Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Vavi_14    23/06/2018    5 recensioni
Piccole scene rubate dalla vita di sette giovani trainee che aspirano a diventare idol.
◊È un torneo di sopravvivenza dove solo i vincitori vanno avanti◊
______________
Dal cap VIII. #pizza
[…]Oltre gli schiamazzi degli attori, si sente solo il respiro pesante di Taehyung e quello di Yoongi, assieme agli sbuffi intermittenti di Jungkook, che ogni tanto lascia ciondolare la testa per poi risvegliarsi all’improvviso, guadagnandosi un’occhiata divertita e intenerita da parte di Jimin.
«Ragazzi, io ho fame».
In quel momento, le teste di tutti – tranne quella di Yoongi – si voltano contemporaneamente verso il criminale che ha osato pronunciare una frase tanto sconsiderata. Sono le undici e mezza di notte, hanno già consumato i loro panini qualche ora prima, perché mai uscirsene con un’affermazione che ha dell’utopico?
A parlare è stato Taehyung e Jimin ancora non si capacita di come abbia fatto a svegliarsi, mettere in moto i neuroni, captare gli stimoli del proprio stomaco e convertirli in parole nel giro di un secondo.
[…]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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XXIX.Scelte
 
 
 
 
 
 
 
 
Una piccola valigia con le rotelle addossata alla parete stretta della camera da letto è ora l’oggetto degli sguardi di Hoseok, sdraiato lì accanto in una brandina non sua, l’ipod nelle orecchie e la voce dei suoi due compagni che gli riecheggia ancora nella testa rendendo viva una conversazione avuta qualche settimana prima. Era stato Namjoon a porgli la fatidica domanda; lo aveva chiesto senza troppa convinzione, consapevole che fosse una questione insensata da affrontare, in quel preciso momento del training di Hoseok. Chiaro, diretto, supportato dalle iridi serie di Yoongi che vagavano dalle mensole inondate di suppellettili al volto del compagno più piccolo, aveva parlato con voce roca, forse poco rassicurante.

