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Autore: missredlights    25/06/2018    4 recensioni
L’uomo in questione, sentendosi chiamare per nome, sorrise ancora più apertamente, poggiando sulla scrivania una cartelletta. Tsunade vide la scritta TOP SECRET capeggiare a caratteri rossi sulla busta e lo guardò interrogativa. In che guaio si era cacciato?
"2° posto al contest ‘Like an Hero- Eroe per un giorno’ indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di Efp”
"4° posto e vincitrice del premio "Coraggio" al contest "Over the Ends, Over Again" indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP".
"6° e vincitrice del premio miglior space opera al Contest "Dai vita alla tua fantasia con i generi letterari!" indetto da 6Misaki e valutato da Elettra.C sul forum di EFP. "
Storia partecipante al Contest " Specchi, ombre e presagi: il doppelgänger II edizione" indetto da Shilyss sul forum di EFP.
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Growing in numbers 
Growing in speed
Can't fight the future
Can't fight what I see”

 

 

Sistema Kagure, anno 3157

 

“Ebbene? Ci sono novità?”

“No, signor Colonello. Non siamo riusciti a scoprire nulla. Quei pochi indizi a nostra disposizione si sono rivelati insufficienti ai fini della missione.”

“Chiamatemi il Generale Nara e il Capitano Sabaku no. Arrivati a questo punto solo quei due possono riuscire in questa missione così disperata.”

“Sì, signor Colonello.”

Il soldato uscì dalla stanza, lasciando il Colonello Senju da sola. Fu quasi istintivo sospirare e voltarsi ad osservare il panorama al di fuori della finestra. Quando era cominciato tutto questo? Se tornava indietro nel tempo non riusciva a ricordare quando era stata l’ultima volta che aveva poggiato i suoi piedi sul suolo terrestre. Forse non c’era mai stata e quei pochi ricordi frammentati che possedeva erano solo il frutto della sua fantasia. O forse…

“Senju, a cosa stai pensando?”

Tsunade si voltò verso l’ingresso della stanza, osservando l’uomo che aveva aperto la porta e che le sorrideva in modo spontaneo e imbarazzante. Lo odiava, eppure non riusciva a rimanere arrabbiata con lui, riuscendo a tollerare la sua mancanza di rispetto nel chiamarla per cognome invece che Colonello.”

“Invece di stare davanti alla porta, entra e chiudila.”

“Oggi ci siamo svegliate male?”

La bionda lo fulminò con lo sguardo, non perdendolo di vista per un solo istante.

“Per te sono il Colonello…”

“E io sono Tenente Colonello. Solo perché sono mezzo scalino più in basso di te non vuol dire che ti debba chiamare Colonello anche in privato.”

“A cosa debbo questa tua visita, Jiraiya?”

L’uomo in questione, sentendosi chiamare per nome, sorrise ancora più apertamente, poggiando sulla scrivania una cartelletta, coprendo i fogli e la penna poggiati precedentemente. Tsunade vide la scritta TOP SECRET capeggiare a caratteri rossi sulla busta e lo guardò interrogativa. In che guaio si era cacciato?

“Prima che tu possa farti strane idee. Non ho fatto nulla di male, ho solo chiesto un favore ad un amico che lavora al reparto informazioni segrete.”

“E?”

“Tutta questa storia ha qualcosa che non va, così mi sono messo a rovistare negli archivi e ho scoperto, forse, una correlazione. Circa 500 anni fa, invece dei pianeti, scomparvero delle stelle e quando andai ad approfondire meglio la faccenda, trovai tutti i file segretati.”

“Si sa come sono scomparse queste stelle?”

“Nel nulla, proprio come i pianeti che stanno scomparendo adesso.”

“O mio…”

Tsunade non si accorse nemmeno di aver stretto, per tutto il tempo, il bordo della scrivania, con la conseguenza che le sue dita erano diventate bianche dallo sforzo.

“Questo vuol dire…”

“Che chi ha fatto scomparire le stelle 500 anni fa può essere lo stesso che sta facendo scomparire adesso i pianeti, o se non è la stessa persona, forse i suoi discendenti.”

“Dobbiamo…”

Il continuo della frase si perse nel rumore del bussare della porta, mentre la cartelletta veniva nascosta sotto una pila di fogli da compilare. Jiraiya si allontanò di qualche passo mentre la bionda dava il permesso di entrare, facendo comparire davanti alla porta due persone.

“Ci ha fatti chiamare, signor Colonello?”

“Entrate e chiudete la porta.”

Fecero come gli era stato ordinato e Jiraiya non poté fare a meno di pensare che quelle due persone davanti a lui erano come il giorno e la notte, così diversi fra loro che si chiese per quale motivo fossero lì insieme a lui. Non gli sfuggì mica lo sguardo di disappunto che la ragazza lanciò al ragazzo accanto a lei. Tanto precisa lei quanto svogliato lui.

“A cosa dobbiamo questa convocazione?”

“Siete qui per una missione della massima urgenza e anche piuttosto delicata. I dati che vi fornirò adesso sono segretati e non avete il permesso di divulgarli o parlare a qualcuno di questa missione.”

“Un momento, Colonello. Perché proprio noi? Oltretutto non credo di essere la persona più adatta a una missione in questo momento…”

“Generale Nara, Lei è stato scelto per il suo quoziente intellettivo e per la sua capacità di analizzare le situazioni in maniera fredda e razionale e trovare la miglior soluzione a qualsiasi problema. Prima ancora che lei mi interrompa su questo punto, le comunico che non è stata assolutamente colpa sua se i suoi compagni di squadra, in questo momento, si trovano dispersi. Stiamo facendo di tutto per trovarli e riportarli a casa. E, forse, la missione che voglio assegnarvi adesso Vi potrà dare delle risposte alla vostra “missione personale”.”

A quelle parole, il moro non poté che prestare la massima attenzione al suo superiore. In quel momento trovare i suoi compagni di squadra era della massima priorità e le aveva pensate proprio tutte per trovarli, non trovando altro che punti ciechi.

“Capitano Sabaku no, Lei ha qualcosa da dire prima di cominciare a esporvi la missione?”

“Trovare i miei compagni di squadra rientra fra le missioni primarie da compiere il prima possibile, ma se c’è una missione più importante da compiere, sono disposta a mettere la mia “missione personale” al secondo posto.”

I due ragazzi si guardarono per una frazione di secondo, accomunati dallo stesso desiderio di trovare i loro compagni di squadra, per poi posare lo sguardo sui loro superiori. A quel punto tutti si avvicinarono al tavolo, mentre il Colonello Senju estraeva la cartelletta dalla pila di fogli e cominciava a esporre la situazione e la missione.

“Come sapete, i nostri pianeti stanno scomparendo nel nulla, senza lasciare traccia. La scorsa settimana è toccato al Pianeta della Nebbia e il Pianeta del Ferro e non sappiamo quale sarà il prossimo Pianeta a…”

Le seguenti parole si persero nel caos generale che si era scatenato al di fuori della stanza, mettendo in allarme le quattro persone. Il Capitano Sabaku no si posizionò in un angolo della porta, seguita a ruota dal Generale Nara. Estrassero le pistole e si prepararono ad uscire, quando al centro esatto della stanza comparve una nuvola di fumo, che si dissolse lasciando per terra due oggetti: un pacchetto e un display che si accese quasi immediatamente, facendo vedere una sagoma incappucciata.

“Signori e signore…”

“Chi sei?”

Il Colonello lo aveva detto quasi con rabbia, non riuscendosi a trattenere.

“Chi sono non ha importanza, ma forse vi importerà di più sapere che avete poco tempo prima che tutti i pianeti della vostra galassia scompaiano del tutto.”

“A cosa ti servono i nostri pianeti?”

Riuscirono a scorgere l’ombra di un sorriso in quel lembo di pelle non coperto dal mantello nero e dal cappuccio calato in testa.

“Questa cosa tutto divora: uccelli, bestie, alberi e fiori. Mastica il ferro e morde l’acciaio, riduce in polvere le rocce più dure, uccide i re, distrugge le città e abbatte le più alte montagne.”

Finito di parlare, la figura incappucciata scomparve, lasciando dietro di sé una scia di fumo proveniente dal display, segno che era stato programmato per autodistruggersi finito di recapitare il videomessaggio. Shikamaru si avvicinò al pacchetto e lo prese in mano. Al tatto non sembrava essere pericoloso o nocivo e quando lo aprì, rivelando il contenuto, rimase un attimo perplesso, mentre Temari estraeva dalla scatola un orologio da taschino. Aprendolo, però, notò la mancanza delle lancette. Anche Tsunade e Jiraiya si avvicinarono, rimanendone sconcertati.

“Cosa vuole dire con questo?”

“Sta giocando con noi, ci sta dicendo che non abbiamo tempo da perdere.”

“Non bisogna perdere tempo. Partite immediatamente. Prendete questa cartelletta e non fatene parola con nessuno.”

 

 

People they come together
People they fall apart
No one can stop us now 
'Cause we are all made of stars”

 

 

Shikamaru e Temari vennero congedati immediatamente, uscendo dalla stanza e trovando il caos più totale. Le persone urlavano e correvano senza sosta, altre combattevano fra di loro con la conseguenza di farsi veramente male. Era come se nessuno, al di fuori della stanza in cui erano appena stati, fosse padrone delle proprie capacità mentali e fisiche, come se fossero stati soggiogati da qualcosa o da qualcuno.

“Dobbiamo avvertire…”

“No, andate via. Qui ci penseremo io e il Tenente Colonello. Voi avete la vostra missione da portare a termine.”

Il Colonello Senju era uscita dalla porta con la pistola in mano, spostando lo sguardo da una persona all’altra per trovare la miglior soluzione al problema, seguita dal Tenente Colonello che non ci pensò due volte a sparare alle persone che si stavano avvicinando pericolosamente a loro.

“Dobbiamo addormentarle e rinchiuderle tutte in una stanza per capire cosa sta succedendo. Voi andatevene!”

A nulla valsero le proteste di Shikamaru e Temari nel restare e aiutarli. Erano sempre i loro superiori e avevano l’ordine di difenderli sempre, in qualsiasi caso, a qualsiasi costo. Tsunade e Jiraiya erano stati categorici, urlando loro di prendere la navicella NL23, di andarsene prima che fosse troppo tardi. Fu con quelle parole, che rimbombavano ancora nella testa, che si fecero largo tra la folla di persone fuori di sé, fino ad arrivare alla navicella, salire e partire alla massima velocità. Se solo avessero tardato un secondo di troppo si sarebbero ritrovati bloccati dalla massa di persone che si era accalcata sulla pista di decollo. Fu con orrore che si resero conto che non erano solamente le persone al quartier generale ad aver perso il controllo ma tutte quelle presenti in città. Fu con un peso sullo stomaco che lasciarono il pianeta, superando la barriera terrestre per ritrovarsi nello spazio. Visto da lassù il Pianeta della Foglia risplendeva dei toni del verde e poi… sparì. Sgranarono gli occhi, chiudendoli e riaprendoli, ma tutto quello che vedevano davanti a loro era un enorme spazio nero dove prima c’era il Pianeta della Foglia.

