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Autore: Blue Flash    25/06/2018    1 recensioni
«Aspettate tutti—…» urlò Bonney Jewlery, attirando tutta l’attenzione su di sé, mentre s’alzava in piedi e brandiva la mela che non aveva ancora terminato di mangiare. «Primo, com’è possibile che non si è unito anche Trafalgar al gruppo delle minacce? Secondo, quando fai arrivare questa maledettissima cena? E’ più di un’ora che sto aspettando, Cassiel, ed anche la mia pazienza ha un limite. Terzo, le tue mele fanno schifo. »
Drake, che era il più vicino a Bonney, scosse la testa per via delle risate generali, e poi afferrò la rosata per la manica della camicia e la costrinse nuovamente a sedersi, come se fosse una bambina.
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Lord Petyr Cassiel decide di indire una "Caccia al Tesoro" sulla sua isola misteriosa, ed invita a partecipare l'intera Generazione Peggiore, così da vedere in azione i famosi Supernovellini. Ma non saranno loro i soli a volersi impossessare del tesoro di Cassiel, a sorpresa parteciperanno anche i Rivoluzionari, la famiglia Vinsmoke ed i pirati di Barbabianca, che si ritroveranno bloccati su quell'isola.
Che i giochi abbiano inizio.
Genere: Avventura, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eustass Kidd, Famiglia Vinsmoke, Jewelry Bonney, Mugiwara, Trafalgar Law
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3. Il momento giusto

L’ennesima sferzante folata di vento fece smuovere i ciuffi biondi del fiero Primo Comandante, che seduto con i piedi penzolanti oltre il bordo del tetto, fissava apatico quella distesa verde che era quell’isola. L’aveva sorvolata in lungo ed in largo nella sua forma da Fenice, ma alla fine non aveva scoperto nulla di anomalo, eccezione fatta per quel campo di forza che la circondava interamente. Erano giunti per primi e per primi erano divenuti prigionieri di quel certo Cassiel.
Si sentiva responsabile per tutto quello che era accaduto ad i suoi uomini, considerato che adesso il comando spettava a lui. Almeno non erano andati tutti quanti, ma solo i suoi più fidati compagni, che adesso se ne stavano bellamente distesi sul ponte della loro nave a bere ed a prendersi il sole, su invito di Izou. Scelta decisamente personale e cauta, considerato che tutti quanti loro avevano declinato l’offerta di dormire nel castello, cosa che invece parecchi altri avevano fatto. Quel posto sembrava perfetto, ma in verità Marco era consapevole che quelle mura sarebbero divenute la loro stessa rovina nel momento dei giochi. Li avevano attirati su tale isola sostenendo che Lord Cassiel era in possesso di informazioni delicate su Kaido, scelta alquanto strana che però aveva stuzzicato la curiosità di tutti quanti. 
Si rendeva perfettamente conto che adesso tutti contavano su di lui e che doveva trovare un modo per andarse da li, ed anche alla svelta.
Solo che quel modo non esisteva e la prova era che anche altre persone interessanti erano giunte su quell’isola. Aveva capito perfettamente che tutti erano stati ingannati e che probabilmente non esisteva neanche alcun tesoro, quindi era una vera perdita di tempo e di risorse, perché lui avrebbe di gran lunga preferito esser in prima linea a Wano, con il resto dei propri uomini.
Lo doveva a suo padre. Lo doveva a tutti e quindi non poteva rimanere ancora a lungo come un uccello in gabbia.
Per la frustrazione fece rotolare giù un sassolino, che colpì con il dorso della mano, e solamente allora il rumore della porta che si apriva lo fece immobilizzare. Probabilmente era qualcuno, come Cappello di Paglia, salito fin lassù per farlo mangiare. Era molto simile a suo fratello maggiore, il caro Ace, ed in quei momenti, quando si ritrovava faccia a faccia con Luffy sentiva davvero la mancanza del proprio compagno. 
