L’ansia aveva avvinghiato Audrey dal primo istante in
cui aveva messo piede nel teatro dove si tenevano le audizioni della BBC
Scottish Symphony Orchestra e non l’aveva più abbandonata per la mezz’ora
successiva.
In quello splendido teatro, poco fuori il centro di
Glasgow, si erano presentate solo altre quattro persone oltre a lei, tutte con
la speranza di diventare il nuovo pianista dell’orchestra.
Audrey aveva indagato con discrezione ed era arrivata
a scoprire che tutti quelli che si trovavano lì erano stati precedentemente
contattati dai responsabili dell’orchestra stessa. Si trattava di una
selezione, dunque, una selezione a tutti gli effetti che lei aveva superato
grazie a un video comparso su YouTube in cui suonava l’epilogo di La La Land
alla fermata di Tower Hill. Trovava che la cosa avesse dell’assurdo, al punto
da farla sentire ancora più sotto pressione. Non voleva fare brutta figura, né
sminuire le proprie capacità di pianista e tutto ciò non la faceva stare calma.
Prese un lungo respiro, imponendo al suo cuore di
rallentare i battiti. Nel lungo corridoio che portava alle quinte del
palcoscenico era ormai rimasta sola, l’ultima dei quattro. Era spesso l’ultima,
quasi sempre dato il suo cognome – Wright. Tuttavia quel giorno avrebbe
preferito togliersi quel pensiero in fretta e farla finita. Invece era ancora
lì, seduta sulla sedia, le sue cose posate in grembo. Le sembravano passate ore
da quando l’uomo prima di lei era entrato nella sala e la cosa non fece che
accrescere la sua agitazione.
Sfiorò con l’indice gli angoli dei fogli di carta che
uscivano dalla carpetta che si era portata, il suo unico avere in quel momento
insieme alla borsetta e alla giacca. Erano gli sparititi di Epilogo, che aveva con sé poiché credeva
– ma soprattutto sperava – che le venisse chiesto di suonarla. Avrebbe voluto
che i suoi amici più importanti fossero lì; Oliver, April, Sadie, anche Peter,
li avrebbe voluti tutti lì accanto per l’ultimo incoraggiamento prima di
varcare la soglia. Non era semplice affrontare quella situazione da sola.
D’improvviso la porta si aprì. Non fece alcun rumore,
venne aperta piano, ma Audrey era talmente tesa che anche quel debole suono la
fece sussultare. Sollevò gli occhi in direzione della porta, trovandosi davanti
la signora che aveva invitato i pianisti a entrare fino a quel momento. Stava
guardando fissa Audrey e lei non ebbe più alcun dubbio su cosa stava per
avvenire. Si alzò prima ancora che venisse pronunciato il suo nome.
«Venga pure signorina Wright. Lei è la prossima.»
La ragazza si alzò e raggiunse la donna, la quale le
sorrise in modo affabile, quasi a dirle di non preoccuparsi. Audrey, però, si
preoccupava eccome; da quel colloquio avrebbe potuto dipendere il suo futuro,
il possibile trasferimento a Glasgow, il dover lasciare indietro tutti gli
amici, il posto al Menier Chocolate Factory, tutto dipendeva da quella manciata di minuti in cui avrebbe
mostrato le proprie capacità. Mentre saliva gli scalini per arrivare sul palcoscenico
si chiese se davvero era quello che voleva. Tuttavia, appena vide il pianoforte
a coda al centro del palco, illuminato dai fari che si riflettevano sulla sua
laccatura nera e lucente, pensò che quel provino rappresentasse una svolta e
che una simile occasione era da cogliere subito. Suonare per la BBC Scottish Symphony Orchestra avrebbe portato lustro alla sua
carriera di pianista, aprendole strade che non avrebbe potuto immaginare e
consentendole una notevole sicurezza legata al proprio nome.
Si avvicinò al pianoforte, quasi questo la stesse
richiamando a sé. Era uno strumento di eccellente qualità e raffinata bellezza,
uno di quelli che lei aveva desiderato suonare da sempre. Riuscì a resistere
alla tentazione di allungare una mano a sfiorarlo e venne riportata alla realtà
dalla voce di un uomo in platea.
«Benvenuta.»
Audrey si voltò in direzione della voce. Seduti nella
terza fila di poltrone vi erano tre persone, cui si aggiunse la donna che era
venuta a chiamarla. La pianista non sapeva chi fossero, eccetto uno. L’uomo al
centro, sulla sessantina, era Dominic McAllister, il direttore dell’orchestra e rinomato
compositore.
