all’orfanotrofio.
Con paura.
Una morsa di ghiaccio avvolse il cuore del ragazzino. Indietreggiò di scatto, quando l’uomo accennò ad allungare le mani verso di lui, chiamandolo ancora per nome. Poi si girò e scappò via.
Corse a perdifiato per i corridoi, salì le scale, raggiunse la propria camera e si infilò sotto le coperte del letto a baldacchino, rannicchiandovisi. Rimase fermo in quella posizione, a tremare convulsamente, per un tempo che gli parve infinito.
Il cuore cozzava violento contro la gabbia delle costole, depositario di una tempesta di emozioni: paura, sconcerto, disperazione, sgomento. Era raggelato da una semplice constatazione: era stato lui a far scoppiare quell’inferno, con quella strana capacità magica di cui finora era sempre stato all’oscuro, sbloccatasi per via della forte emozione provata, ma questo l’aveva scoperto più avanti.
Non riusciva a togliersi dalla mente la smorfia impaurita sul volto di Logan. L’aveva visto. Aveva visto di che cosa era stato capace. E aveva avuto paura di lui.
Quella prospettiva gli schiacciava il petto in una morsa, mentre un nuovo tremore lo invadeva: e adesso cosa sarebbe successo? Logan l’avrebbe cacciato via, adesso che aveva visto che era davvero… un mostro?
<< Baelfire…! >>
La voce di Logan lo fece sobbalzare nel suo nascondiglio. Ora c’era un tono di sollievo immediato in essa.
<< Mi chiamo Fire! >> gli gridò in risposta, la voce ovattata a causa del suo nascondiglio, mentre cercava di avvolgersi ancora di più nelle coperte, come a farsi da scudo. << Vattene! >>
Ci fu qualche istante di silenzio, tanto che credette che il nobiluomo avesse ubbidito e se ne fosse andato. Invece, lo sentì sederglisi accanto, e la sua voce placida risuonare nella stanza.
<< Fire >> lo chiamò << ascoltami. Non voglio sgridarti e non voglio farti del male. Se preferisci restare così, fa’ pure, per me non c’è alcun problema. Ma ti prego, non dirmi di andarmene. Non voglio lasciarti da solo. >>
Quelle parole ebbero l’effetto quasi istantaneo di tranquillizzarlo. Fire si raddrizzò seduto, facendo spuntare metà del capo fuori dal lembo delle coperte.
Logan lo studiò, attento. << Stai bene, ragazzo? >>
Il giovane tirò su col naso, fissando gli occhi sul pavimento. << Credo di sì…>>
Passò qualche altro attimo di silenzio.
<< Ti va di dirmi come hai fatto… a fare ciò che hai fatto? >>
Si morse il labbro e nascose il viso nel lenzuolo, restando zitto. Si aspettava che Logan insistesse, ma non lo fece. Lasciò che fosse lui a rompere il silenzio.
<< Non lo so come ho fatto…>> balbettò << io… ero arrabbiato e… è apparsa… >>
<< Eri arrabbiato? E perché mai? >>
Gli occhi rossi gli si infervorarono appena. << Per quelle persone che hai invitato, papà. Mi fanno salire i nervi. >>
<< Oh, posso capire… >> ridacchiò l’uomo, in un evidente tentativo di sdrammatizzare la situazione << ma non mi sembra il caso di organizzare un capodanno fuori programma per questo, e neppure di scappare via così, non credi anche tu? >>
<< Non l’ho fatto apposta… >> mormorò, arrossendo e abbassando lo sguardo. << Io… ho avuto paura… >>
<< Paura di cosa? >>
<< Di…>> Deglutì a fatica, quasi temesse che una volta confessati i suoi timori, questi si sarebbero realizzati << Di te. Perché avevi paura di me. Per quello che ho fatto… >>
Royston studiò di nuovo il figlio adottivo, soffermandosi sulla sua espressione apprensiva e timorosa. Ormai non era più un bambino, anche se ancora a tratti lo sembrava. Era all’inizio dell’età tanto piena di dubbi, incertezze e paure, denominata adolescenza.
Allungò la mano a sistemargli la frangia di scomposti capelli smeraldo.
<< Baelfire >> disse, in tono dolce e rassicurante << non ho avuto paura di te, né di quello che hai fatto. Ciò che ho temuto è stato ben altro. >>
Tirò un lungo sospiro.
<< Temevo che qualcuno potesse vederti, ragazzo. Che qualcuno si accorgesse del fatto che sei molto più speciale di quanto non appari alla vista. Che qualcuno vedesse cosa sei stato in grado di fare. E che per questo, ti portassero via da me. >>
Fu così che venne a sapere cosa accadeva a coloro che possedevano abilità fuori dal comune, a qualcuno come lui. Venivano costretti a servire l’unico e solo Signore di Battleground, il Maestro, nelle fila dell’Impero. Si sentì in colpa per aver dubitato, anche solo per un istante, dell’affetto del padre adottivo.
Logan gli raccontò che, nel salone, il fuoco era stato prontamente domato e che era tutto a posto: nessuno a parte l’uomo l’aveva notato. Per fortuna, essendo intervenuti in tempo, non c’erano state né vittime né feriti, e le cause erano state attribuite ad un cortocircuito.
Per un soffio, nessuno l’aveva scoperto.
<< Mi dispiace di averti creato tutti questi problemi, papà… >> replicò, mortificato.
