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Autore: Flynn7    27/06/2018    1 recensioni
Una ragazza, il suo amore per l'oceano, squame d'argento, e la consapevolezza che niente sarà come prima.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni mattino, quando il sole non è ancora sorto da dietro il promontorio, mi possono trovare già qui, seduta sulla sabbia color ambra, a scrutare l'orizzonte. E sto lì. Aspetto.
Come ogni mattino, vedo sfilare piccole imbarcazioni dirette chissà dove. A volte comincio a fantasticare, immaginando bizzarre avventure in terre esotiche per quelle bagnarole e il loro equipaggio: mi sembra quasi di vederli, quei buffi marinai,  a contrattare con astuti mercanti indiani per aggiudicarsi merci preziose al miglior prezzo, o a uscire (quasi) illesi da un terribile scontro con i temibili pirati cinesi. E resto sempre delusa, vedendoli tornare con il solito carico di pesce della giornata. Allora inizio a concentrarmi sulle onde che delicatamente si infrangono sulla riva, o sulle nubi piccole e paffute tinte di rosa pallido, o su un piccolo gruppo di gabbiani che si contendono la carcassa di un granchio.
Inspiro forte, e mi lascio accarezzare dalla brezza. Non sanno che si perdono. Intrappolati in gabbie di cemento, le loro giornate non sono nient'altro che pareti bianche, vuote, mandano avanti un mondo che ha bisogno del loro sudore per tenersi in vita, e li tiene invischiati come piume nel catrame. "Questa è la vita", dicono. Loro. Gli altri. Se solo sapessero.
 
Il mare è la mia salvezza, il mio rifugio. Sento il suo vigore nelle mie ossa, la sua dolcezza nel mio animo, la sua furia nel mio cuore.
Ogni estate, nel momento esatto in cui il cancello del liceo che frequento viene chiuso, potete già trovarmi qui. Già nei primi ricordi che la mia memoria riesce ad afferrare, il blu e l'odore della salsedine sono immagini fisse. Sarà perché la mia famiglia ha sempre amato le zone costiere, tanto da venire ad abitare in questa piccola cittadina così a stretto contatto con l'Oceano. Sarà perché il ritrovarmi in mezzo alle onde, lasciandomi trasportare dalla corrente, mi fa sentire al sicuro, come quando la mamma mi stringeva tra le braccia. Sarà che quando mi arrampico sugli scogli e scruto l'orizzonte, mi sento una regina, io che a stento ho il coraggio di guardare i miei coetanei negli occhi. Sarà perché è proprio qui che ho incontrato lei. 
 
