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Autore: Dede_95    25/06/2018    1 recensioni
Iwaizumi!padre Oikawa!figlio
Dal testo:
Il cielo sembrava un campo di battaglia. Il sole e le nuvole si cedevano il posto vicendevolmente, senza essere realmente intenzionati a perdere quello scontro. A tratti i raggi gentili e luminosi inondavano il paesaggio, infondendogli un calore intrinsecamente collegato all'estate e regalando un'atmosfera radiosa e spensierata; poco dopo, però, pesanti nubi cupe, di un grigio plumbeo, oscuravano lo splendente astro regalando uno spettacolo sinistro, e quasi un'aria cupa all'intera zona.
Hajime sospirò rassegnato: non era così che si era immaginato il loro primo giorno di vacanze al mare, però quel piccolo demonio sotto sembianze umane si sarebbe divertito, tra tuffi fra le onde e castelli di sabbia, e questo era abbastanza.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Kei Tsukishima, Lev Haiba, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Spero la storia possa piacervi, soprattutto spero che i personaggi risultino IC, ho cercato di fare del mio meglio. Questa os è nata casualmente, senza nessuna pretesa; non sono sicura che tutte le info e i dettagli in essa contenuti siano perfettamente attendibili, per esempio non so se 3.000 yen siano sufficienti, in Giappone, per riparare un computer, né come si vivano lì, nel dettaglio, le giornate di vacanza al mare. Per quanto riguarda il gelato e il colesterolo alto: ho cercato info in giro ma poi nel dettaglio non so come funzionino i singoli casi.
Vi ringrazio in anticipo se sarete così gentili da leggere questo sclero di un weekend, buona lettura.
 
 
 
 
 
Il cielo sembrava un campo di battaglia. Il sole e le nuvole si cedevano il posto vicendevolmente, senza essere realmente intenzionati a perdere quello scontro. A tratti i raggi gentili e luminosi inondavano il paesaggio, infondendogli un calore intrinsecamente collegato all'estate e regalando un'atmosfera radiosa e spensierata; poco dopo, però, pesanti nubi cupe, di un grigio plumbeo, oscuravano lo splendente astro regalando uno spettacolo sinistro, e quasi un'aria cupa all'intera zona.
Hajime sospirò rassegnato: non era così che si era immaginato il loro primo giorno di vacanze al mare, però quel piccolo demonio sotto sembianze umane si sarebbe divertito, tra tuffi fra le onde e castelli di sabbia, e questo era abbastanza. Prese per mano quel bimbo dalla faccia sorridente e s'incamminò verso la parte della spiaggia più vicina alla riva. Sistemati i dettagli, piantato l'ombrellone e steso gli asciugamani, si sedette con calma, aspettandosi un qualche tipo di reazione che, purtroppo, non arrivò. Lo guardò perplesso per qualche istante, prima di esordire con un "idiota" appena borbottato a mezza bocca, perché restasse fra sé e sé.
- Devi solo toglierti la maglietta per evitare di sporcarla, poi puoi andare a giocare a riva. -
- Eh? -
Un altro sbuffo, e Iwaizumi si alzò, quasi fosse stanco, e prese dall'apposita borsa tutti i giochi per la spiaggia. Li posizionò poco lontano da lui, nel punto in cui le onde lambivano dolcemente la sabbia umida, e accompagnò il bambino in quel punto.
- Ecco, ora ci togliamo la maglietta, ed è fatta. Gioca pure tranquillo, Tooru: c'è tempo prima del pranzo. -
Il bimbetto lo guardò smarrito, con quegli occhi cioccolato che sembravano un passe-partout per i cuori degli umani, in generale, e se ne restò lì imbambolato buoni due minuti, prima di arrendersi alla situazione e, pigramente, prendere in considerazione le parole del "genitore".