“O mio Dio…”

“È scomparso… è scomparso il mio pianeta…”

Shikamaru era sotto shock. Era stato un attimo, un battito di ciglia o una contrazione del cuore e il Pianeta, la sua amata casa, era scomparso, finita chissà dove così come tutti gli altri pianeti che stavano scomparendo.

“So come ti senti…”

Il generale Nara si era voltato, con occhi vitrei e privi di vita, verso il Capitano Sabaku no. La voce di lei gli arrivava ovattata, distante anni luce, come se non si trovasse veramente vicino a lui in quella piccolissima navicella.

“Il mio pianeta è scomparso tre settimane fa, il Pianeta della Sabbia…”

“Lo so e adesso so come ti sei sentita tu nel non avere più una casa, un punto di riferimento dove poter andare sempre nei momenti di necessità…”

“Shikamaru…”

Erano state rarissime le volte che lo aveva chiamato per nome, tanto da poterle contare sulle dita di una mano. Si sorpresero entrambi: la prima per averlo chiamato per nome e il secondo per averlo sentito, sorpresa acuita ancora di più quando il Capitano Sabaku no gli strinse la mano fra la sua.

“Li troveremo. Troveremo tutti i pianeti scomparsi, troveremo tutte le persone. Dobbiamo avere fiducia.”

“Se solo il Colonello e il Tenente Colonello fossero venuti con noi a quest’ora…”

“La vita umana è fatta di scelte. Vivere o morire: questa è la scelta importate. E non sempre dipende da noi. Loro hanno deciso che noi dovevamo vivere, dovevamo portare a termine questa missione. Si sono sacrificati per noi. Facciamo in modo che il loro sacrificio non sia vano.”

Il Generale Nara strinse a sua volta quella mano piccola e leggermente callosa fra le sue, scoprendola calda e protettiva, ritrovandosi a inspirare ed espirare a fondo, ritrovando la calma e la lucidità per poter pensare a un piano. Non potevano stare nello spazio, facile preda di quei pazzi psicopatici e fu con un gesto automatico che mise le coordinate nel computer della navicella, facendola partire.

“Dove stiamo andando?”

“In un posto che possiamo utilizzare per fare scorte di cibo e acqua e dove poter pensare a un piano d’azione.”

“Sarebbe?”

“La Luna.”

“La Luna? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? La Luna. Non ti ricordi che è abitata dai mostri Otsutsuki, pronti a farci a brandelli non appena tocchiamo il suolo lunare solo con la navicella? Ed io che pensavo che fossi intelligente e…”

“Si sono estinti. Li abbiamo uccisi tutti io e la mia squadra.”

Shikamaru strinse ancora più forte il volante della navicella, tanto che le nocche gli diventarono bianche dallo sforzo. Temari rimase in silenzio per qualche istante, giusto il tempo necessario per assimilare la notizia e far sì che il suo compagno di squadra continuasse il discorso. Perché lei non ne sapeva assolutamente nulla? Eppure, era di grado più alto rispetto a lui, avrebbe dovuto essere informata.

“È stata la nostra ultima missione insieme, quella mia, del Generale Akimichi e del Capitano Yamanaka. Ci era stato dato l’ordine di indagare sugli Otsutsuki. Fonti a noi vicine ci avevano comunicato che avevano infranto le leggi dell’Alleanza e avevano iniziato la tratta degli schiavi. Abbiamo visto con i nostri occhi uomini, donne, bambini e anziani schiavizzati, venduti e altri ancora fatti a pezzi e mangiati. Abbiamo avuto l’ordine di sterminare tutti gli Otsutsuki, per far sì che fosse un monito per ogni razza, ma…”

Se chiudeva gli occhi e ritornava alla mente a quel tragico giorno, si rendeva conto che avrebbe dovuto fare molto di più, che avrebbe dovuto trovare una soluzione al problema, invece era rimasto immobile, paralizzato dallo shock.

“Qualcosa andò storto. Uccidemmo gli Otsutsuki che si macchiarono dei crimini elencati poco fa, senza distinzione di genere, ma non toccammo i bambini. Ci saremmo macchiati di sangue innocente e la nostra moralità non ce l’ha permesso. Successe all’improvviso. Per terra scorreva il sangue di vittime e carnefici, umani, Otsutsuki e tutte le razze che conosciamo. Il Capitano Yamanaka si era avvicinata ai bambini spaventati, cercando di tranquillizzarli. Il Generale Akimichi era accanto a me e sentimmo le urla dei bambini e degli spari. Quando ci voltammo vedemmo un enorme buco nero che stava risucchiando qualsiasi cosa al suo interno. Choji corse verso Ino per cercare di salvare almeno lei, ma venne inglobato dentro al buco nero.”

“E tu?”

Fu in quel momento che Shikamaru rise. Una risata isterica, una risata che aveva il gusto dell’amaro e del rimorso.

“Non riuscivo a muovermi. Ero paralizzato. Era come se una forza misteriosa mi tenesse inchiodato al suolo, impedendomi di andare a correre a salvare i miei compagni, con la conseguenza che rimasi da solo, vedendo quell’enorme buco nero inglobare ogni cosa, tranne me e quando se ne andò rimasi da solo sul suolo lunare. Per terra c’era un piccolo display che si accese, facendo comparire un ologramma. Era la stessa figura incappucciata che vedemmo poc’anzi, dove mi diceva che sarei stato il messaggero di questo scempio. Avrei dovuto dire ai miei superiori il loro monito.”

“Glielo hai detto?”

“Feci molto di più. Filmammo ogni cosa, ma da quei filmati i miei superiori videro in me codardia e vigliaccheria, non credendo che ci fosse qualcosa a immobilizzarmi. Per loro fui talmente impaurito da non potermi muovere, con la conseguenza di non aver salvato i miei compagni di squadra. Mi levarono i gradi, mi privarono della promozione a Maggiore e fu solo grazie all’intervento del Colonello Senju se non venni sbattuto fuori. Dura lex, sed lex.”

Temari era sconvolta. Non era a conoscenza di tutti questi particolari e si scoprì arrabbiata per tutta quella situazione, per come venne trattato Shikamaru.

“Perché tutto questo? Solo perché non hai salvato i tuoi compagni di squadra?”

“E perché non rispettammo gli ordini ricevuti. Avevamo avuto l’ordine di sterminare tutti gli Otsutsuki presenti in quel momento e avremmo dovuto dare la caccia a tutta quella popolazione, annientandola. Ma come avrei potuto macchiarmi di sangue innocente? Sangue di bambini che non avevano commesso i peccati dei padri e degli antenati?”

Fu tutta questa situazione a levare il sonno a Shikamaru, facendolo rimanere sveglio a pensare, a commiserarsi di non aver fatto abbastanza. Se fosse stato Maggiore avrebbe avuto più probabilità di salvare i suoi compagni? Avrebbe avuto accesso a informazioni a lui negate in quel momento?

“Guardami…”

Quando si voltò a guardarla vide il suo sguardo fiero e serio posato su di lui. Non c’era ombra di astio o delusione, c’era solo…

“Avrei fatto anche io la stessa identica cosa che hai fatto tu. Per quanto la legge sia dura e sia sempre la legge, i nostri principi e la nostra moralità ci portano ad agire diversamente. Non è scritto da nessuna parte che bisogna seguire la legge passo per passo. Tu hai agito come una persona che ragiona, con un cervello funzionante e che sa distinguere il giusto dallo sbagliato. Non hai niente da commiserarti. Dovresti andarne fiero.”

Quelle parole furono un balsamo per l’anima tormentata di Shikamaru, facendo sì che si rilassasse appena. Aveva avuto paura di venir giudicato da lei nello stesso identico modo in cui era stato giudicato dagli altri. Invece lei aveva capito, lo aveva compreso ed era stata d’accordo con lui. Dopo il Colonello, il capitano Sabaku no era stata la seconda persona dalla sua parte e non schierata contro di lui.

“Adesso andiamo sulla Luna e vediamo di fare provviste e pensare un piano d’azione. Non abbiamo tempo da perdere.”

Fu con quelle parole che Temari premette il pulsante, dando le coordinate alla navicella e partendo in direzione della Luna.

 

 

Efforts of lovers
Left in my mind
I sing in the reaches
We'll see what we find”

 

 

Quando arrivarono sulla Luna, l’unica cosa che videro fu un’immensa desolazione, acuita ancora di più da un silenzio assordante. Crateri lunari la facevano da padrona, case senza vita erano lo spettro di una popolazione ormai perduta. Che fine avevano fatto i bambini Otsutsuki? Erano ancora in vita? E i suoi compagni?

Senza rendersene conto Shikamaru strinse ancora di più la presa sulla sua pistola, spostando lo sguardo da una parte all’altra, pronto ad intervenire qualora avesse scorto qualcosa di sospetto.

“Dove dobbiamo dirigerci?”

“Verso quell’edificio che vedi sulla sinistra. Quello è, o meglio era, il palazzo dei regnanti.”

Temari annuì, camminando fianco a fianco con Shikamaru. Le sembrava così strano non udire nient’altro che il rumore dei loro passi e, se si concentrava ancora di più, il rumore del loro respiro. Con orrore un pensiero le balenò nella mente: e se lei e Shikamaru fossero rimasti gli unici esseri viventi in tutta la loro galassia? Cosa avrebbero fatto una volta finite tutte le scorte di cibo, di acqua e di energia per la navicella?

“Capitano…”

Non pensarci!

“Temari.”

Al suono del suo nome, la bionda si ridestò dai suoi pensieri, ritrovandosi lo sguardo del moro fisso su di lei. Aveva alzato un braccio, bloccandola. Si trovavano davanti la porta del palazzo. Vista da vicino era molto più imponente ed elaborata che vista da lontano. I disegni erano incisi nella porta, creando un effetto di luci e ombre, mentre il colore si staccava, perdendosi nel vento. Poteva vedere l’intera storia di quella popolazione, l’origine, la venerazione di una dea, le scoperte fatte, la vita di tutti i giorni e per un momento ne sentì il peso. Chi avrebbe portato avanti quelle tradizioni?

“Pronta?”

Annuì col capo, spalancando la porta. Il cigolio sinistro si espanse nel silenzio assordante, accentuata dall’eco. Dentro il buio sarebbe stato quasi totale se non fosse stato per delle torce di fuoco fatuo, perennemente accese e che illuminavano la via principale.

