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Autore: la luna nera    06/06/2018    7 recensioni
In molti si chiedono se siamo soli nell'universo e molti sono quelli che si interrogano sull'origine dei cerchi nel grano. Melissa ed il gruppo dei suoi amici non fanno certo eccezione e quando un cerchio nel grano appare proprio in un terreno alla periferia della città, non possono farsi certo sfuggire l'occasione. A loro si unirà Orion, il nuovo fidanzato di Aurora, ragazzo alquanto strano e taciturno, a tal punto che sembra provenire da un altro mondo.
Chi c'è dietro a quel misterioso pittogramma? Qualcuno sta lanciando messaggi dal cielo?
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella Sala del Trono del Palazzo del Re, Kipsoron aveva convocato tutte le più alte cariche militari del suo dominio, tutti tranne il Maestro d’Armi Iersys e l’irreperibile Generale Ireon. Camminava nervosamente avanti e indietro davanti allo scranno, teneva le mani dietro la schiena sfregandole l’un l’altra fin quasi a procurarsi un fastidioso dolore. Tutti i presenti se ne stavano in assoluto silenzio aspettando che il loro leader proferisse parola. E questo avvenne dopo l’ennesimo pugno sferrato ad uno dei braccioli del Trono.
“Vi sono dei traditori fra coloro che credevo fedeli al nostro mondo.” Osservò la folla inchinata ai suoi piedi. “Io vi ordino di trovare il traditore Iersys, il traditore Ireon e il traditore Orion e di condurli al mio cospetto. Vivi o morti.”
Nessuno osò dire una sola parola, ma non fu facile assimilare un ordine tale: in fin dei conti aveva imposto di dare la caccia a compagni di grande valore, amici con cui avevano condiviso gioie e dolori. Un rifiuto, però, sarebbe stato fatale per chiunque.
“Andate!” Tuonò Kipsoron ordinando di iniziare immediatamente la caccia ai fuggiaschi traditori. Tutti abbandonarono rapidamente e in silenzio l’ampio salone, dopo aver omaggiato il sovrano con un profondo inchino. Appena fu solo, non fidandosi completamente dei suoi sottoposti, tolse la corona dalla sua testa e l’adagiò sul cuscino del trono assieme alla Tavoletta Profetica, slacciò la catena d’oro che sosteneva il prezioso medaglione che gli ornava il petto, depositando anch’esso sul cuscino. Poi spostò la tenda di velluto rosso situata dietro lo scranno, aprì una teca segreta servendosi della chiave da lui gelosamente custodita e ne tirò fuori una spada affilatissima, la cui impugnatura recava il simbolo della coda dello scorpione, quel simbolo che rivelava la sua vera identità, cioè il pericoloso Skorpion, infido figuro assetato di potere che molti anni addietro aveva inscenato la sua morte durante un inseguimento, per poter tornare in incognito e conquistare ciò che più di ogni altra cosa desiderava: il potere assoluto. La sua abilità nel leggere le stelle gli aveva permesso di manipolare le profezie a suo favore ed esporle alla popolazione in concomitanza con l’annuncio della scomparsa del Re Aunos, suo predecessore. Poi la scoperta di quella tavoletta profetica aveva confermato i suoi sospetti circa il vero predestinato. L’aveva presa e nascosta perché nessuno potesse vederla, era stata una vera fortuna per lui averla trovata prima di altri. Ed ora che il vero predestinato era di nuovo su Hilon, non poteva farsi sfuggire l’occasione di eliminarlo personalmente assieme alle due persone che conoscevano la verità.

Nel frattempo Orion si era affacciato, con molta prudenza, da uno degli oblò della navicella: in giro sembrava non esserci nessuno, ma quell’innaturale silenzio non era sinonimo di sicurezza e lui lo sapeva bene. Era certo della presenza di truppe nascoste fra la fitta vegetazione, più volte anche lui aveva dato ordini simili ai suoi sottoposti. Conosceva quelle foreste, le conosceva come le sue tasche, dal momento che gran parte del suo addestramento militare si era svolta su campo proprio perché acquisisse una perfetta conoscenza del territorio.
“Questa apparente tranquillità non mi piace affatto.” Sentenziò il Generale.
“Ci stanno tendendo un’imboscata, è chiaro.” Afferrò un pezzo di lamiera staccatosi dalla fusoliera durante l’impatto con il suolo e lo lanciò in mezzo a dei rovi: immediatamente quell’area fu invasa da una pioggia di frecce di luce che polverizzarono ogni cosa.
Giulio e Cierre, che avevano osservato tutto, sbiancarono all’istante, capendo al volo la pericolosità della situazione.
