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Autore: Spark of Shadow    03/07/2018    2 recensioni
Dopo la Quarta Grande Guerra Ninja, il mondo è in pace.
Sono finiti i tempi in cui i villaggi si davano battaglia per prevalere l’uno sull’altro.
Ora si può guardare al futuro con più serenità, all’insegna della cooperazione e nel rispetto di ciascuno.
Vero?
Nei Paesi si sta spargendo la notizia.
Bambini stanno scomparendo da tutto il mondo ninja e riappaiono misteriosamente.
Nessuno riesce a trovare una spiegazione, nè un colpevole.
Quando ad essere rapita sarà una piccola Hyuga, saranno gli Shinobi di Konoha a dover intervenire.
Le domande sono queste:
Perché i bambini vengono rapiti?
Perché semplicemente riappaiono?
Chi si cela dietro a questo mistero?
Perchè quando Sasuke Uchiha vede Hinata Hyuga si sente come se il cielo gli sia caduto addosso?
Cosa succederà quando assieme ai loro compagni dovranno indagare sul sequestro di quei bambini?
Sasuke e Hinata.
Shikamaru e Temari.
Spark of Shadow
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke, Shikamaru/Temari
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
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Petrichor
Capitolo 6
 
 
 
-Quindi non ci sono molte missioni in questo periodo...- L'ex Hokage commentò, leggendo con interesse un rotolo, mentre se ne stava con la schiena appoggiata ad una libreria.

-No. In effetti no...- L'Hokage attuale rispose, distratto.

-Vedo soprattutto missioni diplomatiche... ah ecco! Shikamaru e Temari sono alla celebrazione del Daimyo.- Lesse a voce alta.

Kakashi tamburellava, infastidito, le dita sul bordo del tavolo.
Aveva lo sguardo fisso nel vuoto e si mordicchiava il labbro inferiore da dietro la maschera.

Non ci voleva.

-C'è semplicemente qualcosa che non quadra.- Borbottò piano.

-A cosa ti riferisci?- Tsunade lo sentì e abbassò il foglio portando gli occhi sull'uomo.

La Senju si era ritrovata "per puro caso" quella mattina nel suo vecchio ufficio, fingendo nostalgia per la sua vecchia postazione di lavoro.
Il grigio, in realtà, era abbastanza sicuro volesse solo impiegare il suo abbondante tempo libero.
La pensione, dopo una vita piena come quella di Tsunade, doveva essere noiosa.

-C'è un importante missione in corso, la squadra di ricerca più Sasuke e Naruto sono in viaggio in questo momento.- Kakashi aggrottò le sopracciglia.

Tsunade rabbrividì al pensiero di Hinata e Sasuke nella stessa missione.

-Siamo in un momento delicato.-

-Che vuoi dire?-

-Bambini vengono rapiti in tutto il mondo ninja.-

La donna intrecciò le braccia sotto il seno e annuì seria.

-Si. Ne ho sentito parlare l'ultima volta che ho incontrato Mei Terumi. Era preoccupata.-

-Lo sono anch'io. I bambini scomparsi provenivano dalle famiglie più disparate. Anche dagli Hyuga.-

-Come sono riusciti ad eludere la sicurezza degli Hyuga?- Tsunade inarcò un sopracciglio.

-È un mistero.- Sospirò lui.

Kakashi non riusciva a dipanare la matassa e la cosa lo irritava.

-Ci troviamo di fronte al nemico più codardo di sempre.- Tsunade sussurrò assorta nei suoi pensieri.

Come altro poteva essere definito qualcuno che rapisce bambini per chissà quale scopo?

-La cosa che ci lascia perplessi è che questi bambini sono tornati. Spariscono e ritornano...
Speravamo fosse finita, ma guardi qui.- Kakashi le porse un rotolo.
Il sigillo era spezzato, segno che l'uomo lo aveva già letto.

Con attenzione srotolò il cartiglio e lo lesse.
L'Hatake la vide spalancare gli occhi per un istante e subito un'espressione tra la rabbia e la preoccupazione baluginò sul suo volto, portandola ad assottigliare gli occhi e a mordersi con forza l'interno della guancia sinistra.

-Un altro?-

-Un altro. Dal paese del Vento.- Confermò.

Guardò fuori dalla finestra. Il cielo si stava oscurando.

 


 

Hinata adorava viaggiare.
Amava sentire aria diversa da quella a cui era abituata.
Erano luoghi nuovi con diverse culture, diversi pensieri e diversi modi di approcciarsi alla vita.
Si incontravano persone che non sapevano niente di lei e non potevano giudicarla, non potevano farla soffrire.
Viaggiare (missioni o vacanze) era aprire la finestra dopo essere stata per troppo tempo  in una stanza piena d'aria viziata.