Iwaizumi aveva un fratello maggiore, era un ragazzo allegro, vivace e in forma. Amava gli sport almeno quanto lui e per un certo periodo di tempo avevano condiviso l'avventura della pallavolo al liceo, giocando nella stessa squadra: si passavano solo un anno. Suo fratello era estroverso, al limite tra una persona molto socievole e una spavalda; poteva forse dare un'impressione sbagliata, di primo acchito, ma era buono e aveva un gran cuore, il che gli permise di vantare una lista particolarmente lunga di corteggiatrici. La vincitrice si palesò alla fine del liceo: frequentarono gli stessi corsi all'università e, in fretta, quella piacevole amicizia mutò in un tenero sentimento. Si erano sposati, e fin qui tutto ok, avevano avuto un figlio, splendido, ma perché andare a studiare la composizione mineralogica delle rocce dell'Isola di Pasqua? Era forse un obbligo con la scelta di mineralogia?
Che modo stupido di morire. Era la prima frase a cui aveva pensato Hajime apprendendo del disastro aereo a pochi chilometri dalla mèta. Il loro unico figlio era rimasto orfano, con nonni troppo anziani perfino per badare a loro stessi per poter pensare di provvedere a lui, e lo zio "Iwa-chan" si era rivelato l'unico parente disponibile, benché ancora celibe. Il fratello lo aveva espressamente indicato nel testamento, per scrupolo. Quel ragazzino irritante, quando ancora era troppo piccolo per poter capire alcunché, lo aveva chiamato così per sbaglio. Era nato tutto come un gioco, ma crescendo aveva mantenuto la fastidiosa abitudine, trasformandola in un odioso vizio che il giovane non riusciva proprio a sradicare da quella testa malefica. Aveva dichiarato spesso che fosse un estremo atto di amore, a sua difesa, sostenendo che Hajime fosse il suo zio preferito. Quell'idiota dal viso paffuto non aveva ancora capito che lui era l'unico zio che avesse, come diavolo pretendeva di poter avere delle preferenze?
- Iwa-chan! Iwa-chan, vieni qui. -
Con un po' di buona volontà poteva ancora ignorarlo, si disse. Bastava prestare attenzione alla rivista sportiva, non deconcentrarsi...
- Iwa-chan! Zio Iwa-chaaaaaaan. -
Uno sbuffo irritato introdusse il giovane uomo. Di fronte al bambino, vide le sue esili braccia tendersi in alto, verso di lui. 
- Voglio tornare a casa. -
Lo guardava tranquillo, sicuro che la sua richiesta sarebbe stata accolta, come se il viaggio aereo e i quasi due giorni per arrivare lì fossero privi di senso.
- EH!? -
Iwaizumi lo guardò contrariato; incrociò subito le braccia perché sapesse che il suo voleva essere un atteggiamento severo.
- Al massimo possiamo tornare in albergo, ma ad ogni modo la risposta è no. Siamo venuti qui di proposito, perciò ora ci godremo le vacanze al mare come ogni altra famiglia. -
Si guardò attorno: ad un primo sguardo, la spiaggia non era affollata come in una comune giornata di sole, ma ospitava lo stesso un sufficiente numero di bambini e anziani da giustificare la sua presa di posizione. 
Due stavano battibeccando proprio a un paio di metri di distanza. Erano seduti su due sedioline di plastica, di quelle che si comprano appositamente per trascorrere le giornate sulla riva, in assenza di lettini o sdraio. Entrambi presentavano un fisico che s'intuiva allenato e prestante, seppur piegato dall'innegabile incedere del tempo; il più vivace fra i due era certamente quello dalla pettinatura bizzarra: i suoi occhi, così pieni di quella forza tipicamente giovanile, assomigliavano in modo inquietante a quelli di un gufo. Stava pregando l'altro, con ancora qualche traccia di nero tra i capelli canuti, di recarsi al chiosco lungo la strada per quei gelati di cui avevano parlato a colazione. Il secondo uomo restava religiosamente immobile sul posto, come se potesse ancora avere qualche speranza di rilassarsi, lanciando delle occhiatacce eloquenti per rimproverare il suo amico. Ad Iwaizumi parve, poco prima di distogliere l'attenzione da loro, di sentire un "Bokuto-san, sei più infantile e chiassoso dei bambini qui di fianco"; allungò il collo per vedere poco oltre i due anziani, ed effettivamente c'erano due bei bambini molto tranquilli che giocavano insieme. Potevano fare al caso loro, Tooru ci avrebbe sicuramente messo poco per farseli amici.
