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Autore: sascy    22/06/2018    3 recensioni
[Alycia Debnam-Carey - Eliza Taylor]
[Alycia Debnam-Carey - Eliza Taylor]Elycia AU dove Eliza Taylor è un'attrice famosa e Alycia Debnam-Carey è una sua fan che decide di andare ad una convention dove sarà Eliza sarà presente come ospite. Sì, sono reduce dalla Con-Clave. XD
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

 

Alycia

 

Mi diressi velocemente al ristorante e mi sedetti al tavolo riservato alla mia camera, anche se in realtà non avevo per niente fame. Di nuovo, come prima al bar, continuavo a guardarmi intorno. Tutti erano tranquilli e mangiavano e chiacchieravano come se niente fosse. Beata ignoranza, nessuno si rendeva conto del gran casino che stava succedendo dentro di me.

Di Eliza nemmeno l'ombra, ma effettivamente era stato da stupidi pensare che sarebbe venuta a cena in hotel, sicuramente sarebbe andata in qualche locale della zona a festeggiare con gli altri attori presenti alla convention. Ero stata una povera illusa.

Ordinai soltanto un'insalata per evitare di rimanere al tavolo senza fare niente e cominciai a giocare col cibo, più che a mangiarlo. Dopo qualche minuto passato a torturare le foglie di lattuga e le carote alla julienne sentii una risata in lontananza, una risata che avevo sentito spesso: Eliza. Alzai fulmineamente lo sguardo dal mio piatto, al dolce suono melodico di quella sublime creatura, e la cercai disperatamente. Non la vidi e cominciai a sentire la risata allontanarsi. Panico. Mi alzai dal tavolo, corsi nel corridoio e i miei occhi finalmente la trovarono, stava uscendo dall'hotel con un vestito nero attillatissimo che le scopriva le gambe dandomi modo di ammirarle in tutto il loro splendore. Con lei erano presenti altre persone tra cui riconobbi il suo agente e due altri attori di “The Grounders” dei quali non mi interessava proprio niente, i miei occhi erano completamente invasi da lei, tanto quanto lo era il mio cuore.

Il mio istinto mi diceva di correrle dietro, di seguirla, di andare ovunque lei andasse, anche a costo di dover correre per chilometri interi su quei tacchi scomodissimi. Le mie gambe però non reagirono e rimasi immobile, nessuno dei miei muscoli si mosse. Nemmeno il miocardio. Lei uscì e la mia occasione svanì insieme alla mia dignità.

 

Dopo pochi secondi mi ripresi e mi voltai, affranta, per tornare al mio tavolo e cercare almeno di finire la cena, ma fatti nemmeno tre passi sentii le porte scorrevoli aprirsi di nuovo.

“Aspettatemi, ho dimenticato il telefono in camera!” urlò Eliza.

Una campana di allarme si accese nella mia testa, faceva un chiasso infernale. Cercai di analizzare la situazione. Avrei forse dovuto salire in ascensore con lei facendo finta di tornare in camera? In questo modo avrei potuto almeno vedere a che piano alloggiava. Per di più sarei rimasta per ben trenta secondi buoni sola con lei potendo assaporare di nuovo il suo profumo. Avrei addirittura potuto far finta di sentirmi male per farmi soccorrere o anche premere il pulsante di allarme per far fermare l'ascensore. Mille scenari mi attraversavano la mente, ma ero cosciente del fatto che dovevo prendere una decisione alla svelta perché lei stava già quasi per raggiungermi. Potevo sentire i suoi tacchi con il loro ritmo ancheggiante sbattere contro la moquette.

 

Eliza si fermò accanto a me e mi resi conto di essere già davanti all'ascensore fin da prima.

Mi guardò ed io guardai lei, in silenzio. Mi accennò un sorriso. Un battito, due battiti, tre battiti. Ok, il cuore stava funzionando.

“Sali?” mi chiese.

“Ehm.... sì” risposi.

La meraviglia bionda davanti ai miei occhi premette il pulsante dell'ascensore e questi si aprì quasi immediatamente. Salimmo entrambe.

Mi sentivo accaldata.

“A che piano vai?” mi chiese.

Al tuo... pensai.

“... terzo” dissi invece.

Eliza premette soltanto il bottone del terzo piano.

“Anche io” affermò subito dopo.

Oddio, siamo addirittura allo stesso piano, non ci posso credere, qualcuno vuol farmi morire prima di domani.