La Hyuga non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di esplorare questi nuovi orizzonti, eppure, ogni volta che di fronte ai suoi occhi si stagliava la solita conosciuta realtà di Konoha e la luce del sole rimbalzava sul metallo del suo coprifronte, non poteva fare a meno di pensare con un sorrisetto.
Era a casa.

Ogni volta era come se non se ne fosse mai andata: ninja tornavano e partivano, i civili urlavano nei mercati e i genin correvano per le strade, sfoggiando il proprio coprifronte con orgoglio.

La vita andava avanti sempre e comunque, che lei fosse pronta o meno.

-Dobbiamo andare a fare rapporto!- Le parole di Shino la ridestarono dai suoi pensieri.

La ragazza annuì in accordo e si incamminò verso il palazzo dell'Hokage, seguita a ruota dagli altri.
Un brusio si levò fastidioso, quando la folla notò Naruto e Sasuke.
Ovunque, ragazzine lanciavano urletti emozionati di fronte allo spettacolo più atteso della città, l'eroe di Konoha e il suo migliore amico sfilavano per le strade della città in tutta la loro gloriosa potenza e bellezza.

Hinata (segretamente) mal sopportava tutta questa loro notorietà.
Si era creato un mito dietro quei due e la gente si comportava quasi avesse davanti delle divinità ed erano tutti alla disperata ricerca di un frammento della loro grandezza, come un assetato di fronte ad un'oasi nel deserto.

A nessuno interessava veramente di loro o della loro storia, ma tutti volevano mostrarsi al loro fianco; tutti volevano godere della sfavillante luce irradiata dalle loro figure.

-Ma lo sanno che l'Uchiha è sposato?- Domandò perplesso Kiba alla vista di quel patetico teatrino.

Shino alzò le spalle, segno evidente che non gli interessava conoscere la risposta. Hinata si strinse nelle spalle e continuò a camminare.
Il linguaggio del corpo faceva a pugni con il dolce sorriso stampato sulle sue labbra.
Ma lei era una Hyuga.
Fare buon viso a cattivo gioco era un mestiere che aveva cominciato a imparare dall'esatto momento in cui era venuta al mondo.

Naruto, dal canto suo, apprezzava quelle attenzioni. Salutava la folla a destra e a manca con un sorriso smagliante sulle labbra.
E Hinata era contenta per lui.
Naruto aveva sempre avuto bisogno di affetto e quello che stava ricevendo lo faceva stare bene.

Per un'enorme parte della sua vita la ragazza aveva desiderato con tutta sé stessa di poter essere l'artefice di quella felicità che il biondo tanto agognava.
Ma la bolla di sapone un bel giorno era scoppiata, lasciandola ferita e disorientata.
Ma questa è un'altra storia.

Sasuke si accorse che la ragazza dai capelli corvini si stava allontanando e diede una leggera gomitata al suo amico, per smuoverlo.

Kiba e Shino, palesemente annoiati, aspettavano che il biondo si scrollasse di dosso quell' espressione (che entrambi ritenevano) ridicola per poter ricominciare a camminare.
Akamaru, completamente d'accordo col suo padrone, stava abbaiando da un po' e stufo, corse verso Hinata a qualche metro di distanza.

Una volta al suo fianco, lei cominciò ad accarezzare il pelo bianco, un po' impolverato, ma soffice.

E Naruto, ricordandosi all'improvviso che la loro missione non era ancora ufficialmente conclusa, salutò tutti e corse via.

Finalmente pensarono tutti. Nessuno escluso.

 
 
 
 

Shikamaru stava cercando i termini appropriati per descrivere l'esperienza vissuta la sera prima.
Era steso sul letto, una mano sul petto e una dietro la testa.

Esagerato, sfarzoso, appariscente...

Aveva gli occhi puntati sul soffitto stuccato e decorato a ghirlande circolari all'interno di un reticolo.
Era tutto bianco.

In un attimo smise di pensare a quale parola fosse la migliore e la sua mente divagò.

Era mattina presto, molto presto.
L'unica luce che illuminava la stanza era quella della luna e delle stelle che entrava dalla finestra e batteva fioca e dolce su ogni superficie che arrivasse a toccare.

Chissà se Temari sta dormendo...

Non era la prima volta che si soffermava a pensare alla sua ragazza.
La sua ragazza.

Quell'aggettivo posto lì, proprio a metà frase, gli rotolava vivacemente sulla lingua, donandogli un senso di benessere.

Non era stato per niente facile entrare nel suo mondo.
Ancora più difficile farne parte.

Ma Shikamaru era uno stratega, un soldato votato alla ricerca della vittoria.
Temari era sempre stata una sfida e la cosa gli piaceva da impazzire.
Camuffava i suoi sentimenti dietro una patina opaca di indifferenza e di noia.
Tutto era seccante, tutto era fastidioso, soprattutto la passione tra di loro.
Questa era esattamente la facciata che voleva gli altri vedessero.

