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Autore: AlessandroConte    20/06/2018    0 recensioni
Storie varie brevi e lunghe, in prosa e in versi.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA  SBANDATA
 
“Sintonia! Sintonia!” vociò Peppe un po’ fumando e un po’ versandosi la birra in gola e addosso.
“Ahò, e calmete, zietto! Momento, no?”
Tina smaneggia sul cruscotto con le manopole dello stereo.
“Ahò a te! A n’vedi che mi mette sta zòccola. Musica classica! E che sarei, tu nonno? Zietto l’accetto. A n’vedi, a rimma, ahò. Ma nonno ce sarà tu nonno.
Sintonia! Dai, Ti’. Sintonia!”
Tina sistema l’apparecchio su di un ritmo assordante e martellante. Proprio quello desiderato da Peppe. Poi con la faccia feroce e vicina a quella di lui per farsi sentire:
“M’hai detto zoccola?”
“E certo. A me se n’so zoccole nun me piaceno.”
“Ah, m’bè.”
La velocità sostenuta, il frastuono e la cacioneria del suo compagno invogliano la ragazza:
“A Pe’. Lo famo strano come Jessica e Ivano? A n’vedi, a rimma ce l’ho fatta puro me.”
Tina si tira su il vestito per sistemarsi a cavalcioni di Peppe che guida, fuma e ride.
La macchina sbanda e va di sotto.
Quando li recuperano i due stanno assieme in uno strano ultimo abbraccio, come se si fossero voluti bene per davvero.
 
 
Alessandro Conte
 
 
 
LE  CADUTE  
 
‘Se cadi e ti fai male, prendi il resto’
si diceva una volta ai piccolini.
Io son grande, direi quasi matura
ma ho sempre quel timore di cadere.
Non temo di sbucciarmi le ginocchia
ma perder la nomea di brava donna.
Son sempre oggetti misteriosi i maschi,
pericolosi e sempre lì in agguato
ed io che sono sola, in tentazione,
non so mai cosa fare e mi tormento.
Se cedo alle lusinghe e mal m’incoglie?
Mi lanceranno motti giusto in faccia
di quei che san ferire a fondo, a sangue.
Ma se resto così del tutto inerte,
con la reputazione immacolata,
potrò davvero dir d’avere usato
mente e persona con discernimento?
Senza scosse, morrò sì come nata,
rischi eludendo e rinunciando ai sogni.
Ma se non cado come fo a rialzarmi?
a goder di quel nuovo stare in piedi?
Ci si fa male, e allora? Tanto meglio.
Preferisco cadere e farmi male
piuttosto che star ferma alla finestra
assistendo alla vita dal di fuori,
ai godimenti d’altri o ai patimenti
senza provare mai una cosa nuova
perché non garantito è il risultato.
Decido di lanciarmi anch’io nel vuoto
del mio fantasticare e sol m’aspetto
possibili atterraggi. Pur dolente
   affronterò esperienze come un gioco.
   Non c’è a goder se non si soffre un poco.
 
 
Alessandro Conte
 
 
 