“Questo…?”

“A nessun essere vivente è stato mai concesso l’onore di varcare le porte di questo palazzo. Noi siamo i primi esseri a farlo e…”

“Hai paura di quello che potremmo trovare?”

Gli dava quasi fastidio il modo in cui lei poteva leggergli nella mente, come se potesse vedere tutto quello che pensava o vedere fin dentro la sua anima. Ne aveva il terrore, ne era infastidito ed elettrizzato allo stesso tempo. Lei era, forse l’unica, a conoscerlo meglio di qualsiasi altro, meglio anche dei suoi compagni di squadra.

“Un po’. Mi sento come se fossi vicino allo scoprire un segreto custodito per migliaia di anni, come se stessi per scoprire qualcosa di proibito, e sto cercando di ripetermi che è la cosa giusta questa, perché non mi rimane altro che andare avanti per salvare tutto quello che ho perso.”

Non rispose a quella confessione quasi intima, non perché non avesse nulla da dire, ma perché si sentiva esattamente come lui: in procinto di scoprire qualcosa che non andava rivelato. Eppure, cosa le rimaneva da fare? Il suo pianeta era scomparso, la sua squadra, composta dai suoi fratelli, altrettanto. Era rimasta da sola insieme alla sua disperazione e l’unico appiglio per non farsi assoggettare da essa era stata la voglia di andare avanti, di lottare.

“Siamo tutti fatti di stelle.”

“Cosa hai detto?”

Shikamaru le indicò un frammento di parete illuminato dalle torce e anche lei vide la scritta in argento capeggiare sul muro. Fecero attenzione a dove mettevano i piedi, avvicinandosi al muro e vedendo anche dei disegni, per lo più stelle argentate che formavano un…

“Sentiero. Formano un sentiero, un percorso da seguire.”

Non ci pensarono due volte, elettrizzati dalla scoperta, a seguire le stelle sulle pareti, addentrandosi sempre di più all’interno del palazzo, fino ad arrivare in una stanza e rimanere senza fiato. Il soffitto non era altro che un vasto cielo nero puntellato di stelle che brillavano ed illuminavano, con la loro debole e fioca luce, tutta la stanza. Davanti a loro si ergeva un piccolo tempio fatto di ebano con delle scanalature d’argento, mentre ai lati si innalzavano colonne d’ebano e d’argento che si perdevano e che sembravano non avere fine, ma non era quello ad averli lasciati senza fiato, quanto la cascata al centro della stanza. Non avevano mai visto in vita loro uno spettacolo tanto bello quanto agghiacciante. Sembrava quasi di vedere una meraviglia nascosta, un tesoro custodito. Come faceva ad esserci una cascata al centro della stanza? E dove finivano le sue acque? Era come se cadessero in un buco nero senza fine.

“Non ho mai visto niente di più bello e più spaventosamente pericoloso in vita mia.”

“Concordo. Dividiamoci e vediamo cosa contiene quel tempio laggiù.”

Shikamaru annuì e si spostò alla sinistra della stanza, mentre Temari faceva altrettanto ma a destra. L’unico rumore che si sentiva era lo scorrere dell’acqua verso le tenebre, mentre la luce delle stelle creava un effetto di luci e ombre, dando un’aria di mistero a tutto quello che vedevano.

“Temari…”

Con la coda dell’occhio, la bionda vide il moro vicino al tempio di ebano. Accelerò il passo mettendosi al suo fianco.

“Troppa calma.”

“Apriamo le porte di questo tempio.”

Il capitano Sabaku no Temari era famosa per la sua impazienza, specie quando era sottopressione, proprio come in quel momento, quando aprì le due piccole porticine del tempio, rivelando al suo interno mezzo medaglione nero con una pietra bianca al centro. Prendendolo in mano, qualcosa cadde ai suoi piedi e Shikamaru fu lesto a prendere quel piccolo pezzo di carta.

“E questo medaglione?”

“Cosa c’è scritto nel foglio?”

Spiegandolo completamente, il Generale Nara sgranò gli occhi.

“In una popolazione piena di luce hai trovato odio e oscurità invece che amore e vita. Ma dove troverai il suo opposto?”

“Cos’è, siamo in vena di indovinelli? Dammi il foglio.”

Con poca grazia la ragazza prese il foglio dalle mani dell’altro, mettendo i due oggetti dentro la tasca e chiudendo le porte del tempio. Aveva acuito l’udito per cercare di captare l’azionarsi di una trappola o qualsiasi cosa, ma l’unica cosa che sentiva era lo scrosciare dell’acqua.

“Andiamo via da qui.”

Il tono di voce di Shikamaru esprimeva tutto il suo disagio nel trovarsi in quel posto e Temari non poté che dargli ragione. Fecero la strada a ritroso, ritrovandosi quasi alla porta di ingresso, quando sentirono un rumore che li fece fermare e trattenere il respiro. Non erano soli e trovarono un nascondiglio appena in tempo prima che le porte del palazzo si aprissero di nuovo. Si sporsero leggermente per vedere chi fosse entrato, ma l’unica cosa che videro furono quelle stesse porte chiudersi di scatto. Dentro non c’era anima viva.

Il cuore del moro e della bionda battevano all’impazzata e quando Temari uscì dal nascondiglio per poco non cacciò un urlo. Per terra, a pochi centimetri dalla porta, stavano due bambini piccoli. Avranno avuto si e no quattro anni e un anno, capelli e carnagione bianchissimi e occhi di perla. La guardavano come si guarda qualcosa di nuovo, con curiosità.

“Che succede, Temari?”

Quando anche Shikamaru uscì allo scoperto, capì lo sgomento della sua compagna di squadra. Davanti a lui c’erano quelli che poteva considerare gli ultimi Otsutsuki esistenti nell’universo.

“Come vi chiamate?”

Temari si era avvicinata a loro e loro, come reazione, si allontanarono di un passo, mentre il bambino più piccolo si metteva alle spalle della bambina.

“Non voglio farvi del male.”

Un passo dopo l’altro e Temari fu di fronte a loro, sedendosi per terra e stando alla loro altezza. Il sorriso disarmante che gli fece diede l’input ai bambini di avvicinarsi e toccarle una mano.

“Chi siete?”

La domanda della bambina fu posta nella loro lingua, lasciandoli basiti.

“Io mi chiamo Temari, e lui è il mio compagno di squadra, Shikamaru. Voi, invece?”

Quest’ultimo stava facendo supposizioni su supposizioni. Da dove spuntavano fuori quei due bambini? Eppure, era sicuro che tutta quella popolazione, tutti quei bambini erano scomparsi in quell’immenso buco nero.

“Mi chiamo Kaguya e lui è il mio fratellino Momoshiki, ma non preoccupatevi per noi. Siamo già morti.”

La frase fece cadere il gelo nella stanza. Cosa voleva dire che erano morti? Come poteva essere se loro erano proprio lì, di fronte a loro?

“Anche noi siamo finiti nell’immenso buco nero insieme a tutti gli altri. Abbiamo freddo. Qui non c’è assolutamente nulla se non buio e gelo.”

“Come potete essere finiti nel buco nero se siete di fronte a noi?”

Shikamaru non capiva, tutto questo doveva essere uno scherzo di pessimo gusto.

“Sto utilizzando le mie ultime forze per mandarvi questo messaggio. Dovete trovare il medaglione bianco e lo troverete nell’oscurità. Solo così potrete salvare ogni cosa, ogni pianeta, ogni popolazione esistente in questa galassia.”

“Dove si trova il medaglione bianco?”

Sporgendosi un po’ di più, Temari provò a toccare i bambini, toccando solamente aria. Lo sguardo triste della bambina le diede conferma. Erano degli ologrammi, l’ultimo messaggio di speranza prima della disperazione.

“Montagne… vi prego andate via! Non rimanete sulla Luna dopo il calar del Sole o non ci sarà nessuna speranza per noi!”

“Cosa succede?”

“Loro… stanno venendo a prendervi. Scappate…”

“Quanto tempo ci rimane prima che ogni cosa sia perduta?”

“Ventiquattro ore…”

I bambini scomparvero, lasciando un senso di panico in Shikamaru e Temari, facendo sì che lasciassero il castello il prima possibile. Corsero a perdifiato fino alla navicella, salendo e partendo. Volevano andare sulla Luna per trovare un rifugio e pensare ad un piano d’azione, fare provviste, riposarsi e invece avevano trovato un enorme aiuto da persone inaspettate.

“Dove andremo?”

“Non lo so.”

Il resto della frase di Shikamaru si perse nel rumore della navicella che lasciava il suolo, per poi dirigersi nello spazio. Fu solo quando si voltarono verso la Luna che scoprirono che quest’ultima non c’era più, scomparsa come tutti gli altri pianeti. Per la prima volta a Temari venne paura, attanagliandole lo stomaco e dandole quel senso di nausea e voglia di rigettare qualsiasi cosa.

“Guardami Tem…”

Fu con un enorme sforzo che posò il suo sguardo su di lui, scoprendolo impaurito come lei, specchio che rifletteva le sue stesse identiche emozioni.

“Ce la faremo. Li salveremo.”

“Cosa faremo adesso? Dove andremo?”

“Hanno parlato di montagne. Il Pianeta della Roccia?”

“È scomparso prima del mio pianeta.”

“Il Pianeta della Terra?”

“Medesima fine.”

“Allora quale…”

“Il Cimitero delle Montagne.”

Le parole erano uscite dalla bocca di Temari in modo fluido e spontaneo. Non capiva per quale motivo ne fosse così sicura, ma quello, per lei, era il posto giusto dove cercare.

“Pensaci Shika. È in un posto oscuro e pieno di morte che possiamo trovare la luce.”

“Ti rendi conto dove stiamo per andare, vero?”

“In un posto da cui non potremo fare ritorno.”

Chiusero per un attimo gli occhi, consapevoli che quella, probabilmente, sarebbe stata la loro ultima missione. Tutti conoscevano il Cimitero delle Montagne e per tutti era un luogo maledetto situato fra i Pianeti del Suono e della Cascata, un posto dove la vita si spegneva e dove regnava la morte. C’era un motivo ben preciso per il quale quel posto aveva quel nome: si diceva che quello fu il primo cimitero esistente in tutto l’universo, dove le anime di ogni essere vivente andavano a riposare.

“Tem…”

La bionda lo degnò solo di uno sguardo mentre metteva le coordinate per dirigersi verso il Cimitero.

“Voglio che tu sappia che mi dispiace per quella volta.”

“Ti riferisci a quando mi hai piantata in asso perché non eri pronto e avevi paura?”

Colpito e affondato, Shikamaru incassò il colpo, annuendo imbarazzato.