No. Non avrebbe mai mostrato a nessun altro quanto Temari lo spiazzasse.
Vicino a lei dimenticava di essere un Nara.
Dimenticava di essere una tra le persone più astute e intelligenti del loro mondo.

Per lei provava qualcosa di talmente profondo da averne paura.

Non voleva che qualcuno vedesse quel lato di lui.
Era solo per Temari.

A volte si sentiva proprio come un bambino alla sua prima cotta.
Totalmente disorientato.

Quando la ragazza tornava a Suna, dopo ogni incontro, un nodo gli si formava in gola.
Ogni volta che la sua figura superava con corte e decise falcate i pesanti cancelli delle porte di Konoha, si sentiva come se avesse smarrito la bussola.
Non poteva più trovare il Nord.
Era un marinaio in una notte di tempesta, condannato a non vedere le stelle.
E in ogni tortuoso istante c'era la cupa possibilità di finire contro gli scogli.
E naufragare.

Però, ad un certo punto, mentre avanzava, come se si fosse dimenticata qualcosa, si girava lentamente e con una grazia inspiegabile gli lanciava un ultimo sguardo, sorridente e scintillante e Shikamaru tornava a respirare.

Eccolo lì, il Nord.
 




 -Hai dormito bene?-

-Si, si grazie.- Temari sbadigliò prima di entrare nella sala in cui sarebbe stata servita loro la colazione.

Ancora distratti, la ragazza dal sonno e Shikamaru da lei, entrarono nella stanza, accorgendosi solo in quel momento dell'intenso tintinnare di posate d'argento.

Attorno ad un lunghissimo tavolo di mogano, coperto da una lussuosa tovaglia immacolata, vi erano alcuni dei partecipanti alla festa e dei diplomatici, tutti intenti a sorseggiare educatamente del the o a mangiare qualcosa.

A capotavola, avvolto in una sontuosa veste argentea e nera, sedeva composto il Daimyo.
Si stava strofinando il mento, pensoso prima di rispondere ad una donna seduta a qualche posto di distanza.

Quando li notò, si alzò lentamente dalla sua sedia e con un'espressione compiaciuta li invitò a sedersi.

-Sabaku-san, Nara-san! Che piacere vedervi. Prego, prego sedetevi con noi.- L'uomo fece cenno ad un cameriere e gli sussurrò di chiedere loro se gradissero qualcosa in particolare.

Altri due camerieri spostarono loro le sedie, permettendogli di prendere posto.

Shikamaru non lo diede a vedere, ma si sentiva in imbarazzo, non abituato a quel tipo di trattamento.
Lanciò uno sguardo alla sua ragazza e la trovò impassibile, con un'espressione impostata ed educata sul volto.

Lei deve esserci abituata... pensò lui.

La bionda, dal canto suo, si stava mordendo l'interno della guancia con i molari, per paura di dire qualcosa di sbagliato.
Era maledettamente nervosa, anche se stava facendo di tutto per non dimostrarlo.
Non avrebbe mai immaginato che un giorno le tecniche utilizzate in battaglia per non mostrare al nemico il proprio timore le sarebbero tornate utili ad una festa.

Poteva sentire gli occhi di Shikamaru addosso.
Lui sembrava così calmo.
Come poteva essere così calmo? Era lei quella che aveva già vissuto situazioni come questa!

Un attimo dopo le fu servito del the.

Avvicinò la tazza alle labbra e ne prese un piccolo sorso, per distendere i nervi.
La temperatura era perfetta.

Anche da questo si misura la ricchezza di quest'uomo. Si trovò a constatare.

Il Daimyo aveva ricominciato a parlare con un uomo alla sua destra, che in un attimo entrambi notarono essere Yoshihiro Hotaka.

Proprio l'uomo che li aveva usati, la sera prima, per arrivare al Daimyo.
Era seduto subito alla sua destra.
Nessuno gli era più vicino di lui.

Shikamaru notò esserci una razionalità ben pensata nella sequenza dei posti assegnati.
Prima venivano gli imprenditori candidati al bollo. (Ne erano rimasti solo una decina) poi venivano i vari diplomatici e infine qualche amico del Daimyo rimasto anche per la mattina.

Era tutto studiato. E tutti sembravano anche andare d'amore e d'accordo, segno che i presenti erano stati appaiati anche per mezzo dei loro interessi.

Tutto deve essere semplicemente perfetto. Nella mente di Temari rimbalzarono queste parole, riecheggiando secche.
Chi le aveva detto questa cosa?

Dietro un paio di signore sedute nel gruppo degli imprenditori, che parlavano amichevolmente del loro lavoro, videro con sorpresa anche Chuui Henka.
Stava sciogliendo due pastiglie in un bicchiere d'acqua e si teneva la testa con una mano, non sembrando particolarmente interessato al chiacchiericcio che occupava la stanza.
Aveva i postumi della sbornia.