Con lentezza inaudita si voltò per ringraziarlo e dirgli che non voleva niente, ma sorprendentemente sulla porta si ritrovò una figura femminile, dalle graziose fattezze, che portava un cappello scuro calato sul viso a celare il piercing sotto la guancia. I capelli rosa svolazzarono nell’uscire all’esterno, donandole quasi un’aria eterea. Probabilmente Marco era rimasto al sole fin troppo tempo ed adesso iniziava a risentire degli effetti collaterali. Si passò una mano sul viso, quasi a riprendere il controllo della sua stessa mente ed allora la mise effettivamente a fuoco. Ormai ricordava piuttosto bene le taglie di coloro che dovevano essere possibili alleati o meno, ma la sua la ricordava piuttosto vividamente considerato che lei era la ragazza riuscita a sfuggire dal Cane Rosso. Cosa impressionante, che l’aveva colpito tanto da lasciarlo senza parole, ed adesso Jewelry Bonney era li in piedi e si stava dirigendo da lui ad ampie falcate.
Sembrava avesse qualcosa d’importante da dirgli vista la serietà del suo viso.
Qualsiasi cosa stesse per accadere Marco si preoccupò visibilmente, tanto da rientrare le gambe da oltre il bordo del cornicione, schiuse le labbra per dirle qualcosa, nella speranza di fermare la sua avanzata, ma improvvisamente ella cadde a terra sulle ginocchia ed iniziò a piangere. 
Di certo non era quello che Marco si era aspettato e la cosa lo mise addirittura in discreto imbarazzo, però essendo lui un uomo che dinnanzi ad una donna non si tirava mai indietro in quanto galanteria, le si avvicinò, inginocchiandosi al suo fianco, e solamente allora capì che forse poteva parlare. 
«Non c’è bisogno di piangere, qualsiasi cosa sia successa.» 
In verità non era un grande consolatore, ma quelle gli parvero le giuste parole da rivolgergli per provare a calmarla almeno un poco. 
«Invece sì—…» replicò la rosata che con il dorso della mano cercò disperatamente di asciugare le lacrime che le rigavano le gote. 
«Se sei preoccupata per quest’isola allora ti prometto che—…»
Gli era parsa la cosa più sensata da dire, considerato che quella situazione non piangeva neanche a lui e vista l’emotività delle donne era plausibile che Bonney fosse sconvolta per tale motivo, ma le successive parole della ragazza, accompagnate da un’amara risata, lo fecero dubitare. 
«Non m’importa nulla dell’isola, lo so che siamo bloccati qui per qualche stupida ragione—… le mie lacrime sono dovute ad altro, Marco La Fenice.»
Marco, interdetto dalle parole di Bonney annuì lentamente e le scostò piano il cappello, in modo tale da poterla guardare in viso, per capire a che cosa si riferisse.
«Mi dispiace non essere riuscita a fare qualcosa a Marineford, davvero. Mi dispiace anche per la morte di Ace, non meritava tutto ciò che gli è accaduto.»
Ecco perché si stava disperando tanto, andando a colpire un punto caldo nelle memorie di Marco. Eppure, il comandante, non ebbe la forza di negarle quelle lacrime, perché lui stesso si sentiva così ogni singolo giorno dopo Marineford, ma adesso quella ragazza, che in tutta la sua fragilità stava abbassando le sue difese, gli fece comprendere quanto quella guerra avesse devastato il cuore di tutti quanti, non solamente il suo. 
«Hai evitato la tua possibile morte, Jewelry Bonney, qualsiasi fosse il tuo rapporto con Ace.»
La ragazza continuò a singhiozzare, provando però a trattenersi, e con un rapido movimento della mano asciugò la sua ennesima lacrima. 
«In realtà lo conoscevo poco, ma il gesto di per sé era sbagliato e poi—…» ma la rosata s’interruppe mordendosi il labbro inferiore, come se stesse per esitare nel dire qualcosa. 
«E poi?» Marco, incuriosito da quella sua frase, inarcò un sopracciglio ed infine le fece cenno di continuare. 
«Non ero dispiaciuta solamente per Ace, c’è altro, ma non posso parlare. E’ tutto troppo complicato
La capiva. Insomma comprendeva anche piuttosto bene perché fosse decisa a non parlare, i segreti andavano mantenuti come tali e lei era una brava ragazza che poteva permettersi di non tradire il suo passato.  Il capitano annuì lentamente e poi si passò una mano fra i capelli biondi, scombinandoseli appena, prima di rimettersi in piedi e porgerle un aiuto per rialzarsi, nella speranza che lei facesse lo stesso. 
«Scommetto che tutto questo c’entra con il perché Akainu ti dia la caccia ogni singolo giorno della tua vita. Ma sono affari tuoi ed in quanto tali non voglio intromettermi.»
Bonney, che accettò la sua mano per rimettersi in piedi, inarcò un sopracciglio e gli rivolse un sorrisetto sghembo. 
