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Autore: ThePirateSDaughter    02/07/2018    5 recensioni
Katsuki risponde al quattordicesimo squillo e Izuku, nonostante tutto, si lascia sfuggire un risolino sollevato.
“Spero tu abbia un cazzo di buon motivo per chiamare alle quattro e mezza di notte, nerd di merda”.

|BakuDeku|
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Katsuki risponde al quattordicesimo squillo e Izuku, nonostante tutto, si lascia sfuggire un risolino sollevato.
“Spero tu abbia un cazzo di buon motivo per chiamare alle quattro e mezza di notte, nerd di merda”.
“Ka-Kacchan!” Preme meglio il cellulare sull’orecchio: ha le mani così scivolose che gli stava quasi per cadere “Volevo solo… sentire la tua voce, Kacchan”.
Solo pochi secondi dopo si rende conto che non era stata la strategia migliore per giustificare quella che per Katsuki è solo un’immotivata chiamata notturna e prega con tutte le sue forze che si stizzisca, magari lo insulti, ma - come fa solitamente da qualche anno a questa parte - non riattacchi.
“Che sfigato” si sente borbottare; uno strusciare soffocato lo informa che con tutta probabilità il suo ragazzo da tre anni e mezzo a questa parte si sta rigirando fra le coperte, ma gli sta ancora parlando “Beh, e ora cosa ti aspetti che succeda? L’hai sentita, la mia voce, quindi torna a dormire, coglione”.
“Stai… bene, Kacchan?”.
“Ma che cazzo di domanda è? Stavo dormendo fino a pochi minuti fa, quindi stavo decisamente meglio prima che mi venissi a svegliare con le tue stronzate melense”.
“Hai… ragione”.
Gli costa una certa fatica mettere insieme quella frase così semplice, al punto che gli sfugge uno strano suono, a metà tra un ansito e un colpo di tosse e Izuku si maledice.
“Che cazzo hai, Deku?”.
“No, no, niente!”.
“È per questo che non riesci a dormire? Sei malato?”.
Forse quella telefonata è stata un errore.
“Stavi sognando, Kacchan?”.
“Deku, giuro che metto giù”.
Izuku non risponde; sorride in silenzio e aspetta, perché sa che Katsuki lo sta praticamente vedendo galleggiare davanti a sé, fissandolo paziente e curioso. Dopo tre secondi arriva lo sbuffo di risposta, così familiare, così caro.
Adesso gli bruciano anche gli occhi, ma quelle sono solo lacrime.
“Sì, Deku, che palle, stavo sognando. E, che palle, stavo sognando te. Me e te per la precisione. Stavo sognando di quella volta al parco, in autunno, con tutte le foglie a terra e tu che hai insistito per fare il deficiente in mezzo al mucchio di quelle cadute vicino al lago”.
“Sotto l’alb- ”.
Parlare fa malissimo e Izuku viene scosso da un colpo di tosse che non riesce a controllare e nemmeno a prevedere; gli galleggia la testa, si sente stranamente distante da tutto il resto del corpo, ma sa che l’altra mano è andata a coprire la bocca, più che altro per riflesso condizionato e che qualcosa di appiccicoso è finito sul palmo.
“Deku?”.
“L’albero” Izuku si ostina a finire la frase “Me lo ricordo. È stato… davvero bello, Kacchan…”.
“Ma che razza di voce hai?”.
“… io ho insistito… ho insistito tanto” Deve, deve dare una parvenza di normalità a tutta la situazione, mantenendo quella che solo per Katsuki è una conversazione normale; strana, ma normale “E tu giravi la testa, dicevi che non ti saresti mai piegato, poi io ti ho preso per il braccio e ti ho trascinato giù…”.
“Si può sapere cos’hai? Ieri sera sembravi stare bene. Hai mal di gola? Hai avuto un incubo?”.
Non è molto lontano dalla verità, pensa Izuku, ma non vuole che Kacchan lo sappia – e nemmeno lui, ad essere completamente onesti, vuole ricordarsene. Vuole raggiungere Katsuki in quel sogno; vuole concentrarsi con tutte le sue forze sulla sua voce, sul ricordo delle foglie lisce e accartocciate e coloratissime sotto di lui; ora sopra, sotto, dietro e davanti a lui ci sono solo detriti e cumuli di cemento. Nella sua testa è lontano, il sole splende, è giorno; non c’è il buio completo, determinato non dalla notte, ma dal palazzo crollato. L’aria è fresca e nella bocca ha il sapore delle labbra di Kacchan, non polvere acre attaccata al palato.
“C’eravamo solo noi, amore, ti ricordi?” Può quasi vederlo alzare gli occhi al cielo: lo fa quasi sempre quando lo chiama amore, come se non gli piacesse. “È stato così… così bello…”.
“Deku, non so che cazzo ti prenda a quest’ora, ma io vorrei dormire, se non ti dispiace”.
“Certo” Qualcosa gli scivola giù per la guancia ed è quasi sicuro che sia una lacrima “Domani… domani hai il turno-”
“Di mattina, sì. E…”
“Hai finito il… rapporto?”
Katsuki sospira rumorosamente “Per l’amor di Dio, Deku, non sono un cazzo di lattante. Sì, ho finito il rapporto e-“ lo sente ghignare “mi devi quella cena”.