Il Nara non si aspettava di vederlo lì a quel tavolo.
Da come aveva parlato, sembrava che per lui non ci fosse alcuna speranza di poter ottenere il bollo.
Ma forse la strategia di Hotaka era riuscita una seconda volta.

-Nara-san!- lo richiamò il Daimyo.
-Posso chiederle di Naruto Uzumaki?-

Richiamato, il moro voltò di scatto la testa, come se fino a quel momento non fosse stato cosciente del circondario.

-Ma certo. Cosa desidera sapere?-

L'uomo portò una mano a sfregarsi il mento per un attimo, in un teatrale gesto di indecisione.
Ma era chiaro che avesse già una domanda da porre.

Era tutto spettacolo.

-Come mai non è potuto presenziare alla serata? Oh. Non mi fraintenda, la prego, siamo tutti molto onorati di averla qui con noi, Nara-san.-

Shikamaru calcolò un sorriso educato.

-Nessun problema, signore. È un onore per me essere qui.-

Il Daimyo socchiuse gli occhi e sorrise di rimando, sempre più compiaciuto.

-Per quanto riguarda Naruto... è stato convocato per una missione.-

A queste parole gli occhi di tutti i convitati si posarono su di lui, smettendo qualsiasi cosa stessero facendo.
Naruto era veramente popolare.

Solo Chuui Henka continuava a guardare il suo bicchiere, aspettando che le pastiglie si sciogliessero.
Aveva un'espressione scura in volto.

-Missione?- Domandò interessato Yoshihiro Hotaka.

Il Daimyo annuì nella sua direzione:

-Vero. Quale missione, se posso chiedere?-

Shikamaru si strofinó un braccio.

Che seccatura.

-Beh, temo di non conoscere a fondo i dettagli, ma gli è stato chiesto di prendere parte ad una missione come scorta.-

-Scorta?-

Shikamaru annuì.

-Pensavo che ad un ninja di tale livello fossero proposte solo missioni di alto grado...-

-Solitamente è così.- Prese la parola Temari.

-Quindi devo dedurre che chi dovesse scortare fosse qualcuno di importante. O in pericolo.- Girò di lato la testa, osservando, curioso, i due ragazzi con la coda dell'occhio.

La ragazza notò l'interesse traboccare dagli occhi e dalla voce del Daimyo.
Era chiaro che adorasse parlare di questi argomenti e che per ovvi motivi non sempre questo fosse possibile.
Gli faceva quasi tenerezza.

-No signore, nessuno è in pericolo, ma è stato chiesto di scortare un membro della nobiltà di Konoha...- Cominciò Temari, cercando di restare sul vago.
Purtroppo, quello che il Daimyo chiedeva, il Daimyo otteneva. O cominciavano i problemi.

La ragazza della Sabbia non era a conoscenza di tutti gli sviluppi della missione del gruppo di ricerca e di Naruto e Sasuke.
Restando sul vago, le sarebbe riuscito di completare la missione senza scatenare le ire del Signore del Paese del Fuoco.

-Nobiltà? Sta per caso scortando uno Hyuga?- L'uomo aveva gli occhi che brillavano per l'emozione.

Alle sue parole, anche Chuui Henka alzò lo sguardo.
Aveva uno sguardo livido.
Shikamaru poteva vedere le sue nocche imbiancarsi da tanto forte stringeva i pugni sul tavolo.

-O forse... l'Uchiha.- Il Daimyo continuò.

Chuui Henka era viola in volto, come se non riuscisse a respirare.
Afferrò di scatto il bicchiere e trangugiò il suo contenuto, anche se le pastiglie non si erano del tutto sciolte.

Qui c'è qualcosa che non va.

-Mi dispiace non poter rispondere al suo interrogativo, Signore. Non sono stata informata di altro.-

-Capisco.- Mormorò l'uomo pensoso, osservando lo sguardo interessato di Yoshihiro Hotaka.

-Ad ogni modo, Signore, non penso che Sasuke Uchiha abbia bisogno di una scorta.- Disse l'imprenditore con tono divertito.

-Avete ragione Hotaka-san.- Ridacchiò il Daimyo.
 

 
 
 
Da quando era diventato Hokage, ogni ninja del villaggio della foglia giurava di non aver più visto Kakashi fuori dal suo ufficio se non per motivi di lavoro.

Era sempre rinchiuso lì dentro, sepolto sotto pile e pile di documenti da leggere e da firmare.
Doveva sempre essere pronto per emergenze dell'ultimo istante, cambiamenti nella formazione di qualche squadra, nuove missioni da mettere a punto, problematiche da tenere celate ai civili...
Quella dell'Hokage era davvero una vitaccia.
Inoltre vi era sempre qualcuno che pensava di poter fare meglio di lui, tartassandolo di idee e domandando in continuazione il perché avesse fatto delle determinate scelte piuttosto di altre.
Per cui, anche se non voleva ammetterlo, era grato che Tsunade fosse lì quel giorno.