Il nobiluomo gli mise una mano sulla spalla. << È stato un piccolo incidente di percorso. Capita molto spesso, a chi scopre di avere abilità come le tue. Non c’è ragione di vergognarsi o di impaurirsi se non sai controllarle. >>
<< Ma papà... e se... se il Maestro lo venisse a sapere? Io non voglio andare con lui... >>
<< Vieni con me. >> Suo padre si alzò dal letto e gli porse la mano. << Voglio mostrarti una cosa. >>
Lo condusse fuori, nel giardino del castello. Lo attraversarono tutto, fino a raggiungere le mura dietro, confinanti con la foresta. Così vide per la prima volta l’arena che, col tempo, sarebbe diventata il suo luogo di addestramento, e seppe la sua storia.
La famiglia di Logan, i Royston, erano originari dell’Inghilterra. Quando si erano trasferiti a Gongmen, l’avevano fatta costruire per tenere dei tornei guerreschi e gare sportive, poiché era nelle loro usanze festeggiare determinati eventi con simili competizioni.
I rampolli della famiglia non erano esenti dal partecipare, per questo suo padre era tanto versato nell’arte del combattimento. Da quando era diventato a tutti gli effetti il padrone del castello Royston, l’arena era rimasta in disuso.
Fino a quel momento.
<< Tu stai crescendo, Baelfire >> gli disse, piegandosi appena per arrivare alla sua altezza << Stai iniziando a cambiare, e i cambiamenti che avvengono alla tua età, ti renderanno l’uomo che sarai per il resto della tua vita. Ma dovrai fare molta attenzione a ciò che diventerai, specialmente per quanto riguarda l’uso del tuo potere. Per questo è molto importante che impari a controllarlo. >>
<< E se non ci riuscissi? >>
<< Io sono qui per questo, ovviamente. Per guidarti. >>
Volse lo sguardo all’arena intorno a loro, seguito dall’adolescente. Si trovavano al centro esatto, circondati dagli ampi spalti.
<< Sarà qui che ci alleneremo. Sarà qui che io ti insegnerò, non solo a controllare i tuoi poteri, ma anche te stesso. >>
Lo sguardo azzurro tornò ad incrociare quello scarlatto.
<< Ricordi cosa ti dissi, quando mi dicesti il tuo nome e tu pensasti di essere malvagio, poiché nel tuo nome c’era anche quello di un demone? >>
Fire annuì, sorridendo appena. << Mi dicesti che portavo il nome di un guerriero. >>
<< E che credevo avessi qualità degne di questo nome. E che ciò dipendesse solamente da te >> aggiunse Logan, ricambiando il suo sorriso << Ebbene, è per te arrivato il momento di dimostrarlo. Ti insegnerò tutto quello che so sul combattimento. Bada bene, figlio mio: un guerriero non è solo colui che sa usare le armi. Un’arma, o un potere magico, non sono niente, senza la disciplina e l’autocontrollo di sé. Esse sono le doti più importanti per un guerriero. >>
Il ragazzino lo ascoltò, attento e rapito, promettendo a se stesso di fare tesoro di quegli importanti insegnamenti, dettati dalla saggezza e dall’esperienza di un vero combattente.
Logan gli prese le mani tra le proprie, sfiorandogli i palmi con i pollici. Lo invitò a ripensare a ciò che, inconsciamente, aveva evocato la prima volta.
Fire fissò i palmi e, colto dall’istinto, chiuse gli occhi e si concentrò. Quando li riaprì, la palla di luce verde si era nuovamente accesa sopra di essi. Ma stavolta, né lui né Logan ne ebbero paura.
<< La prima cosa che devi imparare, e soprattutto capire, figlio mio, è che ciò che possiedi non è nulla di mostruoso >> gli disse il nobiluomo, guardando la sfera e poi il ragazzino, dritto nelle iridi di fiamma << Dovrai nasconderlo, è vero. Ma non dovrai mai reprimerlo e mai detestarlo, perché è una parte di te. In quanto tale, dovrai apprezzarla, come dovrai sempre apprezzare te stesso, senza eccepire. L’esito di tutto il tuo addestramento dipenderà solamente da te. Ricorda: da grandi poteri derivano grandi responsabilità. >>
<< Vuoi dire, papà… che se imparo ad usare questi poteri, dovrò saperli usare con giudizio? Sempre? >>
<< Esatto. Non scordarlo mai, Baelfire. >>
 
Schiarendosi da quell’improvvisa ondata di ricordi, il Vigilante strinse gli occhi in direzione degli esattori. Vibrando tre o quattro fendenti di luce li aveva sopraffatti, costringendoli a battere in ritirata e ad abbandonare il carretto. Era durato tutto in poco meno di un minuto.
Rowlet si appollaiò soddisfatto sulla spalla del padrone.
<< Ottimo lavoro! Rowlet e padron Fire sono stati fantastici! >> bubolò il barbagianni, gonfiando le penne per darsi importanza.
<< Shh! >> sbottò il giovane in risposta << Qualcuno potrebbe sentirti! Dai, andiamo, dobbiamo riportare il carretto in città... >>
In quel preciso istante, un sibilo acuto risuonò nelle profondità della notte. Il duo si bloccò di colpo. Poi, entrambi alzarono lo sguardo.
Al di sopra del carretto, seduto sul ramo posto proprio di fronte a quello in cui Fire era stato seduto appena pochi secondi prima, aveva appena preso posto un uomo anziano vestito in una felpa nera, indossante un paio di occhiali da sole.
