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Autore: lmpaoli94    04/06/2018    2 recensioni
Correva l’anno 1917.
Mario aveva appena compiuto 21 anni.
Un compleanno destinato a trascorrerlo sulle pendici del Carso.
Il freddo pungente gli oltrepassava i capelli.
I ricordi di una famiglia destinata a rimanere tali.
Doveva combattere una guerra.
Doveva combattere per la patria.
Ma quella sera era diversa.
Diversa perché quella sera avrebbe trovato il suo “angelo caduto dal cielo”.
Ma cosa sarebbe successo se il suo angelo l’avesse portato a limiti che credeva di non oltrepassare mai?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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La valle a sud di Caporetto era costituita da poche case.
La maggior parte erano disabitate a causa della guerra.
«E se ci rifugiassimo qui?» domandò Germano indicando una locanda.
«Va bene. Così almeno mangeremo qualcosa» rispose Mario.
«Ben detto.»
Il locale era piccolo e molto confortevole.
Non c’era un’anima viva.
Erano completamente soli.
«C’è nessuno?»
Un uomo anziano di circa settant’anni si avvicinò ai due soldati.
«Non avrei mai creduto che qualcuno potesse rimettere piede qui dentro.»
«Buonasera… Lei è il proprietario?»
«Finché il buon Dio non mi vorrà tra sé, sì.»
«Non è che ci potrebbe sistemare in qualche alloggio?»
«Ragazzi, questa è una locanda. Non è un posto in cui dormire.»
«La prego. Abbiamo bisogno di un posto in cui passare alcune notti.»
«A noi va bene qualsiasi cosa. Anche dormire per terra» fece invece Germano.
Il titolare, vedendo il disagio dei due soldati, li accompagnò negli alloggi al piano di sopra.
«Eccoci qua, sciagurati. Per tutte le notti che vorrete, potrete dormire qui.»
«La ringraziamo infinitamente» fece Germano quasi abbracciandolo.
«Pino. Il mio nome è Pino.»
«Grazie Pino.»
«Adesso riposatevi. Vi vedo molto stanchi.»
«È stata una giornata molto lunga.»
«Volete che vi porti qualcosa da mangiare? Non ho molto in dispensa. Domani andrò a vedere se nelle vicinanze posso trovare qualcosa.»
«Non abbiamo fame, grazie» fece subito Mario prima che Germano dicesse qualcosa prima di me.
«Molto bene. Buonanotte allora.»
«Buonanotte.»
Mario e Germano erano rimasti soli.
Ma soprattutto, avrebbero dormito in due comodi letti.
Erano finiti i giorni in cui dormivano nei sacchi a peli fuori nel freddo pungente delle montagne.
«Mario, perché hai detto a Pino che non avevamo fame?»
«Non l’hai sentito? Purtroppo ha poco da offrirci. E quel poco, l’avrebbe offerto a noi. Non possiamo privare il suo poco cibo che ha per sfamarci. Non sarebbe giusto.»
«Capisco.»
«Dobbiamo andare avanti a denti stretti ancora per un po’. Poi vedrai che la situazione migliorerà.»
«Come puoi dire questo?»
«Per noi la guerra è finita. Non combatteremo più. Dobbiamo solo tornarcene a casa. Partiremo domattina stessa, va bene?»
Germano mi fissava con occhi dispiaciuti.
«Germano, cosa c’è?»
«Ripensandoci bene, non so se facciamo bene a disertare…»
«L’hai detto tu, no? La tua vita è più importante della patria.»
«Sì, è vero… Ma ripensandoci…»
«Niente ripensamenti. Ormai siamo disertori. Dobbiamo fuggire da qui. Se ci trovano, finiamo in guai seri. Hai capito?»
«Sì, hai ragione… Adesso dormiamoci su. Domani è un altro giorno.»

Mario Non riusciva a dormire.
Gli venivano in mente le parole di Germano.
Lui voleva combattere ancora per la patria.
Non voleva fuggire come un codardo.