Circondato dal caos creato dai plichi di carta, l'Hatake sentì bussare alla porta.

-Avanti.-

Quando i ragazzi entrarono, solo Hinata e Shino si inchinarono educatamente.

-Nonna Tsunade!- Naruto era felice di vedere l'ex Hokage.

Una vena si ingrossò sulla tempia della donna, con irritazione.
Naruto non sarebbe mai cambiato.

-Dovete fare rapporto.- L'Hatake li interruppe, continuando a sfogliare alcuni documenti, già molto segnati a penna.

-Abbiamo ritrovato il laboratorio.- Disse svelto Sasuke, attirando la sua attenzione.

Il grigio alzò gli occhi verso il suo allievo, non sapendo se essere soddisfatto o preoccupato.

-E...?-

Hinata era molto combattuta. Il volto di Hana era stampato nei suoi occhi ogni volta che abbassava le palpebre, anche solo per un secondo.
L'orrore di quello che poteva esserle successo, senza che lei lo ricordasse era indicibile.

-Era vuoto. Deserto, ancora. -

-Quindi siamo a punto e a capo? Mi state dicendo che questa missione non ha prodotto alcun risultato?- L'Hokage cominciò ad alterarsi.

-Qualche risultato lo abbiamo ottenuto...- Sasuke si intromise nella sfuriata del suo maestro, bloccandolo.

Hinata deglutì, osservando con la coda dell'occhio il moro, che sembrava perfettamente a suo agio.

Tsunade si era seduta su una poltroncina in pelle in attesa che i ragazzi continuassero il discorso.

-Il laboratorio sembrava non essere stato utilizzato da giorni, però dobbiamo notificare la presenza di una pozza di sangue mista ad acqua.- Shino sistemò gli occhiali che erano scivolati lungo il naso.

-Una pozza di sangue e acqua?- Tsunade era visibilmente confusa.

-In questo modo non possiamo sapere a quando risalga il sangue.- Continuò ragionandoci su.

-Si, ma non è passato molto tempo dall'ultima volta che siamo stati lì, per cui qualcuno ci ha lavorato nel lasso di tempo tra quando ce ne siamo andati e quando siamo tornati insieme a Naruto e l'Uchiha.- Si intrufolò Kiba nel discorso.

-Due settimane...- L'Hatake cominciò a borbottare tra sé e sé, immerso in un ragionamento complesso.

Tutti nella sala continuavano a guardarlo, in attesa.
Solo Tsunade aveva capito a cosa stesse pensando.

L'uomo, seduto dietro alla scrivania, cessò di rimuginare, portando una mano a strofinare il mento coperto dalla maschera scura.

-Mentre eravate in missione è arrivato un dispaccio. C'è stato un altro rapimento nel Paese del Vento.-

-Cosa?- Urlò Naruto.

Sasuke, che era l'unico a mantenere una parvenza di calma, cominciò a ragionare sui dati in suo possesso.

E Kakashi lo notò.

-A cosa stai pensando Sasuke?- Il moro riportò gli occhi sulla figura del suo maestro, che aveva appena parlato e cominciò, piano, a esplicare il suo pensiero:

-Stavo pensando che è praticamente impossibile anche per uno shinobi raggiungere il paese del vento partendo da quel rifugio in meno di due settimane, soprattutto se si ha passato del tempo a lavorarci.-

-È quello che pensavo anche io.- Concluse l'Hokage.

La mora cominciò a rimuginare sulla verità di tali parole.
Come poteva essere possibile lavorare nel laboratorio, attraversare paesi ninja, rapire l’ennesimo bambino e tornare indietro, sparendo in così poco tempo?
Qualcosa non andava in tutta quella faccenda.
 
E un’idea la colpì, improvvisa, fulminandola.
 
-Questo però... Questo significa che ci deve essere p-più di un'organizzazione coinvolta.- Notò.

Kiba e Naruto annuirono a quel pensiero.

-Hinata ha ragione.- Sospirò Tsunade.

-Ho l'impressione che esista un'unica possibile spiegazione.-  La donna scambiò uno sguardo con l'Hatake, quasi a chiedere il permesso di parlare.
-Questa situazione è ormai degenerata a livello mondiale, eppure brancoliamo nel buio su chi possa esserne l'artefice. È chiaro che siano coinvolti più organismi... e probabilmente tutti questi rispondono ad un unico vertice. Un’unica persona che si muove nell’oscurità e che ha architettato tutto.-

-Il problema è che non abbiamo idea di chi possa essere questo vertice.- Kiba si mordicchiò il labbro, scoraggiato e desideroso di tornare da Akamaru.