- Ascolta piccoletto, zio credeva di farti felice portandoti al mare per una vacanza. Cosa ti fa dire di volertene andare? -
Lo sguardo basso, rivolto al viso di quel piantagrane, in attesa di capirci qualcosa.
- Il clima, Iwa-chan. Si è alzato il vento e l'acqua è fredda. -
Ancora una volta, lanciò un'occhiata ai bambini lì vicino: giocavano tranquilli come fossero in una condizione di beatitudine, nessuno sembrava minimamente interessato a dettagli come la brezza costante o le nuvole passeggere che si davano battaglia col sole, in cielo. Un grido entusiasta catturò la sua attenzione in quel momento: un uomo pallido quanto un cadavere, dalla bizzarra pettinatura rosso fuoco, stava sfidando le onde, poco lontano dalla riva, trascinando un gommone sopra il quale si trovava un bimbo fin troppo serio. A dispetto della sua espressione, però, al di là del taglio quasi militare dei capelli castano dorato e della calma e compostezza che esprimeva, quando l'uomo alla guida del gommone superò con successo un'onda particolarmente alta e veloce, anche a lui sfuggì un sorriso genuino ed entusiasta. Al tipo dai capelli rossi non sfuggì questo particolare, così si esibì in un secondo grido euforico e partì di nuovo alla carica.
 
Ad Iwaizumi mancò poco per perdere la calma e lanciare Tooru lontano, fra quelle onde.
- Che diavolo ti prende? È pieno di bambini, qui, ma nessuno è così concentrato sulle condizioni atmosferiche. A dirla tutta, hanno la testa da tutt'altra parte. -
Pensò di dover fare qualcosa lui stesso per sbloccare la situazione.
- Vieni, dammi la mano. -
Al piccolo Tooru si illuminarono gli occhi.
- Mi porti al chiosco lungo la strada per prendere un gelato? -
"Ma perché pensano tutti ai gelati, oggi?"
Intanto, mentre passavano davanti alla coppia di anziani, sentì il più tranquillo dei due sospirare, con tono di rimprovero 
- Bokuto-san, il dottore ti ha espressamente vietato anche i gelati. Nella tua dieta sono esclusi alimenti dannosi per il colesterolo alto, come devo dirtelo?"
Hajime ebbe la netta sensazione che quella discussione fosse destinata a non avere fine.
Giunto davanti ai bambini, si presentò a quello che presumeva fosse il loro padre, un uomo uscito dritto dritto da una rivista di moda, per chiedere poi il permesso di lasciare lì Tooru a giocare con loro.
- Certo! - Rispose quello con un sorriso smagliante che non riuscì in alcun modo a tranquillizzare Hajime - Se aspettate altri dieci minuti dovrebbero arrivare anche gli altri due, insistevano per accompagnare mio marito a prendere la merenda al chiosco. -
- Tu non hai voluto nemmeno comprarmi un gelato, Iwa-chan. - Chiosò Tooru con uno sguardo e un tono totalmente innocenti. Iwaizumi maledì quella linguaccia sempre pronta a parlare a sproposito e smorzò la tensione con una risata nervosa, vista la figuraccia.
- Ho solo detto che è meglio mangiarne uno dopo pranzo, è una questione di salute, e metabolismo... -
- No, non l'hai detto Iwa... -
Iwaizumi afferrò di peso Tooru, premurandosi di tappargli "casualmente" la bocca con la mano, prima di avvicinarsi ai bambini dell'uomo rilassato, accanto a lui, e chiedere loro di includere suo nipote nel gioco. Si voltò di nuovo verso il suo interlocutore, che aveva osservato la scena, e ora un fastidioso sorrisetto sornione si dipingeva sul suo volto. 