«Non te ne avrei parlato neanche sotto tortura, Primo Comandante Marco La Fenice. Sei un portento ma i miei segreti rimangono tali.»
Aveva ragione e per tale motivo Marco ricambiò quel sorrisetto accennato, prima di farle cenno di seguirlo fino al bordo del tetto di quel castello immenso. 
«Effettivamente non ci siamo neanche presentati eppure entrambi sappiamo bene con chi stiamo avendo a che fare adesso. E’ incredibile come la nostra reputazione ci preceda sempre e comunque.» continuò il biondo con assoluta pacatezza prima di tenderle una mano, questa volta nel gesto formale di una presentazione. 
La rosata non esitò nello stringerla ed allora annuì, asciugandosi le restanti lacrime che annacquavano i suoi occhi viola. 
«Hai ragione. Avrei tanto voluto conoscerti in altre situazioni, ma il destino non ce lo ha mai permesso. Piacere di conoscerti.»
«Il piacere è mio, Jewelry Bonney.»
Entrambi strinsero le mani per poi lasciarle andare, mentre Marco la lasciò ricadere lungo i propri fianchi le braccia, limitandosi a fissare il panorama dinnanzi a loro. Il sole era ancora alto nel cielo e presto sarebbe stata ora di cena, il che equivaleva a dire che sarebbe volato fino alla propria nave semplicemente per cercare di mangiare qualcosa di sano. Non si fidava di quel castello, nonostante Izou sostenesse che era tutto bellissimo e che non vedeva l’ora di poter conoscere quel Cassiel. Lui e le sue priorità erano decisamente fuori luogo. 
Un fervido rumore di stomaco che si agitava, proveniente dalla figura al proprio fianco, lo spinse a volgerle uno sguardo di sbieco, accompagnato da un ghigno divertito. 
«Io ho sempre fame, non c’è bisogno che tu faccia qualche battutina, chiaro? Sei anche una leggenda vivente, ma non ti azzardare o anche tu ritroverai ad una differente età.»
«Interessante, ho sempre sentito parlare dei tuoi poteri, magari li vedrò all’opera, prima o poi.» azzardò il biondo, intrecciando le braccia all’altezza del petto, lasciato in parte scoperto dalla violacea camicia, con il suo solito fare pacato, prima di guardarla. «Se vuoi vado a prenderti qualcosa da mangiare in cucina, Izou mi ha chiesto di portargli delle cose, quindi posso approfittarne.»
«Non so chi sia questo Izou ma lo benedico e ti ringrazio. Se c’è preferirei della pizza, in ogni caso va bene qualsiasi cosa.»
«Meno male che non lo conosci, fidati. Allora attendimi qui, andrò a vedere cosa trovo e poi tornerò indietro.»
«Va bene, mi siedo qui ad aspettarti.»
Replicò la rosata sollevando una mano quasi come se lo stesse liquidando per evitare ulteriori domande. Era una ragazza peculiare ed allo stesso tempo forse anche divertente. Per lo meno avrebbe anche potuto fargli piacere qualcuno con cui chiacchierare indistintamente, senza farsi troppi problemi, perché quella Bonney era esattamente quel tipo di persona, o almeno così gli era parso nel momento stesso in cui l’aveva incontrata.
Ad ampie falcate si diresse verso la porta che dava all’interno del castello, ed infatti una volta al suo interno si guardò a destra ed a sinistra nella speranza di non incontrare nessuno. Non perché fosse asociale, ma perché l’idea di dover ancora discutere dei problemi di quell’isola non gli andava. E poi, Marco, meno parlava meglio stava. Assolutamente il suo stile di vita. 
I lunghi corridoi quasi labirintici, pieni di quadri e vasi antichi, erano un luogo di perdizione, ma per lo meno aveva imparato a capire come giungere alle cucine che si trovavano al piano terra. Izou glielo aveva condotto le prime volte, replicando che tutto quello era incredibilmente bello, ma Marco lo trovava solamente noioso e pieno di cianfrusaglie di un qualche nobile con loschi piani che lui avrebbe davvero tanto voluto sventare. 