“Dobbiamo stanarli.” Dichiarò Orion, ora di nuovo in veste di Capitano. “E so come fare. Padre, copritemi le spalle.” Raccolse altri pezzi di fusoliera, realizzando con essi protezioni di fortuna ed una sorta di scudo. Poi materializzò un arco di luce con delle frecce e si buttò fuori dall’abitacolo rotolando a terra, strisciando e muovendosi con un’agilità pari a quella di un felino. Come aveva previsto, iniziarono a piovere colpi da ogni parte, colpi schivati magistralmente passando principalmente vicino ai tronchi degli alberi, sfruttando così questi ultimi come riparo e trasformandoli in bersaglio per le frecce. Si rifugiò in un anfratto del terreno in prossimità della sponda del Lago Lymni, scagliò una freccia verso la superficie lacustre, camuffò l’ingresso ed un grosso tronco sradicato con del fogliame e restò in totale silenzio, in attesa del passaggio degli inseguitori che non si fecero attendere più di tanto. Come ve ne furono in numero considerevole, Orion diede una forte spinta al tronco che, grazie alla pendenza del terreno, rotolò sempre più velocemente e piombò sul gruppo di soldati facendoli cadere in acqua. Non perse altro tempo, schizzò fuori dal nascondiglio e prese a correre verso la navetta, facendo cenno ai passeggeri di uscire e seguirlo, sfruttando il momento di distrazione delle truppe accorse sulle sponde del lago per recuperare quelli caduti in acqua. Il Generale Ireon, intanto, si era messo in contatto con il Maestro Iersys, ricevendo così informazioni utili a raggiungere un ricovero di fortuna da lui individuato, non troppo distante dal Palazzo del Re. “Dobbiamo andare. Restare a bordo della navicella è troppo pericoloso.”
“Ragazzi, mi raccomando, fate attenzione a non mettere i piedi dove ci sono troppe foglie e sterpaglie, potrebbero esserci trappole o sensori di allarme per individuare fuggiaschi e ribelli.” Orion diede precise istruzioni di sicurezza. “E cercate di procedere senza mai alzare troppo la testa.”
Iniziarono a muoversi con circospezione, con Orion a capo della spedizione e suo padre in fondo a coprire le spalle a tutti. Come furono ad alcune centinaia di metri di distanza dal velivolo spaziale, qualcosa sibilò in cielo, distrusse le cime di alcuni alberi e centrò quello che restava della navicella, riducendola dapprima ad una palla di fuoco e nel giro di pochi secondi ad un relitto incandescente. L’onda d’urto generata dall’impatto investì i ragazzi che finirono a terra e purtroppo qualcuno finì per attivare uno di quei sensori anti fuggiaschi di cui Orion aveva parlato prima.
“Laggiù!” Una voce proveniente dalla boscaglia li fece rialzare immediatamente. “Laggiù ci sono dei traditori! Hanno degli alieni con loro!”
“Che?! Alieni?!” Giulio schizzò in piedi spaventatissimo.
“Idiota!” Simone lo afferrò per un braccio trascinandolo via. “Gli alieni qui siamo noi! Via! Andiamocene subito!”
“Per di qua! Svelti!” Orion fece cenno a tutti di continuare per un sentiero abbastanza impervio che si inerpicava fra alcune rocce e molte macerie. Là un tempo vi erano abitazioni, edifici o chissà cosa. “In fondo c’è una casupola, sarà il nostro rifugio. Andate, troverete il mio Maestro d’Armi dell’Accademia Militare di Hilon, vi aiuterò lui.”
“Siamo sicuri?”