- Kuroo, giusto? -
- Esatto. Iwaizumi-san, permetti una domanda? -
- Sì. -
- È da molto che sei padre di Tooru? -
Hajime si concesse un sospiro di stanchezza.
- Non molto, in verità. Sono diventato suo tutore legale lo scorso ottobre. Quando c'era mio fratello e mi bastava semplicemente essere lo zio, sembrava davvero tutto più semplice. -
Kuroo gli rivolse un sorriso comprensivo e complice.
- Anche per me e Kei, mio marito, è stato difficile i primi tempi. Quando Kenma è arrivato nelle nostre vite era ancora un neonato, è stata una prima volta in piena regola, ma tutto sommato ce la siamo cavata. Poi con Tadashi, essendo il secondo, è stato più semplice. Ci prenderai la mano anche tu, ma ci vuole tempo. -
Iwaizumi osservò, un po' rapito, un po' invidioso, quei bambini spensierati mentre costruivano una pista per le biglie tutt'attorno alla "fortezza" precedentemente realizzata. Kuroo continuò il suo discorso, mentre da lontano faceva segno ad un ragazzo biondo con due bimbi al seguito, perché lo notasse.
- Devo dire che vanno d'amore e d'accordo, Kenma si è rivelato un ottimo fratello maggiore. Certo, ha quasi sei anni, ormai. Normale che sia così. -
Hajime, soprappensiero, si lasciò sfuggire un commento.
- Quasi l'età di Tooru, potrebbero divenire buoni amici. -
E fu così che due secondi dopo, mentre bonario Kuroo rispondeva con un rincuorante "Ma certo!", suo nipote fece una linguaccia al bambino dagli scuri capelli, forse leggermente lunghi per lui, e corse in direzione dello zio.
- Sono tutti cattivi qui, non gioco con nessuno! Portami a casa, Iwa-chan. -
- Che problema c'è adesso? -
- Non si può organizzare una "Ufficiale Corsa Nazionale delle Biglie" senza il consenso del Re. -
- E chi sarebbe questo Re che si è opposto? -
- Io, ovviamente! Non riconoscono la mia autorità... -
Iwaizumi sospirò, a corto di pazienza, e rivolse un silenzioso sguardo di scuse a Kuroo, che continuava a ridere sotto i baffi, cercando inutilmente di non farlo trasparire più di quanto la buona educazione concedesse.
- Tetsurō, quando arriva tuo fratello? Questa faccenda della giornata al mare ci sta sfuggendo di mano. -
Il biondo sembrava visibilmente stanco quanto seccato dal doversi occupare di ben quattro bambini, due dei quali, quelli che lo avevano accompagnato, decisamente più vivaci dei suoi figli. Si presentò ad Hajime, scambiando qualche convenevole, poi tornò a pretendere delle risposte dal marito.
- Dunque non sono tutti figli vostri? -
- No, il cielo non voglia! Questi che giocano con la sabbia, Kenma e Tadashi, sono i nostri, mentre quei due scapestrati laggiù, che urlano alle onde cose senza senso mentre cercano di stare in equilibrio sul materassino sgonfio, sono i figli di suo fratello. -
Indicò Kuroo, che si avvicinò sorridente, cercando di minimizzare, e commentando la scena con un bel sorriso di circostanza.
- Suvvia, lo sai, amore: Morisuke e Lev sono sempre stati degli spiriti liberi. Il loro approccio alla vita è quello entusiasta tipico di un bambino. -
- Il tuo tentativo di indorare la pillola è ammirevole, Kuroo-san. Dillo ai tremila yen di danni, con tutto quello che mi è costato aggiustare il computer dove IO avevo tutti i file di lavoro. -
Il tono di Kei era rimasto pressoché apatico come prima, ma una nota di risentimento tradiva un certo fastidio e apriva all'ipotesi di vecchie controversie, magari non del tutto chiarite. Suo marito reagì rivolgendogli un sorriso sincero quanto adorante, prima di replicare.