Con le mani in tasca e l’aria pensierosa si mise a scendere le scale, evitando abilmente le aperture che davano sugli spazi comuni come il salone o la grande bibilioteca. Forse quello era un posto interessante, ma per lo più Marco preferiva leggere a letto prima di addormentarsi, quando riusciva a farlo. Aveva trovato dei libri conosciuti, che si era portato dietro, ma niente di indimenticabile. Superando le porte del salone sentì le chiare urla dello spadaccino di Mugiwara, unite ad altre voci, che sembravano intenti a litigare per qualcosa di molto noioso. Era un vero miracolo che Marco poteva usare le sue ali per spiccare ampi balzi evitando così le porte. 
Solamente dinnanzi la cucina si fermo, notando la porta socchiusa. Forse c’era qualcuno che stava già preparando, anche se quando dettogli dai compagni i domestici apparivano solamente poco prima della cena. Quindi doveva trattarsi di qualcuno del gruppo di detenuti, perché erano questi. S’avvicinò alla porta, deciso a sbirciare prima di entrare, anche solo per evitare altre discussioni, e sorprendentemente, da quel piccolo spiraglio, vide che dentro la cucina, in piedi su uno sgabello in legno, vi era la figura della principessa della Germa 66. L’aveva vista giungere  nella sua super tuta, cosa che stranamente aveva destato parecchio interesse in Marco, ma adesso, in abiti normali, gli era parsa anche più bella del previsto. Il suo vestito bianco, che le fasciava perfettamente il corpo, le stava d’incanto, ed in quella posizione, in piedi sullo sgabello, intenta a prendere qualcosa di più alto di lei, era possibile ammirare le lunghe gambe sulle quali i tatuaggi erano presenti. 
Si sentì davvero pessimo nell’averla osservata tanto a lungo da non riuscire a muoversi, cosa che raramente gli accadeva, ma in quell’istante, improvvisamente, la figura di Reiju sembrava essere in equilibrio precario sulle punte dei piedi, ed infatti al minimo movimento l’equilibrio venne meno e lei rischiò di cadere a terra. 
Fu una vera fortuna che Marco aveva intuito tutto, grazie anche al suo Haki della percezione, ed era intervenuto qualche secondo prima, afferrandola al volo ed evitandole una rovinosa caduta. Certo, adesso sarebbe passato per invadente, considerato che era li ditro la porta a guardarla, ma non avrebbe mai lasciato che la principessa toccasse terra. Con un braccio la sorreggeva per le gambe, mentre con l’altro le stringeva la schiena, ritrovandosi faccia a faccia con il bel viso di Reiju, che lo fissava incredula. Le labbra socchiuse in una sorta di “Oh”, ed i grandi occhi azzurri erano intenti a studiarlo, così Marco si sentì decisamente sotto osservazione. 
«Perdonatemi principessa ma se non fossi intervenuto—…»
Reiju, che continuava a fissarlo con aria ammirata, scosse leggermente il viso, facendo smuovere i capelli rosa che le coprivano il collo, e poi incredibilmente sorrise. 
«Che gentiluomo. Non hai lasciato che una ragazza finisse a terra, questo è davvero un bel gesto.» commentò lei, limitandosi a poggiare una mano sulla sua spalla, come a volersi sorreggere meglio nonostante già Marco la stesse tenendo fra le braccia. 
«Io non—…»
«Non sei un gentiluomo? Eppure le tue azioni dimostrano il contrario.» 
Quel modo di fare di Reiju, tanto spontaneo quanto altezzoso, lo spinsero a distogliere lo sguardo dal viso della principessa, per poi poggiarla con delicatezza a terra, usando la massima delicatezza di cui era disposto. 
«Grazie, principessa Reiju, non avrei mai permesso che foste caduta da quello sgabello, anche se ho trovato tutto abbastanza bizzarro.»
Probabilmente, adesso, aveva addirittura ammesso che la stava guardando da prima, ma tanto era comunque spacciato, quindi era inutile provare anche solo a mentire a riguardo. Con un movimento fluido Reiju, nel mentre, si rimise in piedi, sistemandosi il vestito candido e poi i capelli, che scombinò con una mano, prima di riportare i grandi occhi turchesi in direzione del primo comandante. 
«Purtroppo le tazze che stavo cercando si trovano in alto e da sola non riuscivo a prenderle, quindi mi sono aiutata con lo sgabello, ma non credo sia stata una delle mie idee migliori.» ammise lei rivolgendogli un sorriso prima di indicare l’alta credenza aperta dal quale era possibile intravedere delle tazze. 