Non sapevo se fosse una fortuna o meno, non stavo capendo più niente.

Durante quei pochi secondi non riuscii a fare altro che a guardare il suo corpo, da cima a fondo, come a volerne accarezzare le forme. Presi quanta più aria potevo nei polmoni, così da poter sentire tutto il suo profumo.

Oddio, sa di gelsomino.

Era totalmente inebriante.

 

Le porte dell'ascensore si aprirono e lei si voltò verso di me, mi fece l'occhiolino e varcò la soglia verso il corridoio.

L'occhiolino. Mi aveva appena fatto l'occhiolino. Cosa poteva voler dire? Soltanto un modo simpatico di salutarmi? Oppure voleva dire seguimi? No, impossibile, non dovevo farmi strane idee, stavo andando oltre e stavo davvero esagerando. Uscii anche io dall'ascensore subito prima che le porte si chiudessero nuovamente e la vidi entrare nella stanza 307. La mia era la 308.

Non è possibile. Assolutamente questa non può essere la realtà, sto sicuramente sognando. Pensai quasi in preda al panico.

Arrivai fino alla porta della mia stanza, la aprii e rimasi in ascolto con la porta socchiusa, volevo capire se e quando sarebbe uscita dalla sua stanza. Ero ancora davvero intenzionata a seguirla? Oddio che stalker.

La porta della stanza 307 si aprì di nuovo e la sentii chiaramente parlare al telefono.

“Sì, sto uscendo adesso dall'albergo, ci troviamo direttamente al locale?” silenzio per qualche istante.

“Al Millennium, te lo avevo già detto!” continuò poi.

La porta si richiuse e i suoi tacchi continuarono a battere sulla moquette in modo sensuale. Riuscivo ad immaginare i suoi fianchi ondeggiare.

 

Senza nemmeno riflettere su ciò che stavo facendo presi la borsetta da sopra la scrivania e uscii dalla stanza, le porte dell'ascensore si stavano già chiudendo, così decisi di fare le scale. Nonostante i tacchi fossero i miei peggiori nemici in quel momento, cercai di muovermi alla svelta per non rischiare di perderla.

Arrivata al piano terra la intravidi uscire e ricongiungersi al gruppo dei suoi amici.

Mi fiondai fuori e notai che stavano entrando in una limousine bianca, annotai la targa mentalmente e analizzai l'ambiente intorno a me. Non c'era traccia di nessun mezzo pubblico o privato che fosse che potesse darmi un passaggio. Tornai dentro affannata e chiesi alla reception il contatto per chiamare un taxi e lo feci, sbagliando per ben due volte a comporre il numero sul telefono. Dannata fretta. Dannata ansia. Dannata goffaggine.

 

Quando riuscii nell'impresa aspettai per ben dieci minuti che il mezzo si presentasse sulla strada davanti all'hotel e una volta che fui dentro mi resi conto che non avevo idea di dove fosse il Millennium che aveva nominato prima Eliza.

“Avrei bisogno che mi portasse al Millennium, credo sia un locale o una discoteca” dissi sperando che il mio autista fosse esperto dei locali della zona.

“Subito signorina, sarò felice di accompagnare una così bella ragazza” mi rispose con tono viscido.

Feci finta di niente, il mio unico interesse era di arrivare laggiù quanto prima.

Il viaggio fu abbastanza breve e una volta arrivata pagai il tassista lasciandogli la mancia pur di non perdere tempo aspettando il resto. Fu ben contento di questo mio gesto.

 

Da fuori il locale si presentava come un posto molto elegante, illuminato da luci blu soffuse su tutta la facciata. L'insegna riportava il nome del locale “MILLENNIUM” con una scritta a caratteri cubitali che cambiava colore a ritmo costante. Arrivai a quello che sembrava l'ingresso del locale e spinsi la porta, ma non si aprì. Mi guardai leggermente intorno e non vidi altre entrate. Provai di nuovo: niente da fare.

Un ragazzo stava annaffiando delle piante vicino a me, mi guardò e mi sorrise.

“Signorina, il locale è ancora chiuso, non aprirà prima delle 23” mi disse posando il suo sguardo sul mio décolleté con malcelata approvazione.

“Oh...” risposi io conscia della figuraccia appena commessa e sulla difensiva, cercando di coprirmi il seno con un braccio. Guardai l'orologio, erano appena le 21. Ringraziai il ragazzo e mi allontanai, sentendomi chiaramente addosso il suo sguardo. Uomini...

