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Autore: Miryel    24/06/2018    11 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  • Sul gruppo Facebook: Il Giardino di EFP è stato dato un test a risposta multipla, dove la maggioranza di x risposte comportava un pacchetto specifico contenente dei Prompt ispitati a film/libri. Io, che sono tipo parte integrante del mondo angst ho avuto il pacchetto malinconico e tra i film/libri a cui ispirarsi c'era Call me By Your Name (chiamami con il tuo nome) e siccome volevo scrivere una Starker a capitoli da troppo, ne ho approfittato per farlo (and i regret nothing). I presupposti c'erano tutti: due persone, con una differenza di età, con due caratteri opposti, due geni, due adorabili dorkettini e... nulla, l'aggiornamento sarà settimanale, la domenica. Sperando che questa mia piccola e umile opera vi piaccia, vi auguro buona lettura e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
  • P.s: il disegno nel banner è mio; siccome ero ispirata ho deciso di farmelo da sola, spero vi piaccia XD se vi va seguitemi anche su >Tumblr<, dove ogni tanto pubblico cose, faccende yaoi per lo più. ♥♥♥
  • Conteggio parole: 2519
  • Il titolo è ispirato ad una canzone dei Led Zeppelin: "Fool In The Rain", che è bellissima ma sono i Led Zeppelin quindi non serve nemmeno tessere le loro lodi (e invece sì, amateli ç_ç)


 


Fools In The Rain

 

Capitolo V.
 

Da quando avevano iniziato a chiacchierare tranquilli a bordo piscina, i piedi ancora immersi nell’acqua, la sola luce del lampione sulla strada ad illuminare l'ambiente, persino l’aria si era fatta meno rigida.

C’erano dei gesti che in pochi minuti erano diventati già parte di loro.

Tony aveva cercato la sua mano ogni volta che per cause diverse si era sciolta dalla sua e distrattamente ogni tanto gli accarezzava il dorso col polpastrello del pollice.

Un gesto apparentemente stupido ma che per Peter significava tutto. Significava essere importanti per qualcuno, significava che certi gesti non era desideroso di compierli solo lui il che lo confortava enormemente.

«E’ impensabile. Intendo il fatto che io interessi a qualcuno. Lo so, è un concetto stupido, davvero molto stupido, ma in diciotto anni di vita sei il primo che mi trova interessante. Da quanto lo hai capito che non ti ero… ecco... indifferente?», chiese Peter, timidamente, con la voglia di sapere cosa accidenti avesse mai fatto di così sconvolgente da averlo ammaliato a tal punto da confondergli le idee.

«Oh, da subito», rispose Tony e alzò le spalle ridacchiando, «diciamo dalla stretta di mano appena ho varcato la soglia di casa».

Peter alzò un sopracciglio, poi scoppiò a ridere e scuotendo la testa, rispose: «Che bugiardo! Non mi sopportavi! Guarda che me ne sono accorto! Non hai fatto altro che ignorarmi e fingerti interessato alle cose subdole che i miei zii ti dicevano ed era palese che non te ne fregasse un granché».

Anche Tony scoppiò a ridere reclinando la testa all'indietro, visibilmente orgoglioso di se  stesso e Peter non sapeva riguardo a cosa, finché non rispose: «Quello era un modo per attirare la tua attenzione. Ho ragione o no nel dire che ti sei impegnato un sacco nel cercare di sorprendermi con tutte le tue filippiche su quanto la fisica quantistica ti piaccia? Come se non avessi notato la soddisfazione nei tuoi occhi quando tuo zio ha iniziato a tessere le tue lodi per via di quel diabolico e geniale aggeggio che hai costruito».

«Hai ragione in parte», gli concesse Peter e inclinò la testa di lato, avvicinando il viso al suo per ammirare da più vicino il luminosissimo sorriso che gli stava regalando. «Volevo sorprenderti ma volevo anche sentirmi… capito. Sembrava quasi che solo tu potessi capirmi e non ho cambiato idea», ammise e Tony alzò una mano per passarne il dorso sulla sua guancia.

«Ed io ti ho capito, Peter ma… è troppo difficile a volte lasciarsi andare così. Non è all’ordine del giorno per me, non è una cosa che faccio con una certa abitudine. Sembro spavaldo e tutto quanto, ma se l’ho fatto con te è solo perché non ho potuto continuare a fingere che non mi importasse niente. Quello che stavo cercando di fare era mettere dei paletti finché ero in tempo, per quello non volevo nemmeno provare ad avvicinarmi. Per quello desideravo riuscire ad ignorarti».