«Un attimo.» mormorò Marco prima di imitarla nel salire su quello sgabello e con assoluta agilità reggendosi su entrambi i piedi, allungò banalmente una mano per afferrare una delle tazze da lei richiesta. Con un saltello scese nuovamente giù, porgendo allora alla principessa ciò che aveva chiesto e per il quale aveva quasi rischiato la vita, anche se non era certo che la Germa 66 potesse farsi male tanto facilmente.
Ma lei era una ragazza e lui non avrebbe permesso nulla di simile, anche se era indistruttibile. 
Con aria ammirata Reiju sollevò lo sguardo verso di lui, nonostante i considerevoli centimetri di differenza d’altezza che li separavano e quando Marco le porse la tazza, quella l’afferrò con tranquillità.
«Nessuno mi aveva mai detto che il Primo Comandante fosse tanto gentile.»
«E’ stato solamente un piacere, Principessa Reiju—…»
Forse si stava lasciando andare un po’ troppo per colpa di quegli occhi, ed allora distolse lo sguardo deciso a cercare qualcosa per Bonney nella credenza. 
«Allora—… vi stavate forse facendo del tè?» domandò come se nulla fosse, anche perché l’aveva vista parecchie volte sorseggiare del tè in biblioteca, ma anche in quel caso non avrebbe, forse, dovuto dirlo. 
Reiju, che si era mossa dirigendosi verso l’ampio frigorifero, gli rivolse uno sguardo di sbieco e poi sorrise soddisfatta.
«In realtà no. Mi serviva del latte per mio fratello Yonji che adesso è un bambino e pur di farlo smettere di piangere sono disposta ad accontentarlo su tutto.»
Bambino? Ma loro non erano tutti adulti?
E poi la spiegazione a tali parole fu chiara nella mente di Marco. Solamente Bonney poteva averci a che fare con quella storia, infatti si limitò a ridere divertito dalla scena di uno di quei quattro diventati bambini.
«Opera di Bonney. Passerà fra qualche ora, non preoccupatevi per vostro fratello.»
«In realtà mi stavo solo preoccupando per la mia emicrania. Non posso reggerlo a lungo, è più fastidioso di quel che ricordavo.» continuò lei con assoluta calma prima di sorridergli e nel mentre versare il latte nella tazza, fino a quando non fu soddisfatta.
Era come se si muovesse con un’estrema grazia anche nel fare banali cose, come versare del latte, e per tale motivo Marco rimase a guardarla, sorpreso da quel suo modo di fare. 
«E’ molto fastidioso?»
«E’ un bambino viziato che abbatte muri, meglio evitare la distruzione del castello—… per adesso.»
Aveva ragione, doveva essere difficile avere a che fare con la Germa, soprattutto perché perfino lui ne aveva sentito parlare e li aveva visti recentemente in azione, intenti a litigare con il cuoco di Luffy, nonché loro fratello. Ma Reiju era diversa in qualsiasi cosa facesse, ed infatti per tale motivo aveva suscitato un discreto intresse nella mente della Fenice, che la guardò mentre s’allontana verso la porta, perché in fondo non aveva altro da fare in cucina. 
«Quindi è meglio che gli porti questo latte, almeno si calmerà.» ammise Reiju, prima fermarsi un attimo sulla soglia della porta. «In ogni caso ti ringrazio ancora per poco fa e poi un’altra cosa, chiamami solamente Reiju.
»
Marco schiuse le labbra per dire qualcosa, per risponderle che era un vero piacere, ma tutto ciò divenne futile dopo le ultime parole della principessa rosa, che con un movimento di bacino aprì la porta e lo salutò con un sorriso, lasciandolo li da solo.
Probabilmente aveva anche un’espressione da pesce lesso, ma decise che doveva nascondersi per sembrare meno strano del previsto. 
Si passò una mano a scombinare i biondi capelli, e solamente dopo qualche secondo, rimasto da solo li dentro, si ricordò ciò per cui era sceso fin la sotto. Doveva prendere qualcosa per Bonney e qualcosa per Izou. Si, loro erano la priorità, anche se al momento Reiju era davvero riuscito a lasciarlo imbambolato per fin troppo tempo. Era stata solamente una casualità, si ripeté mentre apriva tutti gli sportelli della cucina.
Una casualità che non si doveva ripetere altre volte. Ed allora, armato di tutte le buone intenzioni di quel mondo iniziò a cercare quel che gli serviva, anche se nella sua mente il rosa continuava ad agitarlo in continuazione. 
La prossima volta Izou si sarebbe andato a prendere le cose da solo. 
   
 
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