Che scema ero stata, ero veramente sconnessa, tanto da non rendermi conto che era effettivamente troppo presto per andare in una qualsiasi discoteca. Evidentemente Eliza e gli altri avevano deciso di andare a cena in qualche ristorante di lusso e POI, solo successivamente, andare a ballare. Mi sedetti su una panchina, sospirando e cercando di mettere al loro posto tutti i pensieri che mi affollavano la mente.

Lasciai passare così alcuni minuti, poi mi guardai intorno e mi resi conto che dalla parte di là della strada c'era un lounge bar aperto. Tanto valeva bere qualcosa nell'attesa.

Entrai e mi sedetti al bancone, ordinai un Martini e mi misi a sorseggiarlo. Ero davvero sicura di voler entrare in quel locale qualche ora dopo? Cosa avrei mai potuto fare? Avrei davvero trovato il coraggio di avvicinarmi a lei e invitarla a ballare? Molto probabilmente no, ma decisi che valeva comunque la pena vederla muoversi e scatenarsi, anche soltanto da lontano.

Stavo sorseggiando con calma soltanto apparente il mio cocktail quando un ragazzo si sedette accanto a me e ordinò un Cosmopolitan.

“Buonasera” mi disse guardandomi con i suoi occhi color nocciola.

Accennai un saluto con un leggero movimento del capo, continuando a bere. Non ero assolutamente in vena di respingere un corteggiatore.

“Sei silenziosa...” continuò passandosi una mano tra i capelli castani e ben curati.

“Già...” risposi.

“Ti va se ti faccio compagnia?” chiese insistendo con il suo tentativo di abbordaggio. Povero illuso.

“Sto aspettando qualcuno” inventai.

“Posso farti compagnia durante l'attesa, non è carino che una bella ragazza come te si annoi qui da sola”. Non aveva davvero intenzione di arrendersi.

“Mi annoio volentieri” risposi secca. Mi stupii quasi della mia risposta molto poco carina. Non ero solita comportarmi in modo scontroso, ma avevo soltanto una cosa in mente: Eliza, le sue labbra e i suoi occhi. Ok, erano più di una in effetti.

Il ragazzo rise in evidente imbarazzo, fece spallucce e, appoggiandomi una mano sulla coscia, si avvicinò a me e mi sussurrò: “Peggio per te”. Poi si alzò con il suo Cosmopolitan in mano e fulminandomi con lo sguardo si allontanò con la coda tra le gambe. Ok, almeno me lo ero tolto di dosso.

Appena ebbi finito il Martini ne ordinai subito un altro e poi un altro ancora. Cominciavo a sentire i fumi dell'alcool scorrermi nelle vene e soprattutto offuscarmi piacevolmente la testa quando, prendendo il telefono per ammirare sullo sfondo la foto di Eliza, mi cadde l'attenzione sull'orologio che segnava le 23.13. Era giunto il momento di entrare al Millennium. Finii tutto in un sorso ciò che era rimasto nel bicchiere, pagai e mi diressi verso l'entrata del locale.

Una volta dentro constatai che c'era ancora poca gente, ma questo non era necessariamente un male. Dopo aver lasciato la mia borsetta al guardaroba mi sedetti su un divanetto che mi permetteva di avere una buona visuale sull'ingresso. Non potevo perdermi il momento trionfale dell'entrata in scena di Eliza Taylor.

Passò un'altra ora buona e il locale cominciò pian piano a riempirsi. Davanti a me un bel gruppo di persone si stava scatenando sulla pista da ballo, al ritmo di una scadente musica dance. Sbuffai. Stavo quasi per perdere le speranze, quando improvvisamente la vidi entrare. Stava ridendo con i suoi amici mentre camminava e, buttando la testa all'indietro, i suoi capelli danzarono, illuminati dalle luci stroboscopiche, scoprendole le spalle. Sentivo l'irrefrenabile bisogno di sfiorarle con la punta delle mie dita.

Ok, dovevo smetterla di avere paura, dovevo farmi coraggio. Ma dove e come avrei potuto trovarne? Mi alzai ed andai al banco delle bevute. Presi un Long Island. Quello sarebbe stato il mio coraggio liquido. Ne buttai giù un bel sorso senza mai perdere d'occhio il mio bersaglio che nel frattempo si era messo a ballare in mezzo alla folla. Uno dei due attori che erano con lei, un certo William, le stava particolarmente vicino e questo mi infastidiva non poco. Si vociferava che tra i due ci fosse qualcosa, ma non avevo mai voluto credere a questa storia, faceva troppo male.