“Sappi che, se mai avremo una seconda vita, non rifarei lo stesso identico errore.”

Temari non rispose, ma accettò quelle scuse impacciate. Sì, se avessero avuto una seconda vita, nemmeno lei avrebbe commesso lo sbaglio di lasciarlo andare.

 

 

People they come together
People they fall apart
No one can stop us now 
'Cause we are all made of stars”

 

 

“Stupidi mocciosi!”

La figura incappucciata colpì senza pietà la bambina in viso, facendole sanguinare il labbro.

“Pezzo di merda! Non si colpiscono i bambini!”

Il Capitano Yamanaka si dibatté, cercando di liberarsi dalle catene che la imprigionavano alla parete. Tutto inutile. Erano talmente strette che sfregarono contro la pelle, facendola sanguinare.

“Zitta, umana.”

“Giuro che, una volta libera da queste catene, ti ucciderò con le mie stesse mani.”

La figura incappucciata rise di gusto. Lo divertivano questi atti di eroismo, lo divertiva vedere la paura delle persone, sentirne l’odore acre e pungente.

I bambini si erano rintanati in un angolo, incapaci di reagire a tutto quello che stava succedendo. Nemmeno la presenza rassicurante del generale Akimichi poteva dar loro un minimo di sollievo.

“Non ti preoccupare. Se è il tuo compagno di squadra che ti manca, lo troverai molto presto.”

Finite di dire queste parole, l’essere incappucciato chiuse la porta della cella, allontanandosi e dirigendosi verso una sala poco illuminata. Al centro, dentro un fascio di luce, ruotavano lentamente i pianeti che aveva rubato, circondati dalle stelle che, 500 anni prima, il suo antenato aveva rubato ed imprigionato, privando la galassia di esse.

“È giusto quello che sto facendo?”

Solo per un momento la figura incappucciata si pose delle domande alle quali non trovò risposta. Solo per un momento mise in dubbio tutto il suo operato e quello del suo antenato, chiedendosi se ne valesse la pena, se le cose sarebbero cambiate. Eppure, se guardava indietro, non vedeva nient’altro che polvere. Non era rimasto nulla di tutto quello che conosceva, non era rimasto nessuno che amava, ritrovandosi più solo che mai, nessuno a tendergli una mano nel momento del bisogno. Il suo cuore aveva cessato di battere quando il suo Sole scomparve dalla sua vita, morendogli fra le braccia. Era stato questo il punto di non ritorno.

“Sì, è giusto.”

Poggiò una mano su un quaderno dalla copertina logora, aprendolo e cercandone qualcosa.

“Quale Pianeta potrei prendere, adesso?”

 

 

People they come together
People they fall apart
No one can stop us now 
'Cause we are all made of stars”

 

 

“Ci siamo. Intravedo il Pianeta del Cimitero delle Montagne. Fra poco meno di mezz’ora dovremmo atterrare sulla superficie.”

“Dovremmo anche riposare e fare rifornimento sia di viveri che di energia. La navicella non potrà sostenere un altro viaggio.”

Temari non poté che dare ragione al suo compagno di squadra. La navicella aveva sostenuto troppi viaggi e in pochissimo tempo. Avrebbero dovuto riposare e mettere in atto un piano d’azione, ma non potevano. La bambina aveva detto loro che avevano solamente ventiquattr’ore a disposizione, diciotto se contavano il tempo di percorrenza fino al Pianeta, compresa la mezz’ora di atterraggio.

“E se non dovessimo farcela?”

“Esiste sempre una soluzione, a qualsiasi problema o situazione.”

Il tono categorico di Shikamaru le diede sollievo. Il fatto che lui pensasse e dicesse quelle cose era fonte di coraggio e speranza per lei e per un attimo ammirò il suo farsi forza. Cosa avrebbe fatto lei al posto suo?

Stupida, siete nella stessa situazione!

“Voglio darti fiducia. Atterriamo in quello spiazzo laggiù. In questo modo non siamo esposti all’attacco nemico.”

Il Generale Nara concordò con lei e guidò verso lo spiazzo. Una volta atterrati, aspettarono qualche minuto che la nube che avevano alzato con l’atterraggio si dissolvesse, per poi uscire e guardare il panorama intorno a loro. Non c’era assolutamente nulla se non la desolazione più totale. Il silenzio era quasi assordante, mentre si respirava un’aria pesante.

“Qui non c’è nulla.”

“Secondo i libri antichi, il cimitero si trova nel mezzo di una vallata, diviso a metà dal Fiume nero delle Anime Perdute. Quindi dobbiamo proseguire…”

Temari girò la testa da una parte all’altra, con in mano quella che sembrava una bussola, ma che in realtà era ben altro.

“Nord-Est. Dobbiamo andare da quella parte.”

Indicò con la mano la direzione da prendere, mentre Shikamaru tornava per qualche minuto dentro la navicella ed uscendone di nuovo. La navicella era diventata invisibile e lui teneva in mano due zaini, uno dei quali passò alla bionda.

“Kit di sopravvivenza. Non sappiamo cosa potremmo trovare e conviene rendere invisibile la navicella, in modo tale che non venga distrutta dal nemico o rubata.”

Non poté che concordare, incamminandosi. I loro passi echeggiavano nel silenzio e più di una volta dovettero fermarsi, controllare che fosse la strada giusta o che non ci fosse qualche nemico in agguato. Che cosa avrebbero fatto?

“Tem, guarda lì…”

Shikamaru indicò qualcosa verso l’orizzonte, accelerando il passo e rendendosi conto che quello che da lontano sembrava una linea nera all’orizzonte, in realtà non era altro che il Fiume.

“Il Fiume…”

“È immenso e nero. Meglio non toccare nulla o non avvicinarci troppo.”

“Seguiamolo. Dobbiamo raggiungere la vallata prima che tramonti il sole.”

Accelerarono, non perdendo di vista il fiume, mentre il sole all’orizzonte calava sempre di più. Raggiunsero la vallata, e successivamente le porte del tempio, un attimo prima che il sole tramontasse. Chiusero le porte alle loro spalle ed accesero le torce che portavano con sé. Dentro era buio pesto e l’unica fonte di luce era data dal piccolo tempio bianco davanti a loro.

“Un tempio dentro al tempio. Si credono spiritosi?”

La pressione in cui era soggetta Temari la rendeva particolarmente nervosa, facendola scattare alla minima cosa.

“Accendiamo le torce che ci sono nei pilastri.”

Successe in un attimo. Quando tutte le torce furono accese, illuminarono la stanza bianca piena di colonne di granito con venature d’oro, il tempio scomparve davanti ai loro occhi.

“Ma cosa…?”

“È scomparso subito dopo aver acceso tutte le torce. Spegniamole e vediamo che cosa succede.”

Lesti rifecero l’operazione inversa e quando il buio li ingoiò completamente, il tempio comparve davanti ai loro occhi.

“Il tempio della luce può brillare nell’ombra e non in un posto già pieno di luce.”

“Avviciniamoci e prendiamo l’altra parte del medaglione.”

Si avvicinarono lentamente, cercando di ricordarsi se avessero visto, nella foga del momento, qualcosa fuori posto o che risultasse strano in tutta quella luce. L’uno accanto all’altra percorsero quei pochi metri che li separavano dalla piccola struttura, ritrovandosi dinanzi a essa pochi minuti dopo.

“È fatta dello stesso materiale delle colonne. Granito con venature d’oro.”

“Apriamo le porte e vediamo cosa troviamo”

Così come aveva fatto qualche ora prima, Temari aprì le porte del tempio, rivelando al suo interno parte del medaglione. Quando lo prese in mano, poté notare, con una punta di soddisfazione, che era bianco con una pietra nera al centro.

“Qualche biglietto?”

Shikamaru fece luce e notò due biglietti. Li prese in mano e se li mise davanti.

“Uno dei due fogli sembra essere una mappa, mentre l’altro contiene una scritta. “Nella dimora della morte hai trovato la speranza. Ma qual è il confine fra la vita e la morte?””

Alzando lo sguardo verso la sua compagna, poté notare lo stesso sguardo perplesso. Nessuno dei due aveva idea di che cosa volesse dire quel biglietto, nessuno dei due sapeva cosa fare in quel momento. Fu quasi automatico per il Capitano Sabaku no prendere l’altro pezzo del medaglione e conservarlo insieme all’altro, insieme ai biglietti.

“Dobbiamo riposare, e dobbiamo aspettare che ritorni la luce qua fuori.”

“Accendiamo di nuovo le torce e facciamo i turni di guardia.”

Si trovarono d’accordo, accedendo le torce così da illuminare la stanza e consumando un pasto veloce. Nessuno dei due aveva troppa voglia di parlare in quel momento, troppo occupati a perdersi ognuno nei propri pensieri.

“Shikamaru…”

Il diretto interessato alzò lo sguardo verso la sua compagna, mentre le luci delle torce creavano uno strano contrasto col biondo dei suoi capelli.

“Dimmi…”

Le si avvicinò, mettendosi accanto a lei e notò la sua compagna essere già in dormiveglia. Stava sognando o lo aveva chiamato di proposito?

“Quando tutto questo sarà finito, promettimi che ricominceremo da zero…”

Poggiò la guancia sulla sua spalla, occhi chiusi, il respiro leggermente pesante. In quel momento Shikamaru sentì uno strano calore nel petto, come non gli capitava da anni ormai, e non gli importò se in quel momento Temari fosse sveglia o meno. Le strinse leggermente la mano e guardò davanti a sé, grato di quella presenza accanto che lo rendeva più forte di quanto già non fosse.

“Dormi, faccio io il primo turno di guardia, Seccatura…”

 

 

Slow slow slow, come come
Someone come come come
Even love is goin' 'round 
You can't ignore what is goin' 'round”

 

 

Correvano a perdifiato fra le strade di una città ormai distrutta. Sentivano il respiro del nemico addosso, come se li stesse osservando e stesse giocando con loro. Per quanto ancora potevano scappare? Per quanto ancora potevano andare avanti?

Non possiamo continuare in questo modo.”

Fu in quel momento che Mitsuki guardò i suoi compagni di squadra, stremati, pieni di polvere e sangue, nascosti in una casa vuota e buia. Loro erano gli unici sopravvissuti in un mondo dove ormai regnava la morte.

Avevano visto tutti i loro compagni e amici morire, uno dopo l’altro, incapaci di frenare quella marea di morte che li stava sommergendo uno a uno. Se lo chiedeva sempre, si chiedeva per quanto tempo ancora potevano andare avanti e si chiedeva, soprattutto, come sarebbe stata la sua vita senza di loro. Le uniche parole che gli venivano in mente, ogni volta, erano vuota e triste.

