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Autore: Malveria92    04/06/2018    0 recensioni
La scena che ci trovammo davanti era una delle più disgustose che avevo mai visto: al centro dello spiazzo c’era un mucchio di cadaveri in decomposizione, ricoperti di bava appiccicosa. La pelle rimasta sui loro corpi si staccava e scivolava a terra facendo suoni disgustosi e gli occhi, per chi ne aveva ancora, erano bianchi e vitrei oppure vuoti e pieni di piccoli vermi rosei.
Tutti morti con il volto sfigurato dalla paura.
Ne contammo quindici, almeno di quelli che riuscivamo a vedere e due probabilmente facevano parte dell’ultima squadra entrata...
Il destino di un ragazzo che nasce dal fuoco, un Vecchio che vuole dare speranza a chi non ne ha più, l'inizio di un'avventura che porterà Liam in tutte le terre di Avelod per cercare il modo di spezzare la maledizione che rischia di farlo scomparire per sempre. Nella sua strada intrisa di odio e vendetta, incontrerà un'altro destino che è strettamente legato al suo...
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando si arriva in una città, ci si aspetta di scorgerla, di vederla da lontano o di notare almeno un edificio.
Niente di più sbagliato.
L'entrata era un enorme muro di roccia.

- Scusa Vecchio, ma quando dici che siamo arrivati, che cosa intendi?

Lui non mi rispose, continuava a camminare in avanti andando verso la montagna.
Soltanto quando arrivammo a pochi passi dalla barriera, scoprii il trucco. Un gioco di luci e ombre nascondeva l’entrata, come mettere un foglio davanti all’altro lasciando lo spazio in mezzo.
Superata una corta galleria, varcammo un grande portale di ferro con delle incisioni risalenti a chissà quante ere fa.
Davanti a noi si aprì un enorme piazza, quella del mercato. Delle guardie mal armate ci fecero un paio di controlli superficiali per poi farci passare.
Sembrava di essere entrati in un pentolone.
Eravamo circondati dai monti, sulle pareti erano stati scavati gli edifici, se si potevano chiamare così una serie di buchi nelle rocce, raggiungibili da due grandi salite ai nostri lati. Non tutte le loro porte arrivavano però all’altezza della strada, molte erano più in alto. Delle scale di legno permettevano di entrarvi e un sistema di pulegge, usato per portare in casa cibo, oggetti, bambini e vecchi, ornava tutte le pareti. Su in alto, proprio al centro di quella mostruosità si affacciava il profilo di un’enorme villa grigia.
La piazza era un posto gigantesco, brulicante di gente e di mercanti che, gridando la bellezza dei loro prodotti, tentavano di attirare acquirenti. I bambini correvano e giocavano tra le bancarelle mentre gli adulti li guardavano con fare divertito.
Poi mi resi conto che i miei occhi non potevano ingannarmi più di così.
Appoggiati ai muri, c’era una fila di povera gente che chiedeva l’elemosina, i bambini che a prima vista sembravano giocare, erano in realtà dei ladruncoli che cercavano di rubare qualche spicciolo nelle tasche altrui. Guardandomi ancora intorno, notai che quelle persone con abiti suntuosi passeggiavano tra le bancarelle, ma non compravano nulla se non il pane. I mercanti si sgolavano disperati raccontando di oggetti preziosi, di stoffe provenienti dalle Isole del Sud e di spezie mai sentite, senza alcun risultato. 
- E' solo questione di tempo prima che i commercianti non facciano più tappa qui- notai in tono lugubre.

- Non solo questo – il tono di Catus era più triste del mio- anche i cittadini se ne stanno andando.

- Beh perfetto, ora da che parte si va?- chiesi.