“Sicurissimi, non temete.” Poi si voltò là dove infuriava la battaglia: non riusciva a vedere suo padre nel fitto della boscaglia. Come si rese conto che i ragazzi erano oramai prossimi alla salvezza presso il Maestro, Orion andò in cerca del padre. Procedeva con circospezione, all’improvviso uno strano rumore proveniente da un rovo piuttosto fitto, lo fece sussultare: si gettò a terra, stringendo con una mano l’arco e con l’altra una freccia, pronto a difendersi qualora ve ne fosse stato bisogno. Udì nuovamente quello strano rumore, ben diverso dai colpi e le grida tipiche dei combattimenti e non riconducibile ad armi pronte a colpire. Poi qualcosa di nero sbucò fra le foglie e sbuffò. “Mavros….” Orion tirò un sospiro di sollievo. “Mavros, sei tu?” Con un agile balzo l’unicorno alato, compagno di tante battaglie, si presentò davanti al suo cavaliere, felice a modo suo di averlo ritrovato dopo tanto tempo. Orion gli andò incontro abbracciandolo, evidentemente il loro legame era ancora ben saldo e l’aver ritrovato il suo fedele amico gli infuse fiducia e coraggio. “Ehi, amico mio, sei ancora tutto intero? Non sai quanto sia felice di rivederti.” Gli accarezzava il musetto come ai vecchi tempi. “Andiamo a cercare mio padre? Che ne dici?” Mavros sbuffò allegramente e come il suo cavaliere balzò sulla sua schiena, si mise al galoppo, spiccando poi il volo presso la costa del Lago Lymni. E da lassù Orion vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: suo padre era con le spalle al tronco di un albero, circondato da una trentina di soldati fedeli al Re che gli stavano puntando contro le loro frecce. Erano troppi e per quanto valoroso fosse il Generale, non aveva potuto difendersi più di tanto contro di loro. Orion non ci pensò due volte: afferrò l’arco, lo caricò e lasciò partire, una dopo l’altra, una serie di frecce, molte delle quali andarono a segno, colpendo in modo più o meno grave quei soldati. Uno di loro riuscì ad allontanarsi e a dare l’allarme, poco dopo arrivarono i rinforzi, soldati a perdita d’occhio, troppi per due soli uomini. “Mavros! Vai!” Ordinò all’unicorno di virare in picchiata verso il basso, con lo scopo di afferrare il Generale al volo e trarlo in salvo. Il destriero riuscì perfettamente nella manovra e Orion fu capace di togliere il genitore da quella situazione non senza difficoltà. Proprio un istante prima di raggiungere una distanza sicura, una freccia colpì Ireon al braccio destro, ferendolo seriamente. Orion si voltò, rendendosi conto che il padre gli aveva fatto scudo con il suo corpo. “Tu devi vivere, figlio mio, tu solo puoi mettere la parola fine a tutta questa sporca violenza….” Il sangue sgorgava dalla ferita provocando un dolore sempre maggiore. Non era la sua prima volta, dopo tutto era un militare, però sentiva bruciare in modo strano e capì che le cose si stavano mettendo male. “Veleno…. In questa freccia c’è del veleno…”
“Cosa?!” Orion si voltò e vide che i bordi della ferita si stavano colorando di nero.
“Hanno l’ordine di ucciderti, è chiaro. Kipsoron ha capito tutto. Giurami di non farti sopraffare mai, figliolo. Giuramelo!”
“Se davvero dovrò sedere sul trono di Hilon, voi sarete con me, a qualunque costo.” Orion non voleva neanche lontanamente immaginare di dover dire addio al padre ritrovato. “Raggiungiamo il Maestro Iersys, lui sarà in grado di rimediare.”
“No!” Tossì un paio di volte. “Ci stanno alle costole e non devono assolutamente scoprire il nostro nascondiglio. E’ troppo pericoloso. Lasciami qui nel bosco.”
“State scherzando?! Si guardava attorno, mentre Mavros volava senza sosta, schivando i colpi dell’esercito. “Lassù!” Ordinò all’unicorno di dirigersi verso la cima del vulcano spento Ifasteios. “Gira intorno alla cima un paio di volte per distrarli, poi atterra!” Così fece e una volta riparati dalla fitta vegetazione, poterono scorgere la contraerea sorvolare varie volte l’area nel vano tentativo di individuarli.
“Qui una volta scorreva un ruscello.” Orion guardava con rassegnazione l’alveo prosciugato. “Anche per questo Kipsoron pagherà.” Sperava di detergere la ferita del padre con dell’acqua fresca. “Mavros, amico mio, ho ancora bisogno del tuo aiuto.” L’animale capì immediatamente ed offrì il suo corno prodigioso al padrone: lo chiuse delicatamente fra le mani, attendendo di ricevere il potere per sanare il Generale. La luminescenza che ne scaturì, si depositò sulle mani del ragazzo il quale, prontamente, la trasferì sulla ferita: il colore nero scomparve gradatamente, così come ogni forma di avvelenamento. “Bene, ora non c’è più traccia del veleno, comunque credo sia meglio che voi restiate qui a riposare, la ferita è ancora aperta.”
“Grazie, figliolo.” E fece una cosa che mai prima di quel momento aveva fatto in vita sua: abbracciò forte il ragazzo, tentando di trasmettergli tutto l’affetto che era stato sempre costretto a nascondere in passato. Il gesto colse di sorpresa Orion, proprio non se l’aspettava, però era bello, caldo e rassicurante, per la prima volta ebbe la sensazione di essere amato sul serio e che forse, una volta aggiustate le cose, poteva costruire un piccolo nucleo familiare come tanto aveva sognato da bambino. “Ora vai.” Disse l’uomo sciogliendo l’abbraccio. “Sii prudente.”
Il ragazzo annuì visibilmente commosso. “Tenete Mavros con voi, vi sarà di aiuto in caso di pericolo.” Poi, con la complicità delle tenebre e l’aiuto della bianca luce di Somasur, attraversò la fitta boscaglia sino a giungere presso la casupola in cui ad attenderlo c’erano i suoi amici terrestri con il Maestro Iersys. Non appena lo riconobbero, gli andarono incontro felici di vederlo sano e salvo, seppur con qualche graffio. Melissa riuscì a trattenersi dal gettarglisi al collo e non lasciarlo mai più, aveva temuto per la sua vita ora che coi suoi occhi aveva visto i mille e più pericoli nascosti nei boschi di Hilon.