Nelle mani reggeva una canna da pesca. E quella stessa canna da pesca... stava attualmente tirando verso il suddetto ramo un sacchetto di monete d’oro direttamente dal carretto.
<< Ehi! >> esclamò Fire, il volto adornato da un’espressione irata.
Ma chi diavolo era quel tipo? Una cosa era certa, non aveva intenzione di lasciargli parte del bottino: quei soldi erano della gente di Gongmen.
Rapidissimo, creò una freccia e la scagliò verso il filo della canna, tagliandolo a metà e facendo precipitare nuovamente il sacco nel carretto.
<< Alla prossima miro a te >> lo minacciò con tono freddo << Questi soldi non ti appartengono. >>
L’uomo in questione inarcò un sopracciglio, volgendo lo sguardo in direzione dell’arciere.
<< Be’, da quello che ho visto non appartengono manco a te. E poi, hai idea di quanto tempo ci è voluto per fabbricare questa canna da pesca? >> domandò con tono scorbutico << Ho dovuto controllare tre negozi diversi, per ottenere la lenza giusta! Il primo le aveva solo di plastica. “Ma cosa credi” ho detto a quel mentecatto “che si possa fare una rapina con una lenza di plastica?!” Mi ha guardato in modo piuttosto strano, sarà stato per il taglio di capelli. Le persone di questi giorni non sanno cosa significa la parola moda! >>
Si interruppe per qualche istante, nel tentativo di recuperare il filo del discorso.
<< Uhmmm... che stavo dicendo? Oh, sì, la lenza! Dunque, nel secondo negozio me l’hanno data di rame. Ho preferito evitare, ho avuto brutte esperienze con quel metallo. Credimi, ha un sapore orribile. Finalmente arriviamo al terzo negozio! L’unico negozio in questa topaia di città che avesse una lenza in acciaio! Credimi, è ottima per sollevare carichi pesanti >> continuò con un sorriso orgoglioso.

<< Lo so che non sono miei >> lo rimbeccò Royal Noir, fissandolo come si fissa un idiota, stralunato per il lungo inutile discorso che aveva fatto.
<< Quanto costava la lenza, signor pescatore? >> domandò  Rowlet, inclinando la testa << Vede, questi soldi sono della povera gente di Gongmen, e noi dobbiamo restituirli. Ci dispiace averle recato disturbo. La possiamo pagare con il sacchetto che ha preso. Uno solo non farà ombra, padron Royal! >>
<< Rowlet! >> protestò il Vigilante << Certo che farà ombra! C'è il nome delle persone che hanno pagato sui sacchi, li dobbiamo restituire tutti! >>
<< Padron Royal ha forse un’idea migliore?>>
<< Certo che sì. Al diavolo la sua stupida lenza! >>
<< Non essere scortese, padron Royal! >>
Il vecchio li osservò battibeccare con un’espressione pensosa. Saltò rapidamente dal ramo, atterrando dolcemente sul terreno erboso.
Fatto questo, cominciò a scrutare il giovane da capo a piedi, prima di schioccare ambe le dita della mano destra.
<< Aspetta un secondo! Ora mi ricordo di te! Dimmi se mi sbaglio, ma non sei per caso il fuorilegge noto come Royal Knight? >>
<< Royal Noir >> lo corresse Fire, inarcando le sopracciglia << È francese. >>
L’uomo si grattò la testa, con fare imbarazzato.
<< Perdonami, non sono mai stato un asso con i nomi. Sarà per questo che continuo a dimenticare il mio >> borbottò a se stesso.
Porse la mano destra in avanti, a mo’ di saluto.
<< In quanto a me, chiamami pure il Dottore>> continuò con un sorriso smagliante.
L’incappucciato lo fissò ancora, con viva perplessità. Dopo un attimo di esitazione, gli strinse la mano. Dopotutto, non sembrava un tipo pericoloso… solo un po’ matto.
Accennò al barbagianni sulla spalla. << Lui è... >>
<< Rowlet! >> esclamò l’animale << Il migliore amico di padron Royal! >>
Il rinominato Dottore ridacchiò divertito, prima di compiere un rapido inchino.
<< Incantato. Sai, mi ricordi un mio vecchio amico, si chiamava K9. Mi chiedo dove sia ora >> mormorò con tono malinconico, per poi stringersi nelle spalle << Be’, suppongo si sia trovato una bella cagnetta di latta. Ma bando alle ciance, è un vero piacere conoscervi entrambi! Sono un fan del vostro lavoro, dico sul serio! >>
I due si scambiarono un rapido sguardo, per poi tornare entrambi a fissare l’uomo. Royal Noir gli lanciò un’occhiata a metà tra l’esasperazione e il sospetto.
<< E perché, di grazia, stavi cercando di rubare uno dei sacchi delle tasse, se effettivamente sei dalla nostra parte? >> domandò con tono stizzito.
Il Dottore guardò lui e il barbagianni con un ghigno impertinente. 
<< Oh, non ho mai detto di essere dalla vostra parte. Dopotutto, la mia mano era ricoperta da un paralizzante nemodiano che comincerà ad agire più o meno tra dieci secondi. >>
La coppia di vigilanti si ammutolì all’istante.
<< Un coso che cosa? >> chiese Rowlet, dilatando gli occhioni con aria confusa.