Il vecchio non mi rispose ma condusse il carro verso una delle due salite. Era sempre stato un uomo di poche parole.
Lungo la via lastricata di pietre scure non notai nessuna pianta, nessun cespuglio, niente che poteva ricordare il colore verde. Mentre il nostro cavallo continuava a trascinare la merce, mi affacciai al muretto sulla sinistra, sotto di me si apriva lo spiazzo che avevamo appena superato, neanche lì notai nulla che aveva una sfumatura differente dal marrone o dal grigio.
Quando ripresi il cammino, lungo la via contai più donne che uomini. Queste avevano gli occhi rossi, infossati e il senso di perdita che gli riempiva lo sguardo.
Il baratro che avevo dentro gioì. Si gonfiò tanto che quasi costrinse la mia anima a farsi da parte.

- Non è un po’ cupo questo posto? Non c’è l’ombra di un albero!
- Semplicemente perché non c’è terra. – Catus non sembrava convinto della sua stessa affermazione.

Come dargli torto? Anche se lì non c’era terreno, Alisia era circondata da una foresta! Anche se fosse stata considerata sacra, un po’ di terra si poteva sempre prendere per fare qualche vasetto. Un piccolo orto per una famiglia povera sarebbe stato la sua salvezza. Così feci notare i miei dubbi al vecchio e lui mi rispose che non ero stato il primo ad aver avuto questa brillante intuizione.

- Mi sembrava strano che io fossi l’unico con po’ di sale in zucca… ma allora perché non metterla in atto?
-  Il Tempio di Acaun non lo permette.

Di nuovo gli Dei.

- Cosa c’entra adesso Acaun?

Acaun, colui delle rocce, è il Dio delle pietre, dei minatori e delle gemme…insomma il Dio di qualunque cosa si trovi sotto terra o sia un sasso.

- Non so bene di preciso il motivo, ma il Credo lo vieta – anche Catus, per quanto più devoto di me, aveva i suoi dubbi.
 
- Che stupidaggine – sussurrai tra me e me.

Non coltivare cibo perché un Dio qualunque dice che non si può fare. Nelle strade non si vedeva neanche un pollo o un’oca o un qualsiasi animale da cortile, scorrazzare felicemente. Non si potevano allevare neanche quelli?
Mentre la mia testa percorreva una strada tutta sua, delle campane iniziarono a suonare e il nostro carretto si fermò davanti ad un gruppo di fanatici in preghiera. Eravamo arrivati davanti al tempio dedicato al Dio dei “sassi”, come mi piaceva chiamarlo.   

Di tutti gli elementi
la Roccia è la più solida, ferma e concreta.
La sua presenza reale, piena,
splende nei metalli e nelle gemme.
Madre di tutti i minatori
Che scavano nel suo ventre.
Acaun, Dio delle Pietre
Proteggi i tuoi figli instancabili.
Acaun, Dio delle Gemme
Proteggi i tuoi figli instancabili.
Acaun, Dio delle creature rocciose,
Proteggi i tuoi figli instancabili.
 
Un sacerdote con una lunga tonaca grigia, guardava il terreno guidando i fedeli alla preghiera da sopra la scalinata del santuario.
 Avevo i brividi.
Trovato un passaggio, ci allontanammo da quella scena, non senza aver ricevuto qualche brutta occhiata da tutte le vecchiette nelle vicinanze per il rumore che facevano le ruote del carro sul selciato.
Non potevo pensare che le persone credessero ancora a queste cose assurde! Nessun Dio verrà mai in nostro aiuto! Nessun Dio si era presentato quella notte sei anni fa! Nessun Dio aveva aiutato un ragazzino di dieci anni a salvare sua madre! Se gli Dei esistessero veramente, di noi non gliene importava proprio niente! Avrei voluto rubare il "podio" al sacerdote e mettermi a urlare: Se volete che i vostri uomini tornino, allora scendete lì sotto a cercarli! Non statevene lì a piangere, perché se credete che l’aiuto vi cada dal cielo, non ne usciranno mai!
Non dissi niente per quieto vivere e perché avrei rischiato il linciaggio.
Quel vuoto che avevo nell’anima si allargò ancora, spinto dal desiderio di deridere quella gente, spinto dalla voglia di vedere le loro facce disperate e infuriate, spinto dalla smania di far perdere loro la fede… come l’avevo perduta io.
Un lampo nero attraversò i miei occhi chiari, per sparire poi nelle profondità del mio essere.
Catus non si accorse di nulla. Respirai a fondo.
- Siamo arrivati?
Eravamo davanti alla grande villa che avevo visto dal mercato. Di là dal cancello di ferro, dopo un breve viale decorato da sassi di varie sfumature di grigio, sbucava dalla parete di roccia la facciata della casa. Dava come l’impressione che fosse stata divorata dalla montagna.
Due guardie ai lati dell’inferriata ci fermarono.