“Ragazzo mio, è un enorme piacere per me rivederti dopo tanto tempo.”
“Maestro…..” Orion si avvicinò a piccoli passi al suo precettore e lo ossequiò profondamente.
“Sapevo che non mi avresti deluso.” Gli sorrise, dandogli due amichevoli pacche sulle spalle. Iersys era molto affezionato al giovane Capitano e lo considerava al pari di un figlio. “Dov’è tuo padre?”
Orion raccontò tutto l’accaduto, mentre il Maestro e i ragazzi ascoltavano in silenzio e con grande attenzione. “Mhm, sì, sono anche io del parere che Kipsoron abbia capito molte più cose di quanto immaginiamo. Temo seriamente che conosca il tuo destino e che per questo tenti di eliminarti con ogni mezzo.” Sentenziò Iersys riflettendo sulle sue parole. “Prima di tentare un attacco al Palazzo, dobbiamo aspettare che il Generale si rimetta in forza, abbiamo bisogno anche di lui.”
“Avete un piano, Maestro?”
“Ho qualche idea.” C’era un pizzico di preoccupazione nel tono di voce. “Noi siamo solo in tre e loro sono molti di più, la situazione è difficilissima.”
“Mi perdoni…” Manuel si intromise. “Noi possiamo aiutarvi.”
“Ti ringrazio, giovane alieno, ma correreste troppi rischi. Non siete addestrati e non conoscete né le nostre armi, né i luoghi e in tutta onestà sarebbe meglio che restaste fuori dalla questione.”
“Non se ne parla proprio.” Intervenne Nico. “Orion è uno di noi e non lo lasceremo solo, siamo pronti a fare la nostra parte.”
“Comprendo le vostre buone intenzioni e vi fanno onore, ma come vi ho già detto è troppo rischioso. Poi non capisco il motivo della vostra presenza qui su Hilon, non potevate restarvene dalle vostre parti?”
“Ne riparleremo domani mattina e vedremo di elaborare un piano d’attacco.” Fu Orion stesso a troncare la conversazione: se da un lato era quasi commosso dal loro tributo di amicizia e relativa offerta di aiuto, dall’altro sapeva benissimo di mandarli contro nemici forti e tenaci, contro i quali avrebbero avuto pochissime possibilità di vittoria. “Prendete, ho trovato qualche frutto da mangiare.” Offrì loro dei frutti rotondeggianti di un colore violaceo molto scuro, sembravano melanzane, ma il loro sapore era dolcissimo e la polpa rossastra e succosa.
Dopodiché, stanchi com’erano, si misero a dormire. Tutti tranne Orion che, in piedi, guardava Somasur attraverso una minuscola finestrella. Pochi minuti dopo Melissa alzò la testa dal suo giaciglio e vide la sagoma scura del ragazzo circondata da un alone biancastro, sembrava un abbraccio di luce argentata. Si tirò su lentamente, Orion si voltò verso di lei e lei lo raggiunse a piccoli passi. Si strinsero in un abbraccio, assaporando quegli attimi di relativa tranquillità che poteva benissimo essere il preludio di una battaglia dall’esito tutt’altro che scontato.
“Cosa accadrà adesso?” Chiese lei.
“Non lo so.” Rispose lui. “Ma ti prometto che una volta messo tutto a posto, troverò il modo di tornare da te per costruire il nostro futuro insieme.” E suggellò la sua promessa solenne con un bacio.










 


Ciao a tutti!
Come avevo anticipato in precedenza, ecco il nuovo capitolo con un certo anticipo rispetto alle solite tempistiche. Ho finalmente terminato tutta la storia e ho deciso di proporvi le battute finali senza farvi attendere troppo.
Spendo solo due parole sul nome del Re Kipsoron: anagrammandone il nome esce fuori Skorpion che in sostanza è la vera identità del tipo e c’è un motivo che si rifà sia alla mitologia greca che all’astronomia. Secondo il mito, il cacciatore Orione morì per una puntura di scorpione (c’è un’altra versione secondo cui fu colpito a morte da una freccia scagliata dalla dea Artemide); se invece osservate il cielo notturno, potete notare che quando ad est sorge la costellazione di Orione, contemporaneamente ad ovest tramonta lo Scorpione e viceversa. Provare per credere! Anche consultando una carta del cielo potete constatare che le due costellazioni si trovano diametralmente opposte.

Appena mi sarà possibile, arriverà quello che dovrebbe essere il penultimo capitolo.
Grazie a tutti per la vostra costante presenza!

Un abbraccio
La Luna Nera

  
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