Il Dottore fece un gesto sprezzante con la mano. << Oh, niente di male, solo una sostanza che paralizzerà temporaneamente il tuo amico, permettendomi di ultimare la mia geniale rapina! Anche se… ora che ci penso, forse avrei dovuta usarla anche su di te. >> Rivolse al rapace uno sguardo abbastanza seccato.<< Ehm... dividerò con te 50 e 50? >>
<< Figlio di putta-...!>>
Poco prima che Fire potesse completare la frase, si rese effettivamente conto di non poter muovere un muscolo. Provò a divincolarsi animatamente, ma non sortì alcun effetto. Rimase bloccato nella propria posizione, come una statua di marmo.
<< Dottore cattivo! >> esclamò Rowlet, agitando le ali e protendendo gli artigli verso l’uomo con fare minaccioso << Lascia subito andare padron Royal! >>
Il vecchio in questione alzò ambe le mani, in segno di resa.
<< Ehi, ehi, calma i bollenti spiriti, come ho detto non è permanente. Tornerà normale in un minuto al massimo... almeno spero, è la prima volta che lo uso su qualcuno. >>
<< Razza di...! >>
Non gli venne in mente un insulto appropriato per apostrofarlo. Il ragazzo decise di restare fermo e di prendere tempo.  
<< Si può sapere chi sei e che cosa diavolo vuoi?! >> domandò con uno sguardo che rasentava l’ira più pura.
L’uomo chiuse il volto in un sorriso a trentadue denti. << Chi sono io? Io sono il Dottore! “La tempesta che avanza”, “Colui che porta l’oscurità”… >>
Girò la testa in direzione del giovane.
<< Oh, e sono anche il capo della Ribellione >> affermò come un dato di fatto.
Gli occhi infuocati del giovane si sgranarono.
La Ribellione. Nella città di Gongmen, c’era chi diceva non fosse altro che una leggenda, una mera speranza degli abitanti di Battleground. Il movimento segreto che da molti anni orsono combatteva la tirannia del Maestro.
<< Oh, piume d’aquila! >> trillò Rowlet, emozionato << Un membro della Ribellione! >>
Fire alzò gli occhi al cielo. A volte, quell’uccello era davvero troppo facile da impressionare.
Tornò a fissare l’uomo. Non sapeva se fidarsi o meno delle sue parole. Era chiaro fosse un tipo eccessivamente eccentrico e probabilmente con qualche rotella fuori posto.
Il vecchio annuì, apparentemente soddisfatto dall’eccitazione del volatile. Puntò un dito in direzione del Vigilante.
<< E riguardo al motivo per cui sono qui, Royal... è perché avevo intenzione di reclutarti! >>
Se solo avesse potuto, Fire si sarebbe portato le mani alle tempie e se le sarebbe massaggiate, a causa del conseguente mal di testa provocatogli dal discutere con quell'individuo. Scoprì di esserne in grado: a quanto pare, l’effetto di quel paralizzante nemo-qualcosa doveva essere terminato.
<< E tu >> calcò con tutta la calma di cui era capace << tu hai fatto tutto questo macello per... per...! >>
<< Sì, per reclutarti! >> annunciò il vecchio, con un sorriso orgoglioso << Sto mettendo insieme una squadra. Non una squadra formata da semplici soldati, quelle ce le hanno tutti. Ma una squadra di persone speciali! Persone… che vogliono cambiare le cose>> terminò con un sussurro sommesso.
L’incappucciato rimase senza parole. Poi, scosse velocemente la testa, come se si trovasse davanti ad una causa persa.
<< Tu hai qualche problema >> stabilì, dopo qualche istante << E pensi davvero che mi fiderò di un qualche ladruncolo da quattro soldi? >>
Il Dottore incrociò ambe le braccia, con fare indignato.
<< Ladruncolo da quattro soldi?! Ti faccio presente che queste sono le mani che hanno derubato Napoleone Bonaparte in persona! E credimi, non è stato facile! >>
L’espressione sul suo volto del vecchio si fece improvvisamente seria.
<< E per quanto riguarda il voto di fiducia? Posso dimostrarti che ciò che dico è vero... Fire Royston >>
Royal poteva accettare tutto. Poteva tranquillamente ascoltare quei deliri sciocchi sulla lenza, Bonaparte (chiunque fosse) senza battere ciglio, se proprio doveva. Poteva comprendere che quell’uomo avesse qualche rotella fuori posto. Poteva anche credere, a fatica, che facesse parte della Ribellione. 
Ma che conoscesse la sua identità segreta? Era l’ultima delle sue aspettative. Non era affatto preparato.
Si tradì trasalendo e sgranando gli occhi. Sulla sua spalla, Rowlet emise un bubolio acuto di agitazione. Lo calmò lisciandogli il capo con una mano, poi tornò a guardare il Dottore. Stavolta la sua espressione si era fatta seria e calcolatrice.
<< Come fai a saperlo? >> domandò con tono freddo.
In tutta risposta, l’uomo si limitò a fissarlo. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità della foresta. Il trillo dei grilli pareva ormai una musica parecchio lontana. E il tutto continuò per quasi un minuto buono.
Quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine, il Dottore si strinse nelle spalle.
<< Conoscevo tua madre >> fu la sua risposta disinvolta.