Ma perdere la vita così miseramente era troppo insopportabile.
Lo stesso valeva per il giovane soldato.
I suoi ex compagni stavano ancora continuando a combattere.
Lo sentiva dai colpi di fucile e di cannone.
«Mario, cosa ci fai ancora alzato?» domandò Germano insonnolito.
«Lo senti questo? È il rumore della guerra. La guerra che non mi fa dormire la notte.»
«Avanti, tornatene a letto. Ormai non è più affar nostro.»
Mario non ascoltò le parole del suo amico.
Preferì rimanere dinanzi alla finestra ad ascoltare quei rumori fastidiosi.
«Me ne vado un po’ fuori a prendere una boccata d’aria.»
«Con questo freddo? Vuoi per caso prenderti un brutto raffreddore?»
«Tranquillo. Ho la pelle dura.»
«Sì certo… Fai come vuoi» disse infine Germano rimettendosi a dormire.

Non c’era nessuno quella notte.
Era tutto tranquillo.
Le poche persone rimaste in quel paesino di cui Mario ignorava ancora il nome, erano tutte a dormire.
Fumava una sigaretta per non pensare a niente.
Per non pensare al suo futuro.
Ma cosa sarebbe successo?
Cosa aveva in serbo il suo destino?
Una cosa era certa: non avrebbe capito che da lì a poco gli sarebbe successa una cosa che gli avrebbe cambiato la vita.
“Che cosa sono questi schiamazzi?”
Sentiva qualcuno gridare.
Qualcuno stava gridando aiuto.
Era una voce femminile.
Girando l’angolo, Mario notò due uomini che avevano circondato una donna.
“Ma lei è…”
Mario sbiancò di colpo.
La ragazza dagli occhi celesti che aveva visto quella sera alla festa era in pericolo.
«Dacci quello che ti appartiene e non ti succederà niente di male” gli intimò uno dei due.
«No! Lasciatemi andare!»
«Molto bene. L’hai voluta tu…»
Prima che potesse succedere il peggio, Mario entrò in azione.
«Lasciatela andare.»
«E tu chi saresti?» tuonò uno dei due ladri.
«Lasciate andare quella donna o ve la vedrete con me.»
«Gira alla larga, ragazzino. Non sono affari tuoi.»
«Scommettiamo?»
Mario tirò fuori la sua pistola dal taschino, sparando un colpo per minacciare i due uomini.
Fortunatamente per lui, i due non erano armati.
«Va bene, ce ne andiamo. Ma non finisce qui»
Grazie al suo forte temperamento e alla sua pistola, Mario scacciò i due ladri.
La giovane donna che aveva visto alla festa era salva.
«Ti ringrazio. Non so cosa avrei fatto senza di lei.»
«Chiamami Mario.»
«Piacere Mario. Il mio nome è Teresa.»
«Teresa, scusami se sono indiscreto, ma cosa ci fa una giovane donna tutta sola nel bel mezzo della notte? Hai visto cosa può succedere.»
Mario guardava la donna come se fosse una bambina indifesa.
«Purtroppo devo rischiare la vita così ogni giorno per portare da mangiare ai miei genitori…»
«Capisco. Mi dispiace che tu debba passare tutto questo. Magari potresti farti aiutare da qualcuno, come ad esempio quel giovane ragazzo che ho visto alla festa…»
«Chi? Quel generale da quattro soldi? Nemmeno per idea. È solo un avido uomo senza scrupoli. E poi preferisco cavarmela da sola…»
IL freddo e il vento si stavano alzando impetuosamente.
«Forse è meglio se me ne ritorno a casa. Si sta facendo molto tardi e non voglio che i miei genitori stiano troppo in pensiero.»
«Vuoi che ti accompagni?»
«Non serve. Non voglio che tu ti disturbi troppo.»
«Nessun disturbo. Lo faccio con piacere» fece Mario con sorriso sincero «Lasciati aiutare.»
«Mmh va bene» fece la donna poco convinta.