«Ne sei sicuro, Hoseok?»
Non si aspettava una vera e propria risposta, in fondo si conoscevano da tempo – Hoseok era stato il primo, dopo Yoongi, ad unirsi al gruppo – e ormai gli bastava poco per capire quando qualcosa, in quel dormitorio, non quadrava. Che il membro in questione fosse stato il più aperto o il meno incline a condividere le proprie preoccupazioni, Namjoon lo avrebbe scoperto in ogni caso. E ci avrebbe provato, a far andare di nuovo le cose per il verso giusto, perché in fondo anche questo voleva dire essere un leader.
«Non sono felice».
Quella di Hoseok era stata una risposta dura, a primo impatto. Yoongi aveva sentito qualcosa di molto simile a un battito ribelle bussargli nel petto.
«Con me stesso, intendo».
Namjoon lo aveva guardato a lungo, poi aveva annuito, non tanto per convinzione, ma perché desiderava comprendere.
«La mia vita di adesso, non so…». Hoseok si era massaggiato le tempie e aveva sospirato. Gli faceva male parlare così ai suoi compagni, dopo tutto il percorso che avevano affrontato assieme. Ma glielo doveva, almeno doveva loro quella sincerità che in tanti mesi di training aveva da sempre contraddistinto il suo modo di vedere le cose. Hoseok era genuino, tutti lo sapevano nel gruppo, e arrivati a quel punto non avrebbe avuto senso nascondere le sue vere motivazioni davanti a chi aveva temprato, in misura maggiore o minore, il ballerino e la persona che era diventato. «C’è qualcosa che non mi soddisfa in quello che sto facendo. C’è qualcosa, in me, che non funziona come dovrebbe in quest’ambiente. Non è che io voglia mollare, forse ho solo… sbagliato, ecco tutto. Sbagliare è umano, no?»
Si era rivolto agli altri due con un sorriso appena accennato, un sorriso talmente triste che aveva costretto Yoongi a distogliere lo sguardo.
«E se invece fosse solo un periodo?»
«Lo sai che non è quello, Namjoon».
Il leader si era sentito talmente inerme che il suo stomaco aveva fatto un salto carpiato su se stesso, facendogli ingoiare saliva a vuoto.
Yoongi aveva incrociato una gamba sull’altra, sporgendosi un poco al bordo di quello che, a naso, pareva essere il letto di Jimin. «Ultimamente sembra andare tutto per il verso sbagliato, Hoseok. Quando sembra che le cose si stiano aggiustando, c’è sempre uno di noi che crolla e finisce per portarsi dietro gli altri. Onestamente, non credevo che potessi affezionarmi così tanto ad un gruppo, ma è successo e… ora vivo le cose in modo diverso. Quando ottengo qualcosa, sento che non lo faccio più solo per me stesso. Quando fallisco, non sono il solo a cadere a terra. Non sto parlando di responsabilità, solo di sensazioni, credo. Forse è davvero arrivato il momento in cui l’io è divenuto un noi».
Hoseok aveva ascoltato il maggiore senza interromperlo. Non era la prima volta che lo sentiva esternare ragionamenti tanto lunghi; era capitato che riuscisse a parlare con Yoongi anche quattro ore di seguito, quand’erano con Namjoon, loro tre soli, ma non si aspettava che tirasse fuori un discorso del genere.
«Lo capisco, hyung» è un’ammissione dolorosa, anche se sentiva di condividere appieno ciò che Yoongi gli aveva appena detto. «Non dico che per me non sia lo stesso».
Namjoon era rimasto immobile con le dita delle mani incrociate e gli avambracci sulle ginocchia. Lui e Yoongi erano seduti in modo da poter guardare Hoseok negli occhi.
«Solo che se prima non riesco a far pace con Jung Hoseok, a capire cosa vuole da me, come posso camminare serenamente assieme a voi, ragazzi? Sono solo un ostacolo, per me stesso e per gli altri».
«Hoseok».
«Namjoon, ci ho pensato tanto». Aveva interrotto l'altro prima che potesse inserirsi nel discorso. «Ci ho pensato giorno e notte, in ogni momento, fino a farmi venire il mal di testa. Non so se questa sarà la decisione giusta in assoluto, ma lo è in questo momento, per me e per voi. Magari ho solo bisogno di tempo».
Yoongi alza il mento. «Hoseok, se te ne vai-»
«Non è detto che io possa tornare. Lo so, hyung».
Non era del tutto corretto parlare di pausa di riflessione, anche perché, in un ambiente come quello del pop coreano, un abbandono improvviso avrebbe potuto significare l’uscita definitiva dal gruppo senza possibilità di revoca.  A dire la verità, parlandone con il manager, lui gli era sembrato molto più che comprensivo – e forse non troppo contrario ad una suo ipotetico reinserimento nel gruppo, ma non poteva metterci la mano sul fuoco e, inoltre, non voleva dare false speranze ai suoi compagni. L’ipotesi che fosse solo un brutto momento l’aveva vagliata tante volte, provando ad ignorare i sentimenti negativi, a ballare con più convinzione e ad impegnarsi il triplo nel canto, ma spesso i risultati tardavano ad arrivare e ciò che riusciva a vedere davanti a sé era sempre e solo un futuro incerto in cui Jung Hoseok non aveva ancora deciso chi voleva essere davvero. Un ballerino di street dance? Un rapper? Magari entrambe le cose o nessuna delle due. Forse aveva semplicemente preso la strada sbagliata, lavorando sodo per niente. Eppure, quando ci pensava, vedeva un’opportunità nella quale aveva sempre creduto – o almeno, fino a quel momento – vedeva dei compagni che lo avevano sempre supportato e valorizzato anche quando le cose non andavano per il verso giusto. Aveva scoperto in loro degli amici, dei fratelli e anche dei validi insegnanti, sulla vita e sul lavoro, ne avevano passate talmente tante che gli sembrava di aver vissuto con loro da sempre. Era cresciuto, in quei mesi, si era messo in discussione tante volte e forse è stato proprio questo continuo interrogarsi a portarlo dov’è ora, sull’orlo di una crisi d’identità dalla quale non sa come uscire.
«Magari l’allontanamento non è una soluzione. Possono essercene altre che adesso non vedi».
«Magari si, Namjoon, o magari questa è solo più difficile da accettare».
Il leader si era passato una mano sul volto. «Voglio solo che tu non ti penta di ciò che stai facendo, Hoseok».
«Come faccio a saperlo se non vado avanti per la mia decisione? Se questa non è la mia strada, devo cercarne un’altra. Non posso assistere passivamente senza far nulla. Voglio essere sicuro della vita che scelgo, se non sono soddisfatto di me stesso, sono una fonte negativa anche per gli altri».
«Per me non sei una fonte negativa, Hoseok».
Namjoon sapeva che, arrivati a quel punto, forse nessuna parola sarebbe riuscita a far desistere Hoseok dalla sua decisione. Quindi, tanto valeva lasciarsi andare e dirgli almeno quanto ci teneva a lui come amico.
«Nemmeno per me» si era unito Yoongi, qualche istante dopo.
I due lo avevano visto abbassare il capo e strofinarsi il palmo della mano sugli occhi. «Grazie» aveva detto solo, ed entrambi erano consapevoli che quella sarebbe stata l’ultima parola che gli avrebbero sentito pronunciare per quel giorno.
 