- Mi spiace signori ma questa è proprietà privata – ci disse un ragazzo sui vent’anni con fare importante.
- Senza invito del Signore non si può passare – gli fece coro l’altro, gonfiando il petto, già troppo gonfio per essere quello di un uomo.
- Noi abbiamo l’invito – Catus si presentò per poi dar loro la lettera con il sigillo.
- Aspettate qui, vado a informare il Lord – detto questo, la guardia bassa e tarchiata passò da una piccola porticina, trotterellando verso la villa.

Mezz’ora più tardi lo vedemmo tornare da noi correndo.
- Falli entrare presto! – urlò con il fiatone - Sono persone molto importanti!

Mentre il nostro cavallo si riposava in una stalla tutta sua, noi fummo accompagnati nella villa, dove per la prima volta da quando eravamo arrivati ad Alisia, vidi altri colori oltre il grigio.
Le pareti erano tappezzate di arazzi, alcuni rappresentavano battaglie in cui spiccava il rosso del sangue, altri invece paesaggi in cui dimostravano la loro importanza il verde delle colline e l’azzurro del cielo.
Entrati nella biblioteca la prima cosa che mi colpì fu il forte profumo di pergamena. Ci fu chiesto di aspettare perchè il Lord era a una riunione importante del Concilio di Alisia, così curiosai in giro.
La stanza non era molto grande ma in compenso era accogliente e fresca, il soffitto era altissimo e gli scaffali, che ospitavano una quantità paurosa di tomi, lo raggiungevano tranquillamente. Un unica grande vetrata che occupava la metà superiore di una delle pareti, illuminava il locale, aiutata da un interessante marchingegno, probabilmente creato dai nani, che grazie ad una serie di specchi aumentava la luce e permetteva anche di direzionarla. Su l'unica parete libera, qualla dove si affacciava un elaborato caminetto c’erano affissi i quadri di famiglia. Avrei scommesso che quel personaggio appeso proprio al centro del muro fosse Amarco Litanus, mentre quello più vicino gli scaffali…

- Questo sei tu? – Un uomo sui trent’anni mi guardava dal dipinto che avevo di fronte. Non potevo sbagliarmi. Era Catus o un suo parente con gli stessi occhi scuri e la stessa espressione da “devi fare più di così per battermi”.

- Mh –

Che risposta era, Mh? Che ci faceva lui tra i dipinti della famiglia Litanus? La sua barba nera, come i capelli, era curata, i vestiti puliti e ricercati. Non l’avevo mai visto vestito così elegante.
Chi era Catus? Perché un uomo che aveva fatto il mercenario, aveva un dipinto appeso nella biblioteca di un nobile? O meglio ancora, perché un nobile doveva appendere la faccia di Catus, dove la poteva ammirare tutti i giorni? L’arrivo di Litanus non mi permise di fare domande.

- Benvenuti! Catus sono anni che non ci vediamo! – i due si abbracciarono come fratelli.

