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Autore: x_X_Rapunzel    17/06/2018    1 recensioni
[Ispirato a "Suicide Squad"] La storia di come l'ingenua dottoressa Harleen Quinzel diventò la famigerata Harley Quinn.
***
Harleen guardò la pistola per un secondo e poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri del Joker.
«Sparami, fallo.» disse, nel suo tono non c’era paura solo disperazione «Non voglio vivere senza di te.»
Il clown alzò gli occhi al cielo, infastidito da tutta questa sua devozione per lui. “Stupida ragazzina!” pensò “Mi stai mettendo i bastoni tra le ruote!”. Avrebbe potuto spararle un colpo, dritto alla testa, e se la sarebbe levata di torno per sempre. Ma lei non aveva paura di morire, no. E che gusto c’era nell’uccidere se la tua vittima non ha paura? Dove sta il divertimento?
«Attenta a quello che dici.» l’avvertì
«Sono disposta a morire per te, perché non lo capisci!» urlò Harleen esasperata «Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco»
Quelle parole risuonarono nella mente del Joker. “Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco”. Era veramente disposta a tutto per lui? L’avrebbe scoperto, allora. E forse sarebbe anche riuscito a togliersela dai piedi nel frattempo. “La tua assoluta devozione sarà la tua rovina, Harleen Quinzel.”
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Method to the Madness

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Harleen era nel suo appartamento e da più di tre ore si stava documentando sul Joker.
Aveva letto tutte le cartelle cliniche compilate dagli altri psichiatri, gli articoli di giornali e le notizie riguardanti i suoi innumerevoli crimini e uccisioni, tutto quello che le sarebbe potuto tornare utile per le prossime sedute.

Ormai il Joker era diventato tutto ciò a cui pensava, la sua ossessione.
Già dalla prima seduta, in qualche modo che Harleen ancora non era riuscita a spiegarsi, l’aveva fatta sentire diversa, speciale. Qualcosa che la ragazza non aveva mai provato in tutta la sua vita. Il modo in cui il criminale parlava, raccontava di sé e della sua vita avevano affascinato la giovane psichiatra a tal punto da pensare di essersi infatuata di lui. Ma non poteva essere possibile, pensava Harleen, avrebbe dovuto essere pazza per permettere che una cosa del genere accadesse.
E lei non era pazza. No, assolutamente.

Nella sua vita era sempre stata perfetta in tutto. Era la studentessa migliore del suo corso, un’eccellente ginnasta, una ragazza seria e diligente, una figlia obbediente e disciplinata.
Era il ritratto perfetto di quello che i suoi genitori volevano, anzi pretendevano, da lei.
Fin da piccola si era impegnata duramente per renderli orgogliosi di lei, aveva sacrificato la sua vita intera per compiacere i suoi e non essere considerata un fallimento.
Ma nonostante questo loro non erano mai stati contenti di lei, non aveva mai ricevuto un incoraggiamento di qualsiasi tipo, un sorriso o un semplice "siamo orgogliosi di te".
No, solo pretese e pretese.
E Harleen non ne poteva più di quella vita così rigida, controllata, piena di regole. 


 
 
***
 
 
«Ciao, dottoressa» mormorò il Joker vedendola apparire dall’oscurità della cella e muoversi verso il tavolo in metallo dov’era seduto, come ad ogni sessione.
La dottoressa sorrise. Un’abitudine che aveva iniziato a prendere molto più spesso da quando aveva iniziato a curare il Joker.
E al clown questa cosa piaceva molto, il suo non era un sorriso da nascondere: no, doveva vederlo tutto il mondo.  

«Come si sente oggi, Mr. J?» chiese Harleen accomodandosi sulla sedia e sfogliando gli appunti presi nelle sessioni precedenti.

Il clown rise «Meglio ora che la vedo, dottoressa» le sorrise prime di farle un occhiolino «Ma vede, sono leggermente confuso…»

Lo sguardo di Harleen passò velocemente dai suoi appunti a lui. Il clown aveva la testa inclinata da un lato, gli occhi puntati su di lei pronti a studiarla e Harleen in quell’istante si sentì nuda, spoglia, come se riuscisse a leggerle l’anima.
«Come mai?» domandò, genuinamente incuriosita.