Fu come se il mondo intero gli fosse calato da sotto i piedi. Ci fu di nuovo silenzio, rotto solamente dal battito forte del suo cuore, una trottola impazzita pompante il sangue, tanto da farlo rombare nelle orecchie. Gli occhi del giovane erano incollati a quelli dello straniero.
<< Mia madre? >> ripeté con un sussurro.  
Il Dottore annuì in conferma. << Venne da me quasi vent’anni fa,  desiderando far parte della Ribellione. Insieme combattemmo molte battaglie. >>
Cominciò a girare attorno alla coppia di vigilanti.
<< Un giorno, decise di prendere la guerra nelle proprie mani. Mi disse che se non l’avesse fatto saremmo stati tutti in pericolo.  Decisi di non fermarla, anche se tentai di dissuaderla. Ma fu durante il nostro primo incontro che mi parlò di te. >>>
Volse lo sguardo in direzione del giovane.
<< Mi mostrò dove ti aveva lasciato, poco dopo la tua nascita. Mi chiese di tenerti d’occhio, nel caso non fosse tornata da quello che stava facendo >> continuò con tono calmo e raccolto.
Poi ridacchiò divertito.
<< Immagina la mia sorpresa, quando vidi suo figlio mentre rapinava un contingente di stormtroopers, circa un paio di anni. Ti ho tenuto sotto il radar da allora >> terminò con una scrollata di spalle.
Fire ascoltò, rapito e combattuto, ogni parola e ogni espressione, registrandola con avidità e desiderio, quasi sperando di ricostruire, anche solo con la mente quanto narrato.
Quando il Dottore terminò il suo racconto, rimase in silenzio a scrutarlo, sempre con quell’espressione fredda e metodica. Era diffidente di natura, e la prima impressione che aveva avuto di quell’uomo non era stata molto positiva. Non che fosse un peccato essere eccentrici, ma come faceva a sapere di non avere a che fare con un ciarlatano? E il fatto che conoscesse la sua identità segreta non era quantomeno sospetto?
<< Come posso credere a quello che dici? >> domandò infine, preparandosi mentalmente a contrattaccare nel caso la risposta fosse stata insoddisfacente.
Il vecchio scioccò le dita della mano destra.
<< Paranoico. Mi piace! È sintomo di indipendenza >> commentò con una scrollata di spalle.
Si portò una mano al mento.
<< Uhm, vediamo un po’… se non sbaglio, dovresti avere ancora l’anello che ti lasciato. Lo riconoscerei tra mille. Rosso, con quell’adorabile drago intagliato nel centro. >>
Era troppo. Neppure questa volta riuscì a contenersi come faceva di solito, e lo stupore fu ben evidente nel suo sguardo infuocato.
Nessuno era a conoscenza dell’anello, solo la direttrice che lo aveva trovato ai piedi dell’orfanotrofio. Non aveva mai rivelato a nessun altro della sua esistenza, nemmeno a Rowlet e Logan. Era, in un certo senso, l’unico vero segreto che teneva gelosamente custodito.
Sì, forse era paranoico, ma non fino a quel punto. Quell’uomo non poteva sapere del suo gioiello, a meno che… be’, non l’avesse sempre tenuto d’occhio come sosteneva, e a meno che non avesse davvero conosciuto sua madre.
<< Chi era? >> domandò infine, con un filo di voce << Come si chiamava? >>
Il Dottore camminò in avanti e si fermò proprio di fronte all’arciere. Fatto questo, estrasse una foto dalla tasca della felpa, raffigurante un gruppo di persone, al centro della quale vi era lo stesso Signore del Tempo. La mise nelle mani del giovane.
<< Il suo nome era Ladislav. Ma come te… preferiva farsi chiamare con un soprannome: Lada. >>
Dicendo quelle parole, fu come se il Dottore gli avesse stretto un nodo attorno alla gola. Fire osservò le persone ritratte della foto.
L’uomo indicò col dito una giovane donna che lo spalleggiava.
<< Questa... è lei >> rivelò con tono sommesso.
Fire la fissò come se volesse divorarla con lo sguardo, il viso contratto in una smorfia di malinconia e rammarico.
L’incarnato di Lada era pallidissimo; più pallido di Shen, l’albino. Le labbra erano piene, rosse come il sangue. I capelli neri le scendevano fino alle spalle in un groviglio completamente disordinato, tanto da far pensare che chiunque glieli avesse tagliati probabilmente non avesse nemmeno guardato dove metteva le forbici.
Soprattutto, Lada aveva i suoi stessi occhi. Le iridi di fuoco scarlatto erano immortalate in uno sguardo accigliato e distaccato in cui si riconosceva.
<< È bellissima >> commentò Rowlet, sportosi in avanti per guardare a sua volta.
Fire trattenne a mala pena un singhiozzo.
Al contempo, il Dottore porse la mano destra in avanti, quasi come se si aspettasse che il ragazzo l’afferrasse.
<< Ci sono molte altre sorprese, mio giovane amico. Se sei in cerca di risposte... se vuoi davvero conoscere la verità sul tuo passato e su ciò che il futuro richiederà di te... devi solo venire con me, e tutto ti sarà rivelato. >>
Royal Noir strinse con forza le dita sulla foto, mordendosi un labbro, esitando per qualche istante. Poi, sollevò lo sguardo sul Dottore e sulla sua mano tesa. Non gliela strinse, tuttavia guardò il Signore del Tempo dritto negli occhi, annuendo con decisione.
Il Dottore sorrise.