«E non ci sei riuscito», rispose Peter, quasi sollevato da quel fatto perché dopotutto se ci fosse davvero riuscito ora non sarebbero stati lì, a guardarsi negli occhi senza aver paura di dover distogliere lo sguardo per non palesare troppe cose.

Tony avvicinò il viso al suo; gli accarezzò una guancia con la punta del naso e fu uno dei gesti più dolci che Peter avesse mai ricevuto in vita sua e quasi il cuore gli saltò dal petto per quel fatto.

«E non ci sono riuscito», sospirò sulle sue labbra, prima di baciarle di nuovo con leggerezza e quando si staccarono Tony continuò: «E tu? Piccolo, arrogante, strambo amante dei ragni e della scienza, quando lo avresti capito?».

Peter rise di fronte a quel nomignolo inventato sul momento e, arricciando le labbra e alzando le spalle, sorrise.

«Non so. Non subito però. Ho odiato quell'atteggiamento che avevi nei miei confronti. Quel tono che usavi con me, trattandomi come un ragazzino ma ammetto che quel fastidio era dovuto al fatto che non mi stessi dedicando le dovute attenzioni, quindi credo sia quasi logico che anche per me sia stato immediato. Insomma, sarei proprio uno stupido a dire il contrario, no? Dopotutto non ho fatto nemmeno chissà che per tenertelo nascosto», rispose parlando a briglia sciolta, senza più alcun motivo per trattenersi ma era fin troppo consapevole di essere logorroico e annoiare le persone era una delle sue paure più frequenti, «Scusa, parlo un sacco».

Tony allargò le labbra rivelando la dentatura bianca e perfetta e, poggiando la fronte alla sua rese parola solo quando smise di ridere.

«Mi piace sentirti parlare. La tua voce mi rilassa, Peter. Ti ascolterei per ore».

Peter aggrottò la fronte e sentì il cuore perdere un battito.

Okay, questo era un colpo basso. Una frase ad effetto, quasi un cliché detto col tipico tono alla Tony Stark, playboy e malgrado in altre circostanze Peter avrebbe probabilmente riso, stavolta arrossì.

Gli aveva appena fatto un complimento che non aveva mai ricevuto da nessuno. Non aveva mai creduto di avere una bella voce, non era bravo nemmeno a cantare, anzi eppure col senno di poi si rendeva conto che spesso Tony lo aveva cercato per casa, lo aveva raggiunto in posti impensabili per chiacchierare e forse uno dei motivi era proprio quello della voce.

«Sei la prima persona che mi dice una cosa del genere».

Tony alzò le spalle e sbuffò divertito: «Credimi, non sono il tipo che dice certe cose ma tu… stai facendo qualcosa alla mia psiche, ragazzino. Se per colpa tua perderò la faccia di uomo fiero e sicuro, te ne pentirai amaramente».  

Ironia pungente, arroganza palesata solo per nascondere una profonda insicurezza e una spavalderia odiosa per chi non conosceva cosa c’era dietro tutto quel modo di fare.

Peter piegò le labbra in un sorriso, dopo aver pensato in un flash veloce nella testa a quante sorprese potesse riservare una sola persona e, abbassando per un secondo gli occhi, nascosti dalla folta corolla di ciglia li rialzò subito e si perse qualche secondo nel colore nocciola degli occhi dell’altro.

«Ehi», lo chiamò Tony, all’improvviso, mentre lui si avvicinava di più attratto per qualche ragione dal suo profumo che un leggero venticello gli aveva permesso di odorare con più intensità.

«Mmh?», mugugnó Peter, come risvegliandosi da un sogno.

«Mi dispiace che il tuo brevetto non sia stato accettato dalla Stark Industries. Non mi occupo personalmente della cosa o ne sarei rimasto sorpreso, e dalla reazione che ho avuto immagino tu possa credermi. Non capisco chi sia stato l’idiota che non lo ha trovato geniale», sbuffò Tony, girandosi a guardare un punto indefinito di fronte a sé e scotendo la testa in totale disappunto con chissà che cosa.

Decisamente ci era rimasto male più lui che Peter stesso; era ovvio che sebbene Tony cercasse di far vedere che tutto gli scivolava addosso con quell’atteggiamento da Sì, bravi, ma io sono meglio, in realtà era un uomo estremamente consapevole che al mondo c’erano altre persone geniali almeno tanto quanto lui e sembrava disposto ad accettare quel fatto anche se feriva leggermente il suo orgoglio e anche se non voleva ammetterlo, ammirava palesemente chi riusciva a sorprenderlo.