- E poi chi ti ha chiesto scusa in modo impeccabile? Dai Tsukki, è acqua passata. -
Kei arrossì in volto e si allontanò in tutta fretta con la scusa di preparare la merenda ai piccoli, pur di non farsi notare. Iwaizumi non volle assolutamente indagare oltre, ma sospettava che tipo di idea brillante avesse avuto Kuroo per risarcire il marito.
- Non tirare fuori nomignoli da liceo. -
Borbottò prima di andar via a passo spedito.
 Vennero raggiunti, poco dopo, dai coniugi Sawamura, verso cui Hajime provò subito un'istintiva simpatia. Yui e Daichi Sawamura si erano conosciuti e innamorati negli stessi anni liceali in cui avevano stretto amicizia con Kei e Kuroo. Risultavano spontanei, nelle parole e nei gesti, e dialogare con loro era piacevole. I loro figli, Kōshi e Asahi, erano uno coscienzioso e propositivo, l'altro timido e gentile. Sembravano il ritratto di una famiglia felice, sinceramente unita da genuino affetto. Ad Iwaizumi ricordarono istintivamente il fratello e la cognata: anche loro erano capaci di riscaldarti con sorrisi così dolci da sciogliere il cuore. Quella caratteristica, ora che ci pensava, l'avevano lasciata in eredità al figlio: anche Tooru faceva altrettanto, nei brevi momenti in cui non si lasciava andare ai capricci.
I piccoli giocavano tutti assieme in armonia, Morisuke e Lev avevano lasciato perdere le onde per aiutare nella costruzione della pista; Kenma e Tadashi sembravano non avere alcun tipo di attrito coi loro cugini. L'unico rimasto in disparte era proprio Tooru, che con cipiglio altezzoso osservava tutti dall'alto in basso. Hajime sospirò sconsolato.
Kei richiamò l'allegra "ciurma" per la merenda, i bambini presero letteralmente d'assalto il lettino che il biondo aveva adibito a "tavola" e, furtivamente, si avvicinò anche il piccolo demone dagli occhi cioccolato. Senza che nessuno avesse modo di prevederlo, diede un gran morso al panino di Lev, che per la sorpresa perse la presa sul cibo. Ormai rovinosamente caduto tra la sabbia, il povero Lev lo guardò attonito qualche secondo, prima di scoppiare a piangere. Morisuke, pervaso dallo spirito del fratello maggiore, si scagliò subito contro il "colpevole", al quale, durante una breve colluttazione (subito interrotta dagli adulti) strattonò un folto ciuffo di capelli, strappandone perfino qualcuno. I genitori allontanarono subito gli elementi coinvolti: Kei prese in braccio Lev, rivelandosi incredibilmente dolce e abile con i bambini in preda a una crisi di pianto; Kuroo si occupò di Morisuke, che ancora doveva sbollire la rabbia e ricevere una ramanzina su come si risolvono correttamente le controversie; Iwaizumi ovviamente si occupò del nipote: Tooru aveva iniziato a piangere. Calde lacrime di frustrazione e disappunto scendevano in grandi gocce lungo i delicati lineamenti infantili, cercava di borbottare qualcosa ma i singhiozzi iniziavano a scuotere quel corpicino pieno di autostima. Hajime se lo prese in braccio, iniziando a camminare verso il loro ombrellone, con la testolina di quel cocciuto poggiata sulla spalla, gli occhi già arrossati dal pianto che, furenti, restavano fissi sulle persone dalle quali si allontanavano. 
- Tooru - esordì sospirando - Non è così che ci si comporta. -
- È stata colpa sua, Iwa-chan! Ha detto che io non posso fare il Re perché sono gracile e antipatico, io gli ho detto che lui è uno spilungone buono solo a raccogliere fichi... -
- E questa da chi l'hai sentita? -
- Lo diceva spesso papà. Allora lui ha detto che nessuno giocherà con me perché sono antipatico. -
Si fermò qualche secondo per tirare su col naso e riprendere fiato.