Non mi ero sbagliato, il quadro appeso sul camino raffigurava proprio il Signore di Alisia.
Era un uomo alto e slanciato. La sua camminata, così fluida, aveva un che d’inumano. I capelli lunghi e chiari che erano legati ad arte, con un nastro verde, gli scoprivano le orecchie leggermente appuntite. Un mezzelfo?
 Gli occhi uno color foglia e l’altro color terra confermarono la mia ipotesi. Le mezze razze pure hanno sempre le iridi di colore diverso.

- Amarcus, è un piacere rivederti. I tuoi figli come stanno?

- Verto sta controllando le entrate alle miniere e sua sorella Ande credo stia allestendo una piccola mensa. Catus, mi dispiace molto incontrarci in un momento simile, ti chiamo sempre e solo in mio soccorso. Ti chiedo scusa.

Forse il Vecchio era su quelle pareti per qualcosa che aveva fatto? Stavo facendo congetture, me ne rendevo conto, ma come si poteva ascoltare un discorso sapendo i fatti a metà?

- Non devi preoccuparti, sono sempre disponibile per aiutare un amico. Dimmi allora, quale consiglio vorresti da questo vecchio? –

- Sediamoci – disse indicando tre poltrone – ma prima di cominciare il discorso, potrei sapere chi è questo giovane? – chiese facendo un cenno verso di me.

La sua voce era morbida e melodiosa come una canzone che ti entrava nell’anima, facendoti rilassare…questo se avesse trovato la mia anima. Ciò che sentii fu solo fastidio.

- Oh, molto piacere. Mi chiamo Liam e sono l’apprendista di Catus, chiedo scusa per il disturbo – risposi io inchinando leggermente la testa come nulla fosse.
 Sembrava sorpreso?

- Liam di…? – normalmente ci si presenta specificando il luogo di nascita; chi non sapeva quale fosse indicava solo la regione in cui era cresciuto.

Il mio villaggio era stato distrutto e gli abitanti dovevano essere tutti morti, io compreso. Non volevo far sapere che ero l’unico Blez rimasto sul Continente, sarei stato additato come demone portatore di sventure. Inoltre, se come sosteneva Catus, qualcuno teneva d’occhio le macerie, non sarebbe stata una cosa intelligente sbandierare ai quattro venti che c’era un sopravvissuto.
Avrei rovinato l’effetto sorpresa.

- Liam della Regione Boscosa, signore. I miei genitori erano dei mercanti, sono morti anni fa in un’imboscata di briganti – era una bugia ma con solo un pizzico di verità.

- Benvenuto nella mia casa Liam della Regione Boscosa, deve essere stato difficile crescere senza una madre e un padre. Sono certo però che Catus si sia preso molto cura di te – forse la mia frottola l’aveva ingannato e non approfondì oltre la questione. Inoltre, chiedere informazioni a un ragazzo che teoricamente non ne aveva, era controproducente.
- Non so quali notizie vi sono giunte su questa faccenda, quindi racconterò tutto dal principio – Litanus si sedette sulla poltrona centrale indicandoci le due rimaste e iniziò – All’incirca un anno fa verso Maggio, quando le giornate iniziavano a scaldarsi, improvvisamente scomparvero tutti i minatori che si trovavano all’interno delle gallerie. La gente che stava andando in preghiera e era nelle vicinanze, raccontò di aver sentito delle urla terrorizzate, ma quando sono accorse sul posto, non trovarono nessuno. Io e mio figlio organizzammo dei gruppi di ricerca, uomini grandi, forti e coraggiosi. Devi sapere, Liam della Regione Boscosa- e mi squadrò ben bene - che la nostra famiglia, o meglio questo ramo della nostra famiglia, è molto legato ai suoi operai e ai suoi artigiani. I nostri lavoratori sono con noi da molte generazioni e li conosciamo tutti per nome; capirai quindi la nostra preoccupazione. Ande cercò di tranquillizzare le mogli e i figli dei dispersi mentre noi iniziammo le ricerche. Passarono i giorni, ma non trovammo nessuna traccia, nessun indizio su ciò che poteva essere accaduto loro – il suo tono divenne tagliente e come se volesse fare a pezzi il resto del racconto, continuò -.
Mi ricordo bene quella mattina in cui, mentre stavo studiando le mappe delle miniere, segnando i posti già controllati, accadde la seconda disgrazia… il suono delle campane non coprì del tutto le grida dei soccorritori. Nessuno di loro tornò più in superficie. Questa è tutta la storia che si narra nel Continente. – Fermò il racconto per ringraziare il maggiordomo che ci servì un infuso di erbe.