Izuku quasi si stupisce quando, malgrado tutta la situazione, si avverte sorpreso “Hai…?”
“Ventisette pagine, nerd di merda. Ventisette. Brucia, eh?”.
Brucia è un eufemismo.
“Non vedo l’ora di… di leggerlo”.
Qualcosa nella gola che non ha nulla a che fare con la polvere gli si blocca e tutta la faccia gli si contorce in una smorfia amara, mentre scoppia a piangere silenziosamente; piega appena la testa all’indietro e sospira piano, sia per non farsi sentire, sia perché fa davvero così male; ha paura, ha una paura immensa e tutto quello che vorrebbe al momento è vederlo, vedere Katsuki, abbracciarlo; venderebbe l’anima per sentirsi dire “ti amo” ancora una volta, un’ultima volta, ma sarebbe strano e forzato e vuole che questa conversazione, questa precisa telefonata con Kacchan sia all’ordine della normalità - per lui, più che per se stesso. Il punto è che contemporaneamente si odia per star portando avanti questa conversazione, perché è anche così sbagliato e forse è davvero sempre stato un cazzo di maledetto egoista, ma non riesce proprio a fermarsi, non vuole sentire altro che la sua voce. Certo è che, se anche dovesse riuscire a sopravvivere, morirebbe comunque, perché una volta scoperto tutto, Kacchan avrebbe fatto del suo meglio per ucciderlo.
“Domani te lo porto personalmente, ma porca troia, prenditi qualcosa e vai a dormi-”.
“Katsuki, ti amo”.
“Sì, che palle…”.
“Katsuki” Gli si spezza la voce. Serra convulsamente la mano attorno al cellulare e le palpebre sugli occhi, annebbiati ormai da qualche minuto e tenta di controllarsi; cerca di mantenere quel ricordo tremolante davanti agli occhi, ma è davvero tutto troppo, oscenamente troppo e troppo doloroso. Perché passi l’oscurità; passi la polvere, il sangue; passi il dolore in tutto il corpo che si allontana pian piano, passi il palo di metallo che gli trapassa lo stomaco e il gocciolare ritmico ed inesorabile da qualche parte sotto di lui: l’immagine distesa e seria del volto di Katsuki steso su un manto di foglie, unitamente al pensiero di non vederlo più è così straziante che Izuku tenta disperatamente di fare appello a tutto il suo autocontrollo per mantenere la voce il più salda possibile.
“Scusami se ti ho svegliato”.
Vieni a salvarmi.
Ho paura.
Fa freddo.
Scusami, amore, scusami, scusami.
“Ti amo” Non riesce davvero più a parlare senza ansimare e Kacchan se ne accorgerà, non può non accorgersene  “Ti amo, ti amo tanto. Ti amo da…” sembra così ironico “ti amo da… da morire, amore”.
Seguono una serie di secondi incredibilmente lunghi, come se Katsuki avesse effettivamente messo giù.
“Ti amo anch’io” risponde invece poi, perplesso, ma con convinzione “Deku, si può sapere cosa succede?”.
La voce, l’orario, quella dichiarazione così da Deku, ma anche così stranamente fuori posto; è come se Katsuki stesse iniziando a mettere insieme i pezzi. Aggrotta le ciglia quando sente un toc secco e il microfono del cellulare all’altro capo sfrigolare, restituendogli suoni confusi e la risposta di Deku che non arriva.
“Deku?”.
Niente.
“Deku? Pronto? Deku, che cazzo, Deku?”.
Katsuki allontana confuso il cellulare dall’orecchio; la chiamata è ancora in corso. Rimane in quella posizione per qualche secondo, indeciso sul da farsi; dovrebbe andare a casa di Deku? Cosa…
Rimane paralizzato per un istante, preso improvvisamente da una paura repentina ed irrazionale, perché Deku sta bene, sta sicuramente bene, si ripete, mentre calcia via le coperte e afferra i vestiti; fa in tempo a mettersi soltanto la maglietta prima che il telefono squilli di nuovo.
 
 


 
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Person B knowing they’re undoubtedly about to die within the next few seconds, likely from the gaping wound they’re bleeding out from. Instead of calling for help, they phone Person A  and carry on a casual conversation as if nothing is wrong, making sure to mention how much they love them before their time runs out.

[@otpdisaster, Tumblr]

NON È COLPA MIA, OK?
La colpa è di questa cosa cattivissima trovata su Tumblr e cosa fai, non ci scrivi su? La colpa è tutta di questo prompt, sì, mica mia, assolutamente non m- no, è decisamente colpa mia, toglietemi la custodia di Izuku Midoriya, non sono una buona madre per lui :(
Ah, verosimilmente tutta questa roba avrebbe potuto essere stata sviluppata in maniera migliore ed è quasi sicuramente una schifezza, quindi nel dubbio venite pure ad insultarmi nello spazio recensioni – se non per la bruttezza della storia, quantomeno per il fatto che my baby Midoriya Izuku non si merita tutto questo, e nemmeno Kacchan, cuccioli miei, scusatemi.
   
 
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