La ragazza si lisciò istintivamente il vestito e
salutò di rimando, proseguendo poi con i brevi convenevoli. Al termine del
breve botta e risposta, McAllister riprese a parlare:
«Sono davvero felice di avere la possibilità di sentirla suonare dal vivo. Ho
molto apprezzato la sua esibizione a Tower Hill station.»
«La ringrazio» rispose semplicemente lei, senza sapere
che altro aggiungere. Strinse con forza maggiore la carpetta contenente le
partiture, sentendosi sotto pressione come mai.
«Le spiego brevemente cosa dovrà fare. Per prima cosa
le chiediamo di suonare la canzone di Tower Hill, chiamiamola così. Poi le
abbiamo preparato altre partiture. Ne scelga una e ce la suoni» disse.
Era stato piuttosto chiaro; Audrey avrebbe dovuto
suonare due canzoni: l’Epilogo di La La Land e
una canzone a scelta fra quelle che le avevano proposto. Inutile dire che
proprio la seconda di quelle canzoni era quella che la preoccupava di
più.
«D’accordo, ho capito» rispose, calma.
«Prima che inizi, un’ultima cosa. La sua audizione
verrà registrata, se la cosa rappresentasse un problema per lei ce lo dica e
provvederemo a spegnere tutto» aggiunse McAllister.
Solo in quel momento Audrey si accorse della
telecamera sul treppiedi posta al centro del corridoio in platea. La lucina
rossa che lampeggiava a intermittenza indicava che la registrazione era in
atto, ma la pianista si rese conto che non le importava. Si sentiva dentro una
bolla, come se tutto quello che le stava accadendo fosse irreale e in procinto
di finire da un momento all’altro.
«No, nessun problema» rispose infine.
McAllister sorrise, dopodiché indicò il pianoforte con un cenno
della mano, invitando Audrey a prendere posto. Lei eseguì, respirando
profondamente. Estrasse le partiture di Epilogo
e le dispose sul leggio; lanciò un’ultima occhiata agli acquerelli di Peter,
monocromatici per via della fotocopia e inspirò ancora una volta. Fece scorrere
le dita sui tasti del pianoforte, sentendosi smuovere completamente. L’ansia
scivolò via al suono della prima nota e la musica ebbe sulla pianista lo stesso
effetto che aveva ogni volta. Tutto si fece lontano, distaccato e sui tasti di
quel maestoso pianoforte a coda, la ragazza trovò la sua abituale sicurezza.
Un minuto dietro l’altro suonò tutta la versione per
pianoforte dell’epilogo che Peter le aveva regalato. Quando si fermò, al
termine della canzone, si sorprese del fatto che il suo primo pensiero – prima ancora
di ricordare dove si trovasse, per cosa e con chi – fu proprio Peter. Il viso
del ragazzo, il suo sorriso, si delineò con impeccabile precisione davanti agli
occhi della pianista. Solo l’applauso che arrivò subito dopo la fece tornare a
tutti gli effetti alla realtà. Si voltò in direzione della platea, vedendo per
primo Dominic McAllister. L’uomo
era radioso e batteva energicamente le mani.
«Molto bene» sentenziò. «E ora il prossimo brano.»
Audrey scorse rapida le partiture delle altre canzoni
che erano state selezionate. Erano complicate, non vi era dubbio, ma per sua
fortuna la ragazza scorse fra le varie partiture un brano che conosceva bene.
Lo aveva studiato al conservatorio e aveva trascorso tanto tempo a esercitarsi
che se lo ricordava ancora. Aveva alcuni passaggi complessi, ma nulla di
impossibile.
«Quando ha scelto inizi pure» la invitò il direttore d’orchestra.
Lei acconsentì con una risposta monosillabica, dispose
i fogli in ordine sul leggio e cominciò a suonare. Quella melodia le richiese
una maggior concentrazione dal momento che la conosceva meno, al punto che
nulla avrebbe potuto distrarla dall’esecuzione.
Appena ebbe concluso ci fu un nuovo applauso, all’apparenza
più sostenuto del precedente. Audrey pensò fosse un segnale positivo e sentì
ogni tensione scomparire definitivamente da lei; la parte peggiore era passata.
Si alzò dal pianoforte, quasi lasciando contro voglia
i suoi meravigliosi tasti. Si sistemò il vestito, voltandosi verso la platea
proprio quando gli occupanti smisero di applaudire.
«I miei più sinceri complimenti» esclamò McAllister, facendo sorridere Audrey, che ringraziò con un
leggero inchino. «Voglio essere franco con lei, signorina Wright: credo sia la
mia preferita.»