-Il vero problema è che non possiamo fare niente.- Sussurrò Hinata, che aveva cominciato a tremare lievemente.

Naruto le poggiò una mano sulla spalla, avendola sentita.
Cercò di infonderle un po' di coraggio, ma questa continuava a mantenere lo sguardo basso, fisso sulle tavole di legno che formavano il pavimento.

Sasuke la osservava con sguardo indecifrabile e portò velocemente la mano a stringersi il polso.
 


 
 
Temari si precipitò fuori dalla sala da pranzo.
Si era velocemente scusata con il Daymio, assicurandolo che per supplire alla sua assenza, abbastanza ingiustificata, Shikamaru avrebbe preso il suo posto e sarebbe stato ben felice di rispondere a tutte le domande che avesse avuto da porgli su Konoha.
Tutto questo, ovviamente, senza che Shikamaru ne fosse a conoscenza o d'accordo.

Per una volta Temari si era detta felice di essere una diplomatica.
Infatti grazie a questo mestiere conosceva il palazzo e sapeva esattamente dove cercare Chuui Henka.

L'uomo si era congedato dalla sala piena di convitati avvertendo dei giramenti di testa e la necessità di prendere una boccata d'aria.

Il Daymio e il suo nuovo pupillo, Yoshihiro Hotaka, avevano preso a ridacchiare sommessamente.
Il signore del paese del fuoco fece notare ai presenti che la sera prima Henka si era lasciato un po' andare, ma che la cosa non lo infastidiva in quanto questo significasse che l'uomo aveva trovato la festa gradevole. O per lo meno aveva apprezzato il buffet.
Shikamaru aveva così scoperto il lato meno formale dell'uomo, trovandolo stranamente umano.
A differenza di Yoshihiro Hotaka, che per un qualche motivo, gli dava i brividi.

La ragazza, sfuggendo al filo dei suoi ricordi, intravide l'imprenditore su una terrazza.
Aveva gli occhi chiusi e affondava le mani nel marmo bianco della ringhiera elaborata.
Sembrava voler spezzare la dura pietra.

-Henka-san?-

Quest'ultimo aprì di scatto gli occhi.
Si girò e alla vista della bionda cercò di ricomporsi.

-State bene?-

Lui deglutì sonoramente e avvampò, vergognandosi del rumore provocato.

-State bene?- Riprovò la Kunoichi. -Siete scappato via subito dopo aver sentito parlare della nobiltà di Konoha.-

-Non penso siano affari vostri, signorina!- sbraitò, inaspettatamente, sputacchiando qua e là.

Temari, la cui gentilezza era solo una facciata (come le diceva sempre suo fratello Kankuro) rimase interdetta e si sentì in dovere di riportare al suo posto l'uomo.

-Ha forse dei problemi con gli Hyuga o gli Uchiha? Sasuke Uchiha?- Chiese sospettosa e con tono fermo.

Chuui Henka ritornò viola in volto, al nome dei clan.
Sembrava che gli occhi stessero per schizzargli fuori dalle orbite da un momento all'altro.

-Non osi più nominare quei nomi maledetti!- Sbraitò nuovamente raschiando dolorosamente la gola.

Temari della Sabbia assottigliò gli occhi, sprigionando un’aura intensa e minacciosa; e l'istinto di cominciare a correre si impossessò dell'imprenditore.

-Konoha è la mia seconda casa.- Scandì le parole con fermezza.
-E sono profondamente legata ad un membro degli Hyuga.- Continuò pensando ad Hinata.
-Quindi se avete dei problemi con loro o con anche una sola persona dentro a quel villaggio, allora avete dei problemi con me.-

Chuui Henka era terrorizzato.

Shikamaru aveva sempre affermato che nessuno poteva comprendere a pieno il significato della parola paura se non aveva mai visto Temari arrabbiarsi.

-Non avete idea di cosa io abbia passato a causa di quell'Uchiha!- Disse coraggioso a denti talmente stretti da farli stridere.

-E dopo tutto quello ha fatto è stato "perdonato" come se nulla fosse!-

La ragazza non aveva mai sentito una parola pronunciata con più veleno di quel "perdonato".

Gli occhi di Chuui Henka traboccavano d'odio.

Ma in un istante, letteralmente un secondo dopo, come se non si fosse mai arrabbiato, come se non fosse accaduto nulla, tornò calmo, senza una sola increspatura di negatività.


-Vi chiedo scusa, Temari-san, non dovevo lasciarmi accecare dall'ira.- Sospirò dispiaciuto e  sconsolato.

Come era possibile? In un solo velocissimo istante, era riuscito a recuperare una calma che la ragazza avrebbe giurato fosse andata perduta.
E ne rimase sbigottita.
Forse Chuui Henka era padrone delle sue emozioni più di quanto avesse ritenuto possibile.