I  BASIDIOMICETI                        
 
Erano andati a provare il motoscafo il signor Rossi, titolare di quella rivendita, e il professor Balducci, canuto ma con velleità goderecce.
“Che insegna, professore?” chiese il giovane, guidando verso il largo dove, aveva promesso, gli avrebbe fatto provare il mezzo.
“Le materie scientifiche. Ora sto in pensione.”
Se il concessionario aveva detto la verità sull’efficienza di quella barca, con pochi soldi avrebbe comprato un vero gioiellino e si sarebbe permesso delle belle escursioni per tutta la costiera. Sperava, anche, di attirare i figli a passare più giorni con la mamma e con lui offrendo loro delle vacanze più interessanti.
“Che mi dice dei basidiomicèti, professore?” chiese quello, così, senza motivazione palese.
“Dei che?” Il suono del motore richiedeva forse un orecchio migliore perchè quello capisse e quindi il Rossi lo spense. Stavano abbastanza fuori, oltretutto.
“Basidiomicèti, sa, è facile, ba-si-dio-mi-ce-ti” scandì, ripetendo.
“Non ne ho proprio idea. Che sono, animali? Micetti ha detto? È un nuovo tipo di gioco?
Qui stiamo al largo. Devo pilotare io, mi pare.”
“Professore, è botanica, è il suo ramo. I basidiomicèti.”
“Micèti? Funghi, allora. Soddisfatto?”
“No: i funghi sono tanti. Lei mi deve parlare proprio dei basidiomicèti.”
“Devo? Ma, giovanotto, è matto?
“Vede, professore, io vendo scafi usati e so tutto sui basidiomicèti. Lei, un esperto...”
“Non li ricordo i basidiomicèti, è chiaro?”
“E vive lo stesso?”
Il povero Balducci cominciava a realizzare che per il suo acquisto le cose non stavano andando secondo le premesse e che si trovava con un maniaco lontano dalla costa.
“Perchè non dovrei?” gli diede corda con fare indifferente. “Io sono geologo. Non credo sia così importante conoscere questi funghi così approfonditamente.”
“Lo era per bocciarmi all’esame di terza liceo linguistico a Gaeta dodici anni fa. Come mai per un linguista questa conoscenza era essenziale mentre non è nemmeno importante per un professore di scienze? Infatti ce n’è uno, lei, che non ne sa niente e confessa di vivere bene lo stesso.”
Adesso Balducci ricordava l’allievo Rossi, quello che, allora, per desiderio unanime doveva assolutamente essere bocciato.
Era ragionevolmente spaventato.
“Perchè si accanì così tanto, professore? Si informò al momento sui basidiomicèti e, visto che ne sapevo quanto lei, mi ha bocciato. Poi ha dimenticato pure che quei funghi esistessero.
Balducci, lei di qua non esce sano se non mi dice perchè mi ha bocciato.”
Il professore, ansimando, cercò di fare il mea culpa nella speranza che l’altro si quietasse:
“Caro Rossi, io personalmente non ce l’avevo con lei. Fu il preside a pregarmi di fare quella cosa: ci voleva anche il mio parere negativo per buttarla fuori. Lei era turbolento, minacciava di picchiare i professori.”
“Come sto facendo adesso, è vero?
Lo sa che mio padre mi ritirò dagli studi? Riconosce di avermi seriamente danneggiato?”
“Ma certamente, caro Rossi. Mi perdoni tanto tanto. Ho fatto una cosa indegna di un insegnante. Lo so bene.”
“E no, caro professor Balducci, non mi basta. I danni vanno risarciti lo sa?
Avevamo pattuito ottomila euro per questo scafo. Mi sembra una cifra equa: mi firmi l’assegno unitamente alla motivazione con ampio riconoscimento del danno arrecatomi e siamo pace. Sa, nel caso dovesse contestare andremmo in causa e lì si vedrebbe.”
Il professore era impietrito, incastrato. Sapeva che qualunque decisione avesse preso, quella  sarebbe stata una giornata veramente orribile per lui.
Il Rossi tirò fuori dalla valigetta l’occorrente per scrivere e dichiarò fissandolo nelle pupille, da vicino:
“Se si rifiuta non le darò più un attimo di requie finchè campa. Mi ci metterò d’impegno per renderle la vita tutta una sofferenza, e qualunque accusa muoverà sarà sempre la parola sua contro la mia. Io ho mezzi, conoscenze e tanto tempo a disposizione, sa?
Pensi, per consolarsi, che questo assegno me lo deve.”
Anche se Balducci avrebbe voluto non essere d’accordo la paura lo fregava: quello già da ragazzo era un pazzoide e un violento; se non gli dava quegli ottomila euro sarebbe diventato per lui un nemico mortale; e sapeva dove rintracciarlo.
Lui voleva una serena vecchiaia con la moglie, godersi la pensione, la famiglia; voleva fare il nonno.
Con un sospiro prese la penna di Rossi e si mise a scrivere di buona lena.
 
 
Alessandro Conte
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Vi do appuntamento a mercoledì prossimo, 27 giugno, con altre storie)
   
 
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