«Non ti fidi di me?»
«Non mi fido degli uomini in generale…  poi ti ho conosciuto da poco.»
«I tuoi dubbi sono comprensivi. Ma vedrai… Una volta che mi conoscerai meglio, saprai che tipo di persona sono.»
«E cioè? Che tipo di persona sei?» fece la donna divertita.
«Credo di essere una persona molto aperta che fa amicizia con tutti.»
«Questo è vero. E poi?»
«E poi non so… Adesso non mi viene in mente nulla.»
«Una cosa è certa: sei molto simpatico.»
«Ti ringrazio» fece Mario con il cuore che non faceva altro che smettere di battere dall’emozione.

«Eccoci. Siamo arrivati» fece Teresa appena aprì la porta.
La casa di Teresa era molto piccola e umile.
Aveva una sola stanza che comprendeva ingresso, soggiorno e cucina.
Sua madre e suo padre erano seduti sulla sedia addormentati.
«Mamma, papà. sono tornata» fece Teresa con tono dolce.
«Teresa. Finalmente...»
«Scusate se ho fatto tardi ma ho avuto un contrattempo.»
«Chi è questo ragazzo?» domandò suo padre con sguardo inquisitorio.
«Lui si chiama Mario. L'ho incontrato poco fa' qui nelle vicinanze.»
«Non credevo che mia figlia se ne andasse a spasso a conoscere degli uomini sconosciuti.»
«Gennaro, ma cosa dici?»
«Papà, tu mi stai fraintendendo...»
«Figlia, ti ricordo che ho molti più anni di te... Secondo me andare a prendere del cibo per noi era solo una delle tue scuse. Ammettilo.»
«No! Non lo ammetterò mai!» gridò la ragazza «Tu non puoi mancarmi di rispetto in questo modo. Non sono una sveltina come le maggiori donne dell'alta società.»
Profondamente offesa, Teresa gettò il cibo che aveva comprato per rifugiarsi in camera sua.
Mario era profondamente imbarazzato.
Non sapeva cosa dire.
«Forse è meglio che me ne vada...»
«Scelta saggia, figliolo. E ti avverto: stai lontana da mia figlia. Lei non è fatta per te. Se si sposerà, lo farà con un generale o con un uomo ricco che la possa mantenere. Non con un soldato disertore come te.»
«Cosa...»
«Guarda che ti ho capito, sai? Tu devi essere uno di quegli uomini fuggiti dalla guerra. Sennò cosa ci faresti qui? Non dovresti essere con i tuoi compagni a combattere la Battaglia di Caporetto?»
«Con tutto il dovuto rispetto, questi non sono affari suoi.»
«Tu dici? Allora non hai nessun problema se parlo con il Generale Cadorna.»
«Gennaro, smettila!» lo brontolò sua moglie.
«Lei può fare quello che vuole. Non ho paura di niente. Se ho fatto queste determinate scelte, l'ho fatto solo per me. Non per sua figlia.»
«Quindi confessi di essere un disertore.»
Ma Mario non rispose.
Era profondamente addolorato dalle parole di quell'uomo e da come si era rivolto a sua figlia.
«Addio, signori» disse semplicemente Mario mentre stava uscendo dalla loro casa.
Ma non aveva ancora finito.
Non poteva permettere che quell'uomo gli mancasse di rispetto.
«Una cosa, signor Gennaro: lei non potrà mai permettere a sua figlia di sposare un uomo che non ama.»
«Di sicuro non permetterò che sposi un disertore come te. E adesso vattene. Non voglio più vederti.»
L'amarezza di Mario era arrivata al suo apice.
Fino a quel momento, non aveva mai conosciuto un uomo così autoritario e pieno di superbia come il padre di Teresa.
Il giovane soldato era profondamente innamorato di quella ragazza.
Ma confessarglielo subito a suo padre e sua madre avrebbero peggiorato solo le cose.
Doveva combattere per averla.
Combattere per il suo amore e per quell'impedimento.
   
 
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