-Sasuke Uchiha e una ragazza Hyuga mi hanno portato via tutto ciò a cui tenevo e sto ancora cercando di affrontare... il mio dolore.- Scelse con cura le sue parole.

-Cosa è successo?-

Entrambi si voltarono di scatto, ritrovandosi davanti Shikamaru che aveva appena parlato, non capendo cosa stesse accadendo.
Aveva il fiatone, come se avesse corso, o come se stesse cercando di elaborare ogni più piccola informazione.

-Ho accompagnato personalmente Sasuke Uchiha per due anni e mezzo in missione per tenerlo d'occhio e non ho idea di cosa stiate dicendo.- Una goccia di sudore scese silenziosa lungo il collo.

L'imprenditore scrutò per bene il volto del Nara, cercando nella sua memoria un segno, un'illuminazione per poter mettere insieme i pezzi della sua storia.

-Voi non c'eravate Nara-san. C'erano solo loro due.-

-Ma cosa è successo?-

Sospirando e distogliendo lo sguardo erboso aprì bocca per rispondere, quando la voce di Yoshihiro Hotaka si udì vicina, interrompendoli:

-Avete sentito del nuovo rapimento?-

Nuovo rapimento?

Shikamaru si ritrovò a pensare che la voce dell'affarista, nuovo pupillo del Daymio avesse un non so che di inquietante.
Era un suono vellutato, morbido e confortevole, ma allo stesso tempo sembrava nascondere una nota tagliente.

-Purtroppo si, Hotaka-san- Disse il Daymio.
-Sembra che i paesi ninja siano irrequieti.-

-Irrequieti?-

-Circolano voci. Molti villaggi si stanno accusando l'un l'altro di essere i colpevoli di questi sequestri... Temo per la pace.-
Abbassò lo sguardo.

Temari deglutì piano a quelle parole.

Kakashi ne sarà a conoscenza?

I due si allontanarono, continuando la passeggiata, senza nemmeno essersi resi conto della presenza dei due ninja e dell'imprenditore.

Quest'ultimo, ancora scosso, cercò di ricomporsi.
Il loro precedente discorso ormai si era dissolto nel vento, accantonato e quasi dimenticato.

-È chiaro che il Daimyo ha preso la sua decisione. Hotaka-san ha vinto.-

Shikamaru lo degnò di una rapida occhiata con la coda dell'occhio.

-Avrà altre possibilità.-

-A quanto pare non c'è altra soluzione. Speravo di evitarlo, ma sarà necessario per il mio business andare a Konoha.-

-Konoha?-

-È lì che si terrà il prossimo meeting per le nuove tipologie di armi.- Risolse la questione l'uomo di mezza età.

-Vi attenderemo, allora.-
 




Sasuke era un ottimo shinobi.
Sapeva celarsi nell'ombra, sapeva essere paziente, aspettare e carpire informazioni. Tutto senza essere scoperto.

Quando, alla fine della riunione, Tsunade aveva richiesto qualche minuto per parlare con Hinata, l'Uchiha sentì di dover sapere cosa le due donne si sarebbero dette.
Quindi si nascose per bene. E attese.

Per qualche minuto non sentì il ronzio di una mosca, se non il battito del suo cuore, che stava leggermente accelerando con un pizzico di ansia.

Le due si stavano osservando, ma nessuna fiatava.
Il ragazzo poteva percepire la tensione.

Fuori dalla finestra le nuvole si stavano ammassando scure sopra i tetti del villaggio e gli uccelli volavano basso e veloci per cercare riparo. Si preannunciava il temporale.

-Piove molto ultimamente...- Notò la bionda.

Sasuke era confuso, l'ex Hokage non sembrava il tipo che avesse bisogno di un commento sul clima per iniziare una conversazione.

-Volevate parlarmi Tsunade-sama?-

Il moro vide la ragazza dire quelle parole distogliendo gli occhi.
Si stava fissando le punte dei piedi.

Lo sguardo dell'ex Hokage si ammorbidì, perfettamente consapevole di chi avesse davanti.

-Come stai?-

Hinata non rispose subito. Era come se stesse raccogliendo i suoi pensieri.
Ma semplicemente era sempre stata attenta alle parole che sceglieva di usare.

-È passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho potuto chiedertelo. Dimmi, le cure stanno facendo effetto?- Si informò il medico.

Cure?
La prima goccia di pioggia si infranse, dolorosa, sulla superficie vetrosa della finestra con un ticchettio.

-Penso di si.-

-Prendi tutti i farmaci prescritti?-

-Si.-

A quelle parole, Sasuke ricordò il flacone di pillole che la ragazza stringeva covulsamente nella mano quando l'aveva vista nella tenda, durante la missione.

La Senju sospirò.

-Cosa dicono gli altri medici?-

Quali altri medici?

-Dicono di vedere progressi.-

Era un discorso veramente strano.

