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Autore: Calia_Venustas    04/06/2018    1 recensioni
Si dice che gli Dei siano tutti morti nella grande battaglia del Ragnarǫk, ma Loki, Padre delle Menzogne e di figli mostruosi è sopravvissuto e ancora si aggira, invecchiato e stanco, per il nostro mondo. Per generosità o forse per sfuggire alla noia, decide di privarsi dell'ultima mela di Iðunn, l'unico modo di allungare ulteriormente la sua esistenza millenaria, per salvare una perfetta sconosciuta da un terribile incidente che lui stesso ha causato.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
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Loki scortò Leandra sulla terra ferma, Naflgar che fluttuava alle loro spalle oltre l’orlo del precipizio.

“Aspettate qui. Stanno arrivando.”

Leandra teneva lo sguardo basso, torturando con le dita l’orlo della coperta di lana grezza in cui la bambina serenamente addormentata tra le sue braccia era avviluppata. Nonostante il gelo pungente, le guance della neonata erano rosee e tiepide.

Loki stava dicendo la verità. In lontananza, la donna poteva già udire il vorticare delle pale di un elicottero, anche se la foschia mattutina non le permetteva ancora di vederlo.

Senza aggiungere altro, il Dio le dette le spalle diretto verso l’imbarcazione e sfiorò il corrimano impartendo un nuovo ordine agli spettri rematori rinchiusi nella cambusa. Lo scafo s’inclinò verso l’alto, apparentemente privo di peso.

La donna guardò la figura scura ed emaciata dell’uomo allontanarsi con un certo senso di sollievo. Ma al tempo stesso una parte di lei stava iniziando a razionalizzare quanto prodigiosa fosse la sua situazione, quanto incredibile e terrificante fosse trovarsi al cospetto di un potere antico ed inspiegabile.

Era come se tutto il mondo le fosse crollato addosso, come se quelle che per tutta la vita aveva conosciuto come realtà e verità si fossero rivelate per le bugie clamorose che erano. Aveva paura, eppure, per un breve, raggelante istante, la presunta morte di suo marito e dell’altro suo figlio svanirono dai suoi pensieri. Aveva paura ma era contenta di essere viva, estatica perfino.

E la bambina che stringeva al petto era fortunata quanto lei. Benedetta, forse.

“Loki…?” lo chiamò con voce esile.

Lui si voltò, i suoi occhi cerulei sembravano lampeggiare all’ombra del cappuccio.

“Perché mi hai salvata?”

L’uomo in nero fu sul punto di rispondere di getto, ma poi si morse le labbra coperte di cicatrici ”Non ho bisogno di una ragione. Il caos guida la mia mano, il caso guida il mio istinto. L’ho fatto perché mi andava.”

“Capisco.” annuì lei tremando “E ti andrebbe anche di farmi un ultimo favore?”

“Credetemi, sono l’ultima persona in tutti i mondi con cui vorreste essere in debito. Non chiedetemi niente che non sono disposto a concedere, potreste pentirvene.” scandì seccamente. “Addio.”

Ma leandra non avrebbe accettato un no come risposta. Corse fino al margine estremo della scogliera, gli occhi grandi ed estatici fissi contro la nave che s’andava lentamente sollevando. Alghe e molluschi pendevano dalle sue assi rimaste così a lungo immerse in acqua, i gabbiani strillavano tutt’intorno. Loki continuava a guardarla, adesso con perplessità.

“Vorrei che fossi tu a scegliere un nome per mia figlia.”

Lui scoppiò a ridere. Una risata acuta e sgradevole. “Non sono il tuo benefattore, donna. Non sono qui per elargire miracoli.”

“Ma mi hai salvata-” cercò di obiettare lei, ma Loki la interruppe, pura irritazione adesso percepibile nella sua voce graffiante. Odiava quando i mortali si comportavano così ancor più di quanto detestava il loro sforzarsi di spiegare le cose con la loro stupida scienza. Sembrava che non ci fosse una via di mezzo, sapevano soltanto essere troppo razionali o troppo superstiziosi. “E ho anche causato l’incidente. Ho ucciso tuo marito e tuo figlio. Non t’importa?”

Lacrime pesanti tornarono a rigare le guance della donna “Non so più cosa sia importante. La tua voce mi ricorda Steven... hai i suoi capelli rossi… il dolore è scomparso e questo sapore nella mia bocca…”

Loki si accigliò. Che strana mortale, forse aveva battuto la testa quando l’auto si era rovesciata, forse era ancora troppo scombussolata per pensare lucidamente o forse la mela di Iðunn stava avendo su di lei effetti collaterali che non aveva previsto. Era una mela ormai rancida, dopotutto. Vecchia di secoli. Forse piena di vermi.

Mentre Naflgar virava, sospinta dal gelido vento del nord, Loki guardò in basso verso l’umana che continuava a fissarlo piangendo, ponderando sul da farsi.

L’elicottero si faceva sempre più vicino, la sagoma scura adesso percepibile oltre la coltre di nebbia e nubi. Doveva decidere in fretta, ma perché mai avrebbe dovuto ascoltare le suppliche di quella donna? Probabilmente l’aveva preso per una sottospecie di angelo custode o altre baggianate del genere.

Inoltre, i nomi avevano un potere terribile ed era bene non scherzarci. Conoscerli significava controllare il fato della persona in questione e dare un nome a ciò che non lo aveva equivaleva all’assegnare ad esso un posto nel mondo, così come la terribile Jotun Laufey aveva fatto con lui tanto tempo prima quando era nato dal fuoco e dal ghiaccio al confine tra Jotunheim e Muspelheim, i reami più antichi della creazione.