Era un pomeriggio di fine estate, una di quelle giornate che ti ricordano che sta per arrivare l'autunno. Il cielo era grigio, ma non erano previsti temporali. Era il mio ultimo pomeriggio libero prima dell'inizio della scuola, prima che mi ritrovassi di nuovo rinchiusa in quella gabbia d'ovatta. Il mare era agitato, le onde divoravano la costa, voraci e furiose. Ma niente mi avrebbe impedito di immergermi in acqua, di sentirmi libera per un'ultima volta prima della prossima estate, neanche il dio Poseidone in persona. Così salì sul mio spuntone di roccia preferito e mi tuffai. Riemersi pochi secondi dopo, le onde intorno a me sembravano quasi essersi placate. Lui non mi farebbe mai del male, pensai tra a me e me, mentre a bracciate mi spostavo verso il largo. Ma se c'è una cosa che ho imparato è che il mare può essere tanto generoso quanto dispettoso.
Stavo nuotando tenendo la testa sott'acqua; quando riemersi per respirare, improvvisamente mi sentii spingere con furia cieca verso il fondo: un'onda di almeno 2 metri mi aveva preso in pieno, sballottandomi con violenza. Vidi l'acqua chiudersi sopra il mio viso. Un po' stordita dal colpo, cercai di risalire, ma le onde infuriavano insistenti. La corrente mi trascinò ancora più al largo, vedevo la costa sparire inesorabilmente dal mio campo visivo. Ero allo stremo, quando un'onda più potente di quella di prima mi investii. Le forze mi avevano abbandonato e sprofondai lentamente verso il fondale. Qui i ricordi si fanno opachi: ricordo la sensazione della sabbia sotto le dita, qualcosa di viscido contro il volto, le palpebre che si fanno sempre più pesanti, il sapore amaro dell'acqua nella gola e nelle narici. E poi, improvvisamente, un guizzo. E qualcosa che luccicava in lontananza nell'acqua torbida. Come argento. Poi, il buio più totale.
Riaprii gli occhi. Oscurità ovunque. La prima cosa che pensai è che probabilmente mi avevano già seppellito e che in quel momento mi ritrovavo nella mia bella bara di legno bianco foderata di velluto. Ripresi lentamente il controllo dei miei sensi e iniziai ad avvertire freddo, e umido. Roccia. I miei occhi iniziavano piano piano a distinguere le forme di ciò che era intorno a me. Grotta. Ero in una grotta. Girai la testa verso destra e vidi una specie di piscina naturale. Una luce biancastra filtrava da una crepa nella roccia. L'acqua scintillava, sembrava brillare di luce propria. Ma non era la piscina a scintillare: riconobbi il luccichio argenteo che avevo visto prima di perdere i sensi. Vidi una piccola testa rosa e un paio di orecchie a punta emergere dall'acqua. Due grandi occhi pieni color giada mi fissavano con curiosità, mentre si avvicinavano alla riva. Si spinse con un po' di fatica fuori dalla piscina e si trascinò verso di me. So che 17 anni di vita non sono molti, ma nella mia breve esistenza non avevo mai visto niente di più bello. I lunghi capelli color pesca scendevano morbidi sui fianchi, la pelle bianca come una perla, le squame argentee che rilucevano colpite dalla debole luce che proveniva dalla fessura. La lunga coda che si contorceva elegantemente in una spirale. 
Era molto vicina, l'acqua che le gocciolava dal mento cadeva sul mio braccio e faceva il solletico. Allungò una mano e mi scostò una ciocca di capelli umidi dalla fronte; sentii il sangue affluire verso le guance. Sono contenta che tu sia sveglia. La sua voce risuonava come una dolce ninna nanna nelle mie orecchie. Mi sorrise. Pensai che forse ero morta per davvero. E che ero in paradiso. Perché mi hai salvata? Glielo chiesi quasi tremando. Non mi rispose, ma continuò a sorridermi. 
 
Seduta sulla sabbia tiepida, guardo il blu del cielo e dell'acqua salmastra che si abbracciano all'orizzonte. Non dovrebbe mancare molto ormai. 
Qualcosa scintilla nell'acqua turchese. Argento. Fili color pesca. Eccola. 
Scatto in piedi e mi arrampico di corsa sullo spuntone di roccia dalla quale mi lancio sempre. Mi butto fra le placide braccia del mare e le nuoto incontro. Le mie dita si ritrovano intrecciate alle sue ancora una volta. Mi butta le braccia intorno al collo e mi sorride socchiudendo i suoi enormi occhi di giada. Poi mi prende per mano e ci avviamo verso la nostra grotta, il nostro paradiso.
Ogni mattina, mi troverete su questa spiaggia, vicino a questa roccia, a scrutare l'orizzonte. Ogni mattina sparirò, fino a quando il sole non sarà alto. Come ogni mattina, accarezzerò ciocche color pesca e bacerò un collo bianco come perle. 
Il mare è generoso, ma anche dispettoso. Dona e ruba, in ugual misura. Mi ha dato l'amore, ma credo che in cambio si sia preso la mia anima. Perché vedete, ormai per me stare sulla terra ferma è come stare in apnea; riprendo a respirare solo quando sento acqua salata sulla mia pelle. E quando sono fra le sue braccia. 
 
Non ditelo a nessuno, ma nelle notti stellate esco dalla finestra per andare in spiaggia.
Lei adora guardare le stelle. 
 
 
  
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