<< Eccellente! Ma prima... >> volse lo sguardo in direzione del carretto << sarà il caso di restituire questa roba ai legittimi proprietari. >>
 
                                                                                                                                              * * *


Renmant - Accademia di Atlas 
 

<< Ragazzi, immagino che dopo l’ultima sera ci dobbiamo tutti delle spiegazioni reciproche >> dichiarò James Heller con tono calmo e raccolto, seduto di fronte a Kirby ed Emil lungo uno dei tavoli più isolati della mensa.
Affianco a lui, Penny annuì in accordo. La coppia di neo-cacciatori non potè fare a meno di notare che sembrava come nuova, nonostante fosse stata brutalmente ferita appena tre giorni prima.
<< Dunque, per cominciare io sono orfano. Sono cresciuto nei ghetti di Atlas, imparando a difendermi e sopravvivere per conto mio. Questo fino a quando non risvegliai la mia aura per puro caso, durante una rissa. A causa di ciò, venni notato da una sorta di... talent scout, per così dire. Mi sono guadagnato l'ingresso alla scuola militare, dove ho imparato ad obbedire agli ordini per avanzare di grado. In pochi anni ero diventato il miglior studente sulla piazza, motivo per cui, dopo essermi diplomato lì, ricevetti una visita dal generale Ironwood. Mi fece un'offerta impossibile da rifiutare >> terminò come un dato di fatto.
<< Da qui continuo io >> disse Penny, il cui solito tono allegro e spensierato era stato sostituito da una parlata fredda e determinata << Tanto per cominciare, ricordate l'incidente avvenuto cinque anni fa al porto spaziale di Atlas? >>
Emil e Kirby annuirono debolmente.
<< Ne ho letto sul giornale >> confermò il rosato << anche se non ricordo molto. Se non sbaglio, un malfunzionamento ad una delle navi che trasportava Polvere causò un’esplosione che investì alcuni Decepticon giunti per reclamare il carico. Si pensò ad un attacco da parte dei ribelli. >>
Penny annuì in accordo. << Esattamente. Tuttavia, quello che in pochi ricordano, è che le ferite riportate dai cybertroniani furono così gravi che, al fine poter prestare loro cure mediche adeguate, fu richiesto non solo l’intervento del loro popolo ma anche il coinvolgimento di alcuni dei nostri migliori tecnici. Tra cui mio padre, il dottor Geppetto Polendina. >>
Al sentire tali parole, la coppia di cacciatori non poté fare a meno di spalancare gli occhi.
Consapevole dei pensieri che intercorrevano nella mente dei compagni, la rossa continuò: << Tuttavia, in pochi erano a conoscenza dei suoi esperimenti atti alla creazione di un’anima artificiale. Mentre curava i suoi pazienti, fece diverse scansioni e analisi delle loro scintille. Una volta tornato al lavoro, provò a replicarle in laboratorio. Così, fondendo la nostra tecnologia con quella cybertroniana, parecchia programmazione e un bel po' di Polvere, riuscì a creare la prima anima sintetica della storia. >>
<< E dove si troverebbe ora quest'anima? >> chiese Emil, visibilmente interessato.
A questo, Penny sembrò esitare. << Davanti a voi. Io… sono il primo androide dotato di un'anima, e James è il mio guardiano. >>
<< COSA?! >> urlarono il fauno e Kirby all’unisono, i volti adornati da un espressione di puro shock.
Fortunatamente, a causa del chiacchiericcio della mensa, nessuno li sentì. James fece comunque cenno di abbassare la voca.
<< Era proprio quella la proposta del generale. Se avessi protetto Penny in questi quattro anni e mi fossi assicurato che nessuno scoprisse niente… be', appena uscito dall’accademia avrei ottenuto una posizione da specialista. Visto che l'alternativa era riceve un proiettile in fronte, decisi di accettare >> commentò con tono sarcastico.
Ancora scioccati dalla dichiarazione della compagna, sia Kirby che Emil ascoltarono il tutto con apprensione, lanciando rapide occhiate in direzione della…ragazza? Potevano ancora definirla tale? Interiormente, si vergognarono di una simile linea di pensiero. Vedendola così, con quell’espressione vulnerabile… be', fu un vero pugno allo stomaco.
Era un essere vivente, tanto quanto loro. Non importa il materiale di cui era fatta. Carne, metallo… distinzioni senza senso. Quella ragazza aveva dimostrato molta più compassione e spirito di squadra di molti personaggi incontrati dalla coppia durante i loro viaggi.
Non avrebbero rifiutato la sua amicizia a causa delle sue origini. Era solo…diversa. Diversa in un modo particolarmente inquietante, certo, ma non vi era nulla di sbagliato. Non quando la Galassia era già stracolma di discriminazione razziale nei confronti dei non-umani.
Per certi versi, Emil si ritrovò a simpatizzare con lei. Dopotutto, si era trovato nella stessa situazione più di una volta. Nel tentativo di risollevarle il morale, le porse un sorriso gentile.
Dopo un attimo di sorpresa, Penny fece altrettanto e ciò gli scaldò il cuore. James, nel frattempo, puntò un dito in direzione del duo.
 << Ora tocca a voi. Kirby, perché Xanxus ha nominato Meta Knight durante la battaglia? Pensavo fosse stato ucciso dal Joker anni fa in un assalto terroristico alla Nova. Ho sentito che tutti i Cacciatori di Dreamland continuano a reclamare il sangue di quel criminale e sono impegnati in una guerra senza frontiere contro le sue bande >> disse con tono freddo.