Amarco bevve un lungo sorso della bevanda calda e ci guardò, aspettando forse una qualche teoria.

- Sì, in effetti, noi sappiamo la storia fin qui, circa. Come hai detto tu, Amarco, questo è ciò che conoscono tutti. Avendo poche informazioni però non posso fare congetture, quindi continua pure il tuo racconto – Per quanto ad un occhio poco esperto poteva sembrare rilassato, per chi lo conosceva da molto tempo era facile notare l’attenzione e l’arguzia in quegli occhi scuri.

Catus sembrava sorprendentemente a suo agio con quella tazzina fragile in mano. Io, d’altro canto, non ero mai stato educato per sedermi elegantemente su una poltrona spaziosa, sorseggiando bevande provenienti da chissà quali terre lontane. Sembravo un pezzo di legno adagiato sui cuscini. Tenevo la schiena dritta e le spalle rigide, neanche fossi diventato una statua.

- Molto bene. Io e Verto, che ci raggiungerà credo tra poco, chiedemmo al nostro personale più qualificato se fossero stati disposti a scendere nelle gallerie per cercare altri indizi.

- Quando intendi personale qualificato, vuoi dire i Cacciaprede? – domandò il Vecchio.
I Cacciaprede sono dei cacciatori di taglie, non solo umane e di altre razze, ma anche di bestie pericolose. Nella Regione Desertica era pieno di queste figure ed erano le più in gamba che potevi trovare. Nelle miniere di solito svolgevano il lavoro di controllori, in altre parole verificano che, scavando nuovi cunicoli, non ci s’imbatta per sbaglio nella tana di qualche animale.

- Esattamente, amico mio. Non delusero le nostre aspettative e scesero a coppie. Ben presto iniziarono a segnare e catalogare le impronte. Passarono i giorni e i Cacciaprede sembravano sempre più preoccupati. Dissero che qualunque cosa ci fosse lì sotto, strisciava, inoltre furono ritrovati dei solchi sulle pareti ma tutto questo, comunque, non permise loro di identificare la bestia – I suoi occhi si appannarono, mentre si fissava le mani – Purtroppo, un giorno non risalirono.  Aspettammo lì fuori fino a sera ma non si vide nessuno. Non ci furono grida questa volta, così non ci rendemmo subito conto della gravità della situazione. Perdemmo nelle gallerie ventitré brave persone, in totale – Bevve un altro sorso del suo infuso e continuò – Da quel giorno i sacerdoti di Acaun etichettarono gli episodi come volontà del Dio e condannarono chiunque provasse a entrare nel suo territorio. Ci fu una piccola rivolta dove, alcuni cittadini, chiesero a gran voce che l’Alto Sacerdote Caddos entrasse a far parte del Concilio di Alisia. Non ho potuto far altro che accettare. Ci sono molti suoi sostenitori in paese e avevano paura che questi avvenimenti fossero legati alla furia del Dio. Sono convinti ancora adesso che se nessun lo disturberà, Acaun rilascerà gli uomini che ha intrappolato nel sottosuolo. Questo pensiero comune, non mi permise più di fare nessun passo avanti.
La storia fu seguita da un silenzio carico di significato, dove ognuno di noi era immerso nei suoi pensieri. Per quanto riguarda i miei, erano pochi ma avevano tutti lo stesso stampo: Perché Catus mi aveva fatto venire? Non potevo essere andato a Blez da solo? Cosa me ne importava se un gruppo di gente che non conoscevo si era incastrato in qualche buco? Mi dovevo interessare a una manciata di tipi fanatici che mugugnava una volta a settimana?
No.

