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Autore: Emmastory    30/06/2018    5 recensioni
Tutto ha inizio nella vasta e verde foresta vicina ad un villaggio di umani dove la quiete regna sovrana. Il mondo magico e quello dei mortali coesistono perfettamente, e pare che fra i due non ci sia mai stato il caos. Kaleia è giovane, e fa parte del primo. Abituata a vivere nella calma del suo amato bosco assieme a suoi simili e ad altre creature, è felice e non potrebbe chiedere di meglio, ignara però di un solo e intrascurabile dettaglio. Un giorno le cose cambieranno, e che non vi sarà altro che un conflitto fra luce e ombra. Seguitela nella sua avventura fra bellezze naturali, battiti d'ali leggere e sottile polvere di fata.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-I-mod
 
 
Capitolo XXIII

Anime unite

Le ore passavano, e per pura fortuna non ero sola. Avevo avuto un altro svenimento, e pur giacendo su un letto di foglie ed erba, sapevo di poter contare sull’aiuto dei miei amici. Erano lì quando la vista e le forze mi avevano abbandonata, e lentamente, mentre il sangue non faceva altro che riscaldarmi il corpo viaggiando al suo interno, mi riprendevo. Ci volle qualche tempo prima che riaprissi gli occhi e riuscissi a guardarmi attorno a dovere, ma quando finalmente ci riuscii, la prima cosa che sentii fu un sospiro di sollievo, poi una voce maschile. “C-Christopher?” azzardai, ancora confusa dalla perdita di sangue e coscienza messe insieme. “Kaleia! Santo cielo, mi dispiace, non avrei dovuto chiederti di usare i tuoi poteri, come ti senti?” non potè evitare di chiedermi, sorpreso e sollevato dal rivedermi sveglia e vigile accanto a lui. “Bene, credo, grazie.” Biascicai, parlando a voce così bassa da risultare quasi inudibile. Rinfrancato dalle mie parole, Christopher accennò un sorriso di pura gratitudine, e appena un attimo dopo, un’altra voce attirò l’attenzione di entrambi. “È colpa mia.” Diceva, scivolando nel silenzio dopo quelle tre parole. Voltandomi, scoprii che si trattava di Lucy. Preoccupata, si era avvicinata per controllarmi, e tristissima, brillava ancora di quella debole luce azzurra, che fra un passo verso di noi e l’altro si faceva sempre più forte. “Piccola, no! Non è assolutamente così! Perché dici questo?” le chiesi, facendo uno sforzo per alzarmi da terra e andarle incontro. “Perché è vero. Se… se non ti avessi chiesto di giocare, ora tu…” continuò la bambina, piagnucolando e snocciolando ognuna delle sue ragioni, frutto di pensieri nati solo dalla sua semplice logica. “Lucy, no. Ora basta. Se Kaleia dice che non è colpa tua, allora puoi crederle. È tua amica, puoi fidarti.” Le disse allora lui, avvicinandosi a sua volta e sperando di aiutarla mantenendo intatta la fragilità dei suoi sentimenti. “Ma signor Christopher, io…” balbettò in risposta, ormai prossima ad un pianto che sapevo desiderasse solo liberare. “Non chiamarmi signore, va bene? Anch’io sono tuo amico, come lei.” Aggiunse lui poco dopo, rassicurandola e facendo uso di una calma a dir poco innaturale. “Davvero?” azzardò la bimba, con gli occhi lucidi a causa delle lacrime che ora avevano smesso di sgorgare e rigarle il volto. Da quel momento in poi, secondi di silenzio, e al loro scadere, una voce alle nostre spalle. “Ha ragione.” Disse, cogliendoci  di sorpresa. Confusa, guardai in quella direzione, e ad occhi sgranati, credetti che la vista m’ingannasse. Anche se solo per un attimo, fui vicina a strofinarmi gli occhi per l’incredulità, e non riuscendo ad astenermi dal farlo, scoprii che la scena che avevo davanti corrispondeva alla realtà e non ad un sogno. “Sky!” chiamai, felicissima. “Sei tornata!” gridai poco dopo, ancora in preda a quella strana euforia. “Sì, e ti voglio bene.” Mi rispose, camminando verso di me e avvicinandosi lentamente. Di lì a poco, il silenzio avvolse di nuovo l’intera foresta, e l’abbraccio che seguì quell’istante fu fortissimo. Emozionata, Lucy finì per piangere e versare qualche lacrima, ma il colore della sua luce non indicava che felicità. “Non è una bugia, giusto?” chiese, avvalendosi ancora una volta della tenerezza che la caratterizzava. In attesa di una risposta, volse lo sguardo verso Christopher con fare speranzoso, e attendendo ancora, nascose due dita dietro la schiena, incrociandole. “Giusto.” Le fece eco lui, dischiudendo le labbra in un sorriso e facendole segno di avvicinarsi. Obbedendo a quella sorta di ordine, la bambina mosse qualche passo nella sua direzione, azzardando anche qualche altrettanto goffo battito d’ali. Di nuovo in piedi e al fianco di Christopher, restavo muta e immobile a guardare quella scena, e non appena la sua mano sfiorò quella della bambina, sentii il cuore mancare un battito. Non riuscivo a crederci. Sapevo che era un ragazzo dolce, ma ero anche convinta che ognuno avesse dei limiti, e ora, complice quella così schiacciante evidenza, avevo modo di capire che la sua particolarità era proprio quella. Riuscire a sorprendermi in ogni occasione. Notando lo stato in cui versavo, si voltò a guardarmi, e proprio allora, mi sfiorò la guancia. Per tutta risposta, questa iniziò a bruciare, e per la prima volta dopo quel periodo tanto difficile per quel che riguardava la mia salute, sentii le gambe deboli, ma non certo per quella causa. Quel semplice gesto mi aveva emozionata, e a quanto sembrava, quello era uno dei tanti modi in cui non mi accorgevo di dimostrarlo. Il mio lato umano tendeva a prendere il sopravvento, ed era vero, ma non badandoci, e guardando negli occhi il mio Christopher, mi scambiai con lui uno sguardo d’intesa. L’amore che provavamo l’uno per l’altra era visibile anche nei nostri occhi, e pensandoci, non facevo altro che ignorare i giudizi che il nostro rapporto aveva e avrebbe sicuramente continuato a scatenare. Ora stavo meglio, ero in forze e in piedi, pronta a combattere assieme a colui che amavo e alla mia quasi scomparsa sorella una battaglia che avrebbe gravato sulle spalle e sul cuore di tutti noi. Due sole fate, una pixie e un protettore, e in altre parole, quattro anime unite.

 
   
 
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