Il rosato sospirò ed Emil gli mise una mano in spalla, nel tentativo di tranquillizzarlo.
<< Purtroppo è così. Meta Knight, il precedente preside dell'accademia Nova, venne ucciso dal Joker. Secondo i rapporti ufficiali, era incappato in una pista che avrebbe portato allo smantellamento delle sua organizzazione… ma la verità è molto più sinistra >> mormorò l’adolescente, con tono cupo << Meta venne ucciso perché era segretamente un simpatizzante della Ribellione. Il Maestro inviò Darth Vader per occuparsi della cosa e assoldò l’aiuto del Joker per far sembrare il tutto un attentato terroristico. Quel giorno, trovò la morte anche Beatrice de Marchi, la mia madrina. >>
Sentendo quel nome, Penny e James inarcarono un sopracciglio.
<< Aspetta un attimo… Beatrice De Marchi era la tua madrina? >> domandò l’atlesiano, visibilmente confuso.
<< Ma lei non era nello stesso team di King Dedede, Meta Knight e Luna Earth? >> chiese l'androide affianco a lui, riferendosi al team BLMD.
<< Esatto. Era il capo della suddetta squadra >> confermò Kirby con un rapido cenno del capo.
Il cipiglio sul volto di James sembrò farsi più pronunciato. << E Xanxus ha detto che il tuo vecchio era un pipistrello, quindi.... oh, grande Oum... >>
<< Indovinato >> sospirò l’adolescente dai capelli color confetto << Sono il figlio di Meta Knight e Luna Earth. Dopo gli eventi di quella notte, Dedede inviò me e mia madre in un luogo sicuro. Nella fattispecie, il monastero dell'Ordine dell'Artiglio, visto che il padre di Emil era in buoni rapporti con il mio. È lì che ci siamo conosciuti. >>
<< All'inizio ci odiavamo >> continuò il suddetto fauno, il volto adornato da un sorriso triste << Ma poi abbiamo imparato ad andare d'accordo. E dopo un anno e mezzo di allenamenti, siamo partiti all'avventura per Remnant, in attesa di ricevere la chiamata del Dottore. >>
<< Dottore? Dottore chi? >> domandò James, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
La coppia di neo cacciatori condivise un sorriso, apparentemente ricordato uno scherzo divertente.
Kirby fu più che felice di rendere nota l’identità dell’uomo: << Colui che insieme a mio padre e King Dedede fondò la Ribellione contro la tirannia del Maestro. Io ed Emil ne siamo membri da circa un paio d’anni. Durante il nostro periodo sabbatico, abbiamo svolto diverse missioni per l’organizzazione. >>
<< Combattere il Maestro? È veramente possibile? >> fece Penny incredula.
Kirby annuì con convinzione. << Lui dice di sì, e io gli credo. Dopotutto, fin da quando lo conosco l’ho visto compiere azioni apparentemente impossibili >>
<< Quindi conosci il capo della Ribellione >> confermò James, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
In tutta risposta, il rosato rilasciò una risata divertita. << Se lo conosco?! Per cinque anni ho creduto che quell’uomo fosse mio nonno. >>
Affianco a lui, Emil ridacchiò a sua volta. Fatto ciò, volse la propria attenzione nei confronti della coppia di fronte a lui , il volto adornato da un’espressione seria.
<< Vi abbiamo detto tutto questo perchÉ vi consideriamo nostri amici e ci fidiamo di voi. Ora… che cos’avete intenzione di fare con queste informazioni? >> domandò con tono colmo d’anticipazione.
Penny e James si lanciarono una rapida occhiata. 
<< Tanto per essere chiari… >> azzardò il primo. << Ci state chiedendo… di unirci alla Ribellione, non è così? >>
<< Non so di cosa tu stia parlando >> ribattè Emil, arricciando ambe le labbra in un sorriso consapevole.
Al sentire tali parole, il sopracciglio dell’atlesiano cominciò a contrarsi.
<< Ci state mettendo in una posizione difficile >> ringhiò a denti stretti. << Non posso garantire per Penny. Qualsiasi cosa dicano il generale e suo padre, è perfettamente capace di compiere le sue decisioni. Ma io ho bisogno di tempo per pensare. Ciò di cui state parlando… è tradimento. >>
<< Eppure, non sembri molto disturbato da questa eventualità >> osservò Kirby.
L’adolescente si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Non ho mai avuto amore per il Maestro e il suo governo. Ciò che ho fatto l’ho sempre fatto con un unico scopo in mente: sopravvivere. >>
Puntò un dito in direzione della coppia.
<< E non ho alcuna intenzione di rischiare tutto per lanciarmi in una crociata idealistica contro l’uomo più potente della Galassia. Sono stato chiaro? >> 
Kirby ed Emil annuirono comprensivi e la discussione finì lì per lì. Fu una lunga settimana. E poi, un mese dopo, vennero chiamati nell'ufficio del generale Ironwood.
<< Buongiorno, prof >> esordì Emil che, pur rispettando l’uomo in questione, detestava usare onorifici militari.
Il preside mantenne un’espressione impassibile, non dando alcun segno di essersi offeso.
<< Salve, professore >> imitò Kirby, seguito rapidamente da Penny e James.