- …. Aspetta, una volta a settimana? – mi alzai e cominciai a fare avanti indietro nella stanza.
Normalmente i sacerdoti riuniscono i credenti solo quattro volte al mese in un giorno stabilito. Litanus stava per dirmi qualcosa, ma Catus alzò la mano verso di lui facendo segno di aspettare, mentre mi fissava incuriosito.

- …ci sono state tre sparizioni…se tutte e tre erano nello stesso mese, allora forse…- mi fermai e guardai il nostro ospite negli occhi – Signor Litanus posso farle una domanda?
In quel momento, il maggiordomo aprì la porta e fece entrare Verto Litanus.

- Chiedo scusa per il ritardo – s’inchinò educatamente a noi, poi solo a Catus aggiungendo – Maestro, è un piacere rivedervi, anche se avrei preferito che le circostanze fossero state diverse – poi, come se nulla fosse, mi si avvicinò porgendomi la mano.

Avevamo circa la stessa età quindi la cosa che mi sorprese, non fu il suo modo di presentarsi, ma il fatto che un nobile volesse stringere la mano a una persona socialmente inferiore a lui.

- Piacere di conoscerti, io sono Verto Litanus, primo genito di Amarco Litanus, erede della casata del Falco. – La sua presentazione sminuì molto la mia.

- Piacere mio, il mio nome è Liam della Regione Boscosa – e aggiunsi – figlio di mercanti – poi non mi venne altro e i convenevoli morirono lì.
Verto era tutto suo padre, alto e slanciato e con la stessa furbizia nello sguardo. Anche lui portava i capelli legati in una coda bassa, ma erano scuri, color cioccolato, lo stesso degli occhi. Le orecchie erano quasi normali e la sua voce non mi aveva fatto lo stesso effetto di quella di Amarco, dedussi quindi che la madre fosse umana. Prese una sedia con i braccioli e si accomodò vicino a me.

- Bene, Liam della Regione Boscosa – iniziava a darmi fastidio il fatto che Amarco puntualizzasse sempre “Della Regione Boscosa”, sembrava dirlo ironicamente – continua pure, quale domanda volevi pormi?- ma ancora una volta non riuscii a chiedere nulla.
Il maggiordomo, nuovamente, si presentò alla porta e con un inchino, chiese il permesso di parlare liberamente. Sembrava molto agitato.

- Certo Breto, qui siamo tra amici fidati.

- Sì Signore. Il sovraintendente delle ricerche, che il signorino Verto aveva già ammonito di non tornare alle miniere è qui. Dice che è successo di nuovo un incidente, Signore.

- Fallo entrare – Amarco gli fece segno di andare e poco dopo arrivò il sovraintendente.

- Buon giorno Signori – disse con un piccolo inchino - Chiedo a Sua Signoria il permesso di parlare liberamente – Era un ometto piccolo, calvo e spaventato.
Dopo che gli fu concesso di spiegarsi fece un gran respiro e raccontò di quella mattina con voce tremante.

- Circa un’ora e mezza fa, io e un mio gruppo di amici, abbiamo aspettato che il Signorino finisse i suoi giri di controllo alle miniere. Chiedo perdono, Signore ma quattro Cacciaprede sono entrati seguendo le mie indicazioni. Abbiamo preso tutte le misure di sicurezza possibili: li ho legati alla vita in modo che non potessero perdersi, ogni trenta minuti tiravo le corde e loro mi rispondevano, confermando che andava tutto bene. Pregai il Dio Acaun di aiutarci nelle ricerche e di proteggere tutti quelli che erano nelle gallerie. Dio chiedo scusa! Signore chiedo scusa! – L’uomo in preda ai singhiozzi iniziò a piangere e s’inginocchiò a terra, con la testa che toccava il pavimento.