Notò Boruto avvicinarsi a Sarada e metterle una mano sulla spalla, come a farle coraggio, baciandole quelle che erano vere e proprie lacrime che, in quel momento, le stavano rigando il volto. Sarada, la loro colonna portante, stava cedendo.

Sarada, ce la faremo. Devi avere fiducia.”

Come posso avere fiducia quando ogni cosa è perduta? Li hai visti pure tu cadere e soccombere, incapaci di poter frenare tutto questo!”

Fai in modo che il loro sacrificio non sia vano. Chocho si arrabbierebbe molto se ti vedesse in questo stato.”

Boruto era l’unico a farla ridere in quel modo, specie in quel momento mentre piangeva. Il viso contratto in una smorfia di dolore.

Sai cosa mi ripeteva mio padre? Di non mollare mai, che la speranza era l’ultima a morire e… SARADA!”

Per Mitsuki fu come vedere ogni cosa al rallentatore, mentre Sarada veniva sollevata e scaraventata verso il muro, facendo sì che si sgretolasse. Vide Boruto correre verso di lei, prenderla fra le braccia e scuoterla leggermente, non ricevendo nessuna risposta se non due occhi vitrei che lo guardavano senza vita.

Sarada…”

La strinse ancora di più contro di sé, reprimendo i singhiozzi, mentre le lacrime scorrevano senza sosta. Mitsuki gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla, cercando di assorbire il dolore del suo compagno, cercando di dargli un minimo di sollievo, perché Sarada era per Boruto il suo Sole.

L’ho persa…”

Fu in quel momento che il dolore uscì violentemente dal suo corpo, ritrovandosi a piangere, a esternare un dolore troppo grande da poter tenere dentro di sé.

Boruto… dobbiamo andare.”

Incurante di Mitsuki, lo spostò più in là. Successe in un attimo. Dove prima stava Sarada non restava altro che polvere, mentre Boruto cadeva a terra, un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca e all’altezza del petto. L’albino sgranò gli occhi, paralizzato dallo spettacolo che gli si stagliava davanti agli occhi.

Boruto…”

Ripeté più e più volte quel nome, sconvolto, come se non riuscisse a credere che, il suo Sole, fosse a terra, mentre la vita lo abbandonava.

BORUTO!”

Un passo dopo l’altro, fino a colmare le distanze, fino a ritrovarsi in ginocchio e prenderlo fra le braccia.

Boruto, mi senti? Resisti…”

Si guardò intorno, ma non aveva niente con sé per poterlo curare, qualcosa per lenire il dolore o per arrestare l’emorragia.

Mitsu…ki… ascoltami…”

Lo guardò intensamente, mentre un velo di lacrime cominciava a crearsi davanti ai suoi occhi.

Ormai per me non c’è più speranza, sento che da un momento all’altro morirò. Grazie per tutti questi anni in cui mi sei stato amico, fianco a fianco in ogni singola avventura e mi dispiace di averti messo nei guai qualche volta. Sei stato un amico prezioso per me e, se ci dovesse essere un’altra vita, vorrei incontrarti di nuovo, tu e gli altri…”

Boruto, ascolta, guarirai…”

No… ormai è troppo tardi. Ascolta, se esiste un modo per tornare indietro e salvare tutti, usalo, salvaci, perché solo tu puoi compiere questa impresa. Ricorda che un vero eroe non si misura dalla forza che possiede, ma dalla forza del suo cuore. Ricordati che non sarai mai solo, perché io sarò sempre con t…e…”

Fu in quel momento che vide la vita abbandonarlo, lasciandogli fra le braccia un corpo freddo che mai più si sarebbe mosso e fu in quel momento che Mitsuki pianse. Il suo Sole non c’era più, sprofondando di nuovo nelle tenebre.

Lo poggiò delicatamente a terra dopo avergli dato un bacio d’addio sulla fronte e chiuso i suoi occhi. Il suo mondo non c’era più, ritrovandosi solo, mentre le parole di Boruto gli rimbombavano nella mente. Quello fu il momento di non ritorno, in cui la disperazione prese il sopravvento su di lui.

Vi salverò. A costo di dover morire…”

 

Mitsuki si svegliò di soprassalto, tutto sudato e col fiato corto. Gli capitava spesso di sognare quell’episodio, e ogni volta un pezzo di lui si perdeva nell’oblio. Strinse le mani a pugno, cercando di rallentare il ritmo del suo cuore, guardando accanto a lui il fascio che conteneva i Pianeti e le Stelle. Li avrebbe salvati? Ce l’avrebbe fatta a farli tornare in vita? Avrebbe cambiato il futuro?

“Boruto…”

Portò una mano all’altezza del cuore, prendendo da sotto la tunica nera un ciondolo a forma di Sole.

“Non ti preoccupare, ce la farò a riportarvi tutti in vita. Adesso che ho tutti i Pianeti e le Stelle con me, mi servono solamente i due medaglioni e poi potrò tornare da voi.”

Si alzò, si rimise il cappuccio in testa e a passo svelto lasciò la stanza per dirigersi verso la sua navicella. Non aveva tempo da perdere e l’ultimo posto che gli rimaneva da prendere era proprio il Pianeta del Cimitero delle montagne.

 

 

Slowly rebuilding 
I feel it in me 
Growing in numbers
Growing in peace”

 

 

Quando Temari aprì lentamente gli occhi, la prima cosa che sentì fu un respiro accelerato e un corpo teso accanto a sé. Fu istintivo per lei mettersi in allerta e osservare meglio quello che aveva davanti agli occhi: scorpioni.

“Shika, quando…”

“Non ti muovere o ci attaccheranno. Sono comparsi poco fa.”

“Non potevi svegliarmi prima?”

Leggermente imbarazzato, il moro la guardò con la coda dell’occhio prima di ammettere di essersi addormentato anche lui, di aver chiuso fatalmente gli occhi per un attimo ed essere caduto fra le braccia di Morfeo.

“Perché sembrano… irrequieti?”

“Il tempio, secondo me stanno cercando il tempio. Dobbiamo spegnere le luci e andarcene il prima possibile.”

“Come?”

Spostarono febbrilmente gli occhi da una parte all’altra, rimanendo immobili nei loro posti, chiedendosi come avrebbero fatto a scappare senza essere attaccati dai loro aculei velenosi. Temari li conosceva bene quei tipi di scorpioni, dato che erano tipici del suo pianeta.

“Shika, questi scorpioni non dovrebbero essere qui. Loro vivono in posti bui e sotto la sabbia, vivono nel mio pianeta e non…”

“Sono portatori di morte questi scorpioni e morirete per colpa loro.”

Una voce irruppe il silenzio, facendoli leggermente sobbalzare.

“Chi sei? Dove sei?”

Istintivamente si alzarono in piedi di scatto, estraendo le pistole e sparando agli scorpioni vicini a loro. Quest’ultimi si accartocciarono su loro stessi, sibilando, mentre altri si avvicinavano pericolosamente a loro. Non ce l’avrebbero fatta contro tutti quelli, mettendosi schiena contro schiena e continuando a sparare, evitando gli attacchi, fino a quando una volata di vento non fece spegnere le torce, facendo comparire il tempio.

Shikamaru prese per mano Temari, mentre con l’altra toccava la parete e cercava di correre verso l’uscita. Non intendeva rimanere un minuto di più in quel posto, specie con tutti quegli scorpioni. Aveva il timore a parlare, perfino respirare e fu con sollievo che chiuse gli occhi una volta fuori. I raggi tiepidi del sole gli baciarono il viso, riscaldandolo. Non si era nemmeno reso conto di avere il corpo intorpidito dal freddo.

“Dobbiamo andare alla navicella prima…”

Sentirono un boato alle loro spalle, mentre pezzi di tempio e polvere cadevano per terra, creando una cacofonia terribile e inquietante.

“Adesso!”

Le loro mani si staccarono, cominciando a correre come non avevano mai corso in tutta la loro vita. Potevano sentire indistintamente, dietro di loro, i rumori poco rassicuranti degli scorpioni che uscivano dal tempio per inseguirli e ucciderli.

“Corri! Non ti voltare!”

Non lo fecero nemmeno per sparare, tanta era la paura di perdere terreno ed essere uccisi dai loro aculei letali. Anche solo un graffio poteva portarti all’altro mondo. Nonostante fossero nel pianeta della morte, non ci pensavano nemmeno a morire. Avevano una missione da portare a termine, e lo avrebbero fatto a qualsiasi costo.

“Gira a destra e poi sempre dritto. Dobbiamo raggiungere quel masso laggiù.”

“Sei sicuro che sia lì la navicella?”

“Sì.”

“E come faremo a farla partire?”

“Non lo so, ma dobbiamo entrare lì dentro e metterci in salvo!”

Dolevano le gambe, le braccia, il fiato mancava ad ogni respiro, ogni fibra dei loro corpi reclamava riposo, non sopportando più tutto quello sforzo e tensione. Per quanto avessero dormito non erano riusciti a riprendere tutte le forze.

“Resisti!”

Con uno sforzo ulteriore entrambi raggiunsero il masso, tastando l’aria con le mani per trovare la navicella. Quando la trovarono, videro con orrore che gli scorpioni erano vicinissimi, tanto da poter vedere la bava che fuoriusciva dalla bocca.

“Apri questa maledetta navicella!”

Cercando di non farsi prendere dal panico, Shikamaru fece comparire la navicella e Temari aprì la porta, salendoci dentro e voltandosi appena in tempo per vedere la porta chiudersi alle sue spalle, di botto. Sgranò gli occhi, facendo qualche passo in avanti per cercare di aprire la navicella. L’unica cosa che vide fu lo sguardo di Shikamaru e le parole sussurrate piano.

“Vattene via. Salvaci tutti.”

L’istinto le disse di aprire quella porta, per far sì che Shikamaru non si sacrificasse in quel momento, mentre la ragione le disse che non poteva fare più nulla per lui, di non sprecare quella possibilità che lui le stava dando di salvarsi e salvare tutti loro. Ma ce l’avrebbe fatta? Ne sarebbe stata in grado? Con stupore si rese conto di avere le guance bagnate, mentre Shikamaru la guardava per un’ultima volta, voltandosi e continuando a sparare.

“Shikamaru…”

Lo ripeté più e più volte, mettendosi al posto di guida e accendendo la navicella. Fu con un peso nel cuore che decollò, lasciando il Pianeta, lasciando indietro il suo compagno di squadra.

“Shikamaru…”

Nella sua mente comparvero tutti i momenti passati insieme a lui, dal loro primissimo incontro in Accademia, fino a quando non decisero di troncare una relazione mai nata. Il peso nel cuore crebbe a ogni miglio percorso con la navicella, diventando un macigno insostenibile da portare. Con un velo di lacrime negli occhi, si voltò a vedere il Pianeta. Se lo impresse nella mente, ma quando riaprì gli occhi vide che non c’era più.