«Vede, dottoressa…io le ho detto molto di me» rispose il clown «Ma lei non mi ha mai detto nulla di sé, eccetto il suo nome…Harleen…»

Il modo in cui aveva appena pronunciato il suo nome, fece scendere un brivido lungo la schiena della ragazza. Non le era mai piaciuto particolarmente, ma quando lo pronunciava lui acquistava tutto un altro suono, un’altra melodia che Harleen avrebbe potuto ascoltare per ore e ore senza interruzione.

«Quinzel» s’affretto ad aggiungere «Ed è così che funzionano le sedute, Mr. J. Io sono la dottoressa e lei è il paziente. Lei parla ed io l’ascolto.»

Il Joker scoppiò in una fragorosa risata «Oh, certo che sì!» disse «Ma io non ho bisogno che lei mi dica chi è dottoressa, l’ho già capito. Dal primo istante in cui ha varcato quella porta per la prima volta.»

La ragazza alzò un sopracciglio, sorpresa da ciò che il clown le aveva appena detto.
Pensava di conoscerla sul serio? Nessuno conosceva la vera lei, forse neanche lei stessa sapeva chi fosse veramente. E ora, solo dopo una serie di sedute passate con lei, il Joker credeva di sapere chi fosse la dottoressa Harleen Quinzel.
Era definitivamente pazzo.

«No, non penso» Harleen scosse la testa «Neanche io riesco a capire chi sono alcune volte, Mr. J»

Il Joker roteò gli occhi, irritato dalla sua affermazione. “Ragazzina presuntuosa” aveva pensato “Solo perché sei una psichiatra, pensi di sapere tutto? Ti sbagli di grosso.

Ma così come era svanito, in pochi secondi il suo solito sorriso tornò a posarsi sulle labbra rosse del clown. Iniziò piano a dondolarsi sulla sedia, i suoi occhi erano rivolti verso l’alto come se stesse cercando di ricordare qualcosa di molto lontano.
«Vediamo, mi faccia indovinare…» il clown sospirò «Classica brava ragazza, studentessa modello, obbediente, segue le regole…ma c’è qualcosa che manca, qualcosa che ti spinge. Qualcosa che vuole ma non può avere…

«Tutti abbiamo qualcosa che vogliamo ma non possiamo avere*» rispose Harleen «È semplice psicologia.»

«Sai dottoressa, un tempo io ero proprio come te…impotent
e» parlò il Joker «Impotente contro tutti quelli che volevano limitarmi, soggiogarmi…

Harleen sgranò gli occhi alla vista del Joker che ora si era alzato dalla sua sedia, la camicia di forza lo teneva ancora legato, e stava iniziando ad avvicinarsi a lei.
Quando le fu a pochi passi di distanza, come una molla, il corpo di Harleen si alzò di scatto dalla sedia. Lo fissava negli occhi, attenta e vigile di ogni sua possibile mossa, mentre le sue braccia stringevano al petto il suo blocco degli appunti, usandolo quasi come una sorta di protezione da lui e dalle sue parole.

«Finché non accadde qualcosa, dottoressa…la cosa migliore che potesse mai succedermi, lo chiamerei un incidente di proporzioni mitiche!*» la risata del Joker echeggiò per tutta la cella fino a che non tornò di nuovo il silenzio.
Harleen l’osservava sempre attenta mentre ora il clown le stava girando attorno, avvicinandosi e allontanandosi ritmicamente, come un cacciatore con la sua preda.

«Quando i miei occhi smisero di bruciare, riuscii finalmente a vedere il mondo per la grande ipocrisia che è!*» il clown quasi ringhiò «Il che mi ha reso libero! Perché quando smisi di dare importanza alle regole, dottoressa, ottenni tutto il potere…*»

La voce del Joker ora era sempre più vicina, riusciva quasi a sentire il suo fiato sul collo ma forse quella era solo una sua impressione perché quando Harleen si girò, nessuno era dietro di lei.
Ma un luccichio nel buio della stanza indicava che il Joker ora era là, sommerso nell’oscurità, che l’osservava curioso di vedere la sua reazione.
Quando l’uomo fece qualche passo più avanti, Harleen riuscì a cogliere il metallo delle sue griglie mentre la sua bocca scarlatta si apriva in unenorme e inquietante sorriso. 