- Io non sono antipatico, vero Iwa-chan? -
Hajime prese un fazzoletto dalla borsa accanto a loro, ora seduti sull'asciugamano steso sotto l'ombrellone, e aiutò dolcemente il nipotino a soffiarsi il naso.
- No, tesoro: non sei antipatico, - lo rassicurò carezzandogli dolcemente la schiena - sei il bimbo migliore del mondo. -
Se lo sistemò meglio sulle ginocchia perché il piccolo potesse guardarlo in faccia mentre gli parlava, sperava che potesse imparare la lezione: forse quella era la volta buona.
- Ascolta, dove pensi di andare da solo? Possiamo ben poco da soli, le grandi imprese si affrontano in gruppo: insieme si è più forti. Ed è a questo che servono gli amici: a dare e ricevere forza. Loro ancora non ti conoscono, perciò devi essere tu a dimostrare di essere davvero il buon Re che dici. Perché non torni là, ti scusi con Lev e giochi insieme a loro? Dimostrerai senz'altro tutto il tuo valore. -
Il bambino si era calmato e il pianto era cessato. Tutto sommato, ad Iwaizumi sembrava di aver svolto un buon lavoro. 
Tornarono all'ombrellone di Kuroo. I suoi figli, così come quelli dei Sawamura, rimasti fuori dalla disputa fortunatamente risoltasi con reciproche scuse, avevano consumato in silenzio il loro panino, come fossero totalmente certi che tutto sarebbe volto presto al meglio. Nel mentre, al gruppo si erano aggiunti anche il bambino e l'uomo del gommone. Si trattava di Satori Tendou, e del suo, incredibile ma vero, fratellino minore. Il giovane sosteneva di vivere lontano da casa ormai da anni, e che quello fosse tutto frutto dell'educazione materna. Un grave danno a cui lui cercava di porre rimedio come poteva, organizzando giornate come quella quando gli era possibile. Il piccolo Wakatoshi sembrava aver già fatto amicizia con i coetanei del gruppo.
 Finita la merenda, i bambini andarono finalmente a inaugurare la pista delle biglie con la prima gara di una lunga serie. Sembravano divertirsi un mondo, così gli adulti allentarono la presa e, svanita la tensione derivata dalle interazioni dei piccoli, si dedicarono a chiacchiere e frivolezze. Ad Hajime non parve vero di poter vivere un momento del genere: rilassato, in buona compagnia, libero dall'onere del ruolo genitoriale.
Quanto tempo era passato? Era già giunta l'ora del pranzo? Non avrebbe saputo dirlo, e in realtà non importava: l'unica cosa importante, per lui, era vedere Tooru felice e in compagnia di altri bambini. Gettò uno sguardo ai piccoletti, ridanciani e chiassosi, più per bearsi di quella scena, che per reale preoccupazione di controllare che stessero bene.
Si sentiva soddisfatto di se stesso: anche se tra mille sforzi e difficoltà, piano piano i risultati stavano arrivando, seppur centellinati. Sarebbe riuscito ad educare suo nipote, non c'era alcun motivo per disperarsi... 
 
 
La tragedia avvenne alle ore 13:15.
I genitori stavano giusto discutendo dei progetti per il pranzo, si ipotizzava di andare tutti insieme a mangiare qualcosa al chiosco lì vicino, nulla di impegnativo, quando delle urla acute catturarono l'attenzione. Tooru era saltato addosso a Wakatoshi, zuppo come se avesse appena nuotato, e tempestava il petto del bambino di colpi, coi suoi miseri pugni da bimbo di cinque anni, mentre l'altro già si divincolava.
Hajime corse a separarli; anche Satori giunse sul posto per recuperare il fratellino, per nulla scomposto dopo l'accaduto, e  Daichi, arrivato per dare una mano, ascoltò Kōshi mentre, calmo, spiegava cos'era avvenuto.