“Shikamaru… Shikamaru… SHIKMARU!”

Lo urlò con quanto fiato avesse nel corpo, battendo i pugni sul volante e sulle gambe, non sentendo il dolore. Era colpa sua se adesso lui non c’era più. Era colpa sua se adesso si ritrovava da sola, unica superstite in una galassia prossima a morire e a non esistere più.

 

 

People they come together
People they fall apart
No one can stop us now 
'Cause we are all made of stars”

 

 

“Dov’è? Dove si trova?”

Shikamaru aprì gli occhi e con stupore si rese conto di non essere morto. Pensava davvero che fosse giunta la sua ora, ritrovandosi quasi sommerso da tutti quegli scorpioni per poi vedere dei serpenti strisciare e divorarli vivi, uno per uno. Con orrore fece qualche passo indietro, per andare a sbattere contro qualcuno. Si voltò, puntando la pistola contro la figura incappucciata.

Non si era mai trovato così vicino a quell’essere che stava terrorizzando la galassia, mentre l’odio e la rabbia prendevano possesso del suo corpo. Era per colpa sua se i suoi compagni di squadra erano scomparsi. La sola idea che fossero addirittura morti veniva scacciata via a forza. Non avrebbe retto a quella notizia.

“Tu!”

Era lì, a pochi centimetri da lui, la canna della pistola puntata alla tempia, eppure non riusciva a premere il grilletto. Voleva delle risposte, voleva capire il motivo, ma l’unica cosa che ricevette fu un morso alla gamba da uno di quei serpenti, perdendo i sensi qualche attimo dopo.

Quando si svegliò in quell’istante, capendo di non essere morto, si meravigliò talmente tanto che non si premurò di chiudere gli occhi e far finta di star ancora dormendo, facendosi scoprire dalla figura incappucciata.

“Sei sveglio a quanto vedo.”

Il moro lo guardò, rendendosi conto che quell’essere non portava il cappuccio calato sulla testa, potendolo vedere per la prima volta.

Albino?

Il pensiero gli balenò un attimo nella mente, scacciato via quando si soffermò sui suoi occhi gialli, come i serpenti. Spiccavano come stelle su quella carnagione bianchissima, come anche i capelli. Sembrava che il colore fosse scomparso dal suo corpo, lasciando solamente il bianco, il nero e il giallo. Cosa era? Poteva essere umano?

“Non sono umano se è questo che ti chiedi.”

Con orrore si rese conto che era come se quell’essere potesse leggergli la mente e quando cercò di alzarsi da quel lettino di metallo capì che non avrebbe potuto farlo. I serpenti strisciavano vicinissimi a lui, sibilando ad ogni suo movimento.

“E no, non puoi scappare. Ti ho privato di tutte le tue armi, ma non sono ancora così orribile da tenerti lontano da loro.”

“Loro? Loro chi?”

“Alzati, nessun passo falso o i miei serpenti ti uccideranno.”

Lentamente e controvoglia, Shikamaru si alzò, cercando di imprimersi ogni cosa nella mente. Solo da alzato si rese conto, con orrore, del fascio nero al centro della stanza dove orbitavano tutti i Pianeti scomparsi e le Stelle.

“Sei tu che hai rubato tutto questo. Perché?”

“Zitto e cammina.”

Controvoglia ubbidì a quell’ordine, mentre nella sua mente scandagliava piani su piani per potersi salvare e mettere fuori gioco quella creatura. Fu tutto inutile, ritrovandosi davanti a una porta nera che venne aperta. Venne spinto dentro, mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, lamentandosi del colpo ricevuto.

“Maledetto figlio di…”

“Shikamaru?”

Si interruppe di colpo, aguzzando la vista e rimanendo sconcertato. Davanti a lui c’erano i suoi compagni di squadra e i bambini, stesi in un angolo.

“Ino… Choji… o mio Dio, siete vivi.”

Fu talmente tanto il sollievo che colmò la poca distanza che li separava, stringendo fra le braccia i suoi compagni. Aveva avuto il terrore che fosse ormai troppo tardi per salvarli. Invece erano vivi, feriti ma vivi. Guardò disgustato le catene che imprigionavano Ino alla parete e quelle che tenevano Choji al pavimento.

“Shikamaru, dobbiamo uscire da qui e salvare i bambini.”

“I bambini?”

Solo adesso che glielo faceva notare Ino notò qualcosa di strano nei bambini, la loro immobilità quasi totale e il loro pallore spettrale.

“Cosa hanno? Sembrano malati…”

“Penso che sia questo posto. Sono così da quando hanno lasciato la Luna. Giorno dopo giorno abbiamo visto che peggioravano sempre di più, come se l’assenza della Luna o la lontananza da essa li rendesse malati e…”

“È proprio così.”

Sobbalzarono tutti e tre di colpo, non aspettandosi che qualcuno parlasse, rimanendo sorpresi quando si accorsero che, a parlare, era stata la stessa bambina che li aveva messi in allerta, salvandoli.

“Tu sei la bambina che mi ha salvato la vita.”

“Stiamo morendo… L’assenza della Luna per noi è una malattia mortale. Salvaci…”

La vide perdere i sensi, cadendo per terra. Terrorizzato e nauseato da questa notizia, si voltò verso la porta, prendendola a calci e a spallate, cercando di aprirla. Fu tutto inutile. In quel momento si sentì inutile.

“Shikamaru, come faremo a uscire da qui?”

“La nostra unica e ultima speranza è Temari.”

“Temari?”

“Il Capitano Sabaku no. È lei la nostra unica salvezza.”

“E come farà a trovarci?”

“Troverà il modo, ne sono certo.”

Perché la speranza, in quel momento, era l’unica cosa che fosse rimasta a Shikamaru. Se avesse perso anche quella, avrebbe perso tutto.

Temari, salvaci!

 

 

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'Cause we are all made of stars”

 

 

“Shikamaru…”

Temari non si rendeva conto del tempo che scorreva inesorabilmente, come non si rese conto di quanto tempo rimase in quella posizione, con lo sguardo fisso nel punto in cui il Pianeta non c’era più. Lo guardava insistentemente, come se da un momento all’altro dovesse di nuovo ricomparire, come se da un momento all’altro si aspettasse che il suo compagno comparisse e la raggiungesse.

Vattene via. Salvaci tutti.”

Quella frase le rimbombava nella mente. Come avrebbe fatto a salvarli tutti? Non ne aveva la minima idea, ingigantita ancora di più dal fatto che non sapesse nemmeno dove si trovassero tutti loro.

“Pensa, Temari. Pensa.”

Si asciugò le lacrime, chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi. Se fosse stata il nemico della situazione, dove si sarebbe nascosta? Sarebbe stata sicuramente un posto nascosto e difficile da raggiungere, un posto dove solo in pochi si sarebbero avventurati.

“Il buco nero senza fine…”

Lo disse ad occhi chiusi, dischiudendoli qualche istante dopo. Sì, sarebbe stato quello il posto dove si sarebbe nascosta, il luogo più improbabile e pericoloso di tutto l’universo. Nessuno sapeva cosa c’era lì dentro e quei pochi pazzi che si avventurarono al suo interno non fecero mai ritorno.

“Ok, Temari, calma e sangue freddo. Concentrati e pensa ad un piano.”

Era lei la mente della sua squadra, quando ancora aveva i suoi fratelli accanto a sé, non poteva deconcentrarsi solo perché, in quel momento, era rimasta l’unica essere vivente nella loro galassia, una galassia in cui non esistevano più né Pianeti né Stelle, dove il nero era l’unica cosa che si estendeva a perdita d’occhio.

Perché il nemico ha preso tutto questo?

Quella domanda le martellava la mente e fu senza pensarci che prese dalla tasca i due medaglioni e i tre fogli. Le frasi si leggevano a stento in quei fogli sbiaditi, quella che doveva essere una mappa indicava un punto impreciso dell’universo della quale non ne conosceva l’esistenza.

“Cosa dovrei fare con questa mappa se non la so leggere?”

L’impazienza era stata sempre una sua grande caratteristica, specie nei momenti di difficoltà. Eppure, non poteva permetterselo in quel momento.

“Vediamo che succede con questo medaglione.”

Successe in un attimo. Avvicinò le due estremità dei medaglioni e quelli per magia – alla quale lei non credeva e reputò puro e semplice magnetismo – si unirono, formando un unico medaglione. Le due pietre, una per ogni parte, si illuminarono, unendosi e formando un’unica luce che indicava…

“Sta indicando una via…”

Sorpresa, posò il medaglione sul piano dei comandi e mise accanto la mappa. Il fascio di luce indicava un punto nell’universo, forse lo stesso identico punto che aveva visto nella mappa.

Guardò quanto le rimanesse di energia nella navicella, guardò anche l’orologio, rendendosi conto, con orrore, che le rimanevano solamente sette ore prima che ogni cosa scomparisse per sempre.

“Devo farcela.”

Fu la voglia di lottare, di riavere la sua vita indietro che le fece mettere in moto la navicella, seguendo il fascio di luce. Era talmente disperata che non le importava se quel fascio l’avesse portata a morte certa o se l’energia non fosse bastata per tutto il viaggio, facendola precipitare chissà dove. La seguì semplicemente, come un cieco seguirebbe i suoni lontani, stringendo ancora di più il volante quando si rese conto che quel fascio di luce l’aveva portata niente di meno verso il buco nero senza fine.

“Ti troverò…”

Si avvicinò quel tanto che bastava per distinguere ogni cosa. Vedeva frammenti di asteroidi passarle accanto, meteoriti che si perdevano in un nero senza fine. Si chiese se fosse saggio entrare lì dentro, quando la sua attenzione venne catturata da un asteroide abbastanza grande da poter ospitare…

“Una navicella. Si nasconde lì.”

Virò bruscamente e si diresse verso l’asteroide, atterrando qualche metro più in là. La lampadina rossa dell’esaurimento d’energia lampeggiava senza sosta, segno che non se ne sarebbe più potuta andare, ma in quel momento non aveva importanza. L’unica cosa che le importava davvero era salvare tutti loro, salvare Shikamaru prima che fosse troppo tardi.

Fu così che spense i motori, rimise il medaglione e i fogli in tasca e prese due pistole e le munizioni, mettendosele addosso. Non aveva intenzione di portarsi altro per non ingombrare il suo cammino. Sapeva già che da quella missione o si tornava vivi o si moriva.

Fa’ che non sia troppo tardi.

Aprì lo sportello della navicella e scese. La prima cosa che notò fu l’assenza di suoni, dove il silenzio regnava talmente incontrastato che quasi sicuramente era stata già scoperta. Facendo la massima attenzione a dove metteva i piedi si avvicinò alla navicella, notando che era un tipo di navicella che non aveva mai visto in vita sua. Sembrava quasi che fosse un prodotto di nuova generazione tanto era diversa.