Presi un altro sorso abbondante e mi unii alla folla danzante, cominciando a muovere qualche passo incerto. Mi avvicinai, ma non troppo, bevvi ancora e piano piano sentii che quel cocktail era decisamente più forte degli altri. Bene.

William le cinse la vita e lei cominciò a ballare con lui in modo maledettamente sensuale, guardandolo negli occhi. Un fuoco arse dentro di me, sia per la gelosia che per l'eccitazione che mi provocava vederla ballare lì davanti a me.

Bevvi di nuovo, quel coraggio non era abbastanza, ne volevo ancora.

Cominciai a ballare con più enfasi e mi avvicinai di qualche altro passo. Eliza stava ancora attaccata al ragazzone. Lui con un movimento del braccio la fece voltare e lei non oppose resistenza, i loro corpi erano in contatto per tutta la loro superficie e lei aveva spostato la testa di lato, scoprendo il collo e lasciando a lui libero spazio perché vi potesse poggiare le labbra, senza però baciarla.

Le mani di William erano saldamente appoggiate sui fianchi ondeggianti di Eliza.

Presi un altro sorso, ma il bicchiere non conteneva altro che ghiaccio.

Dannazione!

Stavo ancora annaspando con il bicchiere, cercando di racimolare quante più gocce di coraggio potessi, quando improvvisamente, poggiando di nuovo lo sguardo su Eliza, mi resi conto che i suoi occhi mi stavano fissando, mentre ancora continuava a ballare con lui.

La gola mi si seccò e il bicchiere di plastica mi cadde di mano.

Lei sorrise. Mi sorrise.

La testa mi girava e non sapevo cosa fare, stavo ballando ma non sentivo più i piedi.

Spostò il suo sguardo lungo tutto il mio corpo, poi tornò a scrutarmi. Non interruppe mai la linea che incastrava i nostri occhi e buttò un braccio all'indietro abbracciando il collo di William, carezzandogli i capelli. Se non fossi stata sicura che mi stavo sbagliando avrei detto che quella era una provocazione nei miei confronti. Qualsiasi cosa facesse, risultava sempre maledettamente sensuale.

Ad un tratto la musica cambiò e a ritmo con essa anche Eliza si staccò da William che continuò a ballare da solo come se niente fosse. Lei si avvicinò di qualche passo a me continuando a guardarmi. Avevo lo stomaco in subbuglio, non sapevo se per il troppo bere o per tutta la situazione surreale che si era venuta a creare.

Eravamo a pochi passi di distanza e sentivo che l'alcool si stava veramente trasformando in una qualche forma di spavalderia in me. Feci per avvicinarmi a lei, quando mi sentii afferrare. Qualcuno mi aveva appena agganciato e si stava strusciando dietro di me, ballando. Era chiaramente un uomo. Mi voltai per replicare e vidi che era il ragazzo castano che aveva cercato di abbordarmi al bar poche ore prima.

“Il destino ci ha fatto rincontrare dolcezza” mi urlò per sovrastare la musica. Cercai di divincolarmi, ma la sua presa era salda. Per come era conciato doveva aver bevuto parecchio, molto più di me.

“Dai, lasciami!” gli intimai, ma lui fece finta di non sentire e continuò la sua danza sconnessa strusciandosi. Mi girai con tutto il corpo nella sua presa in modo da ritrovarmi faccia a faccia con lui. Gli premetti entrambe le mani sul petto e spinsi forte, riuscii a destabilizzarlo e dovette lasciarmi per cercare di mantenersi in equilibrio, cercai di allontanarmi ma lui mi afferrò di nuovo provando a baciarmi.

Sentii qualcuno prendermi per mano e strattonarmi. Mi voltai, confusa, e vidi Eliza che con un movimento elegante si frappose tra me e lui.

“Lei è con me – ringhiò – vedi di farla finita, stronzo!”

Per la seconda volta, il ragazzo si trovò a dover uscire di scena sconfitto. Alzò le mani a mo di difesa, fece una smorfia e si allontanò deriso dai suoi stessi amici che lo accompagnarono nel cammino della vergogna.

Eliza Taylor mi aveva appena salvato da una situazione assai scomoda, prendendo le mie difese senza che nessuno le chiedesse di farlo. Le nostre mani erano ancora intrecciate. Nel mio petto una danza.

   
 
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