Come poteva un uomo del genere, famoso per la sua misantropia e arroganza, dire certe cose con una sicurezza nella voce ma un dispiace negli occhi così grande? Per Peter rimaneva un mistero.

Lo osservò con la fronte aggrottata, troppo sorpreso per dire qualcosa immediatamente, poi scosse la testa ridendo.

«Davvero te ne stai facendo un cruccio? Tu? Pazzesco, è ovvio che non te ne sei occupato tu ma anche fosse stato, non ce l'ho con te. Questo non mi ha fermato dal darle un… come dire? Upgrade!», rispose e Tony alzò un sopracciglio, irrigidendo le spalle e riservandogli un’occhiata scettica.

«Ma cos- mi fai paura, Peter. Sembri uno di quegli scienziati pazzi dei film di fantascienza che non ne combinano una giusta e diventano la spalla comica del protagonista», commentò, prendendo quasi le distanze e Peter gonfiò le guance, offeso.

«Ma… senti da che pulpito!!», esclamò, cercando di dargli uno schiaffo, che Tony schivò abilmente prendendogli il polso e, regalandogli una nuova risata liberatoria, se lo tirò addosso e lo abbracciò.

Fu un gesto improvviso, ma infinitamente dolce e Peter si lasciò andare con la guancia sulla sua spalla; chiuse gli occhi, e sentì la mente leggera e lo stomaco in subbuglio.

«Credo sia ora di andare a dormire, ragazzino», sussurrò Tony, mentre alzava una mano per accarezzargli i capelli e Peter si sentiva ancora più inglobato da quelle sensazioni. Represse un sospiro perché solo l’idea di separarsi da lui, proprio ora che si erano trovati, lo faceva sentire vuoto.

«Già, è tipo tardissimo», commentò e, lasciando che Tony tornasse a prendergli le guance con le mani per guardarlo ancora, sorrise di rimando al viso sicuro ma addolcito dell’uomo.

«Abbiamo anche domani, per chiacchierare».

Peter lo sapeva. C’era il giorno dopo, poi quello dopo ancora e poi una settimana e mezzo da passare insieme ma per una legge della fisica non scritta, era ovvio che quel tempo sarebbe passato in un batter d'occhio, perché dopotutto sapeva che dopo quella vacanza tutto sarebbe cambiato e avrebbe dovuto fare i conti con un mucchio di domande scomode e dolorose.

Si alzarono, il vento gelido gli congelò i piedi. Recuperó le infradito tremando mentre Tony rideva nel vederlo in quello stato, più controllato nei confronti di quel clima.

Peter si strinse nelle spalle e quando raggiunsero l’entrata di casa e poi il corridoio al piano superiore che li avrebbe portati alle camere, ci fu uno sguardo intenso che fu illuminato solo dalla fievole e sfumata luce della luna che trapelava dalla finestra stile inglese che si affacciava sul giardino, dove erano stati fino a poco prima.

Gli prese la mano, e Tony non si scansó sebbene il suo viso fu attraversato da una leggera sorpresa.

«Buonanotte, allora», disse Peter un po’ impacciato, e Tony non perse tempo a chinarsi sulle sue labbra per reclamare forse il bacio che lo avrebbe poi accompagnato fini al proprio risveglio.

«Buonanotte Peter», rispose e quando le loro mani si separarono, la realtà dei fatti tornò a sommergere quell'atmosfera quasi irreale che si era creata poco prima e tornare con i piedi per terra fece completamente perdere il sonno a Peter.

 

♦♦♦

 

C’era ancora un po’ di imbarazzo al sol ricordare che lui e Tony, non meno di quattro ore prima, si erano baciati a bordo piscina con tutto quel trasporto e il pensiero che la cosa fosse andata avanti per quasi tutta la notte tra chiacchiere ed effusioni, aveva tolto ogni traccia di razionalità nella mente di Peter.

Aveva passato quel che rimaneva delle ore di riposo a rigirarsi nel letto, nel tentativo di addormentarsi e quello che era riuscito a fare era stato solo incastrarsi tra le lenzuola in un modo ridicolo che se avesse voluto farlo di proposito, non ci sarebbe mai riuscito.

La finestra spalancata aveva smesso di mandare aria fresca da quando il sole era ormai visibile nel cielo e, senza più un solo straccio di speranza di dormire, alla fine si alzò.