<< Buongiorno, generale. >>
<< Buongiorno, signore. Posso sapere come mai ci ha chiamati? >> domandò l’atlesiano, utilizzando la sua solita voce calma e rispettosa.
Il militare si limitò ad annuire.
<< Buongiorno, ragazzi. Volevo parlare con voi delle votazioni ottenute negli ultimi mesi in addestramento pratico. Non dovete preoccuparvi >> aggiunse rapidamente, osservando le espressioni allarmate degli studenti << Non vi ho portati fin qui per una critica, tutt'altro. Visti i vostri incredibili risultati, avevo intenzione di candidarvi tra i rappresentanti di Atlas per il Vytal festival. Che ne dite? >>
Il gruppo ovviamente fece i salti di gioia, al pensiero di essere stati scelti per il torneo junior più importante di Battleground. Ma mentre loro erano intenti a congratularsi l’uno con l’altro… dall’altra parte del pianeta, nella città di Vale, stava per verificarsi qualcosa di decisamente più sinistro…
 
                                                                                                                                         * * *
 
Maggie piazzò il piatto di polpettone, specialità del giorno, sul bancone davanti a Scott Owens, da sei mesi orgogliosa guardia di sicurezza della periferia di Vale, per poi versargli un’altra tazza di caffè.
Maggie sapeva che era a dieta e quindi aveva sostituito il contorno di patate, verdure miste e pane di mais con un’insalata, servita con salsa ranch light a parte in una ciotola. Owens aveva perso venti chili e lei era decisa ad aiutarlo a buttare gli ultimi cinque in tutti i modi.
L’uomo non prestò quasi attenzione al cibo, il gesto con cui se lo portava alla bocca era dettato più dall’abitudine che dalla fame.
Alla nascita del bambino, sua moglie avrebbe dovuto lasciare il lavoro, e lui stava cercando di capire se era in grado di provvedere a tutti e tre con il suo misero stipendio. Metà delle loro entrate sarebbero sparite nel giro di appena quattro mesi, mentre le spese erano destinate a crescere in maniera esponenziale.
Perso nei suoi pensieri, non si accorse delle dita che gli picchiettavano sulla spalla, finchè il movimento non si fece insistente e una voce dal tono spaventato attirò la sua attenzione.
<< Agente? Agente? >>
La voce salì di tono, sempre più stridente. L’uomo che gli picchiettava la spalla era sulla trentina, vestiva in modo informale e aveva un’espressione molto preoccupata mentre indicava un puntò all’estremità opposta del ristorante.
<< Quel tipo là… si sta comportando in modo strano >> borbottò a bassa voce.
La suddetta persona, seduta in fondo alla sala, gli voltava le spalle ed era nascosta dietro le pagine di un giornale. Il suo atteggiamento, in effetti, appariva abbastanza strano da spingere Owens a controllare.
Il giovane agente si avvicinò, si fermò di fronte all’uomo per poi indietreggiare bruscamente per lo stupore. Quello… non era un uomo. 
Spostandosi, Owen inciampò e si ritrovò immerso in una specie di incubo inconcepibile. Si girò, esaminando con lo sguardo il resto della tavola calda.
<< Che accidenti? >>
Di colpo, si rese conto che non c’erano più esseri umani tra i clienti: erano qualcosa d’altro e si muovevano, alcuni strisciavano, addirittura, come se niente fosse.
Owens si sfregò gli occhi. Non poteva essere vero, ne era sicuro. Quando li riaprì, le figure erano davanti a lui. Si guardarono le une con le altre come se notassero, e finalmente capissero, cosa si era impossessato di loro.
La tavola calda di Maggie, adorata dalla gente del posto tanto per l’abbondanza delle portate di cucina casalinga quanto per i prezzi bassi, era piena…di mostri! 
E i mostri si misero a gridare all’unisono.
Owens cercò la pistola, ma al posto della mano aveva delle chele da aragosta, e così gli fu impossibile impugnarla. Le figure correvano avanti e indietro in preda alla confusione. Agitavano incuranti le braccia, che a volte non erano che tentacoli, finendo per attaccare chiunque, o qualunque cosa, fosse vicino. E le grida non facevano che aumentare di intensità. Poi, si ritrovò sopraffatto dalle creature.
A pochi passi da quella macabra scena, il criminale noto come lo Spaventapasseri osservò con fare indifferente il corpo raggomitolato della guardia. La tossina della paura aveva funzionato alla perfezione, come sempre.
Attorno a lui, giacevano le figure stordite dei restanti clienti. Dopo una rapida panoramica del locale, l’uomo afferrò un com-link dalla tasca dei vestiti sgualciti e se lo portò alla maschera composta unicamente da un sacco di juta.
<< Joker… il pacco è stato recapitato. Siamo pronti a muoverci. >>



Com'era? Spero bello.
Preciso che la donna della foto iniziale è la madre di Fire.
Spaventapasseri è un villain appartenente all'universo fumettistico DC. Più precisamente, è un famoso avversario di Batman. 
Ecco un'immagine: 
https://www.google.it/imgres?imgurl=https://www.thepatriots.asia/wp-content/uploads/0-608.jpg&imgrefurl=https://www.thepatriots.asia/bagaimana-gas-scarecrow-berfungsi/&h=1006&w=1916&tbnid=9cDPTNjsTvStlM&tbnh=163&tbnw=310&vet=1&docid=q_H784hgBsTfpM

 
  
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