La sua affermazione provocò alcune occhiate da parte
del resto dei presenti, che fissarono il direttore come se si stesse spingendo
troppo oltre.
«Per la sua giovane età ha davvero delle notevoli
doti. Ha un futuro assicurato, deve credermi. Riconosco un talento quando lo
incontro.»
Sul finire della frase, nuovamente le occhiate dei
colleghi di McAllister ricomparvero. Audrey li guardò
un po’ perplessa e comprese che, molto probabilmente, il direttore stava
facendo qualcosa che non aveva fatto prima. Se fosse stato vero, significava
che il posto alla BBC Scottish Symphony Orchestra
forse avrebbe potuto essere suo. Si disse di stare calma ed evitare di crearsi
castelli in aria che, crollando, avrebbero potuto ferirla e basta. Tuttavia
quasi non ci riuscì. Era emozionata come non le succedeva da tempo e le parole
di McAllister avevano accresciuto ulteriormente la
sensazione positiva che provava nel petto.
«Vuole dire qualcosa?» chiese poi il direttore, un
sorriso bonario dipinto in volto.
La domanda colse Audrey impreparata, ma riuscì a non
darlo a vedere. «Volevo semplicemente ringraziarvi per questa opportunità.
Ancora non mi sembra vero di essere qui» disse. Si morse appena il labbro
inferiore, costringendosi a non aggiungere altro; la frase che aveva appena
pronunciato le era parsa banale e scontata, ma in fin dei conti non sapeva che
altro dire. Dopotutto era la verità. Il resto dei presenti, però, parve
apprezzare le parole della ragazza. Dopo gli ultimi convenevoli, i saluti
conclusivi e i “le faremo sapere a breve”, la pianista fu congedata.
Appena Audrey si ritrovò nel corridoio da cui era entrata,
diretta verso l’uscita del teatro, tirò un lungo sospiro. Sentiva di essere
andata bene e, soprattutto, era soddisfatta dell’esecuzione delle due canzoni
che aveva suonato. Le parole di Dominic McAllister, poi, le avevano dato una speranza che non
avrebbe immaginato prima di quel momento. Dal modo in cui le si era rivolto,
infatti, le era parso che avesse un interesse particolare per le sue doti.
Forse davvero quella sarebbe stata la sua occasione d’oro, la grande svolta
della sua vita. Ancora non poteva saperlo con esattezza, avrebbe dovuto
aspettare, ma era così soddisfatta di quell’incontro – e di tutti quei “non
detto” all’apparenza così rassicuranti – che sentiva avrebbe fatto bene a
godersi quella serata in terra scozzese, prima del ritorno nella sua amata
Londra, il mattino successivo.
*
Per quella sera Audrey aveva pensato bene di esplorare
Glasgow nel modo in cui lei riputava migliore per se stessa. Nel pomeriggio
aveva fatto un nuovo giro nella città, cercando si scoprire quegli angoli e quegli
scorci che non era riuscita a vedere il giorno prima in seguito al suo arrivo.
In più di un’occasione si era addirittura chiesta in quale zona della città
avrebbe dovuto cercare casa; tuttavia aveva scacciato quei pensieri in modo
perentorio, dicendosi che non aveva senso fare piani prima di conferma da parte
della BBC: quelle erano illusioni, non progetti.
Per la cena aveva optato per un piccolo pub in cui
servivano specialità scozzesi – dove aveva mangiato l’hotch-potch
più buono mai provato – e una volta uscita, anziché tornare a casa, aveva
deciso di soddisfare un’altra sua voglia e si era incamminata in un posto in
cui aveva sempre voluto andare.
Il Blue Jam era uno dei jazz club più famosi di
Glasgow, una tappa obbligata per i jazzisti che visitavano la città. Audrey
aveva sempre desiderato andarci, per questo non avrebbe lasciato la Scozia se
prima non avesse posato piede fra le mura di quel noto locale. Il Blue
Jam si trovava si una delle vie centrali di Glasgow e un’insegna al neon blu –
che per certi versi le aveva ricordato quella di Seb’s
di La La Land
– accoglieva i visitatori, ai quali, entrando nel locale, pareva di tornare
indietro nel tempo.