L'orologio appeso al muro lo informò che erano le sette del mattino e a quanto pareva la pioggia e il freddo avevano abbandonato la zona. Ne fu felice.

Aveva quasi finito di studiare per l’esame e avrebbe potuto nuotare un po' in piscina, dedicarsi un po’ al vecchio pianoforte che arredava il soggiorno e magari, perché no, stare un po’ solo con Tony e continuare a parlare con lui.

Era rimasto piacevolmente sorpreso dalle cose che gli aveva raccontato. La sua idea di uomo cinico e incapace di provare emozioni era scemata pian piano, mentre avevano parlato, finché quegli occhi luminosi e incantevoli puntati sui suoi l’avevano annullata totalmente.

Si alzò e, cercando di non fare rumore, scese in cucina dove un leggero suono di stoviglie lo accolse e difatti trovó zio Ben intento in quella che doveva essere una colazione italiana: cappuccino, brioche e un bicchiere di succo d’arancia.

Sembrava buona.

«Ehi, Peter», lo salutò, con la bocca piena. «Che fai già sveglio? Di solito non sei così mattiniero», osservò.

Lui alzò un braccio per grattarsi la testa: «Non ho dormito».

«Accidenti. Questo studio ti sta distruggendo. Dovresti rallentare un po’», lo redarguì ancora zio Ben e lui sorrise leggermente in imbarazzo, felice di poter fingere che fosse lo studio la causa del problema d'insonnia. «Il latte è in frigo, e anche il succo. La brioche puoi scaldarla nel forno», continuò l’uomo e Peter fu cosciente di aver nascosto malissimo il languore che quella colazione gli aveva fatto venire e quando fu tutto pronto si sedette accanto a lui.

«Anche se non ho dormito, non ho sonno», ammise, allungando poi il braccio per prendere un tovagliolo dal centro del tavolino rotondo, «Mi sento riposato».

«Ottimo, ma è meglio se ti riposi. Puoi sempre dormire nel pomeriggio».

«Conosci la mia politica sul non sprecare del tempo prezioso. Si dorme la notte, il giorno bisogna essere produttivi», sorrise, poi spezzò la brioche e con la bocca piena continuò: «succede quando hai una mente superiore e sempre in movimento come la mia», e gli diede una gomitata per fargli capire che stava scherzando.

Zio Ben alzó un sopracciglio, poi scosse la testa ridacchiando: «Non vorrai davvero passare anche questo pomeriggio a studiare, Peter».

In altre occasioni avrebbe risposto di sì ma Peter aveva davvero deciso di dedicare quella giornata ad altro e non aveva proprio la testa nemmeno per mettersi a leggere un fumetto, figuriamoci un libro.

Esitó qualche istante prima di prendere della cioccolata da un barattolo e iniziare poi a spalmarla con un coltello sul pezzo di brioche che gli era rimasto.

«Veramente vorrei uscire un po’. Magari potrei addentrarmi in paese e fare una passeggiata. Giusto per cambiare aria».

«Buona idea. Perché non ti porti anche Tony? Non è pratico della zona, magari potresti portarlo a vedere la chiesa centrale o il municipio. Per quanto possano interessare ad uno come lui, intendo… non vorrei che si annoiasse», rispose zio Ben, fin troppo consapevole di aver appena attivato una reazione di imbarazzo e approvazione fin troppo esaltata da parte di Peter.

Quasi gli scivoló la brioche dalle mani, quando stava per addentarla e, cercando di risultare il più naturale possibile sapendo quanto fosse una frana a nascondere i propri sentimenti, accennò ad un debolissimo sorriso che ne racchiudeva celato uno molto più entusiasta.

«È una buona idea. Magari… potrei portarlo a vedere l’altra spiaggia. Quella con la sabbia bianca».

«La spiaggia Parker?», chiese zio Ben, alzando un sopracciglio.

«Beh, è ufficiosamente la spiaggia Parker. Non è tua, zio Ben. Fattene una ragione», rispose, in tono solenne e ricevendo in risposta un'occhiataccia che li fece ridere di gusto entrambi, «è una buona idea, comunque. Mi sembra di aver capito che gli piace starsene in spiaggia senza fare nulla, glielo proporrò», approvò, in brodo di giuggiole.

Non vedeva l’ora di poter passare un po’ di tempo con Tony, nel tentativo di riempire ogni momento che potevano dedicare stando insieme così da poterne imprimere il ricordo per sempre.

 

 

   
 
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