Sua madre lo aveva stretto al petto, piccolo, gracile e mostruoso com’era già allora, e l’aveva presentato a tutti i mondi come Loptr, Lokke, Lucky, Locke, Logen, Liuben, Lokkeràn, Lodi, Loki. Nove nomi, uno per ogni regno.

Dare un nome alle cose era indubbiamente una grande responsabilità, e a lui, le responsabilità non erano mai piaciute, motivo per cui aveva lasciato che fosse Sigyn a scegliere come chiamare i loro gemelli, Vàri e Narfi.

Anche se si trattava soltanto di “battezzare” (quanto odiava quella parola!) una bambina mortale, che sarebbe invecchiata e morta molto prima che il Padre delle Menzogne vedesse sorgere il suo ultimo giorno, Loki non aveva alcuna intenzione di influire sul suo fato più di quanto avesse già fatto.

Distolse lo sguardo dalla figura della donna in piedi sull’orlo del precipizio, ormai piccola e sfocata sotto di lui e raggiunse il timone, ruotandolo con maestria verso il mare aperto, confondendosi con la nebbia, diventando un tutt’uno con essa.

Leandra stava ancora fissando il vuoto lasciato in cielo da quel vascello spettrale quando i soccorritori la raggiunsero, procedendo cautamente lungo il promontorio coperto d’erba temendo che fosse una disperata sul punto di gettarsi nel vuoto.

La telefonata che avevano ricevuto era stata così strana che immediatamente il personale del centralino aveva riavvolto il nastro per riascoltarla, scoprendo con stupore che soltanto la voce dell’operatore era stata registrata. Chiunque fosse dall’altro capo del telefono, doveva aver usato un qualche strano dispositivo per manipolare il suono in modo da trasformarlo in un sibilo incomprensibile, eppure la centralinista che aveva alzato la cornetta era certissima di aver sentito forte e chiara una voce d’uomo.

“Signora, mantenga la calma.” esordì il capo dei soccorritori, tendendo amichevolmente una mano in direzione di Leandra che continuava, impassibile, a dar loro le spalle.

“Oh cazzo, ha un bambino con sé!” bofonchiò il pilota dell’elicottero balzando giù dal velivolo che aveva fatto atterrare a poca distanza.

“Siamo qui per aiutarla, qualunque cosa stia pensando in questo momento, le assicuro che-”

Leandra si voltò lentamente, lo sguardo fisso sulla piccola addormentata tra le sue braccia “Non ho alcuna intenzione di buttarmi.”

I soccorritori si scambiarono un’occhiata sbigottita, ma nessuno disse niente mentre la donna s’avvicinava con passo lento. Non sembrava sotto l’effetto di droghe o alcool, ma doveva aver davvero passato un brutto quarto d’ora. La maglia e i pantaloni erano sporchi di sangue secco e il vento le aveva annodato i capelli in una treccia scomposta. I suoi occhi poi, erano lucidi e grandissimi, come se avesse pianto (o forse riso) sguaiatamente per ore.

“Brava, così.” la incoraggiò il medico della squadra affiancandolese e prendendola sotto braccio per aiutarla a camminare “E’ ferita?”

Leandra scosse la testa “Sto bene.”

“Questo sangue-”

“Ho partorito.”

Il medico sbatté le palpebre, gettando un’occhiata stupita alla bambina. Il visino roseo era perfettamente pulito e la piccola dormiva placidamente, forse persino troppo placidamente. Per un istante, il medico temette che la piccolina fosse morta, ma poi s’accorse che respirava. “Quanto tempo fa?”

“Non ero cosciente. Immagino siano passate alcune ore.”

L’uomo avrebbe voluto porle altre domande, ma tenne a freno la propria curiosità ben consapevole che quello non era né il momento né il luogo adatto per un interrogatorio. Ma l’intera squadra non faceva altro che guardarsi intorno pervasa da un opprimente senso d’inquietudine, come se ci fosse qualcosa di innaturale in quell'intera situazione.

E loro ne avevano visti tanti di scenari a dir poco agghiaccianti. Salvare persone in pericolo era il loro mestiere anche se molte volte tutto quel che potevano fare era estrarre corpi freddi dalle macerie o da un relitto. Soltanto la settimana prima, il Dottor Gallagher aveva condotto personalmente l’autopsia su quel poco che restava dei corpi carbonizzati di una coppia di automobilisti rimasti intrappolati nel loro veicolo durante un tamponamento all’interno di una galleria. Era abituato ad essere testimone di eventi a dir poco terribili, a parlare con i sopravvissuti ancora sotto shock, ad ascoltare le grida dei feriti. Eppure, in quel momento, persino lui percepiva qualcosa di incredibilmente... sbagliato nella calma dimostrata dalla donna che avevano appena recuperato sul promontorio più alto dell’isola Great Skellig, separata da oltre trentacinque chilometri di acque burrascose da dove l’auto su cui viaggiava era stata ritrovata con ancora a bordo il cadavere del marito.




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NOTA DELL'AUTRICE: E così, Loki ha preso e se n'è andato! Delusi? Beh, non preoccupatevi, tornerà a farsi vivo prima del previsto e nel frattempo, Leandra avrà finalmente il tempo di rimettere in ordine le idee e decidere come affrontare il futuro adesso che la sua piccina ancora senza nome è l'unica cosa che le è rimasta. O forse no? E soprattutto, come spiegherà ai dottori e alla sua famiglia quel che è successo? Come la prenderanno? Vi anticipo anche (per i lettori maggiormente interessati all'aspetto mitologico della storia) che presto scoprirete anche un paio di cosette sul passato del nostro Dio dai capelli rossi preferito e su come e perchè s'è reso responsabile del Ragnarok tanti secoli addietro :D ci vediamo nel prossimo capitolo! - Calia
   
 
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