Tastò la parete e si fermò di colpo, immobilizzandosi non appena aveva percepito un fruscio venire alla sua destra. Si voltò di scatto, giusto il tempo per vedere un serpente bianco puntare dritto su di lei. Alzò la pistola e sparò, uccidendolo sul colpo.

“Dannazione, mi hanno scoperta!”

Tastò di nuovo la parete e trovò il pulsante per aprire la navicella, salendovi appena in tempo. Sentì alle sue spalle il sibilo di altri serpenti che attaccavano la porta. Reprimendo un moto di orrore e disgusto, guardò il lungo corridoio davanti a lei, illuminato da torce di fuoco azzurro.

“Ti stavo aspettando…”

Quella voce, la stessa voce che aveva sentito insieme a Shikamaru e i Colonnelli le fece accapponare la pelle. Non riusciva a capire da dove provenisse, ma fece sì che la facesse andare avanti. Un passo dopo l’altro, guardia alzata e pistola puntata, pronta a sparare al minimo rumore avesse sentito. Quel lunghissimo corridoio sembrava quasi infinito, pieno di stanze laterali. Aveva quasi il terrore che si aprissero da sole o che contenessero uno spettacolo agghiacciante. Dove erano finiti tutti quanti? Erano davvero lì? E i pianeti?

“Vieni qui, sei vicina…”

Sentiva la voce molto più chiara, più vicina, ritrovandosi a varcare la soglia di un’enorme stanza circolare. Le pareti erano nere, pieni di marchingegni che non aveva mai visto in vita sua, con computer e codici che non conosceva minimamente, mentre al centro di essa c’era l’essere che le aveva portato via tutto. Fu quasi con stupore che si rese conto che non indossava il cappuccio e che la guardava con due occhi ipnotici, serpenteschi.

“Finalmente ci vediamo…”

“Dove sono tutti gli altri? Rispondi!”

“Sono tutti vivi, se proprio lo vuoi sapere. Non ho ucciso nessuno, o per meglio dire, quasi nessuno.”

Il sorriso grottesco, quasi feroce, gli deformò la faccia, come se ci fosse qualcosa che non andava. Quella non era il volto di un assassino. Aveva visto quella faccia moltissime volte davanti allo specchio. Quella era la faccia di un disperato che cercava disperatamente qualcosa o qualcuno. Quella era la stessa identica faccia che aveva avuto lei, moltissimi anni prima, quasi una vita fa.

“Che vuoi dire? Chi sta morendo?”

Non abbassò la guardia, ma leggermente la canna della pistola. Entrare così in empatia col nemico, e solo vedendogli il viso, le fece quasi male. Perché molte volte i nemici erano nient’altro che disperati che dovevano essere semplicemente salvati.

“Ma come chi? Chi sono le persone più importanti della tua vita, Temari?”

Si sentì mancare il fiato. La sola idea che i suoi fratelli stessero morendo o anche solo Shikamaru era un’idea quasi impossibile per il suo cervello da accettare. La sola idea le causava dolore.

“Spero che quello che ti ho detto non ti abbia fatto troppo male.”

“TU!”

Non ci pensò due volte a fare un altro passo verso di lui, quando li vide per la prima volta. Enormi, bianchi e numerosi serpenti cominciarono a strisciare ai loro piedi. Qualcuno addirittura strisciò sul corpo del nemico e si gli poggiò sulle spalle, come se fosse una sciarpa per coprirsi dal freddo.

“Ci penserei due volte a fare un passo falso. Noi due siamo molto simili.”

“E in cosa saremmo simili? Io non sono una ladra o un’assassina come te.”

“Non ero nessuno dei due. Sono state le circostanze a farmi diventare tale.”

“Che vorresti dire?”

Tutto in lui era strano, diverso, e non solo per l’aspetto serpentesco. Era come se veramente non fosse del loro mondo o della loro epoca. A partire dalla navicella, a partire dalle sparizioni misteriose dei Pianeti e prima ancora delle Stelle.

“A cosa ti servono i Pianeti? E le Stelle? Sei stato tu a rubare tutto questo, vero?”

Lo vide sorridere e muovere la mano, con i serpenti che si muovevano al ritmo di quel gesto. Le dava quasi la nausea non poter fare nulla, essere in balia in tutto e per tutto del nemico.

“Le Stelle sono state rubate da un mio antenato 500 anni fa, mentre i Pianeti li ho rubati io.”

“Perché?”

La domanda era stata posta in modo naturale, quasi automatico. Per lei tutto quello non aveva nessun senso logico. A cosa gli servivano?

“Vedi, è una lunga storia e se te la raccontassi non ci crederesti nemmeno.”

“Mettimi alla prova.”

Lei doveva capire e sapeva che, più lo faceva parlare più aveva informazioni. Più aveva informazioni e più aveva possibilità di salvare tutti loro e mettere fuori gioco lui.

“Vengo da un futuro non troppo lontano, forse 50 anni al massimo. Il nostro mondo, la galassia e tutto quello che conosciamo non esistono più. Io sono l’unico superstite.”

Per un attimo, solo per qualche secondo, si sentì esattamente come lui. L’unica superstite in una galassia prossima a morire.

“Che cosa è successo?”

Un sorriso triste comparve sul viso di Mitsuki, mentre un velo di tristezza compariva sui suoi occhi, rendendoli meno animaleschi di quanto non fossero.

“Gli Otsutsuki hanno distrutto tutto. Hanno fatto esplodere tutti i Pianeti, uno dopo l’altro. All’inizio si divertivano solamente a vendere essere umani e le altre creature, alcune volte li mangiavano perché pensavano che quelle carni, così diverse dalla loro, avessero poteri curativi e afrodisiaci, ma poi tutto cambiò all’improvviso. La smania di potere prese il sopravvento su di loro. Non gli bastava più tutto questo, cominciando a conquistare gli altri Pianeti, saccheggiandoli dell’essenza vitale stessa per poi farli esplodere. Molte volte si divertivano a dare la caccia ai superstiti, uccidendoli uno dopo l’altro…”

Temari non riusciva a credere alle sue orecchie, a quello che stava ascoltando. Come era possibile? E poi, come un flashback, le parole di Shikamaru le tornarono in mente.

È stata la nostra ultima missione insieme, quella mia, del Generale Akimichi e del Capitano Yamanaka. C’era stato dato l’ordine di indagare sugli Otsutsuki. Fonti a noi vicine ci avevano comunicato che avevano infranto le leggi dell’Alleanza e avevano iniziato la tratta degli schiavi. Abbiamo visto con i nostri occhi uomini, donne, bambini e anziani schiavizzati, venduti e altri ancora fatti a pezzi e mangiati. Abbiamo avuto l’ordine di sterminare tutti gli Otsutsuki, per far sì che fosse un monito per ogni razza…”

Cercò di reprimere un conato di vomito. Si rese conto che quello che le disse Shikamaru e quello che le stava dicendo quella persona davanti a lui combaciavano perfettamente, l’uno il proseguo dell’altro. Se ne accorse anche quell’essere.

“Che fine ha fatto il tuo mondo? I tuoi amici?”

“Il mio mondo, o per lo meno il mio mondo di adozione, è stato l’ultimo a scomparire nel Sistema Kagure. Gli Otsutsuki vennero di notte, allo spuntar della luna piena. Uccisero donne, bambini, anziani nel proprio letto e mentre fuggivano, bruciarono gli uomini rendendoli nient’altro che cenere. Ho visto persone a me vicine perire davanti ai miei occhi nel disperato tentativo di fermare la loro avanzata, ma non potevamo. Erano in troppi e noi sempre meno. Vidi intere dinastie morire davanti ai miei occhi; Nara, Uchiha, Akimichi, Lee, Hyuuga, Yamanaka, Uzumaki…”

Il suo cervello stava assimilando troppe informazioni in troppo tempo. Aveva sentito, però, indistintamente il suo cuore sanguinare alla dinastia Nara e aveva visto perfettamente la smorfia di dolore quando nominò la dinastia Uzumaki.

“… erano guerrieri valorosi e si sacrificarono per salvare vite innocenti. Boruto fu l’ultimo a soccombere, a morire fra le mie braccia.”

Vide indistintamente le lacrime comparire e rigargli le guance. Quello era un dolore troppo grande da sopportare, un fardello troppo grosso da poter sostenere ancora.

“Cosa era Boruto per te?”

“Era il mio Sole, colui che mi ha strappato via da un mondo pieno di buio e solitudine, colui che non mi ha fatto più sentire solo, ma qualcuno che avesse una casa dove andare.”

“E perché hai rubato i Pianeti?”

“Non lo capisci? Sono tornato indietro nel tempo per evitare che questa tragedia avvenga, perché se questo è l’unico modo per avere di nuovo i miei amici e Boruto accanto a me sono disposto a tutto, anche a uccidere vite innocenti.”

Disperazione…

Questa parola martellava insistentemente nella mente di Temari, portandola inconsciamente a fare un passo avanti. Lei cosa avrebbe fatto al posto suo? Avrebbe fatto la stessa cosa? Sarebbe stata disposta a tutto pur di riavere tutta la sua vita, indietro? La risposta le arrivò quasi in automatico. Sì, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, proprio come lui. Loro due erano molto più simili di quanto si sarebbe mai immaginata, o forse era la disperazione e la solitudine ad avvicinare le persone.

“Anche se tornassi nel tuo mondo, non potrai più riavere i tuoi amici, sarai sempre solo. Stai cambiando il nostro presente e automaticamente il nostro futuro, ma non potrai cambiare il tuo, perché sono già successe.”

Gli disse quelle parole con un peso nel cuore, perché se fosse stata al posto suo non avrebbe sopportato una notizia del genere, proprio come fece Mitsuki in quel momento, con gli occhi iniettati di sangue e il volto deformato dal dolore.

“Cosa intendi dire?”

Mitsuki cercò di non perdere la calma, di frenare quel dolore sordo nel petto che cresceva sempre di più, perché sapere che, anche tornando nel futuro, non avrebbe più rivisto i suoi amici lo distrusse dentro. Sarebbe stato di nuovo solo, tutto quello che aveva fatto in quel momento non era servito a nulla se non a dargli una falsa speranza, qualcosa a cui aggrapparsi per non morire.

“Te l’ho detto. Stai cambiando il nostro presente. Stai dando una possibilità a noi, ma non a te, non al tuo mondo. Mi dispiace…”

Si ritrovò anche lei a versare qualche lacrima, entrando totalmente in empatia con lui. Conosceva perfettamente quei sentimenti, gli effetti collaterali che ne scaturivano. Fu per questo che si mosse ancora di più, facendo qualche altro passo nella sua direzione. Sentiva i serpenti sibilare più forte di prima, avvicinandosi sempre di più alle sue gambe, eppure non le importò. In quel momento anche salvare gli altri passò leggermente in secondo piano. La cosa principale era salvare lui, salvare una vita e darle un minimo di sollievo.