Appena Audrey aveva varcato la soglia si era sentita
eccitata quanto un bambino per la prima volta a Disneyworld. Il Blue Jam l’aveva
accolta con una sonorità irresistibile e un’atmosfera che le era parsa
famigliare da subito. Sul palco, proprio di fronte all’ingresso, erano disposti
cinque musicisti, intenti a suonare in una piena jam session. Tromba, sax,
pianoforte, batteria e contrabbasso erano tutti là e riempivano con le loro
note, improvvisate e perfette, tutta l’aria del locale. Intorno al palco erano
disposti tavolini e sedie in cui prendere posto, dove su ciascun tavolo si trovava
una lampada che mandava una soffice luce aranciata. Il bancone, infine, che
correva lungo tutta la parete di destra, era fornitissimo di alcune delle
bottiglie più rare che Audrey avesse mai visto. Whisky, Scotch, Bourbon, Rhum,
Vodka, c’era di tutto, per tutti i gusti. Una volta lì la pianista non fu più
in grado di smettere di sorridere. Aveva chiesto di potersi sedere, aveva
ordinato un drink – un Martini – e una volta al suo posto, alla sinistra della
band che suonava, si era quasi sciolta sul tavolino per quanto era in pace con
se stessa.
Anche in quel momento si sentiva così. Continuava a
sorseggiare il suo Martini ben fatto con calma, gli occhi fissi sul gruppo
musicale improvvisato e il piede destro che batteva a ritmo della musica. Si
sentì benissimo, si sentì a casa.
Mentre la musica proseguiva, la pianista si immaginò
nella sua possibile vita scozzese. Si vedeva già diventare cliente abituale del
Blue Jam, con i camerieri che le davano la buonasera chiamandola per nome e
dicendole che le avevano riservato il “solito tavolo”. Quell’immagine la fece
gongolare al punto di desiderare con tutta se stessa che la cosa si avverasse.
Se si trovava lì, con quella possibilità, era anche merito di La La Land. Se
non avesse suonato la canzone dell’epilogo alla stazione di Tower Hill, non
avrebbe mai incontrato personalmente Dominic McAllister. Da quando quel film era entrato nella sua vita
sembrava quasi contribuire a cambiarla poco a poco. Tuttavia, d’un tratto, si
rese conto che il merito di tutto ciò non era tanto del film, ma di Peter. Lei
si era sempre limitata a suonare City of
Stars – e forse avrebbe continuato a farlo – finché Peter non le aveva
regalato le partiture di Epilogo. Se
non fosse stato per lui, lei ora non sarebbe seduta al Blue Jam con l’umore
alle stelle e la sensazione di avere ottime possibilità di diventare la nuova
pianista della BBC Scottish Symphony Orchestra. Il
ragazzo era entrato nella sua vita e in meno di un anno l’aveva arricchita. Non
solo riguardo quella canzone, ma in generale. Aveva reso i viaggi sulla
District line molto più piacevoli e le sporadiche uscite nei caffè o nei pub
erano un ottimo modo per spezzare la routine in buona compagnia. Il ragazzo
aveva un influsso positivo su di lei, Audrey adorava averlo vicino. Una volta
tornata a Londra sarebbe subito andata a raccontargli del provino e gli avrebbe
detto che in gran parte era merito suo. Se fosse andato a buon fine il suo
ingresso nell’orchestra della BBC avrebbe dovuto ringraziare il ragazzo a
dovere.
Le tornò alla mente il fatto che prima, appena aveva
finito di suonare l’Epilogo per McAllister, il suo primo pensiero era andato al ragazzo. Le
capitava di rado di pensare a qualcuno di preciso, invece quel pomeriggio era
successo. Sentiva di dovere molto a Peter, forse per questo era sorpresa solo
in parte di aver pensato a lui. Tuttavia anche in quel momento avrebbe voluto
sentirlo, parlargli e aggiornarlo sull’esito dell’audizione. Le sarebbe
piaciuto anche descrivergli il Blue Jam, consapevole che, anche se non era con
esattezza il tipo di locale frequentato da Peter, lui lo avrebbe apprezzato.
Pensò che, dopotutto, avrebbe potuto anche farlo, estrarre il cellulare e
scrivergli; oppure uscire un momento dal locale e telefonargli.
Alla fine non fece nessuna di queste cose. Erano le
dieci passate e trovò che, nonostante i buoni rapporti che aveva con Peter,
forse non era il caso di disturbarlo a quell’ora per parlargli di sé. Lo
avrebbe invitato a bere qualcosa una volta tornata a Londra.
Tornò a dedicare la propria attenzione alla jam session
ancora in atto, decisa a godersi il resto della serata, così come si era goduta
tutta quella piacevole giornata scozzese.
Nonostante tutto, però, la sua mente tornò a più
riprese al ragazzo.