-Tu vedi progressi?- Riprovò Tsunade, come se Hinata stesse evitando di rispondere davvero.

Sasuke vide quegli occhi perlacei che tanto amava diventare traslucidi.
La ragazza cominciò a tremare. Era un movimento appena percettibile, ma nulla poteva sfuggire al cremisi del suo Sharingan.

-È solo difficile. È passato tanto tempo… ma con tutto quello che sta succedendo mi sembra di aver ricominciato a cadere.-

Tsunade capì le sue parole e chiuse gli occhi.

-Mi dispiace...- Abbassò la testa, mostrando rispetto per il dolore della mora.

L'Uchiha dietro alla solita espressione impassibile sentì una morsa attanagliare il suo cuore, violenta, come se quel discorso lo avesse privato di una qualche libertà.

Hinata in quell'istante era miserabile, come la prima volta che l'aveva vista, dopo essere tornato al villaggio.
Non aveva mai tollerato quella visione. Né oggi, né allora.
 
La ragazza sembrava sconfitta, con gli occhi rossi e le lacrime che minacciavano di scendere, incuranti della presenza del medico.
 E Sasuke, percependo quel dolore come se fosse suo, ricordò tutte le volte in cui le aveva visto quell’espressione.
 E ogni volta desiderava solo stringerla tra le sue braccia, cullarla dolcemente, dimentico di essere Sasuke Uchiha, sussurrandole che tutto sarebbe andato bene.
E si detestava per non essere in grado di controllare quei sentimenti, lasciandoli liberi di sconquassargli l’anima.

Vide la mora uscire a testa bassa, sotto la pioggia, mentre ancora le sue emozioni vibravano.

Camminava piano, incurante di essere senza un ombrello, diversamente dalle poche persone che ancora si trovavano in strada, che correvano veloci verso le loro abitazioni o verso un semplice riparo.

C'era chi si copriva la testa con le mani e chi alzando il bavero della giacca.
Ma lei non aveva mai odiato la pioggia, anzi, l'aveva sempre aiutata a calmarsi.
Era anche la prima cosa che avevano scoperto di avere in comune.

Il moro continuò a seguirla senza farsi notare.
Era fradicio, ma non gli importava.
In quel momento nulla importava se non Hinata, il suo volto basso, preda di perle acquose e il suo bisogno di vederla ancora un attimo, forte come la necessità di respirare.

Era quasi arrivata a villa Hyuga.
Doveva solo girare a destra, proseguire per qualche centinaia di metri e la fredda, ma familiare residenza della sua famiglia si sarebbe stagliata di fronte ai loro occhi.

Ma la ragazza non girò a destra.

Sasuke ricordò le parole di Ko Hyuga solo in quell'istante:

Lei non risiede più qui.

Ma allora dove diavolo stava andando?
Ormai era buio e la pioggia cadeva sempre più fitta. Era preoccupato.

La vide prendere silenziosa la strada che conduceva verso il bosco, esattamente all'estremità opposta rispetto al Distretto Uchiha.
Ma lì non c'erano che alberi e macerie.

Si stava inoltrando sempre di più nel fitto verde.
L'Uchiha era pronto a uscire allo scoperto e a correre da lei, chiedendole di andare a casa, quando vide una costruzione.

Non era molto grande, ma era chiaro non fosse in disuso.
Le finestre erano buie, tranne una al piano terra.
La vide bussare alla porta e un secondo dopo qualcuno le aprì.
La osservò entrare e chiudere con dolcezza il portone di ingresso dietro di sé.

Sasuke rimase attonito.

Cos'è questo luogo?

Vide una luce accendersi.

Deve essere Hinata.

Rimase fermo, sotto la pioggia senza accorgersi dello scorrere del tempo, segnato, inesorabile dal rumoroso ticchettio di una pendola all'interno dell'edificio.

Non sentiva nulla.
Persino l'acqua sembrava aver smesso di infilarsi all'interno del colletto della sua maglia.

L'unica cosa che sentiva erano le domande che si arrotolavano frenetiche nel suo cervello.

Quando la luce si spense, riportando le tenebre nella stanza che non aveva smesso di tenere sott'occhio, sembrò risvegliarsi da quel torpore.
Stava congelando.

Che posto è mai questo? Si domandò.

Perché Hinata è entrata qui dentro?

Scrutò il posto, ancora una volta alla ricerca di informazioni, da bravo ninja.
Ma era talmente scosso da tutto ciò che aveva sentito e visto quella sera che quasi non si accorse della targhetta vicino alla porta d'ingresso.

Si avvicinò piano, timoroso.
Quando fu abbastanza vicino da decifrare la scritta, spalancò gli occhi.

Incise in un elegante corsivo, sulla superficie dorata un tempo sicuramente più lucida, vi erano solo due parole:

Ospedale Psichiatrico.
 





 
 
  
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