-            Di tutti gli elementi…snif
             la Roccia è la più solida, ferma e…e concreta.
             La sua presenza reale, pie…piena,
             splende nei me…metalli e nelle gemme…snif
             Madre di tutti i mina….i mina…i minatori
             Che…che scavano nel su…suo ventre.
             A….Acaun, Dio delle Pietre
            Prote…ggi i tuoi figli in…instancabili.
            Aca…aun, Dio delle Ge…mme
           Proteggi i tu…tu..tuoi fi…fi…fi…figli instanca…abili.
           A…Acaun, Di…Dio delle creature rocciose,
           Prote…eggi i tu…tu…tuoi figli instancabili.
 
Tra i singhiozzi e le lacrime, neanche il Dio Acaun poteva riconoscere la sua stessa preghiera. Pregare, comunque, non avrebbe aiutato nessuno.
Amarco e suo figlio si alzarono e andarono dall’uomo.

- Redda dimmi cosa è successo. Verto prendigli un bicchiere d’acqua!
Quando si fu calmato, circa venti minuti dopo, sotto richiesta del Lord di Alisia, Redda continuò a raccontare l’accaduto.

- Finito di pregare tirai la prima corda ma non ci fu risposta, Signore! Non ci fu risposta! Continuai a tirare ancora ma niente! Provai con la seconda, la terza e poi la quarta, senza alcuna risposta, Signore! Nessuna risposta!  Sono rimasto lì per mezz’ora strattonando le funi, finché una dell’estremità non mi è tornata indietro – La sua barbetta caprina tremò e iniziò a urlare disperato - Il Dio Acaun mi punirà, Signore! Sì, si! Mi punirà per non averlo ascoltato! Per colpa mia…si è adirato e…punirà tutti, Signore! – prese il cavo che aveva appeso alla cintura e lo passò con mani tremanti a Verto – Nessuna risposta, Signore! Nessuna! Il Dio ci sta punendo, Signore! Sì, sì! – Amarco suonò un campanello e arrivò prontamente Breto che sorresse premurosamente l’uomo impazzito.

- Dagli una stanza e chiama il medico. Chiedi alla cuoca di preparargli qualcosa di caldo e portagli ancora un po’ d’acqua. Per piacere, resta con lui finché non si sarà calmato – il Lord sembrava molto preoccupato.
Quando fummo di nuovo soli, Verto esaminò la fune: era stata tagliata con un coltello, non strappata o morsa.
Che cosa poteva significare?
Sicuramente nulla di buono.

- Questo non è un buon presagio – disse Amarco indicando la corda - forse i Cacciaprede hanno dovuto sganciarsi perché non potevano tornare indietro?

- Signore – iniziai io.
Il mezzelfo e il figlio mi studiarono, valutando se era il momento opportuno per darmi credito; fortunatamente Catus mi venne in soccorso.

- Liam a che cosa stai pensando?

- Gli incidenti sono avvenuti tutti nello stesso mese? – chiesi.

- Credo di sì, più o meno tutti a Maggio, in seguito non abbiamo più potuto mandare nessuno.

- Si ricorda quanto tempo è passato tra un accaduto e l’altro?- avevo ricominciato a fare avanti e indietro, fissando il pavimento.
 
Ero agitato.

- Non sono state consecutive, se è questo che intendi. Non tutti i giorni la gente scompare! – Verto, guardandomi, aveva perso la calma.
- La mattina che sparirono i Cacciaprede, era il giorno di Acaun? – chiesi fermandomi all’improvviso.

Alzai lo sguardo e lo puntai su padre e figlio.
- Come fai a sapere che era mattina? – mi chiesero increduli.
   
 
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