- Facevamo i turni per giocare, e avevamo anche segnato i punti per decidere il vincitore, ma Wakatoshi era in vantaggio e Tooru proprio non riusciva a batterlo, quindi hanno litigato perché voleva tenere le biglie tutte per sé e interrompere il gioco. -
- Abbiamo detto che non si fa così - Intervenne Morisuke - ma Tooru continuava a fare i capricci e quando Wakatoshi ha cercato di prendere le biglie, gli ha detto "brutto bambino puzzone", allora lui l'ha spinto, ma è stato Tooru a iniziare. -
- Non è vero, siete tutti cattivi. Io non gioco più con nessuno! - Tooru era di nuovo in lacrime per la rabbia, stretto alla gamba dello zio, semi nascosto dietro la sua imponente figura. Satori guardò suo fratello, era sorpreso.
- Wakatoshi-chan, non è da te: non fa parte delle tue reazioni uno spintone. -
- Mi ha fatto arrabbiare tanto. Chiedo scusa. - 
Fu la laconica risposta di quella curiosa personificazione della serietà in miniatura. Anche Tendou si scusò, poi, con un sorriso, allontanò il fratello, dirigendosi verso Kei e gli altri.
Iwaizumi si voltò a guardare il nipote. Con un sorriso stanco, intenzionato il più possibile a non far trasparire la mestizia che seco recava, gli comunicò che stavano lasciando la spiaggia.
- Torniamo in albergo. -
Lo prese in braccio e sbrigati i saluti con tutti i presenti, con la promessa di rivedersi sicuramente lì in spiaggia nei giorni successivi, tornò al suo ombrellone per fare i bagagli.
La coppia di anziani si era assopita, la testa di quello con gli occhi da gufo poggiava sulla spalla dell'altro. Chissà in che modo era riuscito a zittirlo? Qualunque fosse, alla fine per quanto impossibile era riuscito a domare quell'eterno bambino che a occhio e croce viaggiava sulla settantina.
Poggiò Tooru a terra, prima di prendere il suo asciugamano (quello con le stampe degli alieni, appositamente scelto da lui)  per asciugarlo dopo quel "tuffo" indesiderato. 
Più tardi, con calma, in albergo, avrebbero affrontato l'argomento, e forse avrebbe capito. Sarebbe riuscito a trovare un modo, le parole giuste, per spiegare al bambino cosa aveva sbagliato quella mattina. Anche se appariva complesso, poteva riuscire ad educare Tooru, nonostante i capricci e l'atteggiamento da poppante viziato che così spesso creavano grattacapi. Non c'era nulla di perduto, aveva tempo e poteva farcela. Sì, di sicuro avrebbero affrontato molti argomenti in seguito, ma non in quel momento. Con quel corpicino tremante davanti agli occhi, ancora scosso da qualche singhiozzo e dall'aria terribilmente indifesa, Hajime non aveva cuore di rimproverarlo; quel fastidioso istinto paterno che aveva recentemente imparato a riconoscere si faceva spazio con prepotenza, e tutto ciò che gli permise di fare fu scoccare un bacio sulla fronte di quel frugoletto, prima di avvolgerlo nell'asciugamano e prenderlo nuovamente in braccio. Con estrema fatica e conseguente lentezza, smontò l'ombrellone e rimise tutto nelle borse, che caricò sulla spalla libera. Si avviò, un po' claudicante per via del peso sbilanciato, verso il parcheggio dove era rimasta l'auto noleggiata al loro arrivo. 
L'avevano quasi raggiunta, non vedeva l'ora di caricare tutto in macchina e togliersi di dosso le borse, mentre pigramente si domandava cosa capissero veramente i bambini del mondo adulto, a quell'età. Se non razionalmente, avevano in qualche modo il sentore, tramite l'istinto, di ciò che significassero tutti gli sforzi e i sacrifici, il duro lavoro continuo che i genitori compivano costantemente per loro? Fu tra un pensiero ozioso e l'altro, di questo tipo, che giunse un debole segnale dalla sua spalla più leggera.
- Zio? -
- Uhm? -
Ora era incuriosito: Iwaizumi poteva contare sulla punta delle dita le volte in cui il nipote si era rivolto a lui con l'appellativo corretto.
- Ti voglio bene. -   
 
 
Fine.
  
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