Tira su col naso, prima di darsi uno slancio e riappropriarsi della valigia, afferrarla per il manico e trascinarla lentamente all’entrata, dove gli altri membri lo stanno aspettando. C’è un silenzio innaturale, mentre Namjoon lo aiuta a recuperare i due borsoni rimasti in camera e assieme li impilano sul trolley che Seokjin sta mantenendo dritto. 
È il più grande a dare il primo abbraccio, una stretta breve ma intensa, seguita da una pacca energica sulla spalla. Fanno lo stesso Yoongi e Namjoon, mentre Jimin batte il pugno.
«Chiamaci appena arrivi a casa» sussurra quasi, senza aggiungere altro, anche se vorrebbe dirgli di nuovo di non andare, che è ancora in tempo a ripensarci. «Ci mancherai» decide di aggiungerlo all’ultimo e Hoseok vorrebbe non averlo mai sentito per evitare quel luccichio pericoloso nei propri occhi.
«Anche voi» riesce a rispondere, mentre abbraccia con slancio Taehyung e rivolge uno sguardo al più piccolo del gruppo, rimasto immobile accanto a Jimin fino a quel momento. Per un attimo pensa sia congelato sul posto e non riesca nemmeno a salutarlo, perciò rimane spiazzato quando lo vede avvicinarsi timidamente a lui e stringerlo senza preavviso, ed è nel momento in cui i loro petti si sfiorano che Hoseok percepisce dei lievi singhiozzi in quello del più piccolo, palesatisi poco dopo in due grandi lacrime che Jungkook lascia cadere sulla maglia verde militare del compagno.
«Comportati bene, Jungkookie» gli dice, accarezzandogli la schiena e facendo finta che una scia salata non abbia attraversato anche la sua, di guancia.
Jungkook annuisce ma non risponde e si allontana a viso basso, strofinandosi un avambraccio sugli occhi e sentendo, poco dopo, la mano di Namjoon che gli stringe una spalla.
«A presto, ragazzi» è il suo ultimo saluto, mentre consegna ad un componente dello staff i propri bagagli, sulla soglia della porta. «Fate sempre del vostro meglio».
«Ti vogliamo bene, hyung» azzarda Jimin, restio a voler chiudere la porta dietro la schiena del compagno.
La mano di Hoseok che sventola in aria e uno dei suoi sorrisi più belli è ciò che i ragazzi vedono prima di sentire i suoi passi riecheggiare per la rampa di scale del pianerottolo.
 
 
 
 

 
 
 
 









Alloooora. Ci tenevo tanto a scrivere questa cosa. Siccome è molto che non metto mano alla raccolta, spero di non esser sembrata troppo arrugginita. Questa è, ovviamente, una mia interpretazione personale della temporanea uscita di Hoseok dal gruppo, al quale lui stesso fa un BREVISSIMO riferimento (come se fosse NULLA) in Burn The stage. Sarebbe bello scrivere anche il momento in cui torna, ma non credo lo farò, quindi dal prossimo capitolo, probabilmente, li rivedrete nuovamente tutti insieme.
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su ciò che avete letto e, se volete, anche sull’aneddoto in generale. Tanto sappiamo bene che i BTS sono formati da 7 membri e non esistono senza uno di essi. JUNG HOSEOK TI VOGLIAMO BENE ANCHE NOI <3

Vavi
  
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