«L’unico modo sensato di vivere in questo mondo è farlo senza regole**» le disse «Una volta che smetterà di attenersi alle regole, otterrà la liberta e il potere che desidera…»

E poi tutto accadde così velocemente: Il Joker avanzò a grandi passi verso di lei mentre Harleen rimase ferma, inchiodata al pavimento e incapace di muoversi.
Il clown la spinse contro il tavolo in metallo, i suoi fianchi premevano contro la superficie e lui era ora dietro di lei, il suo corpo atletico premuto contro quello snello e slanciato della dottoressa.

La ragazza riusciva a sentire il respiro pesante del clown, quasi affannato, come se avesse appena corso una maratona, su di lei. Il respiro era accelerato, il cuore le batteva tanto forte nel petto che sembrava volesse uscire e le mani, premute sul tavolo, le tremavano incessantemente. Non aveva idea di quali fossero le sue intenzioni ora. Il Joker era un uomo tanto imprevedibile quanto pericoloso.

Avrebbe potuto andarsene, lasciarla lì da sola oppure avrebbe potuto ucciderla con le sue stesse mani e a poco sarebbe servita quella camicia di forza. Questo Harleen lo sapeva bene, era stupido pensare che solo una restrizione del genere avrebbe potuto fermarlo nel suo intento. Ma per qualche strano motivo lei non aveva paura.

«Ce l’abbiamo tutti dentro di noi, Harleen» le sussurrò all’orecchio. Il suo corpo contro quello di lei era una sensazione quasi piacevole «Dobbiamo solo lasciarlo uscire fuori…

Il respiro le si bloccò in gola quando sentì che il Joker si era messo ad annusarle il collo, inalando profondamente il suo dolce profumo. A quel punto il suo corpo si era avvicinato ancora di più, per quanto possibile, a quello della dottoressa e l’ombra di un  sorriso aleggiava sul suo volto pallido e rovinato dalle cicatrici. La ragazza sospirò, chiedendosi per quanto altro tempo sarebbe riuscita a sopportare quella situazione.

«E ora ti chiedo, cara dottoressa, hai mai vissuto veramente?»

Un flebile e silenzioso “no” uscì dalle sue labbra serrate, mentre nella sua testa iniziavano a susseguirsi immagini confuse della sua infanzia e giovinezza.
La vita passata a studiare per rendere orgogliosi i suoi, mai un divertimento o uno svago, i rimproveri costanti e senza fine ricevuti, le sue lacrime, la sua fatica, la sua infinita tristezza che spesso nascondeva dietro ad una maschera di finta serenità e tranquillità…quando dentro di lei si scatenava il caos.

Tutto questo, tutto assieme fu troppo per Harleen e i suoi occhi iniziarono a gonfiarsi di lacrime calde che in poco tempo le scesero lungo le gote fino a macchiarle il camice bianco che portava. Era diventato tutto troppo insostenibile per lei e doveva andarsene ora.

«D-devo andare, m-mi dispiace… » fu tutto quello che riuscì a dire, fra un singhiozzo e l’altro, mentre correva verso l’uscita della cella per poi sparire al di là della porta blindata.

Il Joker era rimasto fermo ad osservarla, gustandosi quella scena così amara da avere quasi un retrogusto dolciastro, mentre ancora sorrideva. “La dottoressina non è più così forte come voleva far credere a tutti” pensò il clown “Ma grazie al cielo c’è ancora speranza per lei…le basta solo una piccola spinta.” 

E quella spinta, decise, gliel’avrebbe data lui.










Note dell' autrice:
Eccoci qua con il terzo capitolo della storia. Questo capitolo è fondamentale all'interno della storia perché oltre a farvi capire chi è veramente Harleen Quinzel e il suo legame con il Joker, sarà importante per i prossimi capitoli e quello che succederà dopo nella storia.
Se questo capitolo vi è piaciuto, allora lasciatemi delle recensioni. Apprezzerei davvero tanto sentire le vostre opinioni riguardo al capitolo e alla storia. 
Grazie se siete arrivati a leggere fino a qua e se lascerete una recensione :)


*(frasi con un asterisco) le frasi sono state tratte dal fumetto "Suicide Squad" #7 (The New 52)
** la frase è tratta dal film "Il cavaliere oscuro" diretto da Christopher Nolan (anno 2008)


 
  
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