“Come ti chiami?”

“Mitsuki…”

Gli vide gli occhi vitrei, di qualcuno che, persa la speranza, non era più nessuno. Spettro di un uomo che non sarebbe più tornato, spettro di una vita passata ormai andata.

“Guardami, Mitsuki…”

Come fosse una marionetta priva di volontà, Mitsuki guardò Temari, per la prima volta negli occhi e si sorprese di vedere quanto fossero verdi, quanto fossero simili a…

“Penso che, dopo questa vita, ce ne siano svariate. Se anche non potrai più incontrare i tuoi amici in questa, non vuol dire che tu non possa incontrarli in quella dopo. Ricorda che siamo tutti fatti di stelle. Anche se non li vedi, i tuoi amici sono accanto a te, non se ne sono mai andati. Ricorda, inoltre, che una persona muore solo quando viene dimenticata e finché tu ricorderai i tuoi amici loro saranno sempre con te.”

Si fermò solo quando fu a pochi centimetri di distanza da lui, tanto da alzare una mano e asciugargli le lacrime con la punta delle dita. Sperò di avergli donato un minimo di sollievo, lo stesso che aveva ricevuto lei da suo zio quando perse sua madre e suo padre.

“Avrai un figlio e avrà i tuoi stessi identici occhi. Sarà anche leggermente pigro, sai?”

Il tono con lui lo disse, più leggero, diede speranza a Temari, sorridendogli a sua volta. Non si curò delle sue parole in quel momento anche perché non avrebbe mai pensato di avere un figlio. Con chi poi, soprattutto? Ma quel momento, come tutti i momenti, fu destinato a finire, proprio come in quel momento, quando un boato irruppe nel silenzio, facendoli sobbalzare.

“Che succede?”

“Il Buco nero senza fine… si sta avvicinando.”

“Cosa possiamo fare?”

Fu un istante, un istante in cui Mitsuki capì quello che avrebbe dovuto fare.

“Ci sono due porte oltre quella porta. In una sono imprigionati i tuoi amici e i bambini Otsutsuki, nell’altra c’è un fascio di luce nera che contiene i Pianeti e le Stelle. Dovrai romperlo con il medaglione e torneranno tutti al loro stato originale, come se non fossero mai stati rubati.”

“E tu? Che farai?”

“Cercherò di darvi quanto più tempo possibile contro il Buco nero. Adesso vai. VAI!”

Uscirono tutti e due dalla stanza, prendendo la stessa direzione. Si scambiarono un ultimo sguardo, uno sguardo che valse più di mille parole, uno sguardo d’addio. Fu quasi con dolore che Temari aprì la porta della prigione, guardando Shikamaru, la sua squadra e i bambini in condizioni pietose. Molti dei bambini erano ormai privi di vita, contenitori vuoti di un’anima perduta. I pochi ancora in vita avevano quasi gli occhi vitrei, occhi pieni di morte.

“Tem… sei venuta.”

Fu talmente tanto il sollievo nella voce di Shikamaru che Temari per un istante si dimenticò di correre nell’altra stanza, quella col fascio nero. A ricordarglielo fu un’altra scossa che li fece quasi cadere per terra.

“Che succede?”

“Il Buco nero senza fine ci sta inghiottendo. Shikamaru, liberali con queste.”

Gli mise fra le mani le pistole, prendendogli il viso fra le mani e baciandolo. Quello fu il primo bacio che si scambiarono, un bacio disperato e pieno di rimpianti.

“Dove stai andando?”

“A salvarvi tutti, come mi hai detto di fare.”

Gli sorrise triste, correndo fuori con le urla disperate di Shikamaru che la chiamavano e le dicevano di restare con lui, di non sacrificarsi. Poteva sentire da lontano gli spari che Shikamaru fece contro le catene che tenevano imprigionati i suoi compagni di squadra. Corse, senza mai fermarsi, fino a quando non trovò la stanza che Mitsuki le aveva detto, trovando il fascio nero davanti a lei. Bellissimo e tremendo al tempo stesso. Si prese solo qualche istante a contemplarlo, vedendo i Pianeta, il suo amato Pianeta della Sabbia, prendendo il medaglione dalla tasca. Inspirò profondamente, rendendosi conto che quella era una vera e propria follia, eppure non le importava di morire in quel momento. Se fosse morta, sarebbe morta per salvare le persone a lei care. Lo avrebbe rifatto altre mille volte, affrontando tutto quello che aveva affrontato fino ad ora.

Ci siamo. Un ultimo sforzo, Temari. Non importa se non verrai ricordata per il tuo gesto e se morirai. Lo hai fatto perché andava fatto.

Con tutta la forza nel corpo scagliò il medaglione contro il fascio nero, rompendolo in mille pezzi. Si sentì indistintamente l’urlo di Shikamaru che la chiamava, mentre un fascio di luce bianca riempiva la stanza, avvolgendoli e inglobandoli con sé, per poi scomparire e non lasciare traccia.

 

 

People they come together
(People they come together)
People they fall apart
(People they fall apart)
No one can stop us now 
(No one can stop us now)
'Cause we are all made of stars
(We are all made of stars)”

 

 

20 anni dopo…

 

“Sbrigati Shika, o farai tardi.”

“Che Seccatura che sei.”

“Cosa hai detto?”

Il Capitano Sabaku no, anche dopo venti anni da quel quasi disastro, incuteva timore e terrore, specie quando si arrabbiava. Tutti si chiedevano come avesse fatto il Generale Nara a sposare una donna come lei. Perché diciamocelo, Temari, da quell’incidente, era diventata un’eroina per tutti, per la galassia intera e per tutte le altre galassie. Era solo merito suo se tutti i Pianeti e le Stelle scomparse cinquecento anni prima tornarono al loro posto, riprendendo il loro ciclo vitale.

“Nulla. Sono pronto.”

Tutti quanti, di quel tragico incidente, ricordavano solo di aver dormito e di essere stati dentro un incubo senza fine, svegliandosi solamente quando ogni cosa tornò al proprio posto d’origine. La gente correva per incontrarsi, abbracciarsi e piangere di gioia, perché tutti, indistintamente, avevano sognato quell’avventura mostruosa e buia della quale non si vedeva la luce in fondo al tunnel. L’unica persona che era rimasta a piangere, ma di dolore, fu proprio Temari. Si era rivista in Mitsuki, condividendo quel dolore troppo grande da poter sopportare da solo. Anche lei, come lui, conosceva la solitudine e la disperazione che deriva da essa. A tutti aveva detto di piangere di felicità per averli salvati e solo molto tempo dopo raccontò a Shikamaru cosa successe veramente quel giorno. Per tutti gli altri, lei, non ricordava assolutamente nulla se non di aver ucciso il nemico.

“Tuo figlio farà tardi il primo giorno di Accademia, e tutto perché ha preso da te.”

“È anche figlio tuo, ti ricordo.”

“Ma è soprattutto tuo quando si comporta in questo modo. Muoviamoci. Non voglio arrivare in ritardo.”

Con tono deciso e a passo di marcia, Temari uscì di casa, seguita dai suoi due uomini, dirigendosi tutti insieme verso l’Accademia. Tutti per strada si fermavano a salutarla, c’era ancora gente che la ringraziava per quel giorno di tanti anni fa, mettendola in imbarazzo. Lei aveva solamente fatto il suo dovere. Che poi l’avesse anche fatto per salvare l’uomo che amava quello era un altro discorso che non andava rivelato.

“Che Seccatura che vieni sempre e costantemente fermata, mamma.”

“Spero per te che tu non abbia mai un’esperienza di questo tipo.”

“E perché no?”

Non poteva dirgli che la sola idea la devastava, non poteva dirgli che suo figlio dell’altro futuro era morto per colpa degli Otsutsuki, che tutti loro erano morti. E fu con ossessione che cercò tra la folla un volto che sognava da anni, perché se lui era lì voleva dire che c’era speranza per loro, per tutti loro.

“Cerchi qualcuno?”

“Va’ con i tuoi amici.”

Temari spinse suo figlio Shikadai verso i suoi amici, rimanendo leggermente indietro e guardando verso il limitare dell’Accademia dove, con gioia, vide il volto che aspettava da anni. Gli si avvicinò senza rendersene conto, con gli sguardi di tutti puntati addosso.

“Mitsuki…”

“Ciao Temari…”

Si salutarono come se si conoscessero da una vita e forse era proprio così, perché se Temari aveva salvato tutti loro il merito era principalmente del Mitsuki del futuro.

“Sono felice di vederti.”

“Sono felice anche io… felice di avere una seconda possibilità di stare con tutti loro.”

“Come sta…?”

“Intendi il me del futuro?? È morto, ma è morto andandosene in pace, capendo di poter rivedere i suoi amici nel regno dei morti e capendo, soprattutto, di aver dato una possibilità a tutti noi di incontrarci di nuovo. Grazie per avermi salvato la vita.”

“Devi ringraziare te stesso, ti sei salvato da solo e hai salvato tutti noi. Grazie.”

L’inchino del Capitano non passò inosservato, mentre la gente bisbigliava sbalordita da quel gesto. Chi era quel ragazzo di quindici anni? E cosa aveva fatto per meritarsi quel privilegio? Cosa aveva fatto per meritarsi il rispetto di Temari?

“Anche tu ti sei salvata e hai salvato tutti noi. È solo grazie a te se il me del futuro ha trovato la pace e ha capito i suoi sbagli, che era mosso più dalla disperazione della solitudine che dalla rabbia.”

“Allora ci siamo salvati a vicenda.”

“Temari…”

Il tono di voce di Mitsuki era cambiato, diventando serio e incerto. Strinse le mani a pugno, inspirando quanta più aria possibile per poi buttarla fuori.

“Noi due siamo amici?”

Ma il messaggio fra le righe era che Mitsuki le chiedeva se loro due fossero uguali, se fossero fatti…

“Siamo tutti fatti di stelle e sì, siamo amici.”

La stretta di mano e i sorrisi che si scambiarono furono l’inizio di un nuovo futuro, incerto e pieno di insidie. Ma era questa la vita e loro avevano avuto una seconda possibilità di ricominciare da zero.

Siamo tutti fatti di stelle.

 

 

'Cause we are all made of stars
People they come together
'Cause we are all made of stars
(People they fall apart)
'Cause we are all made of stars
(No one can stop us now)
'Cause we are all made of stars
(We are all made of stars)”

 

   
 
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